Pizia in Egitto 2008

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pizia.
00sabato 27 dicembre 2008 16:08
Re:
-Kiya-, 27/12/2008 1.00:

O forse no....


Per non rovinarlo basterebbe lasciarlo lì sotto vetro, ma invece attira, lo hai provato anche tu.
Roberta?


pizia.
00sabato 27 dicembre 2008 16:19
Qui ho avuto modo di nausearmi del contatto con la popolazione locale, alcuni egiziani moderni hanno il potere di essere insopportabili: non si può chiedere loro la minima informazione, né parlare per pochi secondi senza che chiedano soldi per questo, ma anche per servizi inutili e non richiesti, quali ad esempio indicarmi la provenienza del granito rosso o voler scattare ad ogni costo foto a me, al marito, ad entrambi, indicando particolari viste e scorci dei monumenti.

Alcuni venditori sono quasi ossessivi: cominciano col chiedere la nazionalità, poi infilano nelle tasche o nelle borse delle piccole cose, dicendo “regalo”, poi chiedono euri in cambio, ma non quelli di metallo, ma quelli di carta!

Inoltre ci sono alcuni tipi che mostrano una tessera (secondo me è quella dell’autobus), dicendo che appartengono alla polizia, dicono di voler vedere il biglietto e intanto pongono le domande di rito; eseguita questa formalità, col vostro biglietto in mano cercano di monopolizzare il vostro tempo, indicandovi una cosa o l’altra, improvvisandosi guide e provano ad accompagnarvi in un posto o nell’altro dell’area archeologica, naturalmente dietro pagamento di lauto compenso.


Ingresso alla piramide di Menkaura, attualmente chiuso; i blocchi di granito dei primi strati sono ben levigati ma lasciati a bugnato, solo attorno all'ingresso sono stati parificati, lasciando intravvedere quanto lavoro fosse necessario per portate la parete alla finitura liscia

Siccome la piramide di Menkaura non è aperta ci limitiamo a perlustrare l’intorno, scattando foto significative e deprimenti di questo luogo unico al mondo.

Guardando ad ovest l’altopiano ha un aspetto insolito, sale verso nord e declina verso sud, una cosa davvero strana.
A sud e a ovest di Macerino la spianata si interrompe a breve distanza dalla costruzione, subito dietro le piramidi satellite, formando scarpate di sabbia e pietre abbastanza ripide da non poter essere percorse a piedi, oltre il deserto sabbioso, bellissimo, dorato, cinquemila chilometri di selvaggio Sahara.

Sulla collina più alta, uomini e cammelli stanno davanti al cielo, in una specie di accampamento giornaliero fatto solo di gente e animali in sosta, senza fuochi, capanne o tende.


Accampamento giornaliero di uomini, cammelli, cavalli, muli, e che altro?

Da qui a là, una distanza indefinita, punteggiata da piccoli gruppi divaganti.
-Kiya-
00sabato 27 dicembre 2008 16:20
Attira eccome!

Se mi fosse capitato adesso, o comunque col senno del poi, a conoscenze acquisite, avrei maggiore giustificazione a quanto ho provato. Ma quella sensazione, così forte, provata allora, davvero non so spiegarmela.
Non posso che associarla a tutte le altre, relative alle immagini di Tut, che mi hanno accompagnato fin dall'adolescenza...


p.s. quindi non hai individuato il frammento relativo all'ipotetico sarcofago di Maketaton? ci tocca approfondire le ricerche, per scoprire se è tutt'ora conservato nel magazzino...
pizia.
00sabato 27 dicembre 2008 16:42
Le dune sembrano solo accumuli eolici, ma la loro posizione insolita tradisce un sostrato roccioso, di una roccia simile a quella con cui sono state costruite le parti interne, la struttura portante delle piramidi, un materiale discontinuo, spesso forato come le rocce carsiche, molto sensibile all’erosione, anche se eolica.


Particolare dei blocchi nell'angolo sud-ovest della piramide di Khafra, si nota l'effetto dell'erosione, mentre la superficie superiore sembra sommersa da una "colata", la parte inferiore è scalzata dall'abrasione

Molti blocchi di questo tipo costituiscono la struttura delle costruzioni (tutte), in particolare si vede dove il rivestimento esterno di finitura è stato asportato nei secoli, l’impressione di insieme è quella di “colature” tipiche dell’ambiente carsico, mentre da vicino, sul singolo concio si vedono fori e porosità, ma anche erosione scalzante, più concentrata in basso, ascrivibile all’azione del vento e della sabbia da esso trascinata; in alcuni punti sembra quasi di riconoscere formazioni di accumulo calcificate, materiale tipo stalagmite, forse per effetto ottico.


L'erosione ha agito sulla parete spogliata dai blocchi di rivestimento, la parte in basso forse è rimasta sotto ai detriti e alla sabbia, quindi presenta blocchi dagli spigoli ben definiti, altrove si nota l'effetto "colatura"

La piramide satellite a sud-est ha una particolarità, presenta un terreno scuro davanti, quasi nero, mi avvicino per capire di cosa si tratta.

Mescolata alla sabbia c’è una specie di torba scura, di consistenza fibrosa e di grana grossa; ha lo stesso colore dei brandelli di muro in mattone crudo antico, costituito di limo del Nilo misto a paglia, in contrasto evidente con i blocchi di granito rosso tagliato a bugnato che ancora corrono nei primi corsi della piramide regale, indici muti della differente tecnologia applicata per la costruzione dell’una e degli altri.

Nobili murature in blocchi megalitici ben lavorati di dura pietra esteticamente ricercata coesistono a pochi metri (e forse a pochi anni di distanza), dai neri rustici mattoni mezzi sbriciolati (speriamo che non piova! mi dico: ogni acquazzone porta via un pezzo di storia qui!), non so spiegarmi come o perché, ma è evidente come qualcosa sia cambiato lì in mezzo.

