Il linguaggio articolato, la storiografia e la tecnologia, tutte le scienze umanistiche ci aiutano a capire già da bambini alcuni meccanismi fondamentali.
I genitori ci raccontano la tradizione orale, sui libri attingiamo a molte altre nozioni non più mandabili a memoria, immagini e supporti elettronici custodiscono il sapere accumulato in millenni di storia.
Su questo si fonda la nostra sicurezza, la certezza che domani ci saremo ancora e tutto sarà ancora lì, come stasera lo lasciamo prima di addormentarci.
Ma i nostri antenati egizi, su una terra benevola e prodiga non avevano nessun segno, alcun modello che potesse dar loro qualche certezza per vivere con maggiore tranquillità; ne ebbero bisogno e lo costruirono.
Iniziarono così a costruire segni, linguaggio, modelli, e ne trassero qualche vantaggio, altrimenti non avrebbero perseverato così a lungo.
Non poteva però durare in eterno la voglia, la capacità, la possibilità e il bisogno di creare un certo tipo di segno – la piramide – anche perché l’Egitto da piano sarebbe diventato un letto di punte.
Quando i segni furono abbastanza e il bisogno soddisfatto, in concomitanza con altri avvenimenti più o meno collegati, si rivolse l’attenzione altrove e si smise di costruire grandi piramidi, decidendo collettivamente di dedicare la forza lavoro ad altre attività.
Anche noi italiani, in tempi decisamente più recenti abbiamo smesso improvvisamente di costruire chiese barocche o cattedrali gotiche, con l’eccezione del Duomo di Milano perché ormai era incominciato…
Insistendo con la guida, che avrebbe preferito chiudere qui il tour, sono riuscita a farmi portare a visitare qualcos’altro.
La piramide di Teti, accessibile tramite un corridoio discendente con partenza all’altezza del terreno è piuttosto piccola, un cumulo di sassi vista da fuori, ma straordinaria dentro.
Piramide di Teti, un cumulo di sassi!
Nella sala a sinistra un ragazzo seduto nella posizione yoga del fiore di loto sta meditando il silenzio e ad occhi chiusi, forse sta cercando quell’energia in grado di smagnetizzare le bande magnetiche delle cards, lo lasciamo proseguire indisturbato e usciamo subito per entrare nella stanza a destra, quella funeraria.
C’è un sarcofago di basalto molto ben conservato, non ostante il coperchio spaccato, mi avvicino e guardo il buio più totale dell’interno, fortunatamente alle nostre spalle arriva un indigeno fornito di torcia (ho già detto quanto sia utile questo attrezzo?) ad illuminare dentro, ma non c’è nulla, dunque ci allontaniamo veloci lasciando a qualcun altro il posto sul bordo e l’onere della mancia!
Ecco le famose pareti tutte scritte di Testi delle Piramidi e sul soffitto il cielo stellato.
Questo soffitto è un po’ particolare, sembra un mazzo di carte mescolato, i blocchi sono appoggiati l’uno contro l’altro, inclinati e si tengono su a vicenda spingendosi di testa, come in una volta fatta di due soli conci, questo è in effetti il primo impiego del sistema spingente.
Ma non sono allineati in due falde uniche e continue come nella sala all’interno della piramide di Khafra, sono tutti sparpagliati, alcuni più bassi, altri più alti, sia rispetto a quelli di fianco che rispetto a quello di testa e hanno tutti l’intradosso decorato con le stelle… è un effetto molto curioso, sembra debbano scivolare giù da un momento all’altro riprendendo la corsa della loro caduta da dove l’avevano interrotta.
Naturalmente non si muoveranno da lì ancora per millenni, li troverete esattamente nella stessa posizione quando vi capiterà di recarvi lì.
Saranno stati posti in opera così, un po’ per mancanza dell’antica maestria, un po’ per trascuratezza, un po’ per l’affievolirsi della convinzione che qualche entità potesse dispiacersene e nuocere ai responsabili?
Oppure si sono scompigliati a seguito di un terremoto?
Davanti alla piramide, la Mastaba di Mereruka. Costui doveva essere certo un personaggio molto importante, forse il braccio destro dello stesso re Teti, per poter riposare così vicino a lui e in una tomba così ricca per la quale potrebbe essere servito più lavoro di quanto richiesto da quella del re.
Ingresso della Mastaba di Mereruka
Stava succedendo qualcosa nella testa dei pensatori egizi: stavano così vicini al re per beneficiare della sua emanazione di grazia oppure lo stavano sfidando sfacciatamente?
Entriamo anche qui, con grave disappunto della guida. Tutti gli ingressi sono compresi nel biglietto dell’area di Saqqara, ma i furboni vanno personalmente alla biglietteria ad acquistare i biglietti per tutti, così occhio non vede e cuore non duole, il turista non può sapere a quali e quanti monumenti può accedere.
