Anche se il mammisi di per sé non c’entra niente con la pratica meramente ostetrica della nascita, è comunque una fonte preziosa per le informazioni che contiene sottoforma di rappresentazioni, riti, formule e simboli.
Il termine fu usato da Champollion come semplificazione linguistica per indicare il per-meset = “tempio della nascita”.
Naturalmente si tratta della nascita del dio, cioè di Horus, cioè del faraone.
Solo per lui viene sfoderato tutto l’apparato scenico relativo a questa liturgia, mentre per tutte le altre persone, a seconda del grado sociale e delle condizioni economiche, si attinge a questo modello, via via semplificandolo, fino a quel minimo che possiamo immaginare si allestisse per la nascita del più povero dei sudditi.
Come tipologia di edificio l’introduzione del mammisi presso alcuni grandi templi la dice lunga sull’evoluzione del sentimento religioso: esso dimostra come gli egizi, prima essenzialmente votati al culto della morte, iniziarono ad interessarsi al mistero della nascita, quasi in contrapposizione con la tendenza dominante di millenni di storia.
Già ai tempi della suddetta Radjedet l’evento era rivestito di sacrale importanza; da quel racconto apprendiamo tante cose relative alla preparazione dell’avvenimento eccezionale della nascita dei tre re iniziatori della V dinastia.
Esattamente come avviene per i riti della resurrezione osiriaca, anche questi generarono tentativi di imitazione, in seguito a quel fenomeno che si definisce democratizzazione, a cominciare dalle persone più vicine al sovrano per poi estendersi a tutte le famiglie, anche quelle più povere, sempre in rapporto con la disponibilità di risorse.
Avvicinandosi il momento veniva allestito il padiglione della nascita che doveva ricordare il boschetto di papiri in cui Iside trovò nascondiglio per dare alla luce Horus lontano dal pericoloso Seth, forse una specie di tenda o letto a baldacchino, con colonne di legno a forma di steli di papiro, simboli della palude primordiale.
La decorazione e l’arredo richiamavano questo mito, pur lasciando largo spazio ad oggetti legati alle tradizioni locali e a tutte quelle divinità del pantheon che avevano a che fare con famiglia, fortuna, destino, infanzia, casa, maternità, quali Bes, Taueris, Bastet, Hathor….
L’arredamento vero e proprio consisteva di un letto, uno specchio, stoffe e cuscini, sgabelli, oggetti da toeletta ed in particolare la “sedia del parto” o i 4 mattoni magici che ne facevano le veci.
Nel tempio di Kom Ombo, vicino alle rappresentazioni dei ferri chirurgici di cui abbiamo parlato in un altro topic, c’è anche quella di una sedia del parto.
Per quanto riguarda i mattoni, secondo Jacq essi sono associati alle dee tutelari:
1) Tefnut la Primogenita, polarità femminile della prima coppia;
2) Nut la Grande, cioè il cielo;
3) Iside la Bella, ma anche la madre;
4) Nefti, l’Eccellente.
Ho trovato queste informazioni sul libro "Le donne dei Faraoni" di Christian Jacq.
Se ciò è vero questi 4 mattoni sarebbero collegati con le 4 dee che proteggono l’Osiride durante la sua rinascita e che stanno ai quattro lati del sarcofago, mentre i mattoni magici che venivano murati nelle tombe, sono associati ai punti cardinali, alle parti estratte dai corpi e ai 4 figli di Horus.
Dunque nella camera funeraria assistiamo a un grande impiego della simbologia del 4 a strati concentrici alternati maschile/femmine e vice versa: quattro mattoni sulle pareti, quattro dee attorno al sarcofago; le stesse quattro dee attorno all’urna contenete i canopi, cioè i quattro organi corrispondenti ai figli di Horus.
Ma questa non è una regola fissa e comunque la camera funeraria qui è un po’ OT.
Se ci penso ancora un po’ forse posso trovare ancora qualche attinenza fra questa ossessione per il 4 e la nascita.