Diario di viaggio: Pizia (11/11/2006 - ../11/2006)

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pizia.
00sabato 9 dicembre 2006 11:06
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Dopo colazione, con comodo, usciamo dalla cerchia fortificata per avventurarci nella città esotica; appena fuori c’è una piazzola, sempre in terra battuta, come la strada, intasata di taxi che sostano lì giorno e notte e aspettano il loro turno per avvicinare il cliente, sono molto disciplinati fra loro nel rispetto della priorità acquisita, infatti arriva a parlare con noi solo un autista che ci propone di portarci in centro, presso il museo, con 30 lire.

Non sapendo come regolarci accettiamo, ma già durante il viaggio questi cerca di prenotarsi anche il nostro ritorno e si informa su ciò che vogliamo fare durante il giorno, ma noi restiamo vaghi, in realtà non sappiamo cosa faremo dopo il museo, magari anche il ritorno a piedi se non fosse troppo lontano; però qui si tradisce, proponendo di riportarci all’hotel con 20 lire, così realizziamo che il costo della corsa è anche meno.

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pizia.
00sabato 9 dicembre 2006 11:09
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Dunque il nostro secondo giorno egiziano lo dedichiamo alla visita del museo nuovo di Luxor, a una lunga passeggiata sulla Corniche, per prendere dimestichezza con la città e anche al riposo, indispensabile per affrontare la crociera, densa di impegni sacri e profani programmati dagli accompagnatori, ai quali è davvero un peccato mancare, almeno per chi compie il viaggio per la prima volta.

E indispensabile anche per dimenticare un po’ la giornata precedente, passata da un aeroporto all’altro, fra lunghe attese e voli interminabili.

Ci sono tante cose che si scoprono sul posto e che non si possono sapere finché non si prova a vivere là per qualche giorno.

La questione del fuso orario è un particolare, forse anche trascurabile perché si tratta convenzionalmente di un’ora soltanto di anticipo rispetto all’Italia, ma noi per cautela e per esigenze logistiche abbiamo pensato di trascorrere due notti fermi in hotel prima di imbarcarci sulla nave e Dio sa quanto sia stata saggia questa decisione per le nostre povere menti stanche e anche per i nostri corpi non meno stanchi.
Così ci possiamo permettere per due giorni di fila (domenica 12 e lunedì 13), la sveglia alle 8.30, una colazione rilassata, un’esplorazione del centro.

E’ vero che non si va fino in Egitto per dormire e passeggiare sotto le palme…

O forse sì??? (Mentre lo scrivevo non ero molto convinta!)
Insomma, anche un po’ di relax, godimento del paesaggio ed incontro con il genius loci fa parte di quanto un simile viaggio deve lasciare in chi lo compie.

pizia.
00sabato 9 dicembre 2006 11:57
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Non so a che ora è sorto il sole questa mattina, ma almeno un’ora prima che da noi; il tramonto invece l’ho visto, dall’alcova della camera, alle cinque circa, l’Aton è scivolato dietro alle basse montagne ad ovest, piuttosto lontane perché qui, davanti a Iput Waset, il fiume non scorre precisamente in direzione sud-nord, ma come si può verificare sulle carte geografiche, da sud-ovest a nord-est, a causa di un’ampia ansa che, tanto per nominare posti ben noti, devia un po’ a monte di Armant, prosegue per Luxor Naqada, Copto, Quena , Dendera quasi in semitondo girando attorno al massiccio di cui fa parte anche la montagna tebana, per concludersi all’altezza di Abydos, dove riprende una decisa direzione per il nord.

Potrei chiudere gli occhi e sognare di essere una principessa egizia del Nuovo Regno, immaginando di sentire nelle narici lo stesso profumo di Nilo, ma ovviamente davanti allo spettacolo della montagna tebana, ad ovest di Karnak, non riesco a chiudere gli occhi e li tengo ben bene aperti su questo spettacolo, fino all’irripetibile momento in cui assisto per la prima volta al tramonto sul Nilo.

Da dove mi trovo e in questo momento dell’anno il sole scende dietro al palazzo di Malqata.

