Cari amici egittofili, siete mai stati al Petrie Museum di Londra? Ieri sera avevo un po’ di tempo ed ho deciso di visitarlo. Non ho usato però l’aereo e neanche la fantasia, ho utilizzato uno strumento che sta nel mezzo e si chiama INTERNET (lo conoscete bene!!!).
Ho trovato il sito ufficiale del Museo (http://www.ucl.ac.uk/museums/petrie) ed ho cominciato la visita. E’ un museo da “amatori”, si respira la tipica atmosfera di fine ottocento, con le bacheche di legno scuro, in cui sono ammucchiati migliaia di reperti, protetti da vetri neanche troppo spessi.
Forse di reperti ce ne sono troppi, sono più di 80.000 e da quello che ho potuto vedere, tanti di essi sono simili l’uno all’altro: choppers preistorici, punte di freccia, scarabei di tutti i materiali, ostracon, ceramiche, reperti del periodo Amarniano e tanti altri oggetti che non basterebbero dieci anni a vederli tutti. Comunque, tenuto conto che ieri sera non avevo sonno, ho consultato un po’ il catalogo on line, non specificando l’oggetto che cercavo e mi sono comparsi tutti gli 80.000 e rotti oggetti, un gruppo alla volta (http://petriecat.museums.ucl.ac.uk/). La cosa bella è che ogni reperto lo puoi ingrandire, salvare e studiare.
Il Museo si trova vicino alla Stazione della Metro di Euston, neanche tanto lontano dal British Museum,. Quello che mi fa rabbia e che regolarmente mi capita quando viaggio, è che nell’ultima visita a Londra, nel 2007, neanche sapevo della sua esistenza..
Comunque il viaggio virtuale l’ho fatto per un altro motivo. Sul libro di Natale Barca (Sovrani Predinastici Egizi) a pagina 136 c’è la foto di un lavoro in terracotta forse risalente al Naqada II (3500/3200 a.c.) che rappresenterebbe tre serpenti (o manguste) su una pedana, uno di fronte all’altro. Questo lavoro sono riuscito anche a intravederlo in un filmato su Youtube all’interno delle sale del Museo, ma non sono stato in grado di ritrovarlo. Quello che m’interessa, è risalire alla grandezza del lavoro che, pur nella sua estrema semplicità, mostrerebbe l’utilizzo di una tecnica di “svuotamento” del pezzo, per evitare la rottura per esplosione nel forno, a seguito della dilatazione e della contrazione della creta durante la cottura. S’intravede, infatti, sul dorso delle figure, un buco per ognuno di esse, molto preciso e orlato, creato allo stesso modo degli occhi degli animali rappresentati. In ogni caso, se il pezzo fosse effettivamente vuoto, sarebbe la dimostrazione che il suo creatore possedeva una discreta conoscenza della tecnica del “modellato” della terracotta.
E’ questa una situazione che ogni tanto emerge, nella storia dell'arte arcaica la capacità creativa non era sempre al pari della capacità costruttiva (o viceversa). Ho davanti a me la foto di una sculturina di marmo raffigurante un suonatore d’arpa del periodo Antico Cicladico (dal 3000 a.C.) e lo stile è lineare, semplice, diciamolo…infantile. Nonostante ciò, già in quei tempi l’Uomo conosceva le note musicali ed era in grado di costruire strumenti complicati come un’arpa. Forse era lo scultore a essere scarso nelle sue capacità…
Che numero di catalogo avrà quella sculturina? Aiutatemi, altrimenti sarò obbligato a tornare a Londra, cosa che poi non mi dispiace molto.