La stessa piccola piramide mostra pietre più piccole, attorno al mezzo metro, più informi, accatastate piuttosto che regolarmente alloggiate in file regolari con giunti perfettamente connessi.
Questo problema angoscerà gli studiosi ancora a lungo.

Completiamo il nostro giro percorrendo il lato est dei monumenti, alla ricerca delle tracce delle rampe processionali, dall’alto si intravede ancora il loro percorso rettilineo, si intuisce la loro mole anche dove non ci sono più.
La rampa meglio conservata è quella di Khafra, e così anche il tempio funerario addossato ad est, dotato ancora di vestigia riconoscibili.
pizia.
00sabato 27 dicembre 2008 16:45
Re:
-Kiya-, 27/12/2008 16.20:


p.s. quindi non hai individuato il frammento relativo all'ipotetico sarcofago di Maketaton? ...


Ammetto di non averlo trovato, ho girato come l'acqua nei tubi, ma niente. O avevo i vasetti Naqada sugli occhi oppure è nascosto bene [SM=g999108] ma non è finita così...


roberta.maat
00sabato 27 dicembre 2008 17:04

Per non rovinarlo basterebbe lasciarlo lì sotto vetro, ma invece attira, lo hai provato anche tu.
Roberta?



Mi ero già affrettata ieri a rispondere con un mio post a proposito del pavimento, ma clikando "rispondi" mi sono ritrovata offline.
.....Dicevo.... Ho subito una forte attrazione da quall'intonaco, tanto che lo ricordo molto bene mentre tutto ciò che lo circondava aveva stranamente perso interesse e mi appariva come una pesante cornice di pietra, statue che non avevano forma, colori scuri che facevano risaltare quel frammento in modo straordinario.
Ali, fiori che avrei calpestato anche io a piedi nudi per assorbirne l'essenza ! E pensate che, all'epoca, per me Akhenaton era poco più che un nome, una eresia e un'epoca. Credo che da quel pavimento sia nata la curiosità di addentrarmi nel complicato intrigo della sua famiglia e nel senso della sua storia.
roberta.maat
00sabato 27 dicembre 2008 17:12
Per chi non l'ha visto e chi come noi ha sognato in diretta di camminarci sopra incollo qui l'indirizzo immagine di Araldo De Luca: www.araldodeluca.com/root/archivio/scheda.asp?img=20635
pizia.
00sabato 27 dicembre 2008 17:25
Però così com’è tenuto, il sito fa accapponare la pelle a qualunque archeologo, studioso, ricercatore o semplice appassionato: vedendo l’uso a cui è ridotto dagli abitanti locali, si comincia a pensare che non sia una mera questione di soldi.

Sia chiaro: non è un atteggiamento imputabile ai soli egiziani o a tutti gli egiziani, ma almeno a coloro vi si trovano sul momento sì.

I frammenti di muro ancora in piedi, in solida pietra, costituiscono un riparo pronto-uso per ricoverare il cammello nei momenti di pausa, dargli il cibo, farlo riposare, ecc., così il tempio “a monte” diventa una stalla; a giustificare questo comportamento si può certo imputare la necessità, ma anche un atteggiamento di superiorità tipico dei praticanti delle grandi religioni monoteistiche, secondo i quali tutto ciò che riguarda altre forme di religiosità oppure le credenze antiche viene trattato con disprezzo e snobismo, quindi dissacrato con un certo godimento, con l’autocompiacimento di aver quasi svolto un dovere, una crociata.

Per l’appassionato studioso di antichità è una stretta al cuore, un dolore anginoso non facilmente cancellabile, per questo ne parlo qui, col rischio di apparire moralista e bacchettona.
E questo è ancora poco!

Decisa a ripercorrere le tracce di Reisner sul fortuito ritrovamento dell’ipogeo della regina Hetepheres, vado a mettere l’obbiettivo della macchina fotografica dentro ad ogni buco del terreno, e ce ne sono molti, più o meno transennati.


Individuato l'ipogeo, ecco la Tomba di Hetepheres!

Ne ho fotografati un bel po’, nella speranza di poter individuare i luoghi una volta arrivata a casa, con l’aiuto dei riferimenti indispensabili dei miei libri.
Cavità lunghe e strette, destinate forse a barche solari, pozzi rettangolari dalle pareti rettilinee, buche di varie dimensioni senza nome.

Ma sì, in fondo non interessa a nessuno che in fondo ad uno di questi buchi sia stato sepolto il corredo della mamma di Cheope con un sarcofago misteriosamente sigillato vuoto, al visitatore tipo interessa arrivare là, scattarsi un po’ di foto con amici e familiari a cavallo dei blocchi più grandi, per alcuni coraggiosi buttarsi a capofitto all’interno di un budello sotterraneo, raggiungere il muro di fondo e tornare indietro a velocità record, naso all’uscita.

Non voglio ricominciare un discorso già riproposto in varie occasioni, ma la conclusione è sempre quella, sarebbe meglio che chi non è seriamente interessato non andasse a cacciarsi in certi luoghi, così, tanto per fare una cosa diversa dal solito.

Ulteriore aggravante è, oltretutto, che sulla zona monumentale si riversa una quantità incredibile di spazzatura; è vero che non ci sono attrezzature di raccolta, come cestini per i rifiuti, gabinetti, ristoranti, bar, negozi, così tutto è affidato alla libera iniziativa degli abusivi, e, se ciò non è affatto auspicabile, è comunque tollerato per favorire il commercio, ma nel caso della pulizia e dell’igiene è una assolutamente deprecabile politica del laissez-faire.

Ogni angolo appartato diventa un WC improvvisato per gli uomini, visto che le donne e gli animali non si pongono questo problema, dovendolo o potendolo risolvere in tutt’altra maniera.

Il lancio del rifiuto esattamente nel luogo in cui cessa di essere oggetto di uso utile non è certo esclusivo appannaggio dell’egiziano moderno, aiutato moltissimo in questa attività dal turista medio.
Il vento forte e caldo, tipico di certe ore del giorno e di certi periodi dell’anno non dà tregua e trascina i rifiuti più leggeri ammucchiandoli fatalmente proprio in quei buchi nel suolo tanto importanti per noi.


