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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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"La genesi dei Faraoni" di Toby Wilkinson

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2013 16:00
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Titolo: La genesi dei faraoni.
Le nuove, straordinarie scoperte che hanno riscritto la storia delle origini dell'antico Egitto
Autore: Wilkinson Toby
Prezzo e disponibilità: verifica
Dati: 2004, 200 p., ill., rilegato
Traduttore: Spirito A.
Editore: Newton Compton (collana I volti della storia)



La genesi dei faraoni




In sintesi

Chi furono veramente gli antenati dei faraoni? L'Egitto fu realmente un "dono del Nilo"? Gli antichi egizi costruirono una delle più grandi civiltà mai viste al mondo, ma come, dove e quando tutto ciò ebbe inizio è rimasto a lungo un mistero. In questo libro l'egittologo Toby Wilkinson ci fa compiere un viaggio a ritroso nel tempo verso gli albori della civiltà, sulla base delle nuove scoperte che egli stesso ha fatto nel cuore del deserto, tra la Valle del Nilo e il Mar Rosso.


-francis-, 13/09/2008 15.22:

Ecco una recensione:

Sull'origine della civiltà egizia sono sorte nel tempo le più fantasmagoriche leggende, talora sulla base di fragili sforzi interpretativi dei dati conosciuti, altrove all'insegna di ossessioni ideologiche o semplici sogni: e la convinzione che il genio e la dignità altissima dell'Egitto faraonico, sorto quasi per incanto in una terra "selvaggia" come l'Africa, dovesse per necessità giungere "dall'esterno" grazie a una "razza superiore" si è dipanata nel tempo con una certa varietà di ipotesi. Tra queste spicca l'idea di una civilizzazione da parte d'invasori da est, probabilmente sbarcati sul Mar Rosso con navi per le quali i petroglifi del Deserto Orientale parevano suggerire modelli mesopotamici: ed è persino imbarazzante trovare tali teorie vagheggiate da intellettuali in netta opposizione alle follie razziali naziste, per esempio quel coraggioso egittologo Hans Winkler che, aderente al Partito comunista tedesco e marito di una donna armena, si trovò in collisione con il regime e ne subì l'ostilità. Oggi gli studiosi propendono in genere per una genesi del mondo egizio all'interno della sua culla più ovvia, il mondo preistorico e protostorico nordafricano: e tuttavia per parecchi elementi e modelli culturali (religiosi, di potere, ecc.) distintivi dell'Egitto faraonico permaneva l'impressione di una nascita strana e improvvisa, sostanzialmente inspiegabile. La spedizione di Wilkinson (dicembre 2000) nel cuore del Deserto Orientale tra valle del Nilo e Mar Rosso permette ora finalmente di reimpostare la questione, di cui il volume in esame offre un quadro circostanziato e ricco di fascino: con un rigoroso esame delle ricostruzioni precedenti, l'autore smonta le presunte derivazioni da modelli orientali (in realtà di molto successivi) e rintraccia sui petroglifi raffigurazioni in evidente parallelismo con quelle di manufatti più certamente databili. Lungo un arco cronologico che dal periodo badariano (5000-4000 a.C., dal sito di el-Badari), si snoda per i successivi periodi di Nagada I (4000-3500 a.C.), II (3500-3000 a.C.) e III (dopo il 3000 a.C.), la popolazione preegizia affrontò con creatività e tenacia le difficoltà dell'ambiente culminate nella desertificazione delle savane a est e a ovest: già la cultura badariana, vera antenata della civiltà faraonica, non si sviluppò unicamente nei ristretti confini della valle del Nilo, ma trasse vitalità dal rapporto con ambienti diversi, attraverso un'esistenza seminomade (parte dell'anno sulle rive del fiume, il resto nella savana orientale probabilmente per caccia e allevamento), da cui in seguito si svilupperà il mondo evocato con tanto vigore dall'arte rupestre. I suoi creatori partecipano evidentemente della vita di due mondi, appunto una savana ricca di animali (giraffe, elefanti, gazzelle, sorta di stambecchi) e la valle del Nilo, dove sorgono lentamente società complesse con governanti ereditari: e le immagini, delineate forse in contesti magico-sacrali, già prefigurano temi e motivi che connoteranno l'Egitto faraonico. Sovrani armati di mazza o con copricapi simili alla corona rossa egizia; tavolozze cosmetiche o incisioni puntiformi con struzzi e uomini-struzzo (cacciatori o sciamani), che richiamano gli dei egizi piumati come Ammone-Râ e il più arcaico Min (forse ravvisabile nella figura graffita con piume gemelle dello Wadi Umm Salam, la più antica immagine divina antropomorfica a noi nota); barche con strani passeggeri, animali e "mazze da golf" - probabilmente piedi di salme - che paiono prefigurare le imbarcazioni sacre egizie per l'aldilà o gli dei; il principio organizzativo "familiare" nell'interpretazione del divino, e l'iconografia del toro perpetuata dall'epoca dei primi allevatori fino al simbolismo del potere faraonico e all'arte egizia; gli ippopotami arpionati come nelle cacce sul Nilo delle raffigurazioni più tarde: tutto ciò pone insomma di fronte all'affascinante prospettiva di un "anello mancante" finalmente svelato, anche se nell'ambito di un quadro arcaicissimo che richiederà approfondimenti e integrazioni. Mentre il dato più paradossale - ma emblematico di oblii e rimozioni della storia - sta forse nel constatare che tra gli "stranieri" tanto insultati nei documenti ufficiali egizi fossero compresi anche quei pastori del deserto unici superstiti del tipo di esistenza alle origini del mondo faraonico.

[Modificato da -Kiya- 11/01/2011 00:02]
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