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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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La Stele della Carestia

Ultimo Aggiornamento: 29/06/2006 02:45
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Questa Stele venne scoperta dall'archeologo C.E. Wilbour nel 1889, sull'isola Sehel, situata sul Nilo a nord di Assuan.

Per qualcuno si tratta di una copia di un documento redatto da Djoser, sovrano della III dinastia. Per altri è, invece, un originale redatto nel II secolo a.C. dai sacerdoti del Dio Khnum, per ordine di Tolomeo V Epifane, che adottò l'accortezza di far parlare Djoser in persona (questa anche la teoria più accreditata secondo Grimal).

Il testo racconta di una carestia che si verificò durante il suo regno e del modo in cui il Sovrano riuscì a porvi termine.

Eccone un estratto:

"Il mio cuore wera in grandissima pena, perchè il NIlo non era venuto nel suo tempo durante sette anni. Il grano era scarso, i cereali si erano seccati, il cibo era in magra quantità, ognuno era afflitto dal suo raccolto. Si era arrivati a non poter più camminare: il fanciullo era in lacrime; il giovane era abbattuto; i vecchi, il loro cuore era triste; le loro gambe erano piegate mentre sedevano per tera, con le mani in mano. Anche i cortigiani erano nell'indigenza; e i templi erano chiusi, i santuari pieni di polvere. In breve, tutto ciò che esiste era nell'afflizione."

Preso atto di tutto ciò il Re interroga gli archivi antichi e da essi apprende il ruolo di Khnum nell'inondazione. Compie un'offerta al Dio che gli appare in sogno e gli dice:

"Farò crescere il Nilo per te; non ci saranno più anni in cui l'inondazione non avverrà per nessun campo; i fiori cresceranno piegati dall'abbondanza del polline"*

* trad. di Barguet

La presenza di Imohtep accanto a Djoser è senza dubbio una presenza di rilievo. Tant'è che spesso la saggezza dimostrata nel risolvere la grave carestia viene ricondotta a lui, quale braccio destro del Re.

Intorno a questa Stele aleggiano enormi interrogativi, a cui non è semplice fornire risposta. Uno di questi, coinvolge la Bibbia e un personaggio ad essa correlato.

Partendo proprio dal racconto che si legge sulla stele infatti,alcuni vogliono ravvisare Giuseppe, figlio di Giacobbe nell'immagine di Imohtep, sostenendo che siano tutt'altro che pochi gli elementi che favoriscono questa tesi.
Si parte dal presupposto che nella Bibbia si racconti la storia di Giuseppe, uno dei figli del patriarca Giacobbe, che sarebbe diventato viceré d’Egitto. Ma nei documenti egizi, di Giuseppe non vi è traccia... Non vi è però alcuna menzione al nome del Faraone che servì. Ciò permette di poter assimilare la figura di Giuseppe (che comunque visse in quel periodo) con quella di Imohtep.

Inoltre, nel 1926, ai piedi della piramide di Saqqara, appartenente a Djoser, fu rinvenuto il basamento di una statua in cui si leggono i nomi del Re e di : "Imhotep, Cancelliere del Re del Basso Egitto, Viceré, Amministratore del Grande Palazzo, Signore Ereditario, Alto Sacerdote di Eliopoli… Imhotep, il Costruttore, lo Scultore, il Creatore dei vasi di pietra", prerogative queste condivisibili con il Giuseppe biblico, quando si legge:
<<"Potremmo noi trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo spirito di Dio?"Così il faraone disse a Giuseppe: “Poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo, non c’è nessuno che sia intelligente e savio quanto te. Tu avrai autorità su tutta la mia casa e tutto il popolo ubbidirà ai tuoi ordini; per il trono soltanto io sarò più grande di te… ti do potere su tutto il paese d’Egitto”. Poi il faraone si tolse l’anello dal dito e lo mise al dito di Giuseppe>> (Genesi 41:33-42)

Anche i contenuti della Stele lasciano intravedere forti similitudini col racconto biblico della carestia.
Nell’iscrizione geroglifica è detto che il faraone «era in angoscia sul grande trono». Nel testo biblico è detto che «la mattina, lo spirito del faraone fu turbato; egli mandò a chiamare tutti i maghi e tutti i savi d’Egitto e raccontò loro i suoi sogni, ma non ci fu nessuno che li potesse interpretare al faraone» (Genesi 41:8 ).

