la matematica

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roberta.maat
00venerdì 29 giugno 2007 23:53
Si è detto e scritto molto riguardo le tecniche architettoniche e sui risultati strabilianti raggiunti nelle costruzioni che ancora oggi suscitano curiosità per quanto attiene la progettazione oltre che per le metodologie applicate alla materiale realizzazione. Prima ancora che i Greci teorizzassero matematica e geometria così come noi oggi le conosciamo gli Egiziani furono abili architetti. Ci può sembrare incredibile eppure sembra che non conoscessero le equazioni di 2° grado e ignorassero la moltiplicazione e divisione,in senso stretto. Usavano solo addizione e sottrazione.Ma è una questione di metodo infatti ogni prodotto può essere calcolato col segno +. Loro facevano così.....provo a dare un esempio : Se devo moltiplicare 9x14 scrivo su due colonne,nella prima comincio da 1 e raddoppio fino ad arrivare al numero immediatamente < al moltiplicatore 14; nella seconda comincio dal moltiplicando 9 e lo raddoppio tante volte quante nella prima colonna......
1 9
2 18
4 36
8 72
Adesso guardo i numeri della prima colonna che mi consentono di formare il moltiplicatore 14,cioè 8+4+2, e sommo i corrispondenti della seconda colonna....quindi 72+36+18=126.
Un metodo per noi indaginoso ma che all'epoca doveva essere agile ed adeguato ad uno schema mentale che noi non abbiamo più.
Mi sembra di aver letto in un'altra discussione di un papiro che riporta appunti di geometria,mi piacerebbe leggere qualcosa di preciso al riguardo.
[SM=x822746]
-Kiya-
00sabato 30 giugno 2007 15:50
in merito segnalo altra dscussione relativa all'argomento trattato:

Il Papiro Bremner-Rhind


[SM=x822713]

roberta.maat
00sabato 30 giugno 2007 21:45
[SM=x822754] non sapevo dell'esistenza di una discussione analoga del 2005........sorry ! Comunque confermo che tante teorie sulla conoscenza della matematica superiore da parte degli AE sono destituite di ogni fondamento e quindi che abbiano raggiunto i risultati che conosciamo col metodo di semplici calcoli aritmetici,con l'esperienza e l'osservazione di particolarità geometriche ( per es.triangolo 3 4 5 ) ignorando le equazioni di secondo grado le funzioni come parabole ellissi etc.La logica matematica non è una scienza egiziana e pertanto questa civiltà non finirà mai di stupire e suscitare ammirazione per le sue realizzazioni create senza l'ausilio delle teorizzazioni diPitagora Euclide Talete ed altri successivi. Solo l'empirismo e nessuna astrazione codificata......però comunque mi viene da chiedere cosa fosse custodito riguardo la scienza nella biblioteca di Alessandria prima della sua distruzione ! [SM=x822741] [SM=x822746]
-Kiya-
00domenica 1 luglio 2007 15:55
Re:

Scritto da: roberta.maat 30/06/2007 21.45
[SM=x822754] non sapevo dell'esistenza di una discussione analoga del 2005........sorry !

.....però comunque mi viene da chiedere cosa fosse custodito riguardo la scienza nella biblioteca di Alessandria prima della sua distruzione ! [SM=x822741] [SM=x822746]



Normale pecca della vita da forum. Purtroppo le discussioni datate passano necessariamente in secondo piano e rischiano di essere ignorate. Del resto EgiTTOPHiLìa è prossima ormai ai 20.000 messaggi, non possiamo pretendere che si siano letti tutti [SM=x822714]


Alessandria.... la biblioteca.... immenso tesoro andato perduto per mano eretica... [SM=x822731]
pizia.
00domenica 1 luglio 2007 22:30
Su Pharaon n° 4, Aprile 2006, pagg. 52-61, c'è un articolo interessante sulla matematica egizia; si parla anche del Papiro Rhind e un po' di tutte le osservazioni a cui ha accennato Roberta.

