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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Douglas E. Derry: Relazione sull'esame della mummia di Tutankhamon (prima autopsia - 1925)

Ultimo Aggiornamento: 14/06/2006 22:11
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14/06/2006 22:10
 
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Nel Museo delle antichità del Cairo si possono vedere le mummie di alcuni fra i più famosi faraoni dell'antico Egitto, re che hanno lasciato dietro di sé grandiosi monumenti, templi magnifici e statue colossali, e i cui nomi sono ormai divenuti familiari agli orecchi dei moderni quanto quelli dei monarchi contemporanei, sebbene da loro ci separino trenta o quaranta secoli. Nulla, però, lasciava prevedere che un re di oscure origini, con un regno breve e senza grandi imprese avrebbe un giorno attirato su di sé l'attenzione del mondo intero, e non per la sua fama personale, ma solo per il fatto che, mentre le tombe finora scoperte degli altri faraoni furono tutte violate nell'antichità, il suo sepolcro è rimasto praticamente intatto fino ai nostri giorni.

Nell’angusto spazio di questa piccola tomba giaceva un cumulo di proprietà regali mai visto prima. C'è da chiedersi come dovessero apparire le tombe di Seti I, di Ramses III o di altri faraoni, nelle quali un solo salone sarebbe bastato a contenere tutte le ricchezze della tomba di Tutankhamon. Purtroppo i sepolcri di quei sovrani furono saccheggiati dai ladri, e non una o due volte, ma a, più riprese, finche dei loro sontuosi arredi non rimase più nulla.
Persino le bende delle mummie reali vennero tagliate, alla ricerca di gioielli, e in taluni casi fu danneggiato anche il corpo. Per la maggior parte, le mummie vennero nuovamente bendate, almeno una volta, dai sacerdoti, ma infine il continuo ripetersi di furti rese necessario il trasferimento dei corpi di molti re e regine in speciali nascondigli, scoperti solo di recente in seguito ad una ripresa delle ruberie nei tempi moderni. Infine, tutte quelle mummie furono definitivamente portate al museo del Cairo. In conseguenza di questi frequenti spostamenti, non c’è sa stupirsi se sia sorto qualche dubbio circa l’identità di certe mummie, tolte, già una volta dai loro sarcofagi, e collocate poi in vari altri feretri.

Salvo una o due, eccezioni, non c'è faraone che sia stato rinvenuto nel suo sepolcro originale, e ben pochi se ne sono trovati nelle loro bare; ma nessuno, eccettuato Tutankhamon, fu trovato ancora avvolto nelle sue bende, chiuso nelle bare sigillate nel sarcofago, e nella tomba in cui era stato deposto dall’inizio.
Una parola va detta in difesa dell'esame condotto sulla mummia di Tutankhamon. Molte persone lo hanno considerato un sacrilegio, ritenendo che sarebbe stato doveroso lasciare indisturbato il corpo quel faraone. Da quanto ho detto sopra sulle continue ruberie dai tempi più remoti fino a oggi, dovrebbe essere chiaro che, dopo la scoperta di una simile tomba, con tutte le ricchezze in essa contenute, lasciare qualcosa di valore in quei locali avrebbe significato andare in cerca di guai. La notizia che preziosissimi oggetti sono nascosti pochi metri sotto il suolo, sarebbe un chiaro incitamento a nuovi furti. Per quanto una stretta sorveglianza, nei primi tempi, potrebbe scoraggiare ogni tentativo di saccheggio, alla prima occasione gli oggetti che ora sono per sempre al sicuro nel Museo delle antichità andrebbero distrutti, mentre altri ricomparirebbero più o meno rovinati nelle mani dei mercanti, per disperdersi ben presto in ogni parte del mondo civile. Per gli scienziati, il valore di questa raccolta mantenuta intatta è incalcolabile, e d'altro canto la possibilità di istruire e dilettare il pubblico esibendo queste antiche opere d'arte costituisce di per se un argomento di grande rilievo a favore della conservazione di quei pezzi in un museo. Lo stesso dicasi per la sfasciatura della mummia reale: in tal modo, infatti, al corpo del faraone sono state risparmiate le brutali manomissioni operate da ladri bramosi di portar via i gioielli profusi su quelle spoglie. Inoltre la storia ha potuto così arricchirsi delle informazioni ricavate dall'esame anatomico, che in questo caso, come mostreremo ora dettagliatamente, riveste una notevole importanza.