Nell’iscrizione sulla Stele si legge che Zoser chiede a Imhotep di interrogare gli dei per avere una risposta: «Chiesi a lui che era il ciambellano… Imhotep, figlio di Ptah». Imhotep rispose: «Ho bisogno della guida di colui che presiede al di sopra della rete dell’uccellatore».
In Genesi 41:15,16 si legge che faraone finalmente interpellò Giuseppe a riguardo dei sogni avuti, ma Giuseppe rispose: «Non sono io, ma sarà Dio che darà al faraone una risposta favorevole».
Nel testo egiziano Imhotep è chiamato «figlio di Ptah», il dio egiziano conosciuto come al di sopra degli altri dei, il creatore di tutto. Giuseppe professò la sua fede in un unico Dio, creatore di tutte le cose. È quindi logico che a Giuseppe possa essere stato dato il titolo di «figlio di Ptah», secondo il costume egiziano.
L’iscrizione continua riportando la decisione del re Zoser di tassare la popolazione di un decimo. Nel racconto biblico è lo stesso Giuseppe a consigliare il re in tal senso: «Il faraone faccia così: costituisca dei commissari sul paese per prelevare il quinto delle raccolte del paese d’Egitto durante i sette anni d’abbondanza» (Gn 41:34). Ancora, nel testo geroglifico il re esenta i sacerdoti della casa del dio dal pagare la tassa. In Genesi 47:22-24 è detto che Giuseppe «solo le terre dei sacerdoti non acquistò, perché i sacerdoti ricevevano un’assegnazione stabilita per loro dal faraone».


Le ricerche archeologiche hanno mostrato che al tempo di Zoser l’Egitto visse un momento di grande splendore, soprattutto per quanto riguarda le costruzioni. Il complesso di Saqqara, ove si trova la piramide di Zoser, è stato giudicato dagli archeologi come una meraviglia unica. Per la prima volta si usò la pietra tagliata al posto dei mattoni di fango. Inoltre, nel complesso funerario sono stati rinvenuti circa 11 grandi pozzi, in fondo ai quali sono stati trovati residui di grano. Il costruttore di questo complesso dovrebbe essere stato senza dubbio Imhotep. Ma la Bibbia dice che anche Giuseppe fece costruire granai per contenere tutto il grano ammassato nei sette anni di abbondanza. Che i pozzi scavati da Imhotep siano ciò che resta dei granai fatti costruire da Giuseppe?


In tutto questo non bisogna dimenticare il mistero che avvolge Imohtep, o meglio le sue spoglie, ad oggi non ancora ritrovate. A Saqqara, lì dove sono stati trovati i granai di Giuseppe, esiste anche una camera sepolcrale sotterranea con all’interno reperti su cui è stato inciso il sigillo del re Zoser. Quindi la tomba è del periodo del re in questione, il re di Imhotep. Ma la tomba, pur essendo appartenuta a un personaggio di alto rango, come dimostrano i sigilli reali, ha soltanto un sarcofago vuoto.
Anche Giuseppe quando morì fu imbalsamato e sepolto in un sarcofago, in Egitto (Gn 50:26). Sappiamo però che Giuseppe fece fare un giuramento ai figli di Israele: avrebbero dovuto portare le sue spoglie fuori dall’Egitto quando sarebbero stati visitati da Dio (Gn 50:22-26). Più tardi, quando Mosè guidò l’esodo, questi mantenne il giuramento e portò le ossa di Giuseppe in Canaan (Es 13:19).