Il cielo è ancora azzurro, illuminato e illuminante come in pieno giorno quando il sole sparisce, ma lo spettacolo comincia solo adesso; per un’ora e più è ancora chiaro, ma si tinge di colori più profondi e più puri della tavolozza del pittore moderno, quello dotato di tubetti dal contenuto chimico: ora si capisce che il colore è luce, la chimica è un surrogato.

Così il giorno è tinto d’azzurro ciano per molte ore, diventa per pochi minuti giallo, oro, arancione, rosa, rosso Magenta, violetto, indaco, blu come il Nilo ed infine nero come la notte.

Ecco, arrivata la notte si vedono solo le luci delle lampade, l’illuminazione pubblica stradale, uguale di qua e di là dal fiume.

Ma tutto questo è banale, queste luci sono uguali in tutto il mondo, anche sulle sponde di qualsiasi altro fiume; allora posso riposarmi, posso chiudere gli occhi e finalmente posso sognare.

Per poco purtroppo, il tempo scorre come il fiume, sempre nella stessa direzione e a nulla vale ogni tentativo di fermarlo.

Andiamo a cena presto perché è previsto dopo cena lo spettacolo di Suoni e Luci al Tempio di Karnak.

Fra le persone che ho sentito parlare a proposito di ciò, ne ho trovato alcune contente ed alcune deluse.

Voglio comunque provare questa esperienza perché mi attira l’idea di passeggiare nel tempio a tarda sera, cosa che non avrò più possibilità di fare in seguito (mi hanno detto che le aree archeologiche chiudono presto); siamo due pigroni pantofolai e generalmente se passiamo fuori il pomeriggio poi stiamo volentieri in ozio la sera; le giornate adesso sono corte, quindi bisogna sfruttare le ore di luce il più possibile, si pranza fuori, si cammina e quando viene buio ci si avvia verso l’hotel, così per cercare di uscire un po’ almeno una sera su due settimane, accettiamo di andare a vedere lo spettacolo.

Il biglietto di ingresso non è compreso nel nostro pacchetto, quindi paghiamo il corrispettivo al nostro accompagnatore Turisanda, che ci viene anche a prendere con mezzo privato e ci porta al tempio.

Il prezzo giusto è 15 euro a persona, ma noi ne paghiamo 19 per il servizio a domicilio; quasi tutte le sere viene inscenata la rappresentazione, anche con più repliche a partire dalle 19.00, però di solito la voce narrante parla inglese; solo una volta alla settimana c’è il momento dedicato alle altre lingue, francese, tedesco, giapponese, spagnolo e alla domenica, ore 21.00, italiano.

Si forma il gruppetto di italiani davanti all’ingresso, saremo forse 50 persone, poi comincia la musica e le luci illuminano la zona d’ingresso del tempio.

Entriamo invitati dalla guida e dai guardiani incaricati di tenere unito il gruppo e di illuminare un po’ il pavimento davanti ai nostri piedi, ci fermiamo nel cortile colonnato, al centro, fra i primi due grandi piloni.

Una voce comincia a raccontare la storia del tempio attraverso quella dei personaggi storici che hanno contribuito ad edificarlo, poi le voci cambiano così ogni protagonista ne ha una e parla in prima persona, mentre le luci di volta in volta si soffermano sul particolare di cui si sta parlando.

In questo modo si procede per tutto il percorso, attraverso la sala ipostila, gli altri piloni, gli altri cortili fino al lago sacro, sulla sponda del quale si trova uno spazio attrezzato con gradinate e sedili, così ci possiamo accomodare lì a goderci il fresco della sera, mentre la narrazione continua e le luci adesso si riflettono moltiplicandosi sullo specchio dell’acqua.

Insomma, ci siamo passati circa un’ora e mezza piacevolmente, sotto un cielo che è tutto una stella.