La conservazione dei cadaveri, portata a perfezione dagli egizi grazie alla loro arte della mummificazione, ha sempre suscitato il massimo interesse. Sull'argomento esiste una vasta letteratura, e il professor Elliot Smith (Catalogue Gènèral de Antiquitè's Egyptiennes du Musèe du Caire. The royal Mummies.) ha studiato i metodi seguiti nei vari periodi esaminando le mummie conservate presso il Museo delle antichità e quella di numerosi sacerdoti e sacerdotesse della XXv dinastia. (A Contribution to the study of mummification in Egypt "Memoires de L'institut Egyptien" tomo V, fascicolo I, I906).

Sulla base di queste e di altre ricerche, disponiamo ora di un quadro abbastanza chiaro del modo in cui si procedeva all'imbalsamazione. La buona riuscita di questa operazione era dovuta in gran parte al clima egiziano, particolarmente asciutto, senza il quale si può dubitare che anche il cadavere meglio imbalsamato avrebbe potuto conservarsi intatto, come spesso è accaduto, per quasi quattromila anni. Nella maggior parte delle mummie prese in esame, gli organi interni risultano asportati attraverso un'incisione praticata nella parete addominale. In tal modo si eliminavano le parti più facili a decomporsi, e la successiva immersione del corpo in un bagno di sale era a quanto pare sufficiente a garantire il pieno successo dell'operazione. Di recente, però, H. E. Winlock ed io abbiamo esaminato una serie di mummie in perfette condizioni, rinvenute in tombe nelle vicinanze del tempio di Mentuhetep, a Deir el-Bahari, e risalenti all'XI dinastia. Orbene, in quei corpi non vi era traccia di incisioni addominali o di altri tagli da cui potesse essere estratto un organo interno. Una simile perfetta conservazione, senza alcun processo mummificatorio, si rileva anche nei resti di alcuni popoli predinastici d'Egitto, che però usavano seppellire i loro morti nella sabbia senza feretro: si capisce quindi come ciò abbia dato luogo a un rapido disseccamento, grazie al calore e alle favorevoli proprietà prosciugatrici della sabbia.

Il caso delle mummie dell'XI dinastia si direbbe a prima vista del tutto diverso, in quanto accuratamente fasciate e deposte in bare e sarcofagi, e quindi maggiormente soggette agli effetti dell'umidità ristagnante in uno spazio chiuso; eppure, come abbiamo già detto, quei corpi costituiscono i più perfetti esempi di conservazione che finora si siano visti, e un attento esame di tutti i dati sembrerebbe indicare nel clima estremamente secco di quella zona la causa, principale di un tale stato di cose.

Sistemi del genere, o meglio l'assenza, di particolari metodi di conservazione, sono tuttavia abbastanza rari, e nella successiva XII dinastia,a giudicare dalle mummie di alcuni nobili sepolti a Saqqara, già si praticava l'asportazione delle viscere attraverso un'incisione addominale, secondo un sistema di cui peraltro non mancano tracce nei periodi precedenti. Il modo di conservare i corpi praticato nella XVIII dinastia, al cui periodo finale risale il regno di Tutankhamon, è stato descritto professar Elliot Smith nel catalogo accennato dove si passa in rassegna la maggior parte dei faraoni di quel periodo fra cui alcuni antenati del giovane re. Purtroppo, sussistono molti dubbi sull'identificazione della mummia detta di Amenhotep III nonno di Tutankhamnon.