Giuseppe fu sepolto in Egitto. Gli saranno spettati certamente funerali di stato eccezionali e una grandiosa tomba che però sarebbe ben presto dovuta restare vuota. In essa sarebbe dovuto rimanere soltanto un sarcofago vuoto. Esattamente la situazione trovata nel caso di Imhotep.

Maggiori ricerche hanno dimostrato che proprio in quella tomba vuota di Saqqara era venerato dai greci Imhotep, al quale ci si rivolgeva per avere guarigioni per mezzo dei sogni. Forse ancora un legame con Giuseppe, il grande interprete di sogni.

Gli egiziani potrebbero aver paganizzato ogni cosa, ma per molti, restano sufficienti tracce per vedere in trasparenza, nelle vicende di Imhotep, la vita di Giuseppe.



Un'altro argomento, di particolare interesse che coinvolge la Stele in questione è quello a cui ha dato vita Joseph Davidovits, un ricercatore incuriosito da ciò che si trova nella terza parte della stele, la parte che, concordemente in tutte le traduzioni, tratta della costruzione di edifici e monumenti.
Le istruzioni date ad Imhotep dal dio Knuhm per la costruzione di templi ed edifici però non menzionano neanche una volta l’utilizzo di blocchi di granito, sabbia o fango. Nel sogno, Djoser riceve infatti una lista di minerali che molte traduzioni non avevano precedentemente interpretato dal geroglifico per la grande difficoltà nell’identificarle.

Secondo ricercatori come Joseph Davidovits risiederebbe proprio in questi passi la chiave fondamentale per poter acquisire una nuova conoscenza delle tecniche di costruzione anticamente utilizzate in Egitto. Grazie al fondamentale aiuto di un team di ricercatori, traduttori ed egittologi Davidovits ha iniziato a studiare gli antichi termini geroglifici contenuti nel testo ottenendo dei "riferimenti chiave" che con estrema difficoltà hanno permesso di ottenere un testo coerente e soprattutto "funzionale". La nuova interpretazione della Stele della Carestia effettuata da Davidovits ha cercato di spiegare come il faraone Zoser, che costruì la prima piramide conosciuta dell’Egitto nel 2.750 a.C., fosse stato "istruito" per la "costruzione di pietre" (ARI-KAT, in egiziano) attraverso un procedimento che oggi potremmo definire di tipo chimico.
Davidovits, dal canto suo, suggerì attraverso studi di alto valore scientifico la possibilità che le pietre di granito (2) con cui furono costruite le piramidi non fossero state, nella loro totalità, estratte dalle cave di Assuan (distanti centinaia di chilometri), ma fossero per la maggior parte state "ri-costruite" in loco attraverso una tecnica particolare da lui ri-scoperta all’interno della Stele della Carestia. Se realmente le piramidi furono costruite con questo ingegnoso sistema, sarebbero stati utilizzati meno uomini di quanti se ne fossero ipotizzati prima, e dati a riscontro di tale ipotesi vengono oggi forniti dal responsabile per la piana di Giza il Prof. Zahi Hawass, con le scoperte effettuate negli ultimi anni nel "Villaggio dei Costruttori".


IL post è divenuto kilometrico, ma con argomenti così complessi non si può certo fare in altro modo...

Di cose da dire ce ne sarebbero ancora molte, ma, per ora mi fermo qui, certa che quanto riportato sia più che sufficiente a stimolare i vostri interventi e attendo di conoscere i vostri pareri in proposito :sm12:

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Io cercherò invece di essere breve ;)
la bibbia fu scritta in epoca molto recente, non è un libro storico, dunque ritengo che Imhotep fosse egiziano e non ebreo, oltretutto, ben conoscendo il nazionalismo ebreo...
Oltrettutto Imhotep era già divinizzato all'epoca di Mosè...dunque ben conosciuto, è così difficile pensare che fosse stato un tentativo di auto annettersi il più grande degli egiziani?
Infine, di Giuseppe non viene detto, nelle tue citazioni, che creò l'imbalsamazione, pratica, credo, non ben vista dal dio degli eserciti :D