Ecco cosa intendo dire...

I sacchetti di plastica vuoti non trovano requie e vengono sospinti anche fino in cima alla Grande Piramide dai mulinelli di vento, rovinando anche un po’ le foto!

Ma in questo tutto il mondo è paese, o quasi, e proprio noi italiani dovremmo rivolgere le attenzioni e le critiche a quanto succede nel nostro paese, che non ha nulla da invidiare, quanto a carenza di pulizia, all’Egitto sovraffollato della capitale e ad altri paesi in via di sviluppo…
pizia.
00sabato 27 dicembre 2008 17:28


Rampa di Khafra, punta dritta la testa della Sfinge.
Immaginate tutto questo levando ogni cosa più recente di 4500 anni...
-Kiya-
00lunedì 29 dicembre 2008 17:57
Re:
roberta.maat, 27/12/2008 17.12:

Per chi non l'ha visto e chi come noi ha sognato in diretta di camminarci sopra incollo qui l'indirizzo immagine di Araldo De Luca: www.araldodeluca.com/root/archivio/scheda.asp?img=20635




ho corretto l'impaginazione che non permetteva il click sul link.

Devo inoltre precisare che lo scatto di De Luca non mostra il pavimento in oggetto, ma una pittura parietale, proveniente dal Maru-Aton.

Cercherò immagini del pavimento, ma temo non sarà facile.
roberta.maat
00lunedì 29 dicembre 2008 18:15
Grazie Kiya della precisazione, evidentemente ricordavo male, eppure
ali e fiori di quel pavimento mi sono restate nella memoria fotografica ! E' passato molto tempo forse i ricordi si sono accavallati.
antonio crasto
00martedì 30 dicembre 2008 12:53
Quando a suo tempo si poteva fotografare al Museo del Cairo, scattai la foto del pavimento. Era una diapositiva e la scannerizzazione non è venuta bene. La inserisco per rendere l'idea, ma vedrò se Paolo ha qualcosa di migliore.
pizia.
00mercoledì 31 dicembre 2008 19:30
Mercoledì 26 Novembre 2008

Ore 14.50
Un’altra giornata dedicata all’area di Giza, siamo entrati lato piramidi e siamo usciti lato Sfinge.

L’ingresso alle piccole piramidi satellite, quelle accessibili, è compreso nel biglietto di ingresso all’area, così, avendo trovato chiusa Menkaura e le sue satelliti, decido di entrare in queste; passeggiando sul lato est del complesso la prima incontrata è quella di Hetepheres II, (la madre di Khufu è Hetepheres I), mi avvicino all’entrata.



Sarebbe meglio portarsi una torcia da casa perché qui dentro non c’è illuminazione e nessuno qui intorno ne vende o ne ha da “noleggiare”.
Entro al buio e da sola, nessuno è dentro e nessuno attende qui intorno per entrare, così scendo fino in fondo al corridoio discendente e percorro qualche metro della parte orizzontale, almeno fin dove riesco a vedere dove metto i piedi, più avanti non posso andare perché c’è il buio assoluto e non vedo nulla neppure dopo aver aspettato un po’, finché gli occhi si abituino alla scarsità di luce.

Che fare? I fumatori avrebbero un accendino, ma io non ho neanche quello e tutto sommato non so se sarebbe una buona idea usarlo, forse no.
In tal caso, il male minore è la macchina fotografica, la punto davanti a me e … flash!

Adesso posso vedere sullo schermo cosa c’è davanti a me, cioè più nulla, il tratto piano del tunnel finisce pochi metri avanti a me, niente scritte né disegni, solo dei detriti e qualche pietra più grossa a terra, come prevedibile del resto.

Forse perché visitata da poche persone, forse per l’andamento del corridoio, senza troppi cambiamenti di direzione con la formazione di sifoni, l’aria all’interno non è soffocante ed irrespirabile come nelle altre, ma sembra quasi fresca, due o tre gradi in meno della temperatura esterna mattutina.

La mia avventura archeologica finisce così, nelle altre due non scendo, mi riprometto, la prossima volta, di portare con me una torcia per queste evenienze.

Attorno si vedono tantissime tombe di funzionari allineate in file parallele ordinate, di dimensioni simili, determinate dall’incrocio delle strade; la maggior parte sono chiuse da cancelli o porte di ferro cieche, solo una o due risultano visitabili, ma si trovano sul lato nord, troppo lontano dal nostro itinerario odierno, diretto alla Sfinge.
pizia.
00mercoledì 31 dicembre 2008 19:35
Dal tempio funerario di Khafra, punto in cui si era interrotta la nostra visita di ieri, riprendiamo il percorso verso valle, percorrendo la rampa cerimoniale a scendere.

A colpo d’occhio mi sembra troppo inclinata, decisamente più acclive rispetto a quella di Khufu, quasi interamente perduta, di questa rimangono grandi spezzoni di pavimentazione e la struttura ancora ben leggibile nel profilo orografico.

I blocchi di granito del complesso di Khafra sono più piccoli di quelli presenti nella Grande Piramide, arrivano al massimo alla metà del loro volume, però so che nel tempio a valle ci sono esempi del tutto paragonabili per peso, alle 120 tonnellate stimate da Goyon per il soffitto delle “camere di scarico”.

Sembra quasi che, per ridurre lo sforzo impiegato, i blocchi grandi siano stati lasciati allo sbarco ed impiegati lì, mentre quelli un po’ meno impegnativi siano stati sollevati fino all’altopiano; forse gli elementi caricati sulle navi avevano tutti le stesse dimensioni, ma una volta giunti a terra, in un cantiere a valle, possono essere stati sezionati per ridurne le dimensioni.

Tutto attorno alla piramide inoltre, si possono trovare frammenti di un rivestimento in granito rosso, nei quali si riconoscono ancora le facce sagomate e inclinate come le facce della costruzione geometrica, costituito di pochi corsi dal piano di appoggio.