Smith ha osservato che i metodi usati per la conservazione di questo faraone, e in particolare il curioso accorgimento di inserire varie sostanze sotto la pelle degli arti, del torace, del collo ecc., per ridare al corpo l'aspetto che aveva da vivo, non venne introdotto prima della XXIII dinastia, e cioè circa tre secoli dopo. E quindi possibile che ci si trovi di fronte ad uno di quegli errori in cui si poté incorrere quando, in seguito alle frequenti ruberie nelle tombe e alle profanazioni subite dalle salme, i sacerdoti provvidero a trasferire le mummie e a rifasciarle tutte. La mummia in questione giaceva in una bara risalente a un periodo assai più tardo e recante i nomi di tre re, fra cui quello di Amenhotep III; di qui l'identificazione con questo faraone. E' però molto probabile che si tratti di un personaggio vissuto molto più tardi. La cosa sarebbe confermata dall'esame dei discendenti di Amenhotep, perché non è plausibile che un sistema del genere, introdotto al tempo di questo re, sia caduto in disuso durante il regno dei suoi immediati successori. E' pur vero che di suo figlio Akhenaton non è rimasto null'altro che ossa (ndr: questa notizia non ha fondamenti certi), ma se il suo corpo fosse stato fasciato come, secondo la descrizione di Smith, lo fu quello del suo presunto padre, sarebbe certamente rimasta una qualche traccia dell'operazione. Per quel che riguarda Tutankhamon, i metodi adottati furono, come vedremo, quelli in uso nella sua dinastia, e del resto si accordano bene alle conclusioni cui Smith è pervenuto esaminando altre mummie, sicuramente identificate, di quel periodo. Dobbiamo quindi purtroppo concludere che finora la mummia di Amenhotep III, non è stata individuata.

L'esame delle spoglie di Tutankhamon ebbe inizio l'11 novembre del 1925, con l'assistenza del dottor Saleh Bey Hamdy. Quando vedemmo la mummia per la prima volta, giaceva nella bara, cui era rimasta saldamente attaccata per qualche sostanza resinosa versata sul corpo dopo la deposizione nel feretro. La testa e le spalle e parte del torace erano ricoperte da una splendida maschera d'oro che riproduceva le fattezze del re, con il suo copricapo e il collare. Anche la maschera era rimasta attaccata al fondo della bara da quella resina, ormai rassodatasi fino a formare una massa dura come pietra. La mummia era avvolta in un sudario tenuto fermo da bende che passavano intorno alle spalle, ai fianchi, alle ginocchia e alle caviglie. Era chiaro, anche a un esame superficiale che non era possibile procedere a una sfasciatura sistematica, dato che le bende erano divenute estremamente fragili e si polverizzavano al minimo tocco. A quel che sembra, un simile stato di cose era da imputare alla presenza di un certo grado di umidità al momento della sepoltura e alla conseguente decomposizione degli unguenti, che avevano elevato la temperatura dando luogo ad una specie di combustione spontanea nella quale le bende erano rimaste carbonizzate. Si tratta di un caso osservato di frequente, tanto che ha fatto nascere l'idea che le mummie ritrovate in quelle condizioni fossero state bruciate. Vi sono d'altronde altri elementi, già indicati da Carter, che testimoniano gli effetti prodotti dall'umidità. Se la tomba fosse stata perfettamente asciutta, quei tessuti sarebbero rimasti in ottimo stato.