La parte visibile e ben conservata della tomba è la porzione inferiore perché sepolta da tempo immemorabile nella sabbia; la fascia mediana conserva i muri ma gran parte di essi sono stati spogliati delle scene a bassorilievo, ricoverate nelle sale dei Musei di tutta Europa e nord America dai predoni degli ultimi due secoli.
Il tetto non si è conservato, era in lastre di pietra, presto asportate per altre costruzioni, quindi la copertura è stata sostituita da una soletta in cemento armato, correttamente rifinita in maniera differente dai muri storici.
Sul tetto della botole rudimentali opportunamente schermate, adatte al passaggio della luce naturale sufficiente per vedere le pitture, riportano l’ambiente ad una situazione molto simile a quella antica, in cui, come avviene nei templi, la luce entra da fessure o fori nelle lastre del soffitto.
I tetti delle mastabe di Mereruka e di Kagemni, ricostruiti per proteggere i resti.
Impressionante l’effetto della statua di Mereruka ancora presente all’interno della sua nicchia: sembra vero l’uomo emergente dal muro, vivo di nuovo, come materializzatosi dalle pareti, dalla loro stessa pietra, per tornare ad una esistenza lunga e duratura come quella della sua dimora eterna, e del materiale di cui è costruita.
Ecco Mereruka, esce! Spero possa perdonare la mancanza di rispetto fotografico di chi gli ha tagliato i piedi...
Un altro sogno realizzato, sarebbe contentissimo di essere così famoso ben 4 millenni e mezzo dopo!
Credo potrebbe anche perdonarci per la profanazione reiterata e impunita della sua tomba, oppure ci ha già perdonati e infatti non ci punisce?
E se avessero già capito come utilizzare la tomba per farne una macchina del tempo, uno strumento per viaggiare attraverso i secoli, così se l’involucro rimarrà intatto ed il suo contenuto anche, approderanno certo in mondi molto diversi da quello di partenza.
Profanatori in senso stretto sarebbero allora solo i danneggiatori, i distruttori di cose e informazioni lì conservate, perché con il loro operato impedirebbero di fatto il proseguimento del viaggio e dunque l’approdo nel contesto temporale differente, quando cioè il messaggio tramandato attraverso ricordo e rievocazione può essere soddisfatto, come qui con noi, nel III millennio, il settimo per loro.
Solo 200 anni fa poteva non essere il momento giusto, ma adesso lo è e Mereruka è famoso, il suo nome viene ripetuto e la sua storia raccontata in luoghi del mondo per lui sconosciuti, in lingue nemmeno nate finché quella d’Egitto fu viva.
Non può non essere soddisfatto.
Intanto grandi quantità di cose sono andate perdute e l’archeologia stessa ne è responsabile, essendo lo scavo un’attività distruttiva; e se fra qualche anno si mettessero a punto metodi di scavo, strumenti e tecniche meno distruttive o comunque più efficaci?
Ad esempio la fotografia degli anni ’60 non può fornire le indicazioni della fotografia digitale dei nostri tempi, oppure le analisi attualmente possibili non erano immaginabili un secolo fa, quindi, seppure armati di tutte le buone intenzioni, gli archeologi “predecessori” hanno inavvertitamente inquinato i campioni.
Dunque anche adesso non siamo in grado, con tutta la nostra buona volontà e tecnologia a disposizione, di garantire la salvaguardia totale nel tempo del suo patrimonio tangibile ed informativo, perché le cose, gli oggetti e i muri stessi del contenitore cominciano a deteriorarsi più in fretta proprio perché strappati fisicamente all’oblio del mare di sabbia.
A ciò possiamo porre parzialmente rimedio trasferendo le informazioni sottoforma di dati, immagini e ricostruzioni su supporti più duraturi di quello fisico e cioè quello elettronico, informatico, virtuale, non più reale e per questo anche meno attaccabile dal degrado.
Quando si riuscirà a trasferire lo scibile legato alla sua esistenza, come ci è pervenuto, purtroppo già danneggiato, e tradurre tutto in linguaggio informatico ecco che potremmo garantirgli ancora un’ulteriore garanzia di immortalità.
E se da qualche parte nel mondo una delle immagini del suo ka emergente dal muro dovesse perdere qualche bit ed avere un buco grigio in un punto, si può auspicare esista un altro luogo in cui l’insieme sia interamente conservato e procedere al suo restauro immediato.
Questo è il futuro, probabilmente esisterà una forma di degrado informatico a cui si farà fronte sicuramente in maniera brillante, vista l’importanza degli archivi a cui verrà affidato tutto il nostro sapere.
[Modificato da pizia. 19/08/2009 12:11]