Davidovits: conosco il suo metodo, ho fatto 2 anni di chimica pura che mi hanno aiutato a capirlo, ma vorrei capire la sua traduzione, vorrei conoscerla, per capire se è possibile che fosse il metodo usato dagli egizi.
Non lo escludo, ma anche se il suo metodo funzionasse...vorrei capire se la sua traduzione è corretta e mi chiedo come mai, in epoca così tarda, si mette tutti a conoscenza di uno dei segreti meglio custoditi degli egizi...strano no?
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Re:

Scritto da: -redrider- 26/06/2006 0.16
Io cercherò invece di essere breve ;)
la bibbia fu scritta in epoca molto recente, non è un libro storico, dunque ritengo che Imhotep fosse egiziano e non ebreo, oltretutto, ben conoscendo il nazionalismo ebreo...
Oltrettutto Imhotep era già divinizzato all'epoca di Mosè...dunque ben conosciuto, è così difficile pensare che fosse stato un tentativo di auto annettersi il più grande degli egiziani?
Infine, di Giuseppe non viene detto, nelle tue citazioni, che creò l'imbalsamazione, pratica, credo, non ben vista dal dio degli eserciti :D



io devo confessare che nemmeno ero a conoscenza di questa assimilazione! mi ci sono imbattuta per caso, questa sera e ho voluto rielaborarla per voi. Mi riservo di non dire nulla in proposito al momento.


Scritto da: -redrider- 26/06/2006 0.16Davidovits: conosco il suo metodo, ho fatto 2 anni di chimica pura che mi hanno aiutato a capirlo, ma vorrei capire la sua traduzione, vorrei conoscerla, per capire se è possibile che fosse il metodo usato dagli egizi.
Non lo escludo, ma anche se il suo metodo funzionasse...vorrei capire se la sua traduzione è corretta e mi chiedo come mai, in epoca così tarda, si mette tutti a conoscenza di uno dei segreti meglio custoditi degli egizi...strano no?



tempo fa mi ero procurata copia del lavoro di Davidovits in formato pdf.... cerco ora di scovarla nei meandri "profondi" dei miei archivi e te la passo volentieri ;)

certo la sua teoria ha fatto scalpore all'esordio e ha creato non poca animosità tra i nomi dell'egittologia ufficiale.
Ciò che resta dubbia è la sua conoscenza in termini di scrittura geroglifica. In proposito non so chi lo ha appoggiato, chi cioè, ha preso parte al suo Team. Certo che se non si tratta di persona altamente qualificata, la traduzione potrebbe risultarne vanificata....
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26/06/2006 01:28
 
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Ti ringrazio. Aspetterò con ansia che tu ritrovi quel tuo PDF.
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26/06/2006 01:37
 
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Re:

Scritto da: -redrider- 26/06/2006 1.28
Ti ringrazio. Aspetterò con ansia che tu ritrovi quel tuo PDF.



risolto più velocemente del previsto!

ecco il link al sito di Davidovits, dal quale potrai scariare il materiale in questione ;)


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Una volta, ora è acquistabile :cry:
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a dire il vero, no.... ce l'ho sotto gli occhi.

prova ad aprire questo

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26/06/2006 02:17
 
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Re:

Scritto da: -Kiya- 26/06/2006 2.06
a dire il vero, no.... ce l'ho sotto gli occhi.

prova ad aprire questo

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4 pagine Html ed un capitolo...non il libro
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26/06/2006 03:12
 
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Re: Re:

Scritto da: -redrider- 26/06/2006 2.17


4 pagine Html ed un capitolo...non il libro



il libro è nato dopo, sulla scia del boato creato da quegli articoli.

Quello, ahimè, non è scaricabile.... [SM=x822751]
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29/06/2006 02:45
 
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Volevo aggiungere che, secondo Margaret Morris, collaboratrice di Davidovitz, anche gli obelischi egizi e i 21 imponenti sargofagi di basalto ritrovati nel Serapeum sono stati costruiti con la tecnica del geopolimero modellabile.

per approfondimenti:

Margaret Morris

Il Serapeum

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