Dal momento che tutte le operazioni dovevano essere svolte sul posto, il dottor Carter suggerì di rafforzare gli strati superiori delle bende con paraffina fusa, in modo da poterli poi tagliare e aprire senza compromettere l'originaria disposizione. Così fu fatto, e, una volta asciugatasi la cera, venne praticata un'incisione lungo la linea mediana della fasciatura, dal bordo inferiore della maschera, fino ai piedi. L'incisione era profonda solo pochi millimetri, e i due lembi del taglio vennero rovesciati sui lati. A questo punto apparvero numerosi oggetti che erano stati inseriti tra le bende, e da quel momento fu necessario rimuovere la fasciatura strato per strato, per poter annotare e fotografare, prima di toccarle, tutte le cose che vi erano conservate. Durante questo lavoro, per forza lento, si poté notare che lo stato di deterioramento delle bende aumentava sempre di più. In molti punti la fasciatura era ridotta in polvere, e in nessun caso fu possibile togliere una benda o un panno che fossero anche solo parzialmente intatti. Questo ci impedì di seguire all'inverso il percorso originario della fasciatura, cosa che si può fare con facilità, quando lo stato di conservazione consente di rimuovere regolarmente le fasce, i panni o le vesti eventualmente impiegate nella fase finale dell'imbalsamazione. Per quanto potemmo stabilire, la mummia di Tutankhamon era stata fasciata secondo i principi generali solitamente applicati, e descritti in dettaglio nel catalogo delle mummie reali presso il Museo del Cairo, curato dal professor Smith. Numerosi tamponi di lino erano stati collocati in vari punti per mascherare le protuberanze prodotte dagli oggetti inseriti fra le bende, in modo che l'imbalsamatore potesse agevolmente fasciare il corpo e gli arti del cadavere. Taluni dei lini adoperati erano simili a un finissima percalle, notevoli soprattutto quelli incontrati all'inizio dell'operazione e alla fine, a contatto con il corpo del faraone. Le fasce intermedie erano invece di qualità più ordinaria; a un certo punto apparvero anche alcuni panni di lino piegati e disposti lungo la parte anteriore del corpo, fino alle ginocchia, legati con bende trasversali. A quanto pare, l'usanza di adoperare grandi quantità di tessuto in forma di panni ripiegati era diffusa nel corso della XII dinastia; io stesso ho tolto dalla mummia di un nobile uno di quei panni, lungo diciannove metri e largo un metro e mezzo, e appariva piegato in modo da creare una copertura spessa otto strati. Parlando della sfasciatura della mummia detta di Amenhotep III (vedi sopra) il professar Elliot Smith osserva la presenza di vari panni ripiegati e di "una quantità di rotoli di bende ... sulla parte anteriore del corpo, apparentemente lasciati lì per inavvertenza".

Questi rotoli potrebbero essere stati usati per riempire i vuoti e gli avvallamenti fra gli arti e il corpo, come è facile vedere nelle mummie di ogni tempo, e secondo lo stesso criterio usato per eguagliare le irregolarità provocate dagli ornamenti funerari disposti sul corpo. Le bende del torace erano state avvolte in strati incrociati e trasversali; nel primo caso passavano su una spalla, poi intorno al corpo, terminando nel giro di ritorno sull'altra spalla.

La disposizione incrociata delle bende era facilmente visibile in corrispondenza della inforcatura delle gambe, sebbene fosse alquanto arduo seguire il metodo applicato,sia per la fragilità delle fasce, sia per il fatto che il corpo, in questa fase; non era ancora stato tolto dalla bara.

Gli arti erano stati bendati separatamente prima di essere chiusi nella fasciatura generale. Quelli superiori erano disposti in modo che il faraone avesse le braccia incrociate sul petto: l'avambraccio destro era posato sulla parte superiore dell'addome, con la mano sul fianco sinistro; l'altro era posto più in alto, sulle ultime costole, con la mano posata sul lato destro del torace. Le braccia erano adorne fino al gomito di braccialetti. Le dita delle mani e dei piedi erano bendate separatamente; ciascuno, prima di essere fasciato, era, stato racchiuso in una guaina d'oro. Ai piedi, inoltre, erano calzati sandali d'oro, infilati dopo l'applicazione di alcuni strati di bende in modo che la sbarretta potesse passare fra l'alluce e il secondo dito, e anch'essi chiusi nella fasciatura generale.

Quando anche la testa venne portata alla luce, la parte superiore del relativo bendaggio risultò circondata da un doppio cordoncino, simile per certi aspetti alla fune usata dai beduini, ma di diametro inferiore e composto da due fibre vegetali strettamente attorcigliate. La fasciatura circolare teneva a sua volta un panno che copriva la testa e il volto. Al di sotto altre fasce si incrociavano perpendicolarmente e trasversalmente. Quando finalmente si scoprì il volto, le narici erano chiuse da una sostanza resinosa, di cui uno strato era stato cosparso sugli occhi e fra le labbra.

