| | | OFFLINE | | Post: 41.058 Post: 22.720 | Registrato il: 24/08/2005 | Sacerdotessa di ATON | Thiatj | - ḥtm mr r ry.t '3.t wts rn n ՚ḫ n itn, S3t n m3't - | |
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03/05/2006 01:53 | |
di Aristide Malnati
Importante ritrovamento, destinato ad apportare novità sostanziali allo studio sulla regina Hatshepsut (forse la prima donna-faraone, sul trono per 22 anni nel XV secolo a. C.), è trapelato dalle stanze del Consiglio Supremo delle Antichità in Egitto: all’interno dell’imponente complesso templare di Karnak (a Luxor), proprio in prossimità dell’obelisco dedicato alla celebre regina, sono venuti alla luce cartigli in oro massiccio, che riportano, uniti, i nomi di Hatshepsut e di Tuthmosis III, suo successore. I reperti appaiono ancora ben conservati e si sono presentati in numero di 18 (due piccoli tesoretti di 9 oggetti ciascuno); prontamente ripuliti e restaurati dalla missione franco-egiziana, che li ha recuperati, sono ora prossimi a trovare una collocazione in un adeguato spazio espositivo nel sempre più ricco Museo Egizio di Luxor.
L’associazione dei nomi dei due sovrani, in precedenza assai rara, a testimoniare la presunta “damnatio memoriae”, a cui Tuthmopsis III sottomise la matrigna dopo esserle succeduto, è certamente destinata a far riflettere sulla reale consistenza e veridicità storica di una simile operazione di condanna. Zahi Hawass, Direttore del Consiglio Supremo delle Antichità al Cairo, ha immediatamente fatto rilevare come simili manufatti, per il loro contenuto e per la loro ubicazione, dimostrerebbero che il famoso obelisco nel cuore del tempio di Karnak è stato fatto edificare da entrambi i sovrani (probabilmente Hatshepsut l’ha iniziato e il suo successore l’ha completato); e che quindi Tuthmosis III non avrebbe cercato di occultare il monumento con muri appositamente eretti, nel tentativo di cancellare ogni traccia di chi lo aveva preceduto. Per Hawass, e per molti suoi colleghi, la già dubbia condanna del figliastro verso la matrigna e il suo operato sarebbe, alla luce della recente e in questo senso decisiva scoperta dei 18 cartigli con i loro nomi, da ridimensionare fortemente.
Altri appassionati ed esperti di egittologia, tendono con maggior oculatezza a non esagerare la portata storico-politica dei cartigli, oggetti di uso comune e largamente testimoniati a tutte le epoche. Si mette correttamente in evidenza che Hatshepsut era comunque la tutrice di Tuthmosis III (con lui ancora bambino condivise alcuni anni di coreggenza) e che, dopo essere assurta al potere assoluto, doveva rispettare le parentele e le logiche dei rapporti, in quanto in una posizione delicata e inizialmente precaria.
Appare invece giustificato e storicamente comprensibile che il nuovo faraone, una volta giunto al comando e sbarazzatosi dell’ingombrante e, a volte, spregiudicata Hatshepsut, ne abbia decretato una sorte di morte storica, intenzionato anche a suggerire ai notabili e all’esercito di non permettere più l’anomalia di una donna sul più alto gradino della società egizia.
Insomma è impensabile negare o anche solo sminuire il senso di una condanna unanime, che era nell’aria e che il nuovo faraone non poteva non ratificare: Hatshepsut, pur legittima erede di Tuthmosis I e consorte reale di Tuthmosis II, era vista come un’usurpatrice di un ruolo maschile, come l’esecutrice di un vero e proprio colpo di stato.
Tuttavia – questo sì – i nuovi reperti suggeriscono un corretto rapporto personale tra la matrigna e il figliastro, che le era attaccato e che in più di un’occasione durante il lungo regno la appoggiò e le fu riconoscente; e che dunque avrebbe messo in atto la “damnatio memoriae” non per rancori privati, ma unicamente in ottemperanza a una ragione di stato. |