Ovunque restano anche i segni di estrazione per il riutilizzo del materiale.
Il piano basale è visibile a tratti sotto i blocchi scompigliati e non è né liscio, né orizzontale, né naturale.

E’ stato creato tagliando da esso i conci poi utilizzati, immagino, per qualche altra costruzione del complesso oppure per riempimento (perché portarli via?), non è stato soggetto a taglio in serie, cioè in batteria, il risultato non erano elementi standardizzati, ma tutti differenti per dimensioni e asportati singolarmente; il risultato è una scacchiera irregolare costituita da rettangoli di quote più alte o più basse.

Anche nella rampa ci sono tratti che sembrano scavati direttamente nel massiccio, mentre altri sono stati posati.

Verso la metà del percorso, lato sud, vedo del movimento strano, gente vestita “da ufficio”, molti strumenti e qualcosa di familiare, rotoli e rotoli di carta da disegno.




Un gruppo di archeologi, europei forse, stanno lavorando attorno a qualcosa di non visibile.
Mi avvicino il più possibile, si direbbe che il luogo dei lavori si trovi sotto la rampa stessa, in fondo ad un tunnel dal quale entra ed esce continuamente gente, egiziani e stranieri, e da sopra si può solo sentire vociare all’interno, come se dentro vi si trovassero molte persone.



Sostato qualche minuto, almeno per riuscire la lingua in cui si esprimono, ma sembra inglese e ciò non dice nulla di particolare sulla nazionalità del team.
Scatto alcune foto, quindi procedo per il mio tour.
pizia.
00mercoledì 31 dicembre 2008 19:50
Arrivati presso la Sfinge, un cancello sbarra il percorso sacro e non capisco la sua funzione, forse è necessario un altro biglietto per la Sfinge?

Non c’è altra soluzione, bisogna aggirare la scarpata rocciosa attorno alla parte posteriore della Sfinge, scavalcare il muretto e proseguire lungo la strada asfaltata.

Nelle foto sembra tutto così piano, quasi orizzontale, percorribile senza difficoltà, ma invece i sentieri da percorrere a piedi e anche le strade asfaltate, aperte solo ad alcuni mezzi dotati di lasciapassare sono tutti un sali-scendi, e per andare da un posto all’altro, senza fare giri chilometrici, bisogna camminare su soffici dune in cui si sprofonda fino alle caviglie e arrampicarsi sulle rocce.

Non so se siamo in un periodo particolarmente sfruttato per le gite scolastiche, in concomitanza con la bassa stagione turistica, ma è strano trovare così tante scolaresche e tanti giovani in visita ai siti archeologici.

Gli stranieri sono davvero in minoranza rispetto agli autoctoni.
Investiti dalle ondate di ragazzini raggiungiamo l’ingresso ufficiale lato Sfinge, al quale si accede stranamente senza pagare, per cui chiedo se è necessario munirsi di un altro biglietto, ma mi rispondono di no, tutto è compreso nell’area Giza.



A maggior ragione non mi spiego il cancello chiuso posto al termine inferiore della rampa, mistero egiziano, ciò vuol dire che non è possibile ripercorrere il cammino del re defunto dall’approdo alla sepoltura.

La vasca rocciosa dentro alla quale si trova la Sfinge non è accessibile, non è possibile girare attorno al grosso leone standogli vicino, però dalla strada e dalla rampa si vede e si può fotografare al meglio.

Peccato però non poter dare un’occhiata alla stele del restauro posta fra le sue zampe anteriori, avrei voluto osservarla meglio.
Vado alla ricerca dei grandi blocchi di granito rosso e nero di Assuan posti nella struttura del Tempio a Valle, li trovo, li misuro ad occhio e a palmi, sono circa 4 cubiti x 6 x 6.
Ecco anche i famosi pilastri monolitici, alti circa 8 cubiti, con base quadrata di 3 o di 4.

Questa sembra proprio la zona più frequentata di Giza, il rumore della folla è assordante, bisogna fare anche un po’ di coda per potersi infilare dalle porte fra i pilastri del tempio, o per guadagnare un posto in primo piano sul bordo della rampa e scattare qualche foto in primo piano alla faccia della Sfinge.


Dall'alto...
pizia.
00mercoledì 31 dicembre 2008 20:00

Dal basso...

Al termine della fila di venditori c’è posto sul muretto centrale, ci sediamo lì e sostiamo qualche minuto per guardare meglio il grande leone accovacciato con la faccia di re.

Il sole di mezzogiorno è caldissimo anche se siamo alla fine di Novembre, ma qui si sta benissimo, una brezza leggera rinfresca l’ambiente e rende gradevole questa permanenza al limitare del deserto.


Segni di lavorazione della pietra, sembrano scheggiature eseguite con strumenti metallici

Deve ammetterlo anche Paolo, la giornata è stupenda e si sta benissimo, il clima è asciutto, il vento tenue da ovest porta aria calda e secca dal deserto, spazzando la cappa di smog solitamente parcheggiata sopra alla città.

Volgendo lo sguardo a ovest e a sud il cielo è azzurro puro, i monumenti vi si stagliano come nelle foto dei libri.
Ormai i venditori si sono abituati a noi e ci lasciano stare, senza più bombardarci con continue richieste.

Starei qui tutto il giorno, ma non posso, perché fra qualche tempo, al mio sottile coniuge verrà fame e dovrò aver finito tutto il mio programma di visita odierno.

Ci alziamo e andiamo a perlustrare la zona attorno al tempio.
Qui doveva sorgere un porto ai tempi della IV Dinastia, e molti luoghi di culto nei secoli seguenti.