ASPETTO GENERALE DELLA TESTA.

La testa è rasata con la pelle nel cranio ricoperta da una sostanza biancastra, probabilmente del genere degli acidi oleosi. Le due leggere abrasioni visibili sulla parte superiore dell'occipite sono presumibilmente dovute alla pressione del diadema, chiuso nella stretta fasciatura. I tamponi delle narici e il materiale che ricopriva gli occhi risultarono composti, all'esame condotto da Lucas, di un tessuto impregnato di resina. Quanto alle macchie biancastre rinvenute sulle spalle e sulla parte superiore della schiena, si tratta di "sale comune", con una piccola aggiunta di solfato di sodio, un residuo, con tutta probabilità del nitro adoperato per imbalsamazione. Gli occhi, parzialmente aperti, non hanno subito alcun trattamento, le ciglia sono molto lunge. La parte cartilaginosa del naso risulta in parte appiattita per la pressione delle bende. Il labbro superiore leggermente sollevato, mette in nostra il grande incisivo centrale. Le orecchie sono piccole e ben modellate, con i lobi bucati da un forellino circolare di sette millimetri e mezzo di diametro. La pelle del volto è di colore grigiastro, con molte crepe e assai fragile. Sulla guancia sinistra, proprio all'altezza del lobo dell'orecchio, si nota una specie di cicatrice circolare, alquanto scolorita sui bordi, lievemente rialzati. Impossibile dire quale fosse la causa di quella lesione

Una volta tolte le bende, la testa è apparsa ampia e un po' schiacciata alla sommità (platicefalia), con la regione occipitale piuttosto prominente. Pur considerando il restringimento della parte superiore del cranio e dei muscoli posteriori del collo, questa prominenza resta notevole. Sul lato sinistro dell'occipite si nota una pronunciata protuberanza, mentre la regione post-bregmatica risulta depressa. La forma generale della testa, di tipo molto insolito,è simile a quella del suocero di Tutankhamon, Akhenaton, ed è più che probabile che fra i due faraoni intercorresse una stretta parentela di sangue. Una simile affermazione, qualora fosse basata su un normale tipo di cranio egizio, potrebbe a ragione essere considerata superficiale, ma la concreta possibilità di un confronto è in questo caso accresciuta dalla notevole forma del cranio di Akhenaton. Il professar Smith, che per primo lo esaminato nel 1907, arrivò alla conclusione che il re eretico dovesse aver sofferto di idrocefalia. Un esame successivo non ha però confermato questa tesi, sopratutto perché l'appiattimento del cranio di Akhenaton è manifestamene diverso da quello di un comune idrocefalo, nel quale la pressione del fluido cerebrale spinge sulla parete cranica dando luogo naturalmente a una forma convessa, soprattutto nella regione frontale; caratteristica, questa, decisamente contrastante con l'aspetto del cranio di quel faraone.
(ndr: attualmente non è più valida la tesi che ci si trovi in possesso dello scheletro totale o parziale di Akhenaton - ma le ossa di cui parlano, sapreste dirmi quali origini hanno? dove furoono ritrovate?)

Quando perciò vediamo che la testa di Tutankhamon è come la copia esatta di quella del suocero, non solo l'ipotesi dell'idrocefalia cade definitivamente, ma si rafforza l'ipotesi che fra i due faraoni corresse una ben stretta parentela. Una simile tesi acquista un peso anche maggiore confrontano le misure dei due crani. Quello di Akhenaton è largo I54 mm, una misura, come dice il professor Smith, "del tutto eccezionale per un egizio". Eppure la testa di suo genero raggiunge i I56,5 mm. Calcolando lo spessore del cuoio capelluto, naturalmente compreso in tutte le misurazioni compiute sul cranio di Tutankhamon e valutato, grazie a uno speciale strumento non superiore a 0,55 mm, tale larghezza diviene di I55,5 mm, quindi maggiore di quella del suocero, che come abbiamo visto è "del tutto eccezionale". Le corrispondenti misurazioni dei due crani, per quanto è possibile un confronto, date le diverse condizioni nelle quali l'esame veniva condotto, mostrano una marcata similarità, e rendono quasi certa l'esistenza di una parentela di sangue.