L'hai letto Roberta?
roberta.maat
00domenica 1 luglio 2007 22:57
[SM=x822731] non ho letto mai ,ancora, questa rivista ! L'ho cercata di recente presso le mie edicole preferite ma non l'ho trovata, non credo che mi sarà possibile trovare il numero di aprile cui ti riferisci.......ma se me lo consigli perchè particolarmente interessante mi attiverò domattina ! Grazie molto per l'indicazione,vorrei approfondire questo argomento e cercare più ementi possibile. Ciao [SM=x822725]
-Kiya-
00domenica 1 luglio 2007 23:12
so che la De Agostini, editore della rivista, cura un servizio arretrati. Purtroppo comporta spendere il doppio del prezzo di copertina per ogni numero, ma almeno puoi valutare di procurarti i numeri che trattano articoli di tuo interesse. Qui su EgiTToPhiLìa, di norma, ne presentiamo i contenuti ad ogni uscita.
Per prenderne atto, utilizza la barra del "cerca" che trovi a fondo forum in ogni pagina, a destra, inserendo la parola chiave "Pharaon" [SM=x822713]
roberta.maat
00lunedì 2 luglio 2007 14:59
[SM=x822754] [SM=x822754] fatto ! [SM=x822748]
roberta.maat
00giovedì 6 dicembre 2007 14:47
Dopo aver letto il libro della Cartocci sulla matematica degli Egizi, ho un pò rivalutato l'argomento e penso che le posizioni note vadano leggermente riviste. Pur essendo verità che l'astrazione matematica pura e semplice non sia propria della scienza egizia va comunque individuata la logica nell'uso dei numeri. Purtroppo non abbiamo ereditato fino ad oggi un documento da cui desumere che ci sia stata una codificazione delle regole vera e propria. I papiri in nostro possesso sono preziosissimi e suffragano l'ipotesi che "dietro" ci fosse di più.Il papiro Rhind in particolare sembra proprio un "pro memoria" copiato e ricopiato più volte......un pò come le nostre dispense che passano di mano in mano presso gli studenti.Contiene errori in tre o quattro parti che sono semplici errori di copiatura (un numero per un altro,una scrittura verticale copiata da una orizzontale...)che comunque non inficiano l'esattezza del risultato finale. I numeri in sè con i loro legami servono alla interpretazione della realtà e contengono una Maat assoluta che i nostri non ignoravano. Non credo di sbagliare se penso che troppo della cultura dell'A.E non ci è consentito di conoscere per la mancanza di documenti.
Sarebbe per me molto interessante conoscere il parere di un matematico giacchè lo studio della professoressa Cartocci è accuratissimo pur essendo lei studiosa di lettere antiche .Consiglio la lettura del suo libro....io l'ho apprezzata tantissimo.
-Kiya-
00giovedì 6 dicembre 2007 21:30
"Uno studio diretto di tutte le cose, la penetrazione di tutto l'esistente, la conoscenza di tutti gli oscuri segreti"... così inizia il Papiro di Ahmes, altrimenti detto il Papiro Rhind, il che la dice lunga almeno a riguardo degli intenti iniziali. Lo stesso però ci informa di essere una trascrizione di un papiro ancora più datato, più antico di 150 anni e pertanto risalente al 1800 a.C. circa. Alla luce di ciò, credo di poter affermare che le conoscenze matematiche egizie raggiunsero livelli del tutto rispettabili, checchè ad oggi si possa pensare.

Per un approfondimento sulle conoscenze matematiche dei nostri "beniamini", chi lo desidera può dare un occhiata a questo documento:

*

il quale è un approfondimento su quanto contenuto nel Papiro Rhind e nel Papiro di Mosca.

Procedo con le ricerche, nella speranza di poter essere d'aiuto nel soddisfare la richiesta di Roberta [SM=g999103]








* download diretto dal sito www.matematicaeliberaricerca.com
-Kiya-
00sabato 8 dicembre 2007 00:40
Sempre a proposito dei papiri citati, qui potete leggere un interessante approfondimento:

Questioni di matematica nell'antichità preclassica
roberta.maat
00sabato 8 dicembre 2007 14:17
Interessantissimo.......mi ha fatto tornare indietro nel tempo quando ancora pensavo che gli studi di matematica sarebbero stati la mia vita.Grazie Kiya,veramente !
-Kiya-
00sabato 8 dicembre 2007 16:32
Approfondendo l'argomento mi rendo conto di quanto si riveli necessario allargare gli .. "orizzonti" cominciando a valutare di allargare l'interesse anche alle civiltà precedenti o concomitanti a quella Egizia, dalle quali quest'ultima dovette inevitabilmente subire influenze.
Nello specifico, quindi sui numeri, e non solo, è fondamentale prendere in considerazione le conoscenze dei Caldei, dei Sumeri e dei Babilonesi...

insomma Signori.... una vita non basta, nemmeno se si possiede la possibilità reale (lusso che pochi possono concedersi...) di porla interamente al servizio della Conoscenza.

