Ai tempi del liceo ci hanno imbottito di arte greca come se fosse l’inizio di tutto.
Sono stata entusiasta quando ho scoperto che, in realtà, hanno inventato tutto loro, i Nostri Egizi.
Tutto iniziò con la necessità, sentita in tempi molto precedenti a quelli dinastici, di costruire delle abitazioni, non tanto per ripararsi dalle intemperie, come presso alti popoli meno fortunati dal punto di vista climatico, ma per sfuggire al sole e al caldo, otre che per una iniziale richiesta di privacy.
I materiali a disposizione erano molto pochi: fango, arbusti e canne.
Le prime case erano capanne circolari di arbusti legati e/o canne; gli alberi tipici dell’Egitto antico erano le palme, sicomori e varietà di acacie, ma il loro legno non era un materiale molto disponibile nella Valle e anche nel delta scarseggiava, perché se la presenza di acqua qui era maggiore, l’ambiente acquitrinoso si popolava più facilmente di canneti e piante palustri. Le piante basse hanno fusti sottili, spesso erbacei e quindi per essere utilizzati come elementi strutturali verticali devono essere fascicolati e a ciò le canne si prestavano in maniera particolare perché crescono piuttosto dritte.
Quando gli agglomerati di capanne cominciano ad assumere connotazioni urbane e i gruppi tribali si organizzano in entità definite nomi, si differenziarono, fra gli edifici, quelli destinati ai membri più importanti della comunità e si inventarono anche edifici nuovi, ad esempio per il culto.
La differenziazione fra la casa ordinaria e quella del capo tribù avvenne innanzi tutto per le dilatate dimensioni e per la creazione di ambienti nuovi, che permettessero lo svolgimento di attività correlate con la politica, la servitù, l’immagazzinamento, ecc.
Per costruire una capanna più grande e più alta si rese necessario fare grossi fasci di arbusti legati (diciamo anche più di un metro di diametro) in modo da poter anche realizzare elementi più lunghi, trattando i singoli fusti come delle fibre. Ecco la colonna.
Fra questi elementi si tamponavano gli spazi vuoti con stuoie e drappi.
In questa fase gli elementi architettonici formali sono già codificati come li vedremo in tutto il periodo storico.
Il fango era un altro materiale che abbondava e si trovò subito come utilizzarlo, oltre che per le stoviglie, anche in edilizia; così stendendone uno strato sulle stuoie se ne migliorava la tenuta, l’isolamento, l’irrigidimento, la durata, ecc.
Inoltre in edilizia si poteva utilizzare ancora più facilmente, perché non necessitava di cottura, era sufficiente seccarlo al sole, mentre per il vasellame era necessario cuocerlo in forno ad almeno 300° per conferire all’oggetto finito l’impermeabilità necessaria.
Un ulteriore passaggio fu l’invenzione del mattone (crudo) usato, come ogni novità, prima di tutto per il capo e per il culto, cioè per la costruzione delle tombe e del palazzo reale.
Con questo nuovo materiale però si ricalcano le forme che l’architettura aveva già assimilato e lo stesso avvenne quando si sperimentò la costruzione in pietra tagliata.
Per questo si trovano, già nell’edilizia più antica, colonne e lesene decorative addossate ai muri portanti e alle tamponature, con l’intento di restituire all’ambiente con un aspetto usuale, solito.
Allora le famose colonne, quelle doriche, ioniche e corinzie, tutte databili nel corso del primo millennio a.C., sono solo gli ultimi esempi e, se vogliamo, anche molto poco fantasiosi, di una evoluzione iniziata tre o quattro millenni prima, in Egitto.
Non avevo mai capito il senso delle colonne classiche, delle loro scanalature e di tutti gli altri elementi costitutivi se non quando ho iniziato a studiare l’architettura delle origini, in particolare quella egizia.
Perché su questo si sorvola nei libri di arte e di storia???