Il volto di Tutankhamon, nella maschera d'oro, è quello di un giovane dall'aspetto raffinato. E in realtà chi ha avuto il privilegio di osservare il suo vero volto può testimoniare con quanta abilità e accuratezza l'artista della XVIII dinastia ne ha fedelmente ritratto le fattezze, lasciando per l'eternità, in un metallo incorruttibile una splendida immagine del giovane re. La cavità del cranio era vuota, se si eccettuano una certa quantità di un materiale resinoso introdotto attraverso il naso, secondo il sistema seguito dagli imbalsamatori di quel tempo, dopo che ne avevano estratto il cervello nello stesso modo. I denti del giudizio di destra erano spuntati dalla gengiva, raggiungendo all'incirca metà dell'altezza del secondo molare. Quelli di sinistra non erano facilmente visibili ma dovevano trovarsi al medesimo stadio di sviluppo.


ASPETTO GENERALE DEL CORPO E DEGLI ARTI

Lo stato fessurato e fragilissimo della pelle del cranio e del volto, di cui s'è già detto, si ripresentava, ancor più aggravato, sul corpo e sugli arti. La parete addominale mostrava un'accentuata protuberanza sulla sinistra, dovuta, come risultò poi, alla pressione del materiale per l'imbottitura, nella quale era anche l'incisione praticata per l'imbalsamazione. Questa incisione, dai bordi frastagliati, ha una lunghezza di circa 86 mm e si trova parallela, ma due centimetri più sopra, a una linea tracciata dall'ombelico alla spina iliaca anteriore superiore. Il taglio venne alla luce dopo la rimozione di una sostanza carbonizzata, apparentemente resinosa, e potrebbe quindi essere anche più lungo di quanto sembra, dato che la durezza di quel materiale adesivo rende difficile stabilirne la misura esatta. I bordi dell'incisione risultano aperti a causa dell'inserimento nell'addome di una quantità di lino e resina, ormai ridotti a una massa dura come pietra. La piastra d'oro o di cera, che tanto spesso è messa a copertura dell'incisione, qui era assente, ma durante la rimozione delle bende situate in prossimità del taglio, rinvenimmo una lamina d'oro di forma ovale. L'ubicazione dell'apertura è alquanto diversa da quella riscontrabile nelle altre mummie reali esaminate e descritte dal professar Smith, nelle quali risulta di solito disposta più verticalmente sul lato sinistro, e si estende dalle vertebre inferiori alla spina iliaca anteriore superiore. In seguito l'incisione veniva praticata più spesso nella parte inferiore della parete addominale, parallelamente alla linea dell'inguine e sempre sul lato sinistro; non mancavano però dei casi in cui il taglio veniva effettuato sul lato opposto, per cui si potrebbe dubitare che la sua ubicazione fosse davvero importante. Non si vedeva nessuna peluria pubica, né si poté appurare se il giovane faraone fosse stato o meno circonciso.

Il fallo appariva eretto, bendato separatamente e trattenuto in posizione itifallica dalla fasciatura perineale. La pelle delle gambe, come quella della restante parte del corpo, aveva un colore fra il bianco e il grigiastro, e appariva molto fragile e abbondantemente fessurata. L'esame di un frammento tratto dai bordi delle crepe rivelò che non si trattava solo di pelle. ma anche di tutte le parti morbide fino all'osso, il quale venne in tal modo messo a nudo quando distaccammo il piccolo brano. Lo spessore della pelle e dei tessuti non superava i due o tre millimetri, e i margini frastagliati somigliavano a glutine. Non v'è dubbio che un tale stato di cose fosse dovuto al processo di combustione cui abbiamo già accennato.

