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Pizia in Egitto 2008

Ultimo Aggiornamento: 06/02/2011 03:07
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21/12/2008 22:57
 
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Re:
Teie, 21/12/2008 11.50:

concentrandosi solo sull'arte del fotografare devo dire che sono stupende.
Ben esposte, nitide, ben contrastate e il soggetto ben inquadrato.
Brava! La mia preferita? La fossa della barca.



Ma scherzi? [SM=g999108]
Il sarcofago di Akhenaton è storto, alla coppia reale ho quasi tagliato i piedi, la piramide con le nuvole è sgranata, la fossa della barca è piena di spazzatura... però rispetto alle foto che ho mostrato in precedenza sono effettivamente migliorata!
Grazie [SM=g1621243]
Rispetto al viaggio del 2006 ho cambiato macchina, avevo già manifestato, in occasione dei concorsi fotografici, il mio disappunto per le brutte foto che avevo, pur trattandosi di soggetti così belli.
Non ho ancora imparato a fondo tutte le potenzialità del nuovo strumento, ma sto studiando... ad esempio non ho capito bene come fare ad avvicinare la Sfinge, come fanno vedere nella pubblicità, ma ci riuscirò [SM=x822712]




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- ShemsetRa -
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21/12/2008 23:23
 
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Re:
antonio crasto, 21/12/2008 12.41:

Sai dirmi chi sono i due personaggi "allineati e coperti"?
Ritieni possibile che la figura femminile sia una dea e non una regina?
Ciao Antonio



Non so chi sono, li ho fotografati al volo perché ho notato l'iconografia strana, ma non ho pensato ad andare vicino a vedere se dietro c'era scritto qualcosa, stavo cercando qualcosa in particolare, come da istruzioni di Kiya e di Roberta.
Il khepresh sulla testa potrebbe indicare uno di quei faraoni che erano soliti farsi raffigurare così, forse Ramses II.
La figura femminile potrebbe essere una dea oppure la regina vista come dea.
I due sono alti uguali, perciò si tratta di una coppia che solitamente si faceva rappresentare così, in situazione paritaria anche nella statuaria ufficiale, quando essa era dedicata esplicitamente alla funzione del re.
L'acconciatura della donna non mi sembra particolare attributo di dea, e sulla fronte potrebbe portare anch'essa il cobra.
Il copricapo non ho ancora capito cosa sia, il frammento cilindrico mi porterebbe ad escludere il geroglifico del trono di Iside o quello di Neith, ma anche un disco solare, con o senza corna di vacca, e la spoglia di avvoltoio.
Potrebbe sembrare la base di una corona rossa, ma non avrebbe senso (o sì?), oppure la tiara di Nefertiti.
Antonio, hai qualche idea in più?
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22/12/2008 09:56
 
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Re: Re:
pizia., 21/12/2008 22.57:



Ma scherzi?
Il sarcofago di Akhenaton è storto, alla coppia reale ho quasi tagliato i piedi, la piramide con le nuvole è sgranata, la fossa della barca è piena di spazzatura... però rispetto alle foto che ho mostrato in precedenza sono effettivamente migliorata!
Grazie



Beh alcune cose le impari solo con l'esperienza. Ma quello che ho detto è vero, mi piacciono molto.
E poi: l'immondizia? Certo avresti potuto spazzarla, la fossa, prima della foto [SM=g999108]

Teie
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- ShemsetRa -
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22/12/2008 23:42
 
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[SM=x822710] La tentazione l'ho avuta... ma torniamo al museo!

Per orientarsi c’è una pianta schematica appesa al muro, nella stanza di ingresso, dopo le transenne, a sinistra, così mi posso fare un’idea su dove dirigermi…dritto davanti all’ingresso, in fondo, c’è la sezione amarniana, proprio alle spalle della colossale statua di Amenhotep III e Teie.

Sono già lì, confusa nella folla di gente disorientata ferma davanti all’entrata, in attesa di qualcuno che dica cosa si deve fare, nella sezione Predinastico, Protodinastico e Dinastie Thinite, in mezzo alla quale campeggia, ad altezza occhi la Tavoletta di Narmer, sorretta da un vetro sagomato, per farla ammirare da un lato e dall’altro. Che emozione!

Perdo quasi tutto il mio tempo a guardare gli oggetti di questa sezione (è ovvio, no?) li adoro!
Vedo cose famosissime, quelle grandi me le aspettavo piccoline, quelle minuscole, alle quali è sovrapposta una lente, pensavo fossero dei colossi.

Tutto è spettacolare, coperto ancora di polvere millenaria; però le bacheche sono lustre, una donna egiziana si affanna a togliere le ditate e le impronte di nasi stampati sui vetri.