In piena estate, dopo il caldo estremo del giorno deve essere anche un momento di particolare ristoro, poter stare un po’ su quell’altura arieggiata a sentirsi raccontare qualcosa…
I testi sono abbastanza curati, l’unico problema deriva dal fatto che seguire un percorso da fuori a dentro, come del resto è sensato che sia, rende un po’ difficoltosa la comprensione della vicenda dell’area sacra nella sua totalità, che sarebbe più facilmente comprensibile e memorizzabile se fosse trattata in ordine cronologico: quando sento parlare di Tolomei, di Ramses il Grande e di Amenhotep III in ordine sparso, riesco a farmi un’idea della successione temporale degli eventi, ma non so se tutti gli altri presenti ricordavano qualcosa del racconto, alla fine.

Mi sarei anche aspettata qualche luce in più, magari dei giochi di fasci colorati un po’ più movimentati, ma in ogni caso è stato molto suggestivo camminare di notte nel tempio; come vi ho già spiegato prima, con il buio ho un rapporto un po’ particolare, è ciò che mi permette finalmente di sognare, attenuando il fulgore dei particolari che brillano sotto il sole del giorno; ho pensato al genio di questo luogo, sacro per i millenni di storia che ha visto; ho immaginato quelle persone che qui hanno passato gran parte della loro vita, chissà se erano talmente succubi della magia che esala, da non chiedersi nemmeno il perché di tale fenomeno, dell’alternarsi annuale di tanto buio e poca luce e di tanta luce e poco buio!

pizia.
00martedì 19 dicembre 2006 19:21
Lunedì 13 Novembre 2006
Un comodo risveglio e una comoda colazione come d’abitudine, almeno finché dipende da noi, poi quattro passi nel parco a curiosare e alle 11.00 appuntamento con l’autista per il trasferimento a bordo della motonave.

Di nuovo mi stupisco per la precisione e la puntualità dei nostri accompagnatori, tutto è perfettamente organizzato e tutto va a meraviglia.

La nave è attraccata alla banchina che scorre continua parallela al lungofiume, qui detto “Corniche”, solo ad un livello più basso; già ieri l’abbiamo vista e l’abbiamo studiata un po’, si chiama Esadora II, è stata varata nell’Aprile 2006 ed è una delle più belle e più nuove che si possono vedere in giro.

Mi è piaciuto subito il suo nome, perché non è banale, pur essendo egizio antico fino all’osso: Aset di Ra, dico bene?
Saliamo e mentre il personale svolge le formalità di imbarco ci offrono del karkadè fresco, evidentemente è una piacevole usanza da queste parti, lo danno a tutti come benvenuto.

Ora facciamo conoscenza col nostro accompagnatore per la crociera, un egiziano cairota di nome Paolo, detto Paolino a causa della sua stazza elefantina.


Continua
pizia.
00martedì 19 dicembre 2006 19:28
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Due chiacchiere per conoscerci, generalità sul programma della navigazione, poi via in cabina per sistemare i bagagli.
Non ho l’abitudine di levare subito tutto dalla valigia, arredando così armadio, comodino, sportelli e cassetti a disposizione, ma preferisco appropriarmi a poco a poco dello spazio, giorno per giorno, tirando fuori a poco a poco la roba, man mano che mi serve, così lascio tutto in valigia e dedico il mio tempo ad esplorare la cabina e la nave.

Siamo a pianterreno diciamo, cioè al piano della reception, verso prua, a sinistra nel senso di marcia della nave.

Apro le tende e vedo davanti a me la banchina, chi sta due piani più su è più fortunato, vede la Corniche, se vi capita dunque, chiedete la cabina al piano più alto, è decisamente più panoramica, a meno che non abbiate la preferenza per il piano basso perché meno sensibile al rollio; in ogni caso la nave è così ferma che sembra di essere con i piedi per terra, è decisamente più ferma dell’aereo!

La camera è confortevole, l’arredamento nuovo, senza pretese, gli spazi ragionevolmente ristretti, la parete di fondo è interamente occupata dalla finestra panoramica, a tutta altezza, per cui aprendo il vetro scorrevole si può stare affacciati alla ringhiera come su un terrazzo; l’acqua è vicina vicina, potrei toccarla e anche la riva si trova a distanza alquanto ridotta, 3 o 4 metri.

