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In Puglia: "Madriterranee: le rive della dea madre"

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2007 02:31
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01/03/2007 02:31
 
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Daniele Barbieri

Torna in Puglia, per una serie di incontri, la storica e antropologa italo-statunitense Lucia Chiavola Birnbaum. Tre anni fa a Bari così shoccò chi l'ascoltava per la prima volta, tirando un lungo filo fra la preistoria e l'oggi. «Cento milioni di anni fa emerge la nostra specie in Africa [...] Venerava una donna nera, i cui segni sono il colore rosso - indica il sangue delle mestruazioni e della nascita - e il segno V che significa generazione della vita. Questi segni furono portati in tutti i continenti 50 mila anni fa [...] e si possono trovare in cave prima e muri poi. Per tutta la gente del mondo, la più antica credenza è questa dea madre [...] i valori collegati a essa si possono vedere nel folclore: giustizia con compassione, eguaglianza, trasformazione [...]. Trasformazione vuol dire rivoluzione senza uccidere. Nel mio libro "Black Madonna" [...] ho sommato queste notizie, archeologiche e genetiche, tracciando una storia fino all'oggi».

Prima nel suo «Black Madonna. Femminismo, religione e politica in Italia» [Palomar] poi nel successivo «La madre o-scura» [Mediterranean], Lucia Chiavola Birnbaum guida chi legge alla ricerca di dee pacifiche, tutte diverse incarnazioni di una Natura madre, della Terra benigna, compassionevole, capace di condividere: Akua'maa, Anaitis, Cerere, Cibale, Ilamtecuhtli, Inanna, Iside, Kubaba, Nanna Anahita, Nefertiti o Nefartari, Persefone, Tanit... tantissimi i suoi nomi in ogni parte del mondo, quasi sempre con quelle immagini di antiche donne-madonne nere che spesso il clero prova a "sbiancare" proprio per distruggere ogni traccia di quell'antica dea-madre ben precedente alle religioni maschili-patriarcali. Anche la caccia alle streghe [o alle donne delle erbe] in varie epoche storiche può essere letta come una battaglia di questa lunghissima guerra. Il dio padre prevale ma la memoria dell'antica Grande madre non scompare, anzi rinasce di continuo. Riaffiora persino negli ultimi Social forum mondiali, come racconta Lucia Chiavola Birnbaum nell'intervista a Pina Piccolo che si può leggere su «Liberazione» del 25 febbraio.

Accanto alle salutari provocazioni di Lucia Chiavola Birnbaum, dall'8 marzo e per tutti i week-end del mese, «Madriterranee. Le rive della Dea Madre» ospiterà [fra Taranto, Bari, Crispiano, Cisternino e Martina Franca] relatrici e relatori per ragionare sulla grande madre "perduta" ma anche sui dolori della pace, sui diritti delle donne... Ci saranno Mohammed Abusharekh, Hagit Back, Vittorino Curci, Annamaria Farabbi, Jabbar Yassin Hussin, Lucy Ladikoff, Monica Maggi, Toni Maraini, Shailja Patel, Vittorio Pozzo, Anna Puglisi, Rachel Radmilli, Somaya al-Shurata, e altre/i con un ricco contorno di film, mostre, letture. Si può chiedere a Progetto Poiesis [la.poiesis@tiscalinet.it, 333 5816638, 080 4321032] il programma completo.

Qualche minima indicazione bibliografica per chi non potesse recarsi a questi appuntamenti pugliesi. Oltre ai libri di Lucia Chiavola Birnbaum e agli studi precedenti di Maria Gimbutas [«Il linguaggio della Dea», Neri Pozza] vale almeno segnalare una mezza dozzina di testi che incrociano alcuni fra i percorsi possibili: «Le grandi Madri» di Tilde Giani Gallino [Feltrinelli], «L'ordine simbolico della madre» di Luisa Muraro [Editori Riuniti], «Il pensiero materno» di Sara Ruddick [Red], «Le donne prima del patriarcato» di Francoise Deaubonne - che però si trova ormai solo nelle biblioteche - e «Diventare dea» (edizioni di Comunità) di Bruce Lincoln, toh un maschio.