Nel complesso il Museo è mal tenuto, subito, appena entrati dà una sensazione di sporco e di disordine, confermata poi vagando per le sale.

Forse si potrebbe fare di più: visto che molti luoghi in Egitto hanno tariffe differenti per gli stranieri e per gli egiziani, si potrebbe anche aumentare un po’ il costo del biglietto per gli stranieri, oppure vendere il diritto fotografico sul posto, studiando un sistema rapido e flessibile, ad esempio un ticket acquistabile all’ingresso, con adesivo da applicare sopra al vetrino del flash, per ulteriore sicurezza.

Insomma, se si volesse davvero risolvere il problema, sono sicura si potrebbe trovare una soluzione vantaggiosa per tutti.

Anche perché, volenti o no, infine il Museo risulta pieno di persone che più o meno spudoratamente, quando non viste dalla sorveglianza, scattano foto a raffica e non solo con i cellulari, al punto che capita anche, in salette piccole e verso i muri, di vedere brillare il bagliore del flash!

Ma come poter elevare giusta lamentela per il flash quando, proprio qui, al secondo piano, nella stanza delle mummie dipinte del Fayyum, dove le facce e i corpi bendati di queste persone defunte da millenni giacciono sotto i raggi del sole diretto del primo pomeriggio?

Ebbene sì, l'ho fatto anche io, di nascosto, col cellulare.
Vasetti predinastici




Sono qui e penso a voi, alle cose che mi avete detto di cercare e di trovare, fosse facile!
Appena riesco a staccarmi dalle tazze predinastiche proseguo il cammino lungo l’asse principale, puntando dritta al fondo.
Si scende qualche gradino, il grande atrio a pianterreno ha il pavimento più basso delle sale che lo circondano, l’altezza del suo soffitto è più che doppia, raggiunge il tetto.
Qui sono esposti grandi manufatti in pietra, quali statue, stele, sarcofagi e al centro, coperto da una serra in vetro, il pavimento portato via da Tell el Amarna.

E’ molto bello ed emozionante stare qui a guardarlo, molto più bello di quanto si possa immaginare; essendo realizzato in una sorta di intonaco dipinto, non deve essere stato usato molto, altrimenti porterebbe segni di calpestio e di usura, ai quali questo materiale non può certamente resistere, ma solo il re e pochi altri potevano portare calzature, anzi, probabilmente in ambito domestico nemmeno costoro approfittavano di questa opportunità.

Il vero piacere di avere un pavimento così è proprio quello di potervi camminare a piedi nudi, maggiormente apprezzabile e desiderabile da chi sia abituato a condurre i suoi passi sempre sulla sabbia o sulle rocce, fondo faticoso e cedevole il primo, bruciante ed asperrimo l’altro.

Oltre la statua colossale della coppia reale Amenhotep III – Teie, ecco la collezione amarniana; è uno dei luoghi più affollati di tutto il museo, pieno di gruppi compatti e di guide urlanti in tutte le lingue del mondo, assomiglia più a Babilonia che al Cairo.

Cerco di farmi strada per raggiungere tutti i pezzi e poterli ammirare da vicino, cerco, cerco, cerco ancora, ma il sarcofago di Meritaton non lo trovo, decido di salire al piano di sopra per prendere visione un po’ di tutto, anche per rendermi meglio conto della struttura dell’esposizione e per capire se possano esistere altri luoghi in cui gli oggetti cercati possano essere posizionati.

Il piano superiore è costituito da una doppia fila di stanze disposte ad anello, verso il centro dell’edificio c’è la balaustra per affacciarsi sulla grande sala sottostante; anche molte sale hanno forma ad anello, in modo da poter guardare sotto; in una di esse si vede un laboratorio di manutenzione e restauro dei reperti, in cui alcuni tecnici sono al lavoro vicino ad opere di pittura e di scultura.



Tutta la fila di stanze sul fondo e una delle due ali laterali accolgono il corredo della tomba di Tut.
Questa è di certo la zona più affollata di tutto il Museo, qui adiacenti ci sono anche le stanze buie, piene dell’oro dei faraoni: una dedicata a Tut, ovviamente, altre con gli oggetti d’oro e argento, con i gioielli di regine e faraoni da Hetepheres a Psusenne.

Il tempo è volato, sono già passate le 4 ore a mia disposizione per la visita al Museo, corro da una parte all’altra per vedere ancora una cosa, ancora una cosa, ma è l’ora di andar via, taxi, hotel, pranzo.


Meno male che qui a qualunque ora del giorno si può chiedere un pranzo o comunque qualcosa da mangiare, Paolo non mi perdonerebbe mai un pasto saltato!
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23/12/2008 09:23
 
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Non so perchè ma a colpo d'occhio mi è parso di vedere Amenuotep III
e Teie.
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25/12/2008 18:34
 
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Eccolo lì, nell'ultima foto, il testone di pietra in basso a sinistra è lui, Amenhotep III. [SM=g1361788]
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Qui sono esposti grandi manufatti in pietra, quali statue, stele, sarcofagi e al centro, coperto da una serra in vetro, il pavimento portato via da Tell el Amarna.

