Seconda parte: i corredi funerari
Gli Ushabti
Gli
Ushabti, ovvero statuette "rispondenti", comparvero nel Medio Regno. All'epoca ve n'era uno in ogni tomba, vero "sostituto" del defunto. Soltanto successivamente si trasformò in un servitore e se ne moltiplicò il numero fino a diventare centinaia, per chi poteva permetterselo: servi, operai, anche specializzati e gerarchizzati, precisamente come nella realtà.
Con il Nuovo Regno ogni
ushabti venne corredata del relativo utensile: zappa, piccone, canestro, etc., in seguito si optò per il dipingere direttamente gli strumenti sulla figurina.
La funzione dei "servitori" era quella di sostituirsi al defunto per compiere i lavori del quotidiano, previsti anche nell'Aldilà. Affinchè ciò fosse possibile era necessario corredarli del relativo testo, contenuto nel
Libro per la Venuta al Giorno, una formula evocativa che avrebbe consentito all'
ushabti di animarsi e prendere vita, potendo così assolvere al suo compito. Il testo recitava così: "
Se io sarò chiamato, se sarò incaricato dei lavori che si fanno nella città dei morti... come è anche obbligo dell'uomo, cioè coltivare i campi, far scorrere l'acqua nei canali, trasportare la sabbia da oriente a occidente, allora di' tu: 'Eccomi qui'."
La Collezione di Parma ne conta circa una quarantina di esemplari, ma soltanto alcuni di questi sono esposti. Si tratta principalmente di esemplari in faience, azzurra o verde chiaro. Tra quelli non esposti, per ragioni di conservazione, ve ne sono quattro lignei, di cui due provenienti dalla tomba di Sethi I, XIX Dinastia.
Provenienza:
varia
Acquisizione:
in parte dono del pittore milanese Giuseppe Molteni, nel 1827 e in parte acquistati da C. Marguier, nel 1844
Gruppo
Ushabti [Foto di
Guido]
Gruppo
Ushabti, fronte [Foto di
Kiya]
Gruppo
Ushabti, retro [Foto di
Neferneferure]
Gruppo
Ushabti, dettaglio [Foto di
Kiya]