La "catacomba"


Troviamo dei muri di mattoni crudi, composti con limo nero del Nilo e paglia, in una strana costruzione con volta a sesto acuto ancora ben riconoscibile sopra ad un vano (corridoio?) ingombro di detriti, chissà cosa nascondeva… se fosse coevo al tempio sarebbe la più antica volta in mattoni che io abbia mai visto.
pizia.
00mercoledì 31 dicembre 2008 22:25
Gli egiziani vogliono a tutti i costi portarci a vedere delle “catacombe”, ma noi facciamo finta di nulla e ad ogni intrusione cambiamo strada o ci fermiamo, altrimenti non finisce più l’esborso di denaro e prima di tornare a casa dovremo accendere un mutuo.

Abbiamo inteso però che ci sono cose da vedere qui intorno, abbiamo anche visto una guida privata con due persone che sparivano dietro ad un muro così ci avviciniamo e troviamo degli ipogei.

Dovrei informarmi meglio sulle vestigia della zona qui attorno, a prima vista sembrano sepolture tarde scavate nella roccia sotto a piccoli monumenti in pietra di epoca di dinastica classica, forse ramesside o più tardi, saitica, si vedono solo false porte senza scritte e sotto architravi a sezione torica con geroglifici, ma niente cartigli
pizia.
00sabato 3 gennaio 2009 19:39
Giovedì 27 Novembre 2008

Ore 13.55
Questa volta ci vogliamo concedere una pausa, così passiamo una mattinata di calma.


Lusso turistico: gli uffici di "Suoni e Luci", spettacoli serali di grande aggregazione, si ripetono ad intervalli regolari, quando viene buoi, in molte lingue diverse

L’idea sarebbe quella di avere una giornata di relax, ma per paolo restare tuttoil giorno in hotel è troppo pesante e si annoia, così dopo la colazione andiamo a passeggiare davanti all’area di Giza, uscita Sfinge, senza entrare, solo per vedere i negozi.

Molti di questi esercizi commerciali stanno chiudendo, sorte già toccata alla Misr Bank, perché i turisti vengono sbarcati dall’autobus davanti al cancello dell’area archeologica ed entrano al volo sollecitati dagli accompagnatori.

Dedicano un po’ di tempo ad una veloce visita ai monumenti e, quando sono pronti per uscire vengono catturati al volo di nuovo, dallo stesso autobus, appena varcato il cancello, senza avere il tempo quindi da dedicare allo shopping come attività ludica; certamente i viaggi organizzati ritagliano degli spazi appositi per visitare rivendite di papiri o profumi, ma il rapporto venditore-cliente risulta falsato dalla situazione innaturale, programmata, omologata; entrando nel negozio con tutto il gruppo del tour si ha l’impressione a) di essere in un luogo sicuro e consigliato,
b) di non avere tempo né altra occasione per acquistare le stesse cose in futuro e a volte è davvero così,
c) di dover per forza comprare qualcosa per cortesia verso l’ospite.

In realtà dovrebbe essere tutt’altra cosa:

1) avendo oppure no l’idea di cosa si vuole bisogna avere il tempo necessario per valutare a mente fredda il rapporto qualità-prezzo; che ciò non sia sempre possibile è vero, ma il risultato che si cerca deve essere soddisfacente per entrambi, acquirente e venditore.

2) Bisogna avere la possibilità di vedere molti articoli per confrontarli tra loro scegliendo quello che più corrisponde al proprio gusto, ma anche più negozi che vendano lo stesso articolo in modo da poter confrontare anche la scelta, la varietà e la qualità. Senza avere alcuno scrupolo bisogna ritagliarsi il tempo necessario per per decidere e l’opportunità di visitare vari posti anche solo per prendere tempo. Doppiamente felice sarà il commerciante che vi vede tornare.

3) Non esagerare, mantenere una posizione equilibrata è sempre la cosa migliore, contrattare è possibile e necessario, ma ad un certo punto ci si può fermare; dopo aver visto ciò che offre il mercato sarà sempre più chiaro quello che è il prezzo giusto per un oggetto e lasciare qualche lira in più è sempre segno di gradimento e di cortesia verso la gente che ci ospita.


La minuscola bancarella allestita da un venditore ambulante; così i familiari dei negozianti si avvicinano ai turisti cercando di convincerli a comprare qualcosa durante le soste alle aree archeologiche

La maggior parte dei viaggi confezionati non lascia però spazio per queste attività e, a dire il vero, nemmeno per altre.
Può darsi che sia io la persona strana per aver scelto una località ove soggiornare per stare lì attorno e vedere bene quelle cose (a dir la verità molte), accessibili comodamente.

Se il turista medio riuscisse a capire che non è necessario attraversare ogni volta, d’in cima in fondo tutto il paese, può darsi che trovi motivo per ritornare più volte.

L’Egitto non ha il patrimonio artistico dell’Italia, ma vi immaginate fare un viaggio di una settimana da Milano a Palermo, guardando una cosa qua e una là?

Una settimana equivale a 168 ore, quindi, diciamolo, è ben poco tempo per vedere delle cose, ma talvolta non si può proprio stare lontani da casa di più.
Di queste ore 56 vanno dedicate al sonno, perché le otto ore basilari sono necessarie e consigliate per mantenere una mente lucida e un corpo efficiente, altrimenti non si riesce nemmeno a divertirsi.
Due ore al giorno, vanno impiegate per nutrirsi, colazione, pranzo, merenda, cena, ed è richiesta una certa calma, visto che già si consumano pasti veloci fin troppo facilmente durante i periodi di lavoro.
Per ovvie ragioni, legate anche al clima, almeno un’ora al giorno va dedicata alla pulizia della persona, per un totale di 21 ore.
Ne restano a questo punto 91.

Non sono molte, ogni ora impiegata nel trasporto, porta via tempo alle nostre relazioni umane e acquisizione dati culturali.

Negli spostamenti da un luogo all’altro vorrei impiegarne meno possibile, ma sarebbe del tutto impensabile attraversare l’Italia passando attraverso i centri cittadini principali, tappe obbligatorie se si vuole vedere il patrimonio artistico, quest’attività marginale finirebbe per occupare tutto il tempo rimasto a disposizione.
Anche in Egitto è poco producente.
pizia.
00sabato 3 gennaio 2009 19:56
Inoltre considero una fase molto importante quella sopra definita “relazioni umane”, e fra queste inserisco lo shopping.