E’ molto bello ed emozionante stare qui a guardarlo, molto più bello di quanto si possa immaginare; essendo realizzato in una sorta di intonaco dipinto, non deve essere stato usato molto, altrimenti porterebbe segni di calpestio e di usura, ai quali questo materiale non può certamente resistere, ma solo il re e pochi altri potevano portare calzature, anzi, probabilmente in ambito domestico nemmeno costoro approfittavano di questa opportunità.

Il vero piacere di avere un pavimento così è proprio quello di potervi camminare a piedi nudi, maggiormente apprezzabile e desiderabile da chi sia abituato a condurre i suoi passi sempre sulla sabbia o sulle rocce, fondo faticoso e cedevole il primo, bruciante ed asperrimo l’altro.



Della mia visita al Museo del Cairo, il pavimento è senz'altro quello che mi è rimasto più impresso. Lo ricordo perfettamente, ancora oggi che sono passati più di 12 anni. Ed è un ricordo nitido, perfetto.

Forse quanto scriverò a qualcuno potrà apparire sciocco, eppure, credetemi, non aggiungerò alcun effetto, nessuna parola o emozione nel raccontarvi quanto accaduto. Tutto sarà esattamente come l'ho vissuto.

Eravamo in gruppo. Circa 25/30 persone ammassate in una delle aree al pian terreno. In quella sala ricordo statue in teche di vetro. Una, quella centrale, credo appartenesse a uno scriba. Ma è tutto molto offuscato ora. Ricordo solo il colore del calcare utilizzato per scolpirla.
Ad un certo punto, sento di dovermi allontanare e mi spingo verso il centro della costruzione. I colossi di Amenhotep III e Teie sono proprio di fronte a me, ma è dal centro sale che ... "proviene il richiamo".
E' la serra. Mi ci avvicino. Stranamente c'è poca gente intorno a me.
Mi posiziono sul lato lungo. Teie mi fissa dal mio fianco destro, ma io sono come impietrita, lì, incollata al vetro.
Gli occhi si fissano su quel pavimento e resto lì, un tempo imprecisato.
Non so perchè sono lì. Ma so che voglio restarci.
A quell'epoca la mia parte razionale si chiedeva dove fosse il luogo che aveva ospitato quei decori. A chi appartenesse quel pavimento e quali piedi vi si erano poggiati. Amarna... Akhetaton... mi dicevano poco o niente quei nomi.
Eppure ero lì, incurante di tutto quanto accadeva intorno a me. Il rumore, il chiacchiericcio era diventato un brusio appena percettibile. Ed io desideravo soltanto di togliere i sandali, inginocchiarmi e permettere ai miei piedi, alle mie mani e al mio viso di toccare quel gesso, o che altro fosse...
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27/12/2008 00:30
 
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Eppure un tempo solo l'élite indossava le calzature ed erano uno status symbol.
Adesso per noi è il contrario, quando sentiamo la voglia di toglierle, viviamo di fatto questa pulsione come una necessità di liberazione.
Perché davanti a questo pavimento pensiamo a camminare a piedi nudi?
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27/12/2008 01:00
 
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chissà.... forse semplicemente per il timore di recargli danno. O forse no....
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- ShemsetRa -
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27/12/2008 01:35
 
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Martedì 25 Novembre 2008

Ore 23.15
Di nuovo a Giza oggi, in fondo siamo qui per questo.
Stamattina abbiamo preso un taxi fra quelli sempre in attesa di fianco all’uscita dell’hotel e in pochi minuti arriviamo davanti al cancello di ingresso.

Il prezzo giusto per la corsa è 20 lire, ma si possono avere richieste variabili dalle 10 alle 30 lire, tutte accettabili, in rapporto al tipo di taxi, all’ora della giornata, al giorno della settimana.

Il primo giorno qui siamo riusciti a vedere solo la zona attorno a Khufu, oggi ci dedichiamo a Khafra e Menkaura, i biglietti vanno acquistati tutti qui, alla biglietteria dell’ingresso, ad esclusione di quello per il Museo della Barca Solare, venduto in loco.
Mi dicono che la Piramide di Menkaura è chiusa.