Mi stupisco molto di questo, la mia immaginazione non riusciva ad arrivare a tanto: il pescaggio necessario per ottenere la stabilità del mezzo sul fiume è decisamente inferiore a quanto sarebbe necessario sul mare, inoltre qui le condizioni climatiche non influenzano lo stato della superficie dell’acqua, la situazione è quella di un’eterna bonaccia; così la chiglia è molto piatta e anche ben poco profonda, questo permette di accostarsi molto bene alla riva con lo scafo, tanto che potrei raggiungere l’ingresso a piedi, camminando sul fondale perché non so nuotare, issandomi poi a braccia, ma meno male che comunque c’è la passerella.

Le opere portuali consistono solo di una banchina in muratura costruita lungo la sponda est del fiume per qualche chilometro, le navi si posizionano con un lato parallelo alla banchina, la poppa a valle e la prua a monte, come fossero sempre in direzione di risalita della corrente; in prossimità del centro cittadino e cadenzati rispetto alla zona riservata alle motonavi, ci sono dei pontili di legno che si dipartono perpendicolarmente rispetto alla banchina, attorno ai quali approdano e ormeggiano le feluche e le barche a motore riservate al trasporto su breve distanza.

Ma le navi sono tantissime, un numero molto più elevato rispetto alla capacità lineare della banchina, così quando la fila è completa e non c’è più nemmeno un posto vicino a riva, cominciano a disporsi in doppia fila, e poi in tripla fila e così via, fino ad arrivare anche a 7 file.

Così vengono sistemate in modo che l’ingresso di ognuna sia centrato sull’ingresso di quella vicina e per salire e scendere si passa attraverso la hall di tutte quelle che si trovano più vicine all’ormeggio, ma sono talmente vicine e ferme che si passa dall’una all’altra senza bisogno di nulla, solo la prima mette fuori la passerella.
pizia.
00martedì 19 dicembre 2006 19:32
Intanto il Cinghiale guarda la tv, due canali egiziani, due canali spagnoli e quattro italiani, il tutto via satellite, naturalmente si vedono mentre la nave è ferma, quando è in movimento non è possibile, quindi per l’intrattenimento durante la navigazione esiste un canale dedicato, a circuito chiuso, gestito dal maitre della nave, sul quale passa una serie di film in dvd.

Inoltre 24 ore su 24 è attiva la telecamera di prua, che mostra ciò che vede il guidatore davanti a sé!
Passo al bagno: in uno spazio molto ristretto ci sta tutto, anche la vasca di dimensioni discrete (non è di quelle con lo scalino dentro!) che funge anche da doccia con la tenda, il water, il lavandino e naturalmente niente bidet, come nel Regno Unito, e non perché si tratta di uno spazio ristretto, è proprio perché non usa.

Una cosa mi lascia davvero positivamente impressionata, cioè la pulizia della nostra cabina e di tutta la nave, è davvero impeccabile.

Per ora siamo solo in 6 persone imbarcate in mattinata, oltre a noi due, che ci trovavamo già a Luxor, ci sono una coppia di Rimini e due ragazzi piemontesi, arrivati in mattinata dopo aver passato due giorni al Cairo.

Ci troviamo tutti a pranzo, nella sala al piano seminterrato, semi-annacquato, (come si dice?) insomma, è come se fossimo sommersi fino al collo e il resto fuori, infatti le finestre sono alte e rasentano il pelo dell’acqua, al centro della sala c’è un bancone a U per il buffet, ma oggi siamo così pochi che il pranzo ci viene servito al tavolo, e siamo tutti e sei assieme, perché l’ambiente navale è un po’ più spartano del grande albergo, qui non sarebbe possibile mettere un tavolino per stanza con i soli occupanti, da comporre con altri se ci sono più persone in comitiva, qui le tavole sono un po’ più grandi, da 6 posti o più, in questo modo si economizza lo spazio dei percorsi, si rendono più stabili le stesse tavole e la roba che vi si poserà sopra.

Visto che staremo assieme per una settimana, durante le escursioni, i pasti e gran parte del tempo libero, possiamo fare conoscenza subito con i nostri compagni di viaggio e passare qualche momento conviviale; fa piacere parlare un po’ in italiano qui, dove il discorso più comprensibile può essere al massimo in inglese, per il resto è tutto arabo.