-Kiya-
00sabato 8 dicembre 2007 17:47
Senza voler offuscare l'importanza del Papiro Rhind, ritengo che anche ai contenuti del Papiro di Mosca vada riconosciuta una certa importanza riferita alle conoscenze matematiche Egizie.

Tuttavia c'è chi non la pensa così e, a riguardo, riporto qui l'analisi del contenuto e di un problema proposto nel Papiro da parte di un matematico, il Prof. Umberto Bartocci, ex professore ordinario di Geometria II ed ex docente di Storia delle Matematiche presso il
Dipartimento di Matematica e Informatica, Università degli Studi di Perugia, il quale tende a "sminuirne" le conoscenze. Il testo è lungo e, a mio avviso, complesso (ho abbandonato la via della matematica da parecchio tempo ed ora mi ci sto inevitabilmente riaccostando, con non poche difficoltà...); credo comunque di fare cosa gradita ad alcuni di voi proponendolo:


"Gran parte delle nostre informazioni sulla matematica degli egiziani sono state ricavate dal papiro di Rhind o di Ahmes, il piu' ampio documento matematico dell'antico Egitto; ma vi sono anche altre fonti. Oltre al papiro di Kahun ... vi sono un papiro di Berlino dello stesso periodo, due tavolette di legno provenienti da Akhmim (Cairo) risalenti al 2000 a.C. circa, un rotolo di pelle contenente elenchi di frazioni con l'unita' a numeratore e risalente al tardo periodo degli Hyksos, e un importante papiro, noto come il Papiro di Goleniscev o di Mosca, acquistato in Egitto nel 1893. ... Fu scritto, con minore accuratezza dell'opera di Ahmes, da un ignoto scriba della dodicesima dinastia (ca. 1890 a.C.). Contiene venticinque esempi, per lo piu' desunti dalla vita pratica e non molto diversi da quelli del Papiro di Ahmes, fatta eccezione per due che hanno un significato speciale. Il problema 14 del Papiro di Mosca e' corredato da una figura che assomiglia a un trapezio isoscele, ma i calcoli che lo accompagnano indicano che si tratta di un tronco di piramide quadrata. ... Le istruzioni che accompagnano la figura indicano chiaramente che si tratta del problema di trovare il volume di un tronco di piramide quadrata alto 6 unita', se gli spigoli della base superiore e di quella inferiore sono rispettivamente 2 e 4 unita'".

Vediamo esattamente il contenuto del papiro, cosi' com'esso e' riportato nel testo di Gheverghese (p. 96).

"Vi dicono: un tronco di piramide e' di 6 cubiti in altezza verticale per 4 cubiti alla base per 2 cubiti alla sommita'. Calcolate il volume di questa piramide. Elevate al quadrato questo 4: risultato 16. Elevate al quadrato questo 2: risultato 4. Moltiplicate 4 per 2: risultato 8. Addizionate 16, 8 e 4: risultato 28. Prendete 1/3 di 6: risultato 2. Moltiplicate 28 per 2: risultato 56. Ecco che il volume e' 56!".

L'autore oggetto di questa disputa sposa naturalmente la tesi di coloro che ritengono la perizia manifestata in queste poche righe "l'apice della geometria egizia", e in cio' non e' (purtroppo) il solo, dal momento che anche in Paul J. Nahin ("An Imaginary Tale - The Story of the Square Root of -1", Princeton University Press, 1998), si conviene che si tratti della dimostrazione di conoscenze che "lasciano senza fiato", vero e proprio "capolavoro della geometria egiziana" (p. 3).

In effetti, quel valore 56 e' assolutamente esatto, non solo, ma la procedura indicata per ottenerlo corrisponde proprio alla formula:

(1) V(T) = h(a^2+ab+b^2)/3

che e' la corretta espressione del volume del tronco T in parola in funzione dei parametri assegnati.

La questione e' in ogni caso ben nota - come dire, niente affatto ignorata dagli storici della matematica, come precedentemente si sosteneva - e naturalmente chi come Boyer NON ritiene la matematica egiziana tanto avanzata da poter arrivare a un simile risultato, deve trovare una possibile "spiegazione" banale per giustificarlo.