Il villaggio nato attorno all'uscita lato Sfinge è costituito da case con pochi piani, con negozi e piccoli bar al pianterreno; qui si vede il parcheggio degli autobus a sinistra e i locali con le abitazioni a destra

Il commercio è una delle più primitive manifestazioni della cultura, uno dei motivi essenziali, fondamentali per tenere unite le persone facendole convergere in un posto.

Come esperienza umana dalle valenze ancestrali va vissuta nel proprio modo e nel modo del paese ospite, in modo che le due culture, ma anche le due o più persone, possano conoscersi e confrontarsi.

Con chi altri si può parlare?
Sterile rapporto con un paese ha avuto chi ha dialogato solo con sassi e guide.
Oltre ai negozianti, nelle zone archeologiche si può parlare con i ragazzini.

Come ho già scritto, il turismo scolastico interno è molto praticato, anche perché i bambini sono tanti e le scuole poche, o almeno, già tutte piene, così le classi sono divise su due turni, coloro che vanno a scuola al mattino passano parte del pomeriggio fuori con i professori e vice versa, chi passa fuori la mattinata rientrerà in aula al pomeriggio.

Sarà perché ho scelto per il mio soggiorno il mese di novembre, dunque le scuole sono in piena attività, ma le scolaresche portate in gita con i pullman provenienti da tutta la provincia sono davvero molte.

Le classi sono maschili o femminili, molto raramente miste.
I ragazzini salutano e fotografano i turisti dall’aspetto evidentemente occidentale, immagino che alcuni di loro non ne vedano molti e quindi sono curiosi.

Imparano un po’ di inglese a scuola e vogliono provarlo per vedere se funziona, intanto si avvicinano al mondo con quei pochi contatti permessi loro; è normale, sono giovani e hanno ancora una voglia indomabile di conoscere realtà diverse, destinata a perdersi con l’età per vari motivi.

Paolo si ferma talvolta a parlare con gruppi di ragazzini, ma lui conosce poco l’inglese, in particolare quello scolastico.
A me è capitato di essere circondata da gruppi di ragazzine che mi bombardavano con le domande, quelle domande imparate a scuola, di circostanza:

How are you?
How old are you?
Where are you from?
What’s your name?

Domande a cui rispondo ogni volta con pazienza, rigirandole all’interlocutore.
Con questo protodiscorso le nostre distanti culture hanno un contatto e si esplorano a vicenda senza dirsi quasi nulla.
Ho saputo i loro nomi, ma non me li ricordo, e anche la loro età, 14 anni.


Le case della zona appartengono alla borghesia mercantile

Proseguiamo il nostro giro dei negozi per circa un paio d’ore, alle 12.30 decidiamo di tornare in hotel.
Uscendo dalle aree archeologiche e dagli hotels c’è sempre una schiera di taxista pronti ad offrire i loro servigi, così per trovarne uno oggi dobbiamo avvicinarci al cancello.

Questo è un signore anziano, ha una macchina color bronzo, vecchia, ma ben tenuta, trattiamo il prezzo, saliamo, si avvia, intanto cerca qualcosa frugando nel cassettino sotto al cruscotto, un’agenda.

Per la prima volta mi capita di prendere un taxi referenziato; il colore di quelli “omologati” è nero, con una banda bianca, i numeri distintivi scritti sul vetro o sulle portiere con l’adesivo bianco, dentro c’è il tassametro antidiluviano, mai funzionante o mai in funzione, gli altri sono auto normali.
Ma uno referenziato non l’ho mai visto, l’agenda è per noi, tutta da leggere.

Scritte in tutte le lingue del mondo o quasi, inglese, francese, tedesco, spagnolo, greco, russo, ecc., messaggi di elogio al guidatore e alla sua auto; la pagina in italiano recita qualcosa di questo genere:

“… Siamo due accompagnatori turistici di Milano, ci serviamo spesso di … (non ricordo il nome del taxista)… è simpatico, ha prezzi onesti, guida bene nel traffico e conosce ogni luogo della città. Quando viaggerete su questa macchina pensate un po’ a noi, guardandovi in giro, sarà per noi come essere ancora lì… Ciao da Adriano e Antonio…”

Sulla pagina di fianco una altro breve elogio in italiano con firme.
pizia.
00mercoledì 7 gennaio 2009 00:01


Ecco, i taxisti sono un’altra categoria di persone con cui si può parlare, a seconda della lunghezza del viaggio, di solito si ripropongono per altri programmi, vorrebbero prenotarsi per viaggi lunghi o per altre escursioni nei giorni seguenti, ma noi diciamo sempre di non sapere cosa faremo nei prossimi giorni, ed in effetti è così, oppure raccontiamo di far parte di un gruppo con il quale abbiamo appuntamento per il giorno seguente, per andare in giro in autobus, (e anche questo è vero, nel nostro caso), altrimenti vorrebbero conoscere tutti gli spostamenti del cliente per prenotarsi, ma non so fino a che punto ognuno di loro sia in grado di tener fede ad impegni presi a così lungo termine.

Anche gli autisti abusivi (?) hanno una specie di codice d’onore interno, che li obbliga a cedere alcune corse ai soci del gruppo, secondo regolamenti per noi insondabili.