Dopo pranzo abbiamo tempo fino alle tre per un riposino, oppure fare qualcos’altro, Paolo naturalmente preferisce stendersi sul letto, io sul ponte sole, il piano più alto della nave, per godermi il caldo, oggi ben più intenso di ieri, forse per l’assenza del vento che invece ieri soffiava come di solito da nord.

Vorrei starmene in ozio tutto il giorno anche per abbronzarmi un po’, prendere un po’ di colore, ma purtroppo ho solo un’ora, infatti comincia subito la parte culturale, al pomeriggio alle 14.30 adunata, visita ai templi.

Ma il cielo è troppo bello, il sole ci gratifica, noi figli della nebbia, imbozzolati per 6 mesi all’anno nel nostro mondo di foschia, è veramente esaltante strappare all’inverno almeno due settimane per far parte di questa mite estate fuori stagione.

Il nostro accompagnatore Paolino ci presenta la nostra guida ai monumenti, un ragazzo cairota di nome Yasser, al quale ci presentiamo anche noi, perché per adesso siamo così pochi che ci chiamiamo tutti per nome, ma da domani, quando il gruppo diventerà più folto non sarà più possibile avere trattamenti personalizzati.

Con il pullman piccolo ci portano al tempio di Karnak; sono le tre del pomeriggio, ma la luce è strana, ha un aspetto eccessivamente decadente, sarà a causa delle giornate corte dell’inverno, sarà per qualche altro motivo che mi sfugge.
Entriamo nel tempio e la nostra guida comincia a spiegare la storia del monumento; già avevo carpito qualcosa dalla romanza della sera precedente, oggi ho fatto un ripasso.

Della prima impressione direi che Yasser è molto preparato e racconta con precisione le vicende storiche; ascolto con interesse perché, confesso, non sono molto pronta sulle questioni nozionistiche, mastico sempre la storia egizia a grandi linee, senza date perché le odio, mi fermo alla dinastia e a volte devo prima leggere un cartiglio anche per dire quella.
Percorriamo gli stessi passaggi fatti durante lo spettacolo di “Suoni e Luci” e, arrivati in fondo, in prossimità del lago sacro la nostra guida ci lascia in libera uscita per le foto e per andare a vedere le cose che ci hanno più colpito, ma ognuno per sé.

“Domande?”, chiede. “Sì!”, rispondo.
Si abituerà alle mie obiezioni.
Chiedo se l’area del tempio di Akhenaton è visitabile, visto che è lì vicino, ma mi risponde di no e me ne dispiace un po’.

Chi sente si incuriosisce e chiede cos’è, ma è solo una distesa di sassi semisepolti e questa è una cosa davvero strana, chissà perché a me interessano dei sassi semisepolti, allora devo rivelare che la mia passione per l’Egitto non si limita al sole e al clima, ma che è fatta soprattutto della sua storia antica, quindi di ogni pietra che porti un segno parlante degli uomini del suo passato grandioso.

A questo punto facciamo anche due conti: siccome alle sette di sera bisogna far ritorno alla nave, anche perché i monumenti chiudono, abbiamo tempo fino alle cinque per girovagare nel tempio di Karnak, così avremo altre due ore per fare altrettanto in quello di Luxor.

A me sembra un tempo irrisorio, in due ore non riesco a guardare nemmeno una stanza, ma mi devo adeguare, altrimenti la mia vacanza dovrebbe durare 15 mesi, non 15 giorni, e gli altri 14 mesi e mezzo chi li paga?

Cerco di non perdere nemmeno un secondo e mi dirigo subito verso la parte più antica dell’area sacra, ormai conoscete tutti questa mia deformazione, la mia mania di cominciare sempre dall’inizio, in termini temporali, e ora posso perdermi in questo spazio primigenio.

In un attimo sono le cinque, per fortuna che sono accompagnata da un familiare che forse ci tiene a riportarmi a casa sana e salva, anche perché non può raccontare poi ai miei genitori che mi ha perduta nel tempio di Karnak alla prima uscita di gruppo.

