un ulteriore breve contributo (purtroppo oggi ho poco tempo), dal seguente link
newrobin.mat.unimi.it/users/antonio/meccel/Meccel_1.pdf
In modo schematico, si possono almeno richiamare i fatti seguenti.
i. L’asse di rotazione della terra non ha direzione costante. Il moto piu` rilevante è costituito dalla precessione, in conseguenza della quale l’asse descrive una superficie conica intorno alla normale al piano dell’eclittica, con un periodo di circa 2.6 × 104 anni; ` questa la causa maggiore della precessione degli equinozi, già anota a Ipparco (≈ 129 a.C.). Alla precessione si sovrappone poi la nutazione, in conseguenza della quale il polo celeste descrive una piccola ellisse di assi 18.42′′ e 13.72′′ .
ii. Il piano dell’eclittica non è costante, ma si muove lentamente provocando un ulteriore spostamento del punto vernale, molto meno rilevante di quello dovuto alla precessione dell’asse terrestre (≈ 0.114′′ all’anno per lo spostamento del piano dell’eclittica, contro i ≈ 50.26′′ della precessione dell’asse); a questo fenomeno si dà il nome di precessione planetaria.
iii. La velocità finita di propagazione della luce richiede una correzione dipendente dalla distanza dell’oggetto osservato. Questa correzione è rilevante per i pianeti.
nb
[questo aspetto è fondamentale per correlare scritti del passato con osservazioni e calcoli recenti!]
iv. La rifrazione atmosferica provoca uno spostamento apparente della posizione degli astri; tale effetto è nullo allo zenith (determinato dalla verticale del luogo di osservazione) e massimo all’orizzonte, dove arriva a circa 35′ .
v. La determinazione dell’unità di tempo, tipicamente fondata sul moto diurno degli astri, risente del rallentamento della velocit` di rotazione della terra, che provoca un allungamento del giorno solare di circa 1.4 × 10−3 secondi al secolo.
vi. L’asse di rotazione della terra si sposta, sulla sua superficie, con oscillazioni la cui ampiezza può arrivare a circa 1′′ .
La rilevanza o meno di questi fenomeni ai fini dell’osservazione dei corpi celesti dipende, ovviamente, da cosa si osserva. In particolare, alcuni fenomeni, quali la precessione degli equinozi, o la non costanza degli elementi orbitali, o il rallentamento della rotazione terrestre, possono produrre effetti consistenti su intervalli di tempo
sufficientemente lunghi
(si pensi ad esempio al confronto delle datazioni attuali delle eclissi con le osservazioni descritte in documenti antichi).