La rotula sinistra poté essere sollevata insieme alla pelle che la ricopriva, e cosi apparve l'estremità inferiore del femore e l'epifisi, che risultò separata dall'osso e mobile. Il termine epifisi si riferisce a quella parte dell'osso che ossifica separatamente e che infine si salda all'osso principale. Negli arti l'epifisi forma la parte più importante delle estremità inferiore e superiore. Durante il primo periodo di vita, le epifisi sono attaccate all'osso mediante formazioni cartilaginose che infine si ossificano completamente, e a questo punto la crescita ha termine. Poiché si conosce il periodo in cui ha luogo l'unione di tutte le epifisi, quando risultano ancora staccate è possibile valutare approssimativamente l'età del soggetto. Gli arti apparivano molto esili e raggrinziti, e benché si dovesse tener conto dell'estremo rattrappimento dei tessuti e dell'aspetto emaciato che questo conferisce alle membra, e evidente che Tutankhamon, al momento della morte, doveva essere di complessione molto snella e forse non ancora del tutto sviluppato.

Ad una misurazione diretta il giovane faraone risultò alto un metro e sessantatre, ma si tratta di una statura certamente inferiore a quella vera. dato lo stato di rimpicciolimento di cui si è appena detto. Un calcolo dell'altezza da vivo in base alle dimensioni delle ossa degli arti principali, secondo la formula del professar Rarl Pearson, da come risultato 1,676 m, una misura probabilmente assai prossima a quella reale. Ho personalmente misurato, con l'assistenza di R.Engelbach, le due statue lignee rinvenute ali lati della porta murata di ingresso alla camera funeraria e oggi al Museo delle antichità, che rappresentano il faraone cosi com'era da vivo. Le misure furono prese dalla pianta dei piedi fino alla radice dei naso, che in quelle statue era il solo punto della testa individuabile con precisione, dato che la restante parte del cranio è celata sotto il copricapo. Le altezze ottenute sono rispettivamente di metri 1,592 e 1,602, cui si doveva aggiungere la distanza della radice del naso alla sommità della, testa, calcolata in base alle misure ricavate dalle fotografie della mummia, e da una serie di osservazioni su crani egiziani. Il risultato fu un'altezza variabile dagli otto ai nove centimetri, che, aggiunta a quella delle statue, dà una statura complessiva differente di soli pochi millimetri da quelle desunta dalla misura delle ossa. L'età del faraone al momento della morte è stata ottenuta sulla base dello stato di ossificazione delle epifisi. Come già detto, la fessurazione della pelle e dei tessuti del femore aveva consentito di accertare agevolmente che la porzione inferiore, la quale di solito si unisce definitivamente all'osso all'età di vent'anni, era ancora staccata. Sulla parte superiore della coscia la prominenza nota col nome di grande trocantere era quasi del tutto saldata all'osso principale; tuttavia nella parte interna si vedeva chiaramente un distacco che permetteva di osservare la liscia, superficie cartilaginosa in cui l'unione era ancora incompleta. L'attaccatura di questa epifisi avviene all'incirca nel diciottesimo anno di età. La testa del faraone era fissata al collo dell'osso, ma tutt'intorno al margine articolare era chiaramente visibile la linea di giunzione. Anche questa epifisi si unisce all'osso, fra i diciotto e i diciannove anni. Infine, anche l'estremità superiore appariva già ossificata; e poiché quest'ultima si salda all'osso quando il soggetto all'incirca diciottenne, al momento della morte. Tutankhamon, a giudicare dallo stato dei suoi arti inferiori, doveva avere più di diciotto anni e meno di venti.

L'accertamento dell'età del faraone è comunque avvenuto anche in base all'esame degli arti superiori, nei quali le teste degli omeri e le ossa degli avambracci, che di solito si ossificano a vent'anni, erano ancora disuniti, mentre le estremità inferiori risultavano tutte già ben saldate all'osso. Nei diciassettenni egiziani di oggi questa saldatura già perfettamente visibile, e all'esame con i raggi X risulta anche l'incappucciamento del condilo interno da parte dell'epifisi.

