Aggiungo ancora qualcosa sulla storia del calco, perchè vi giuro che ogni volta che leggo qualcosa mi sembra sempre più ovvia la soluzione, ma forse è solo perché mi convinco sempre di più di cose che penso io...
Ma parlando di rituali magici penso sempre che forse tante operazioni, anche tecniche, anche artistiche, potevano allora essere intese come pratiche magiche.
Non so dire cosa si prova a stare un quarto d’ora col gesso in faccia e respirare con le cannucce, perché quando al liceo artistico provammo questa tecnica, non fui io a prestare il volto, ma altre due mie compagne!
Per quanto riguarda gli occhi, ho accennato più sopra il metodo per mascherarli, inoltre credo che il gesso (solfato di calcio) sia irritante per gli occhi, se non pericoloso, in quanto assomiglia alla calce e quando reagisce con l’acqua si scalda anche un po’. Bisogna quindi proteggerli bene, poi sul calco finito (positivo, non negativo!) si possono operare correzioni e modifiche, in fondo anche l’artista deve pur mettere qualcosa di suo no?
Nell’arte egizia esiste poi una grande facilitazione, cioè il fatto che nelle rappresentazioni le figure portano sempre occhi truccati abbondantemente; è da notare come, anche nella maschera di Tut, gli occhi siano descritti in una maniera un po’ più convenzionale, quasi pittorica, mentre il modellato delle guance, del naso e della bocca abbia una resa veramente realistica, tanto da far pensare davvero all’uso di un calco.
Parliamo di teste: con il metodo descritto nel mio post qui sopra è realizzabile un calco strettamente del viso (su un umano vivo!), mentre non è conveniente fare forme molto grosse, infatti più è grande lo stampo che si vuole realizzare, più si rende necessario aumentarne lo spessore, quindi i tempi di asciugatura e naturalmente i tempi di posa e il rischio di rompere tutto.
Uno strato molto spesso di gesso è anche piuttosto pesante allo stato plastico (contiene anche sabbia), quindi i tessuti di un viso potrebbero deformarsi sotto il suo peso, compromettendo naturalezza e somiglianza del risultato.
Comprendere anche la testa non sarebbe comunque conveniente. Ammettendo pure che il modello abbia il capo depilato, resta il problema della contrazione del gesso durante l’asciugatura e della successiva estrazione del soggetto “a tutto tondo” dallo stampo cavo che lo contiene, si dovrebbe intervenire con tagli ecc. e alla fine si avrebbe comunque uno stampo smontato da rimontare.
Effettivamente ci sarebbe una procedura più economica (non in senso pecuniario): forse l’artista avrebbe un risultato ugualmente soddisfacente modellando da sé una struttura a forma di testa comprensiva di collo, spalle ed altro, applicando poi davanti il viso risultato dalla colatura “in positivo” nel calco, nonché parrucche vere e perché no, corone (pensavo in particolare a quelle teste di Nefertiti e/o figlie, con l’incastro cilindrico sopra o deformi all’occipite, anche se non sempre realizzate in materiale colabile).
In tal modo lo “stress” sul soggetto è ridotto allo stretto indispensabile, visto che nel nostro discorso si tratta di sovrani…
Forse sono andata fuori tema, ma questo mi permette di controllare con voi la possibilità della padronanza di tale tecnica nell’antico Egitto, e di fare un discorso sul corollario che comporta.
Può essere che per indurre il re a sottoporsi a gesso e cannucce questo procedimento venisse spiegato come una sorta di rituale magico e magari eseguito nel segreto templare?
In un momento storico in cui per la rappresentazione artistica non si disponeva ancora di materiali e tecniche in grado di fornire risultati fotografici, la sensibilità e l’ingegno del singolo che riesce, con una sua capacità innata o con un’idea come questa del calco, a produrre un manufatto di un realismo sconcertante, può essere definita (millantata?) magia dai suoi contemporanei?
So che non è una buona referenza, ma ho visto su Discovery Ch. (o forse su National Geographic?
) un filmato intitolato: "La mummia d'oro", che esemplificava il procedimento descritto più sopra, ma veniva discusso relativamente ad un ambiente tardo, per dimostrare come fossero prodotte le mummie con maschere in foglia d'oro; ne veniva anche costruita una sperimentale per mostrarla a Zahi Hawass.
Mi è sfuggito, o non è stato chiarito però, quale fonte abbia permesso la ricostruzione di questa tecnica, se ne avesse parlato qualche studioso e da quanto tempo i nostri la praticassero.
Ammessa la possibilità che le teste di Akhenaton che ben conosciamo siano state realizzate con il metodo del calco, quindi testimoni obbiettivi dell'aspetto vero del sovrano, allora come si potrebbero spiegare le altre raffigurazioni, quelle deformi?
Ho ipotizzato che l'esecuzione del calco seguisse un rituale, legato all'uso magico della figura umana e in particolare, di quella del faraone.
Tale ipotesi potrebbe essere suffragata dal fatto che di "negativi" in gesso non ne siano stati ritrovati (?), perchè non venivano conservati.
Ma anche in "positivo" i ritrovamenti di questo stile calco sono in numero esiguo, mentre nella statuaria ufficiale, quella fatta per stare all'aperto, per durare, scolpita veramente nella pietra, prevalgono quelle forme tipiche che hanno dato adito alle congetture sulle mille e una malattie di Akhenaton (e di tutta la sua famiglia!).
Se la pittura, come il bassorilievo, ha un punto di vista naturalmente privilegiato che è quello frontale-centrale, non è così invece per la scultura che permette, volendo, una visione a 360°.
Alcune statue, anche molto antiche, tengono già conto di questa possibiltà, penso ad esempio alla statua in diorite del re Khafre, con i suoi molteplici punti di vista privilegiati, frontale e laterali, forse era fatta per essere guardata da 180°; una foto del retro non l'ho mai vista, perciò non so dire se andasse vista anche da dietro, ma ricordo che al Museo di Torino, le statue potevano anche essere guardate dietro per la presenza di scritte (adesso, però allora andavano lette?).
Credo che un problema assillasse l'artista di allora come quello moderno, cioè una sorta di sintesi delle arti, il fatto che la statua di profilo fosse così diversa dalla raffigurazione pittorica, ricercata miscela fra fronti e profili.
Come si poteva rendere in scultura, nel tutto tondo, la stessa immagine (look) tipica della pittura che rispondeva così bene da secoli alle esigenze di rappresentazione?
Immagino che molti artisti si siano posti il problema e che qualcuno durante il periodo amarniano l'abbia risolto, facilitato anche dalla maggiore libertà (o tolleranza) di espressione figurativa sponsorizzata dal sovrano, magari concorde con la ricerca di qualcosa di nuovo.
Così visi e corpi si deformano: l'occhio, che visto di profilo nella statuaria, perde la sua caratteristica forma, si allunga per assomigliare il più possibile a quello dipinto; la parte alta del busto, diventa più ampia, come in pittura ove è raffigurata ruotata; la faccia intera viene piegata lungo un asse verticale come fosse un foglio, così diventa stretta e lunga e il naso affilato, ma girando attorno, la sensazione "geroglifica" dell'insieme ne risulta rafforzata.
Il bacino e le cosce rimangono un motivo in sospeso, perchè non riesco a spiegare tali deformazioni in questo senso: effettivamente le figure dipinte hanno sempre i fianchi molto stretti, come credo fosse la costituzione fisica più diffusa...
Che risultato ci potremmo aspettare inoltre, se una di queste raffigurazioni diventasse a sua volta modello per eseguire dipinti? forse l'esasperazione di quei tratti che sono distintivi dell'arte di Amarna?