Le prime parole in arabo le ho imparate due anni fa, adesso vorrei sapere qualcosa di più, così chiedo come si saluta, buongiorno, buonasera, ecc.
Drago Mavericks
00mercoledì 7 gennaio 2009 00:38
Beati voi.
Io l’Egitto lo sognerò di notte.
Soffro di kenofobia.
E con gli spazi vuoti non vado d’accordo.
pizia.
00mercoledì 7 gennaio 2009 00:40
Ho lottato per anni con la mia paura dell'aereo, ma poi ce l'ho fatta!
Comunque sto progettando un viaggio in nave, perché un po' di tensione rimane sempre.
Ma la cosa che riesci a sopportare di meno cos'è?
Drago Mavericks
00mercoledì 7 gennaio 2009 00:43
La terra piatta e vasta.
Mi terrorizza.
-Kiya-
00mercoledì 7 gennaio 2009 00:50
pizia.... voglio ancora dirti grazie. Le tue parole e le tue immagini mi tengono legata al monitor, impedendomi di staccare gli occhi. Quante cose ancora ignoro di questa magnifica terra e della sua storia... quindi ti riconosco il merito della mia sensibilizzazione [SM=x822714]
Avendone preso coscienza, sto cercando di porvi rimedio anche attraverso la nuova struttura di EgiTToPhiLìa, quella che, giorno dopo giorno, tra impegni e difficoltà, sto vedendo nascere dalle mie mani. E che confido, quanto prima, di poter far apprezzare anche a voi.

Drago non lasciarti sopraffare dai timori. L'Egitto ha la grande prerogativa di presentare tantissimi spazi aperti che è possibile visitare, avendo nettamente la sensazione di compiere un viaggio al di là dei confini del tempo. E' questa la sua magia... Le aree templari, come Karnak, Luqsor o Deir el-Bahari, ad esempio, non hanno davvero nulla da invidiare all'interno delle Piramidi, il quale, se non sei "ossessionato" al pari nostro, spesso è fonte di delusione.

E non c'è nulla di meglio che concludere un viaggio egiziano con una settimana ristoratrice sul Mar Rosso. Chi ama il mare come te, saprà certo di cosa sto parlando. Magari non ci troverai... "l'onda perfetta", ma sono del parere che valga comunque la pena [SM=g999103]
Drago Mavericks
00mercoledì 7 gennaio 2009 01:04
Grazie della dritta [SM=x822713]
pizia.
00mercoledì 14 gennaio 2009 00:11
Grazie Kiya, allora mi sento incoraggiata a continuare...



I grandi pilastri monolitici del Tempio della Sfinge; credo sia lo stesso posto fotografato qualche mese fa da Bata, con i suoi compagni di viaggio nascosti lì dietro.

Ore 19.00
Riuscirò un giorno su 13 a passare un po’ di tempo in piscina sotto il sole tiepido?
Purtroppo le ore di sole sono le stesse per andare in piscina a balneare e per vedere i monumenti.

L’area di Giza chiude alle 16.30!
La prossima volta il viaggio lo farò in marzo, almeno le giornate saranno più lunghe e la primavera più fresca dell’autunno, ho già qualche idea.

Sono sul balcone, guardo il giardino rigoglioso e il cielo sempre stellato, l’Egitto è bello anche da qui.
Ho bisogno di riordinare le idee, studiare alcune cose essenziali su Saqqara per domani, il programma della gita, la topografia del sito, la strada per arrivare…
Naturalmente le tombe più antiche saranno chiuse o inaccessibili, spero solo di potermi avvicinare il più possibile e di carpire qualche segreto alla guida per poter vedere qualcosa almeno dall’esterno.

Intanto la giornata di domani mi servirà anche per avanscoperta, quando tornerò da sola mi muoverò meglio, infatti lì dovrò tornare.
Adesso andiamo a cena, perché Paolo ha sempre molta fame, dice che lo faccio camminare troppo, nel deserto, sotto il sole a picco, ecc., poi a nanna presto perché domani la sveglia è alle 7.00, esattamente un’ora prima della partenza per la gita prenotata dall’Italia con il tour operator locale, destinazione Saqqara.

pizia.
00mercoledì 14 gennaio 2009 00:40
Venerdì 28 Novembre 2008

Ore 13.50
Il nostro Minibus è giallo e bordeaux, con scritto “Sylvia Tours” sulla fiancata; arriva puntualissimo e così gli accompagnatori addetti al pick-up in hotel.

Prima tappa: Menfi.
In realtà qui non c’è nulla, è un’area recintata in cui sono custoditi alcuni reperti trovati nei dintorni, la città di Menfi dorme ancora sotto le case degli egiziani moderni, speriamo bene!


L'area di Menfi: frammenti e bancarelle

Fra i frammenti riuniti qui ci sono varie iscrizioni di Ramses e di Merenptah, un sarcofago di granito, basi di colonne e la parte inferiore di una statua di Hotepibre.

Sì, proprio lui, viene scritto s-htp-ib-ra, grazie a tutte le testimonianze scritte del suo nome, è facile definirlo il re a cui si deve l’uscita dal Primo Periodo Intermedio e l’ingresso nel Medio Regno.


La mia guida non aveva la più pallida idea di chi fosse S-hotepibra, nemmeno la dinastia; io invece, avevo la fotocopia della lista dei re di Gardiner [SM=x822706]

Durante la sua vita favorì il ritorno alla lavorazione della pietra e all’edilizia monumentale, infatti riportò l’attenzione degli artisti sulla statuaria a tutto tondo e sui grandi edifici rifiniti con particolari in pietra pregiata; ricordo di aver visto a Dendera un architrave scolpito col nome dello stesso re, prova della sua opera di ammodernamento e della sua volontà di lasciare il suo nome inciso nella pietra, in modo da conservarlo per millenni.

Questo è il modo più efficace che i nostri egizi conoscessero per essere ricordati, cioè tramandare il proprio nome come promessa d’immortalità.

Che dire delle statue di Ramses? Questo re è uno dei più conosciuti della storia e non solo egizia; anche grazie alla sua mania di grandezza manifestata in tanti modi diversi, dall’espansionismo militare al governo assolutistico, alla ritrattistica monumentale, della quale però non fu certo pioniere.


Ramses il Grande!

Qui sono conservati alcuni di tali enormi ritratti, uno è disteso nella posizione in cui lo rinvenne Belzoni, ora protetto, assieme ad altri oggetti, da una costruzione appositamente realizzata per ammirarlo tutto intorno e dall’alto.