Gheverghese dal canto suo esamina anch'egli le ragioni avanzate per spiegare il risultato contenuto nel papiro di Mosca, tendenti a convincere come questo non sia da intendersi necessariamente come segno di una matematica sviluppata, e le riportiamo integralmente (pp. 97-98).

"Sono stati fatti molti tentativi per spiegare come gli egizi possano essere arrivati alla formula corretta del volume del tronco di piramide. ... Sono tre le spiegazioni principali. La prima suggerisce che il tronco di piramide venisse ridotto in solidi piu' piccoli e piu' semplici dei quali si calcolava il volume prima di ricomporli di nuovo. E' nella parte finale di questa spiegazione che sorgono le difficolta', dal momento che la riduzione della somma dei volumi di tutti i solidi alla formula finale avrebbe richiesto un grado di conoscenza algebrica e una raffinatezza che pochi sarebbero disposti a concedere agli egizi. La seconda spiegazione e' che gli egizi avessero scoperto in modo empirico che il volume di un tronco di piramide puo' essere calcolato come il prodotto dell'altezza di un tronco di cono, h, e la media di Erone delle aree delle basi, a^2 e b^2 [in nota: La media di Erone di due numeri positivi x e y e' data da (x+y+rad.quad.(xy))/3]. ... Per finire c'e' l'opinione che il volume venisse calcolato come differenza tra una piramide completa in origine e una piu' piccola rimossa dalla sua sommita'. ... Indipendentemente dal modo in cui gli egizi sono arrivati a questa scoperta, la formula rimane come testimonianza imperitura della loro matematica".

"TESTIMONIANZA IMPERITURA", un commento che e' giustificato, nell'ottica di Gheverghese, dal fatto che, considerata la terza come la spiegazione "piu' plausibile delle tre" (cio' che in effetti ammetteremo anche noi qui nel seguito, pur ridimensionando di molto l'"entusiasmo" dell'autore), sembrerebbe allora stabilito in modo indubitabile che gli egizi conoscessero la formula corretta per il volume della piramide completa, un risultato che e' in effetti alquanto difficile da stabilire, almeno per quanto riguarda il CASO GENERALE. Argomenteremo invece come il tutto possa essere ricondotto alla conoscenza di SEMPLICI CASI PARTICOLARI, che non e' difficile ipotizzare noti a una civilta' come quella egizia, della quale non si puo' certo dire che non avesse interesse per le piramidi!

E' esagerato infatti ritenere, dalle poche righe citate dianzi, che gli egiziani fossero in possesso di una "dimostrazione", intesa nel senso della geometria greca, della formula in parola, che, ricordiamolo, e':

(2) V(P) = (h*a^2)/3 (superficie di base, e quindi quadrato del lato di base, per altezza, diviso 3) .

Il fatto che sembra invece assai piu' probabile e' che gli egiziani possano essere arrivati alla conoscenza della (2) per mezzo di semplicissimi ragionamenti originanti da casi particolari. Tutti capiscono immediatamente che, se si prende un cubo di lato a, e quindi di volume a^3, e si considera il centro O di tale cubo, proiettando da O le sei facce del cubo si ottengono 6 piramidi uguali di base a^2 ed altezza a/2, sicche' ovviamente:

volume del cubo = a^3 = 6 volte il volume di una di queste particolari piramidi quadrate = 6*V(P) ,

d'onde:

V(P) = a^3/6 .

Se si cerca di decomporre questa espressione in qualcosa che contenga la classica espressione superficie di base per altezza, si trova evidentemente:

V(P) = (a^3)/6 = k (costante da determinare) * (a^2)*a/2 (sup. di base per altezza) ,

dal che:

k = 1/3 ,

come si voleva dimostrare.

Ecco che gli egiziani avrebbero cosi' potuto sapere che, almeno in qualche caso particolare, la (2) e' vera, ed e' proprio di una matematica NON avanzata il concludere che essa sia SEMPRE comunque valida (come in effetti e'), senza starsi ad "affaticare" in dimostrazioni, che nulla aggiungono agli effetti pratici.