L'idea di una grande dea si incrocia ovviamente anche con la disputa storica sulle società matriarcali, altro tema su cui la paura [o la presunzione?] maschile fabbrica falsi, roghi, censure. Al riguardo vale leggere in rete - su www.universitadelledonne.it, voce MitoReligioni - almeno «La società matriarcale: definizione e teoria» di Heide Goettner-Abendroth.

Senza farsi suggestionare dalle superficiali polemiche legate al libro [e soprattutto al film] «Il codice Da Vinci» sul versante strettamente religioso va consigliato «Gaia e Dio» [Queriniana] di Rosemary Radford Ruether, dove la teologa eco-femminista fa dialogare Gaia, la terra sacra-vivente, con il Dio monoteista delle tradizioni bibliche. Una Gaia s-divinizzata ma vivente riappare nei libri del fisico James Lovelock ma lì il dialogo - difficile in una società che ha perso il suo legame con la Terra - è con gli umani, senza bisogno di ricorrere a celesti mediazioni. Comunque le rimosse radici femminili del dio cristiano tornano spesso in superficie. Uno dei testi più interessanti degli ultimi anni è «Il viso materno di Dio» [ancora Queriniana] di Leonardo Boff, «saggio inter-disciplinare sul femminile e le sue forme religiose». Tratti di donna affiorano in ogni creatura e persino in quel creatore che nella parte cristiana del mondo è raccontato come una trinità apparentemente asessuata eppur maschile. Forse da questo continuo riaffiorare trasse ispirazione Albino Luciani [il papa Giovanni Paolo primo] che centrò uno dei suoi ultimi discorsi dal balcone vaticano sul concetto di dio-madre. Secondo alcuni venne ucciso proprio per questo ma lasciamo ai fans di Dan Brown la pista. In ogni caso per chi ogni giorno dice «padre nostro che sei nei cieli» non deve essere semplice passare [o pentito ritornare? ] a un «madre nostra che sei ovunque»... Le grandi religioni monoteiste restano eminentemente uraniche, mascoline. Per i cattolici, il Cristo può crescere dentro al corpo di sua madre Maria eppure le donne non sono autorizzate dalla Chiesa a dire la messa e effettuare la transustanziazione [cioè trasformare l'ostia nel corpo di Cristo]. Una contraddizione non da poco.

Ovviamente le tracce dell'antico scontro fra divino maschile e femminile si rintracciano nei miti come nelle loro letture psico-analitiche [da Jung sino alla Irigiray che rivendica «io sono una donna che genera se stessa»]

Fra le grandi religioni non monoteiste l'induismo propone invece un quadro complesso e contraddittorio: sotto Brahman, che è indefinibile, c'è la trinità con Brahma [creatore], Visnù [conservatore] e Shiva [distruttore] con le loro mogli: Saraswati, dea del sapere, Lakshmi, della fortuna e Parvati, del potere. Devi o Mahadevi è la Somma, identificata con l'energia cosmica [shakti]; si può leggere a esempio nel «Dizionario dell'induismo» edito da Ubaldini: «Devi si pone come culmine di un lungo processo che ebbe inizio con il culto di una dea della fertilità o dea-madre». Lei, ancora una volta.

La citata Rosemary Radford Ruether ricorda tre grandi narrazioni delle origini, particolarmente interessanti per il discorso qui affrontato. La prima è l'«Eunuma Elish», racconto babilonese in cui Marduk affronta Tiamat, la madre originale, l'uccide e dalla divisione del suo corpo crea cielo e terra. La seconda è la «Genesi», racconto ebraico, in cui ogni conflitto fra il creatore e la madre scompare. Infine il «Timeo» di Platone, mito complesso e variamente letto. Che fra l'altro narra come ognuno di noi continui a cercare la metà perduta: perché all'inizio tutti eravamo uomini, donne e androgini - ognuno con due visi e due corpi - poi fummo spaccati «così come si spacca un uovo». Certamente esiste un modo femminile che appartiene a ogni essere umano e non dipende dal genere. Forse un dio a sessualità doppia [o variabile?] potrebbe assicurare il giusto equilibrio ma di certo le tre R dei giorni nostri [Ratzinger, Ruini e Rutelli] non apprezzerebbero l'ipotesi. Chissà se qualcuno tirerà le orecchie alla Regione Puglia che sponsorizza tali blasfemie.


[fonte: ww2.carta.org]
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