Ma c’è ben poco da vedere qui a Menfi, finché non si potrà tirare fuori qualcosa da sottoterra e da sotto all’abitato moderno, ma non credo sia fattibile, almeno per ora, innanzi tutto perché la gente ci abita e poi perché ci sono già troppe cose sotto il sole, cose che nessuno va a vedere perché (solito discorso) vanno tutti solo in quei due o tre posti.
pizia.
00mercoledì 14 gennaio 2009 01:08

Il colosso disteso

E se lo scavo di per sé non costerebbe molto e sarebbe in gran parte già pagato dalle università e fondazioni straniere, il mantenimento e l’agibilità sarebbero le voci maggiormente incidenti sul bilancio e non si esaurirebbero mai.
Insomma, in mezz’ora ce la caviamo, risaliamo sul mezzo per andare a Saqqara.

Appena usciti fuori dalle palme, proprio al limite del deserto c’è la biglietteria, il centro visitatori e il Museo di Imhotep.
Qui è la nostra guida a scendere per prendere i biglietti, quindi ripartiamo per salire in cima alla collina.

Analogamente a quanto visto a Giza, la necropoli è stata fondata su un altopiano roccioso, reso liscio e ondulato dalla copertura di qualche metro di sabbia vagabonda.
Ecco tutte le piramidi in rovina e – meraviglia – il complesso monumentale di Djoser.

Si entra dall’unica vera porta aperta del recinto, si passa attraverso il porticato realizzato con colonne a fascio di giunco, lunghe e sottili, tanto che l’architetto volle unirle al muro laterale con setti murari pieni, in modo da formare delle nicchie da un lato e dall’altro del percorso, circa una quarantina o poco più… e quando il numero supera di poco il 40 viene subito in mente il numero dei nomi e la possibilità che ognuna di esse avesse una funzione correlata con ognuno dei nomi.


Nella sala a colonne di Djoser, la nostra guida corre, dobbiamo inseguirlo, si fermerà soltanto fuori, nel cortile

Ma sarà davvero così?
Spontaneamente, senza paure architettoniche e ingegneristiche, le chiese cristiane hanno la stessa struttura, sarà un caso?
Il soffitto, del quale restano pochi brandelli era realizzato in pietra scolpita ad imitazione dei veri soffitti del palazzo di Menfi, a tronchi di legno di palma accostati l’uno all’altro e appoggiati ai due estremi sui muri.


Pozzo presso la mastaba sud
pizia.
00mercoledì 14 gennaio 2009 01:12
Usciti nel cortile più grande ci fermiamo lì per una breve spiegazione, ma più che alle curiosità storiche sono interessata alla geografia del luogo, così lascio parlare la nostra guida, Adel, del progetto e degli ampliamenti, poi mi faccio indicare i percorsi agibili.

A suo dire non si può entrare da nessuna parte in questo complesso di Djoser.

Anche all’esterno la fruibilità dell’area è molto limitata dai lavori che si stanno eseguendo attorno alla struttura della piramide a gradoni.
Al lato est e il lato nord sono accostati dei ponteggi (in legno, con legature di corde!), alti fino al primo gradone, proprio sopra la mastaba iniziale, gli altri due lati sono comunque inavvicinabili perché transennati.


Veduta verso sud, la piramide di Unas
pizia.
00mercoledì 14 gennaio 2009 01:55
Vi si muovono attorno muratori e tecnici impiegati nel lavoro di consolidamento della struttura esterna, talmente compromessa ed erosa da lasciar vedere, in alcuni punti, grandi porzioni delle murature sottostanti relative alle prime fasi del progetto.
Mi limito a perlustrare la zona est, fino ove accessibile, i cortili, le Case del Nord e del Sud, la piazza del heb sed con i due templi uguali a tetto curvo, ispirati ancora all’architettura predinastica dell’Alto Egitto.


I ponteggi di Djoser

Anche queste sono certamente immagini longeve, in materiale resistente di altri più antichi eseguiti in materiali deperibili.
Secondo la nostra guida, quelli a tetto curvo sarebbero la Casa del Nord, perché lì piove spesso, mentre quelli a tetto piano sarebbero la Casa del Sud, perché lì non piove davvero mai, io non credo proprio che sia così, ma non dico nulla perché alla nostra guida intanto non interesserebbe.


Secondo me questo è un antico tempio ovvero la sua immagine di pietra; riassume tutta la poetica dell'architetto Imhotep, ma non voglio angustiarvi con grevi discorsi sull'architettura, dico solo una cosa: ma quant'è gotico!

Purtroppo il serdab è irraggiungibile, saliamo sulla mastaba sud, si vede un grande pozzo, transennato e occupato all’interno da scalinate e piani di legno, un ingresso al labirinto sotterraneo.
Salendo si passa di fianco al muro adorno di serpenti solari.

Dall’alto si vedono molte altre piramidi: quella di Unas, vicinissima, quasi tangente, ridotta ormai ad un cumulo informe di macerie, e in lontananza quelle di Dashur.


vista verso sud dalla sommità del muro di cinta

Il panorama è una visione mozzafiato, non si può immaginare nemmeno guardando ogni giorno la nostra montagna piramidale ergersi sopra alla pianura.
La Valle del Nilo e il suo deserto adiacente qui, sono talmente piani da rendere le piramidi di Dashur perfettamente visibili e riconoscibili guardando verso sud, la Rossa un poco più ad ovest e quella a due pendenze, inconfondibile nel suo profilo anomalo, dritta a sud; poco più ad est la sagoma da torre distrutta della piramide di Amenhemat II.

Da qui esse hanno lo stesso “valore” e “peso” delle tre di Giza; da questa distanza , che è fondamentale e corrisponde più o meno anche all’abitato di Menfi la capitale, la potenza simbolica di questi segni antropici, primariamente architettonici, colpisce ancora adesso e attraverso la loro geometria non del tutto scomparsa, parla ancora un linguaggio universale, perfettamente comprensibile senza parole e senza traduzioni.


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