In ogni caso, tanto per andare avanti con la discussione che ci interessa in modo particolare, e' naturale che essi abbiano verificato la correttezza della (2) anche in ALTRI casi, per esempio quello di una piramide (ancora del tipo preso in considerazione) che abbia altezza h uguale al TRIPLO del lato di base, ovvero h = 3a. Dalla (2) si ottiene che il volume di una siffatta piramide e' a^3, ovvero proprio il volume del "corrispondente" cubo di lato a, e una verifica "sperimentale" dell'asserto e' facilissima, per esempio riempiendo di sabbia un cubo di detto lato a, e travasandola in una piramide quadrata di lato a ed altezza tripla 3a: la sabbia entrera' tutta esattamente nella piramide!

Se qualcuno avesse voluto proseguire sulla via di semplici speculazioni, avrebbe pure potuto introdurre il solido formato da 6 cubi di lato a uno sull'altro, e quindi di volume 6*a^3. Dal centro di siffatto parallelepipedo, proiettando come sopra le 6 facce, si ottengono 6 piramidi, due delle quali quadrate di lato a ed altezza 3a, uguali tra loro, ed altre 4, pure uguali tra loro, di base rettangolare avente lati a e 6a, ed altezza a/2. Niente di piu' semplice "supporre" che i 6 cubi a^3 si decomponessero in questo modo come somma di 6 parti UGUALI, i due cubi a^3 corrispondenti alle due piramidi quadrate, e altri 4 cubi corrispondenti alle 4 piramidi rettangolari, per il cui volume avrebbe appunto potuto tentarsi la formula:

(6a*a) (superficie di base) * a/2 (altezza) / diviso 3 = a^3 !

Come si vede, tutto tornava...

Orbene, quanto fin qui esposto mostra che gli egiziani potevano essere facilmente in grado di sapere almeno certe cose sul volume delle piramidi, ma vediamo come esse possano aver avuto speciale riflesso proprio sul calcolo del tronco da cui siamo partiti.

Quel tronco appartiene invero a una piramide quadrata che ha in totale altezza uguale a 12 (i due lati a e b stanno in rapporto di 2, come le relative altezze della piramide intera, diciamola d'ora in avanti P1, e di quella costruita sulla base piu' piccola, costituente la sommita' della piramide piu' grande, diciamola P2), e questo valore 12 e' proprio il triplo di 4! Come dire che la piramide P1 e' proprio una delle piramidi "particolari" di cui abbiamo appena parlato, di volume pari a quello del cubo di lato corrispondente, e quindi 4^3 = 64. La piramide piccola, P2, ha un lato di base uguale a 2, mentre la sua altezza sara' uguale all'altezza totale della piramide meno l'altezza del tronco, ovvero 12-6, operazione che da' come risultato 6 (si poteva anche fare semplicemente la meta' di 12, dato quel rapporto 2 di cui detto sopra). La conclusione e' che anche la piramide piccola e' una delle piramidi particolari in parola, avente un'altezza, 6, che e' proprio il triplo del lato di base, 2. Il suo volume e' quindi 2^3 = 8, sicche' l'autore del papiro poteva ben sapere subito che il volume richiesto e' 64-8 = 56. E' come se si fossero dati due cubi l'uno dentro l'altro, e si chiedesse di calcolare il volume di quello che resta del maggiore tolto il minore.

Bene, arrivati a questo punto si dira': ma l'ignoto antico matematico non ha scritto il suo risultato finale 56 come differenza dei due volumi 64 ed 8, ma ha indicato per determinarlo una procedura esattamente corrispondente alla (1), la formula "giusta" per il calcolo del volume di un tronco in generale. Ma vediamo un po' se non si possa facilmente anche risolvere qesto "enigma".

Lavorando adesso con parametri, e non con numeri, abbiamo detto come fosse facile concludere che il richiesto volume fosse uguale ad a^3-b^3, e questa espressione si puo' decomporre, senza troppa fatica, nel seguente modo:

(3) a^3 - b^3 = (a-b)*(a^2 + ab + b^2) .

Il secondo dei fattori che compaiono al secondo membro dell'identita' precedente e' proprio quello che compare in (1)!*

Resta il "mistero" dell'h/3, dal momento che il primo dei due fattori ottenuti e' invece (a-b), ma e' chiaro che, essendo le due altezze, grande e piccola, triple della lunghezza dei rispettivi lati di base, risultera':

h = 3a - 3b = 3(a-b) , come dire (a-b) = h/3 .

