00 08/03/2012 09:39
Accompagnando il banchetto funerario del Vizir Rekhmira (1500 a.C.), i coristi cantano:

che il dolce vento del nord sia per la tua narice, e il soffio per il tuo naso. unisciti alle messi che il re dona, uscendo sull’altare del Signore del Tutto.
Possa il tuo ka essere soddisfatto di ciò, tu il sindaco della città, amato da Amon, Rekhmira
.”.

Dal lato degli uomini, un liutista canta per il defunto; dal lato delle donne, si vede una serva rappresentata di schiena, nuda sotto la tunica. Essa versa del vino ad una donna: ciò che versa, per gli antichi egizi, corrisponde a “fare l’amore, fecondare”.
La scena è l’equivalente dei canti d’amore dei giovani.
Fin dall’Antico Regno, le donne danzano nella tomba e si mostrano seducenti per il morto.
A Saqqara, nella tomba di Merefnebef (2300 a.C.), un gruppo di giovani esegue una danza, accompagnate da alcuni arpisti. Compiendo una figura acrobatica, a gambe aperte, esse mimano il gesto che condiziona ogni venuta al mondo, per assicurare la rinascita del defunto dopo la morte. Lo sguardo è rivolto alla gamba che si avvicina al braccio; le due braccia riproducono il segno geroglifico “ka”, espressione dell’energia vitale. La mano destra della danzatrice realizza il gesto iniziale che genera la vita: essa è la “mano del dio” che fa colare il seme nel rito hathorico.
[Modificato da -Kiya- 08/03/2012 16:12]