In basso a sinistra l'ingresso attuale, in corrispondenza, ma un po' più in alto lungo la faccia della piramide, un altro ingresso antico, non avvicinabile dai turisti

Ci avviamo subito in quella direzione, costeggiando il lato est della Grande Piramide, quindi raggiungiamo l’entrata, situata circa a metà della base rivolta a nord della piramide di Khafra, al livello del terreno e ci tuffiamo nel corridoio discendente, la cui sezione ha dimensioni sempre attorno al metro; la costruzione colossale è grande quasi quanto l’altra piramide, nella quale, entrando, si sale per raggiungere la sala del sarcofago.


All'angolo nord-ovest della piramide di Khafra si vede bene come sia stato scavato il substrato roccioso per ottenere un piano orizzontale su cui fondare la costruzione

Fa una certa impressione entrare così in basso e ancora scendere.
La fatica è la stessa, il caldo forse è anche peggiore e l’aria più umida e irrespirabile, io sono spinta da ragioni più che sufficienti, ma non capisco le persone che entrano senza essere più che convinte.
Ancora una volta mi raccomando, non entrate se non lo ritenete necessario per i vostri studi!

In fondo c’è veramente poco da vedere nelle piramidi, le persone passano velocemente nei corridoi e vanno, ansiose di arrivare alla fine perché il percorso è stretto e basso, va fatto tutto con la schiena e le gambe piegate, inoltre la particolare sezione di questa costruzione, con un corridoio discendente, un tratto orizzontale ed un corridoio ascendente che culmina nella camera del sarcofago crea una sorta di sifone in cui l’aria è particolarmente stagnante.

Meglio non pensarci quando si è là sotto e far lavorare occhi e memoria.
Cammino lentamente e mi fermo spesso per guardare qualche particolare; si vedono i vari innesti di altri corridoi e pozzi di collegamento, dei quali approfitto per tirarmi su dritta in piedi; si vedono le varie stanze non accessibili ai turisti chiuse da cancelli; è un peccato non poter vedere tutto, ma solo il minimo indispensabile, il percorso per raggiungere la camera di sepoltura e poi dietrofront!

Eccomi arrivata.
Appena entrati si para davanti l’enorme scritta lasciata da Belzoni sulla parete di fronte all’ingresso.
Certo non fa onore agli italiani il muro insozzato in maniera così evidente e in madrelingua; attorno le pareti sono state pulite, -mi rifiuto di credere che nessun altro abbia emulato il gesto-, così quella scritta, volutamente lasciata, risalta ancora di più, un “murales” di sette metri per mezzo!

Considerando la mia altezza di 1.60 metri, penso sia difficile per me comprendere la fatica impiegata dal Belzoni per entrare, non aiutato da luci elettriche e passerelle scalinate di legno.
Il mio impegno è stato davvero una minima parte di ciò che dovette affrontare il nostro compaesano protoarcheologo (per non dire predone), per arrivare lì e sostarvi abbastanza a lungo da poter prendere appunti, misurare, disegnare e scrivere col nerofumo il suo nome sulle pietre…

Nella stanza principale ci sono due piccoli condizionatori, ma sono spenti, vengono accesi dalla guida egiziana di un gruppo arrivato appena dopo di noi.
Il risultato non è molto differente, non rinfrescano né muovono l’aria a sufficienza.
Almeno nella Grande Piramide il condotto usato per l’aerazione qualche effetto lo ha.ù

Mentre la comitiva va via cerco di riempirmi gli occhi di ciò che vedo; la luce è fioca, ma ormai gli occhi sono abituati e posso guardarmi attorno, e sopra, e sotto, alla ricerca dei particolari.

Guardo il soffitto fatto di lastre contrapposte, 17 per falda, e penso di non aver guardato a sufficienza l’altro soffitto, quello della Camera del Re e non avrò un’altra occasione per vederlo, almeno a breve termine.
Per fortuna molti egittologi ci hanno fornito di accurate descrizioni, così potrò ripassare a casa, sui libri.

Il pavimento è strano, è realizzato su due livelli, il sarcofago si trova ancora incassato nella parte più bassa.
E’ aperto, vuoto, circondato da altre lastre di granito.
Arriva un’altra comitiva di turisti spagnoli, con guida egiziana, stanno pochi minuti, vanno via.

L’egiziano indugiasi rivolge a noi, vuole che io vada sotto il centro della piramide, ma non mi presto, così si rivolge a Paolo; credo voglia farsi dare dei soldi, ci propone di fare delle foto, ma rispondiamo di no e dopo un po’ di insistenze va via.

Pensate un po’ alla falsità di queste persone: non potendo pretendere soldi in quel frangente dal gruppo al suo seguito (ha provato anche con loro a proporre foto ma invano), tentava l’approccio con noi!
Dopo circa mezz’ora, su insistenza del coniuge, meno motivato di me, decido di uscire.


Da sud

Il nostro giro prosegue lungo il lato ovest di questa piramide, per avvicinarci all’altra.
[Modificato da pizia. 14/01/2009 00:17]
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