Il sole sta tramontando, la sensazione è stranissima, le giornate sembrano ancora più corte che da noi, ma se la logica non mi inganna, procedendo verso l’equatore dovrebbero invece diventare un po’ più lunghe, anche se d’inverno non si pareggeranno mai come durante gli equinozi, eppure è già scuro.

Bata mi aveva spiegato anticipatamente questo fenomeno strano, questa notte precoce dell’Egitto invernale, ma il fatto che ti sorprenda proprio nei templi accresce fascino e mistero di questa terra; l’accesso all’area più sacra, allegoria di un cammino iniziatico, avviene sempre, manifestatamene ancora adesso, con una progressione dalla luce assoluta ed abbagliante del giorno esterno, verso il buio della stanza più sacra, attraverso elementi architettonici sempre più chiudenti e gradazioni di ombre sempre più profonde, percorso che sorprende proprio per la forma tangibile e reale che prende grazie al volgere della giornata.

E come ogni tramonto sul Nilo ora il paesaggio è di una bellezza che lascia senza fiato, d’altra parte non conosco parole italiane abbastanza convincenti da descrivere anche solo pallidamente lo spettacolo di magnificenza a cui ogni sera si assiste, forse in lingua egizia, forse in geroglifico, ma in altre lingue non credo.

Forse vi dirò ogni sera le stesse cose…


Pochi minuti ed eccoci arrivati al tempio di Luxor, ormai è il crepuscolo, il cielo è sempre una meraviglia da contemplare mentre trascolora, a destra del primo pilone, con le sue statue di Ramses il cielo è diventato rosa intenso, mentre dalla parte opposta è già blu scurissimo, di là la notte avvolge tutto e fra un po’ avvolgerà anche noi, ma non c’è tempo per pensare, la nostra guida già ci parla di storia passata, mentre entriamo dal cancello lato Nilo.

Grazie ad una illuminazione artificiale adeguata si può visitare il monumento anche di sera, infatti c’è una folla discreta, piuttosto eterogenea e la gente continua ad entrare nella zona archeologica; man mano che si procede attraverso le sale, un po’ più piccole di quelle già viste, l’ambiente si fa sempre più stretto: per entrare nel sancta santorum e in una piccola chiesa ricavata in una stanza bisogna spingersi fra i giapponesini!

Come ho già potuto osservare ieri sera, la visita del tempio in nocturna temporibus è molto suggestiva, ma non ideale per la comprensione dell’arte e dell’architettura; le foto verranno molto particolari, ma poco utili per studiarvi sopra una volta tornati a casa.

Stavolta la visita è un po’ sofferta, la guida si ferma per parlarci nei punti canonici, in cui quasi tutte le guide dalle mille lingue si fermano, attende la riunione del gruppo, comincia ad urlare delle spiegazioni, ma questa non è vita, presto ci scoraggiamo e otteniamo la via libera, così comincio a spiegare io a Paolo, che mi dice “siiì” ogni 40 secondi ma credo che pensi a tutt’altro, forse alla cena…

Alle sette appuntamento fuori, davanti al pilone d’ingresso, usciamo tutti un po’ prima per fare una passeggiata lungo il viale delle sfingi, con il pullman che ci aspetta già all’uscita lato città per riportarci alla base.

Serata semplice ma veloce, per cena il buffet imbandito e in sala tutti gli ospiti, che a scaglioni hanno raggiunto la nave durante la giornata, alcuni provenienti da un breve soggiorno al Cairo, altri direttamente dall’Italia, tutti pronti in ogni caso per la partenza vera e propria, domani mattina, alle 5, quindi a letto presto.

[Modificato da pizia. 13/03/2007 10.58]

Maat Ka Ra
00venerdì 5 gennaio 2007 23:13
Mah....è poi? [SM=x822741] ..vorrai mica fermarti qui??? e io?? [SM=x822720]
pizia.
00domenica 7 gennaio 2007 19:26
Eh, cara, Kara', [SM=x822708] è noioso da matti ripassare le proprie parole e cercare di scivere in italiano comprensibile appunti buttati quà e là, nastri registrati, ricordi, disegni abbozzati, [SM=x822738] ho intenzione di fare un lavoro grandioso, hai visto la descrizione del museo di Luxor?
Ma rendere il tutto presentabile è laborioso e ogni tanto mi piace fare qualche disgressione...
pizia.
00venerdì 12 gennaio 2007 20:53
Martedì 14 Novembre 2006
Credevamo noi di partire a bordo del bastimento come fanno vedere nei film!