Sostituite questo valore nel membro di destra della (3), e il gioco e' fatto, otterrete esattamente la (1). Si noti pure che l'intera procedura realizza lo scopo di eliminare tutti i segni "meno" nell'espressione finale proposta come soluzione del problema - non ha alcun senso stare qui a sollevare la storia dell'eventuale conoscenza di "numeri negativi", dal momento che chiunque puo' fare la sottrazione 7-2, ed ottenere come risultato 5, senza "concepirlo" pero' come "somma" del 7 e di un "numero" -2, il discorso comunque ci porterebbe lontano.

Varie cose in piu' si potrebbero dire, come la (1) possa per esempio a sua volta "suggerire" una decomposizione del (triplo del) volume del tronco in esame come somma di volumi di certi solidi piu' semplici (si veda Boyer, loc. cit., p. 24 - ma, meglio, la successiva nota *), oppure discutere fino a che punto sia "rischioso", o no, considerare come validi in generale risultati ottenuti in casi particolari (anche se non e' questo il caso del papiro di Mosca, che, come abbiamo visto, prende in considerazione SOLO casi particolari!), ma lasciamo stare...

Riassumiamo solo la conclusione a cui siamo pervenuti, dicendo che la questione formulata nel papiro di Mosca va intesa con ogni verosimiglianza come una sorta di "gioco", di "indovinello", di "sfida", che partiva si' da conoscenze di probabile origine pratica (equivalenze tra volumi di piramidi e di cubi), ma non pretendeva affatto ne' di essere applicazione di una "formula universale", ne' di costituire una qualche "prova" di essa...



Addendum - E' pure ben noto come la (1), ancorche' esatta, NON sia poi di grande utilita' PRATICA, visto che se ci si trovasse davanti ad un VERO tronco di piramide quadrata, sarebbe facile misurare i due valori a e b, mentre sarebbe inaccessibile il valore h, che e' appunto inosservabile, almeno dall'esterno della piramide (e anche dall'interno, bisognerebbe conoscere lo spessore del "tetto"). La sostituzione nella (1) del parametro h con il parametro c, lunghezza dello spigolo del tronco, questa si' una quantita' "osservabile", risulta soltanto in un'opera di Erone ("Stereometria"), matematico alessandrino del I secolo dopo Cristo, che dimostra la (semplice) identita':

c^2 = h^2 + [(a-b)^2]/2 (applicazione del teorema di Pitagora),

che gli permette appunto di sostituire h con c**.

Si tratta di un altro elemento che rafforza la convinzione di fondo qui sostenuta, che la matematica egiziana non fosse poi tanto sviluppata, come si ritiene comunemente oggi da parte degli amanti della cultura, e dei "misteri", egiziani ed orientali in genere, o delle "civilta' scomparse", come Atlantide etc.. Ed affermo cio' seppure sia incline anch'io a considerare piu' che fondate le "voci" che si riferiscono all'esistenza di civilta' evolute sul nostro pianeta precedenti la catastrofe del diluvio del 3000 A.C. (Atlantide risale forse addirittura a un disastro avenuto ancora prima, visto che diversi elementi indurrebbero a collocare la sua storia intorno al 10.000 A.C.). Infatti, non c'e' necessariamente un collegamento tra le due convinzioni: prima di tutto, perche' non e' detto che tali "mitiche" civilta' avessero mai sviluppato quella che possiamo oggi definire genericamente una "cultura scientifica"; e poi, perche' e' molto probabile che, dopo ogni catastrofe, l'umanita' abbia faticosamente ricominciato da zero, o quasi.



* Chi volesse obiettare che la (3) e' frutto di una conoscenza "raffinata" dell'algebra, dovrebbe riflettere che identita' come questa, e l'analoga in ordine all'esponente 2, a^2 - b^2 = (a-b)*(a+b), hanno un'immediata "interpretazione geometrica", relativa a manifeste decomposizioni di quelle aree o volumi "complementari":

caso del quadrato:

a^2 - b^2 = (a-b)*a + (a-b)*b

(al secondo membro sono indicati due rettangoli, il primo collocato a fianco del quadrato piu' piccolo, immaginato con un vertice in comune con il piu' grande, l'altro al di "sopra" di esso)

caso del cubo:

a^3 - b^3 = (a-b)*a^2 + (a-b)*ab + (a-b)*b^2

(tre parallelepipedi, nell'ordine: il primo a fianco del cubo piu' piccolo, il secondo al di sopra di esso, il terzo "dietro" quello piu' piccolo, a completare la figura).