Se perciò si applicano questi dati al giovane Tutankhamon, se ne ricava che egli, quando morì, doveva avere più di diciassette anni. Sempre negli egiziani di oggi, le estremità inferiori del radio e dell'ulna non rivelano per lo più traccia di saldatura fino ai diciotto anni, dopo di che la fusione avviene rapidamente, cominciando dal lato interno dell'ulna e procedendo lateralmente fino a comprendere, anche il radio. In Tutankhamon questo processo appariva iniziato nell'ulna, ma l'estremità distale del radio era ancora del tutto libera, non essendo iniziata alcuna saldatura fra l'osso e l'epifisi. Pertanto dallo stato già descritto delle epifisi, risulterebbe che il faraone è morto all'età di diciotto anni, poiché nessuna di quelle che solitamente si ossificano quando il soggetto è ventenne, mostrava segni di saldatura. Va detto inoltre che in Egitto le epifisi tendono in media ad ossificarsi un po’ prima di quanto non avvenga di norma in Europa. Abbiamo già parlato, delle epifisi del condilo interno degli omeri, che in Egitto si salda con l'osso all'età di circa diciassette anni, mentre quelle dell'estremità inferiore dell'ulna e del radio giungono a questo stadio quando il soggetto è all'incirca diciottenne; e da questo punto di vista l'assenza di ossificazione in tali punti potrebbe essere considerata come una prova che Tutankhamon morì prima di aver raggiunto il diciottesimo anno d'età. Per contro, c'è il fatto che l'estremità inferiore della tibia risultava completamente saldata, e il grande trocantere era fuso, salvo una minima parte. con l'estremità superiore del femore, fenomeni che si verificano di solito verso i diciott'anni. Anche la testa del femore era già attaccata al collo, sebbene la linea di giunzione non fosse chiaramente visibile.

Non restano molti dubbi, quindi, sull'età approssimativa del faraone, anche se occorre tener presente che le età di sviluppo indicate sono desunte dalla media, e non è quindi da escludere che si debba aumentarle o diminuirle di un anno: perciò Tutankhamon potrebbe essere morto a diciassette anni come a diciannove anni, anche se, tirando le somme dei dati a nostra disposizione, l'età ipotizzata -diciotto anni- sia la più verosimile.

Le tabella seguente illustra, le somiglianze riscontrate fra le misure della testa di Akhenaton e di quella di Tutankhamon.






AKHENATON TUTANKHAMON

Lunghezza del cranio

190,0 - 187,0

Larghezza del cranio

154,0 - 155,5


Altezza del cranio


134,0 - 132,5

Ampiezza della fronte

98,0 - 99,0


Altezza del volto : superiore

69,5 - 73,5


Altezza del volto: totale


121,0 - 122,0


Ampiezza della mascella


99,5 - 99,0


Circonferenza della testa


542,0 - 547,0


Altezza calcolata in base alle ossa degli arti


1,66 m - 1,68 m





Sebbene l'esame del giovane faraone non abbia rivelato alcun indizio relativo alle cause della sua morte prematura si può dire che qualcosa, almeno, è stato aggiunto al poco che si conosceva della storia di quel periodo. L'età di Tutankhamon al momento della morte e la sua probabile parentela di sangue con Akhenaton costituiscono infatti due importanti elementi per la ricostruzione degli avvenimenti di quel tempo, e verranno tenuti in considerazione quando se ne scriverà la storia.


fonte: www.laportadeltempo.com

[Modificato da -Kiya- 14/06/2006 22.11]

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Dedico EgiTToPhiLìa a colui che ha saputo insegnarmi che cos'è l'umiltà, senza parole, ma coi gesti e con l'esempio quotidiano.
Un'altra delle ragioni per cui l'ho amato, e lo amo, più di chiunque altro. Oggi ch'egli vive ancora, e per sempre, dentro il mio cuore, dedico EgiTToPhiLìa a...
... mio padre.

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