Alle 4.30 suona la sveglia politica, tutti in piedi, sala colazioni già pronta, un’ora per mangiare e prepararsi e alle 5.30 partenza in pullman per la Valle dei Re, non ci hanno fatto nemmeno attraversare il Nilo a bordo della nave, giù tutti e quella parte da sola. [SM=x822739]

Ci hanno spiegato che le navi devono partire presto per arrivare prima possibile alla chiusa di Esna, dove si mettono in fila e attendono ognuna il proprio turno, perché non esiste alcuna forma di prenotazione del servizio di risalita; se noi dormissimo tranquillamente fino ad un’ora ragionevole ci sveglieremmo ad Esna e non potremmo più visitare tutto quanto è nel programma a Tebe ovest, perciò questa escursione la facciamo in pullman, e sempre su ruote raggiungeremo poi la nave già ad Esna, e già sul livello superiore.

Qualche conto non mi torna, ci alziamo e fuori è già l’aurora, lasciamo la nave e il cielo è chiaro, non siamo ancora alla Valle dei Re che è l’alba…

Nelle campagne i contadini sono al lavoro, le donne entrano ed escono dalle case, i bambini giocano negli spazi terrosi fra le costruzioni e il fiume, ci vedono, ci salutano.

Ma cosa fanno tutti svegli a quest’ora? Io non connetto, mi trascino, mi sforzo per non chiudere gli occhi su tutto ciò che avrei da vedere, ma l’umore è nero.

Pazienza, si fa di questo e d’altro. [SM=x822745]

Eppure non siamo da soli, la Valle è già aperta e popolata di turisti, noi scendiamo e saremmo già tutti pronti forniti di biglietti, se non fosse che la solita guastafeste ferma il gruppo perché deve procurarsi il biglietto supplementare per entrare nella tomba di Tut, da acquistare all’ingresso, non c’è che dire il gruppo mi aspetta con pazienza, ma non so quanto durerà!

Comunque qualcuno era curioso e mi ha chiesto se valeva la pena di entrare, ma io ho risposto che non è nulla di speciale, due piccole camere con un sarcofago e un morto (vero) dentro, roba per amatori.

Ci tengo a riferirvi che tutti i biglietti d’ingresso erano già pronti nelle mani del nostro accompagnatore e che erano tutti pagati, un bel risparmio di tempo!

Naturalmente niente foto o filmati nelle tombe, [SM=x822706] inoltre siamo avvisati per tempo dalla guida che nella zona archeologica della Valle dei Re non si può filmare, così, anche se è anche macchina fotografica, lasciamo direttamente sul pullman la videocamera, sbagliando di grosso, perché, ce ne siamo resi conto dopo, a questa regola vengono fatte parecchie eccezioni!

La zona d’ingresso con la biglietteria si trova proprio all’imbocco della Valle, ma le tombe che ci portano a vedere sono nel cuore della zona archeologica, così per raggiungerla saliamo su un trenino simile a quelli dei Luna Parck; ne avrei fatto volentieri a meno, avrei preferito piuttosto camminare calcando la sabbia di questo percorso sacro, immaginando i cortei funebri entrare e uscire dalle gole, giungendo a scorgere gradualmente Merseger dalla punta piramidale, ma questa è un’altra cosa alla quale mi sono dovuta adeguare per restare nel gruppo. [SM=x822734]

Inoltre le guide non possono entrare nelle tombe e negli spazi chiusi dei templi a dare spiegazioni, così stanno fuori, fanno un discorso introduttivo e poi indicano al gruppo l’ingresso, aspettando fuori, quindi attendono che tutti abbiano compiuto la loro visita e intanto rispondono a domande e obiezioni su quanto visto; ecco, io la seconda parte me la sono sempre persa, perché indovinate un po’ chi era sempre l’ultima della comitiva ad attardarsi nelle tombe?