** E' chiaro che in questa sostituzione bisogna introdurre la radice quadrata dell'espressione c^2 - [(a-b)^2]/2, nella quale appare un segno meno NON eliminabile. Cio' implica che i coefficienti a, b, c - a differenza di a, b, h - non possono essere assegnati ad arbitrio, visto che il radicando deve essere comunque positivo [geometricamente, c, come ipotenusa, deve essere maggiore del cateto ottenuto come differenza delle semidiagonali dei due quadrati, ovvero (a-b)*(radice di 2)/2]. E' ben noto come di questa "limitazione" Erone non si accorga, visto che, dopo aver calcolato correttamente il volume di detto tronco nel caso a = 10, b = 2, c = 9, cerca di calcolarlo pure nel caso a = 28, b = 4, c = 15, che e' invece "impossibile" (Erone, andando avanti senza cautele, ottiene la radice quadrata di quello che diremmo oggi un numero negativo - ovvero, un numero "immaginario", secondo la denominazione di Cartesio - ed esce dall'imbarazzo con il "semplice" espediente di togliere infine il segno "meno", e di estrarre la radice quadrata del numero positivo corrispondente!) [cfr. P.J. Nahin, loc. cit., p. 4].



(UB, settembre 2000)

roberta.maat
00sabato 8 dicembre 2007 20:05
[SM=g999097] Kiya......è come aver aperto una finestra su un cortile mai più visitato da anni. Ho stampato tutto,consumato le cartucce della stampante e passato un pomeriggio tra i calcoli con un entusiasmo che non credevo più di avere. [SM=g999100]
-Kiya-
00sabato 8 dicembre 2007 21:48
ne sono felice, Roby ;)

in effetti ho il cervello in sovraccarico ormai... tra matematica, "filosofia" e storia Ittita non ne può davvero più... mi sa che mi concederò un po' di riposo mentale davanti a un bel film (magari... storico/epico! :D )
pizia.
00domenica 16 dicembre 2007 22:31
Ma voi siete d’accordo?
Già nelle prime righe si impone una scelta: gli egizi sapevano qualcosa della matematica, oppure ha ragione l’autore dell’articolo, cioè che della matematica sapessero talmente poco che dobbiamo fare noi uno sforzo per capire come dimostrare certe operazioni presenti nei papiri suddetti scomodando il minimo indispensabile la logica matematica che conosciamo?
Di solito non sono d’accordo con chi attribuisce conoscenze esagerate ed indimostrabili agli egizi, anche perché è facile che poi, per giustificarle, sia necessario stabilire da dove siano arrivate, in quanto, comunque, nessuno pare disposto ad attribuirle ad essi.

Su questo argomento però non vorrei limitare troppo le capacità dei Nostri.
Secondo me sapevano molto di più di quanto possa sembrare guardando i papiri citati.
Gli esempi che abbiamo sono una documentazione davvero esigua, ma è già molto, in confronto con il materiale che è sopravvissuto di altre civiltà.
Ebbene, guardando questo materiale sembra che siano sopravvissuti i quaderni degli scolari con gli esercizi e non siano invece scampati i libri di testo.
Questo fatto sembra inspiegabile, se esistevano documenti con le applicazioni dei calcoli, gli esercizi, gli esempi, dove sono finite le formule e le dimostrazioni di quelle formule?
Mi ricordo che da piccola quando a scuola spiegavano matematica e/o geometria, è capitato più volte che la professoressa (o la maestra) dicesse: “Questa formula prendetela così com’è, quando sarete più grandi studierete come hanno fatto a trovarla”.
Ad esempio quando abbiamo studiato il volume della sfera.
Oppure venivano date spiegazioni vaghe, piuttosto empiriche o intuitive, come il calcolo della circonferenza dato il raggio: alle elementari si fa con la cordicella, e si prende per buono il valore di pi-greco, più avanti si studia la quadratura del cerchio e si arriva a quella costante particolare per tutt’altra strada.

Ho sempre avuto l’impressione che qualcuno abbia fatto un calcolo, magari anche sofisticato, scrivendolo con le dita sulla sabbia.
Il vento ha cancellato tutto, ma il risultato, cioè la formula, che era importante e poteva avere uso e applicazione nei problemi pratici, è stata ricordata, mandata a memoria, almeno per un bel po’, finché non è diventato normale scriverla.
Una formula scritta però, non corredata dalla sua dimostrazione, a noi discendenti della logica illuministica, non piace, sembra un compito copiato, non siamo disposti ad accettarla.
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