Ho persino trovato un ritaglio di tempo per andare a curiosare ciò che si vede della KV55, (croce e delizia!), ho fotografato l’ingresso, quella scalinata leggendaria e nient’altro perché non è aperta, evidentemente la si ritiene poco interessante per il pubblico.

Non credo che dentro ci sia ancora qualcosa, come non credo nemmeno che possa rovinarsi se percorsa dai turisti giornalmente, forse non sarebbe nemmeno frequentata, mi è dispiaciuto molto non poterla vedere.

L’ingresso è chiuso da un cancello a sbarre di ferro, la scalinata discendente circondata da un muretto altezza parapetto, ma la sorveglianza è tale che non si può tentare un avvicinamento ulteriore, meglio non cercare guai.
[SM=x822746]
pizia.
00venerdì 12 gennaio 2007 21:17
continua
Tombe visitate quelle di Ramses primo, terzo e quarto.

Siccome non ne ho mai vista nemmeno una per risparmiare tempo seguo il gruppo, tranne per il fatto che dopo queste ho in programma la KV62, la tomba di Tut.

Scendiamo.
Dentro non c’è nulla, è tutta spoglia, uno spazio davvero minuscolo, si stenta a credere che potesse aver contenuto tutte le cose meravigliose che conosciamo dagli elenchi e dalle foto sui libri.

Questa però anche adesso è una tomba vera, , mentre tutte le altre sono state svuotate e da tempi molto antichi, anzi, possiamo dire che sono state piene per breve tempo, quella di Tut contiene ancora la sua reliquia più sacra, il corpo del sovrano chiuso in quel luccicante sarcofago di legno dorato, tutto lustrato per brillare come solo la carne del dio, custodito nella teca originale di pietra che era il terzo sarcofago, ora rimodernato con un coperchio di vetro.

Il dipinto sulla parete, quello famosissimo, in cui si vede Ay che celebra per il re defunto il rito dell’apertura della bocca, ha un vivace fondo giallo che richiama i riflessi dell’oro, ma guardandolo da vicino si possono vedere le numerose macchie tonde grandi poco più di un paio di millimetri, segno dell’aggressione da parte di quelle muffe di Aspergillus Niger responsabile di aver alimentato in tempi recenti le dicerie sulla maledizione di Tutankhamon.

Ma per il rispetto che porto, mi sono guardata bene dal toccare e tanto più dal grattare la parete di tale opera d’arte sacra, ho cercato anche di respirare il meno possibile.

Che dire di più?
L’esperienza era imperdibile, anche perché può darsi che la prossima volta, al mio ritorno nella Valle troverò la KV62 chiusa al pubblico.

Peccato che il tempo sia sempre tiranno, ma già la fuori si domandano chi è quella che fa sempre l’ultima e quando è ora di andare non si trova mai, per fortuna Yasser e Paolino hanno già inquadrato il tipo e intrattengono gli altri raccontando ancora qualcosa.

A metà della scala il Cinghiale mi richiama al rispetto delle regole, mentre il custode ci trattiene ancora un attimo per scattarci una foto assieme in cambio di una mancia, con la mia fotocamera che si era tenuto in ostaggio, ma è un po’ capricciosa, peccato, non rimane nulla.

Dunque in marcia per la prossima tappa, il tempio di Hatshepsut.
Durante il trasferimento vedo varie cose molto interessanti, fra le quali il villaggio sorto presso Dra Abu el-Naga, il Ramesseum, il tempio di Sethi I, il villaggio degli operai di Deir el-Medina, la zona delle tombe dei nobili, ecc., vorrei gridare ogni 500 m. “Autista, fermaaaa!”, ma so che sarebbe inutile, non si può e forse non mi capirebbe nemmeno.

Per questa volta va così…
pizia.
00venerdì 12 gennaio 2007 21:20
continua
Anche al tempio di Hatshepsut prendiamo il trenino dal parcheggio per raggiungere la base della prima rampa e in gruppo saliamo sulla prima terrazza per la spiegazione.

Finora ho avuto una buona impressione della guida, ma dopo questa mi fa passare tutti i sentimenti: un racconto tipo telenovela della vicenda famigliare che portò la regina Hatshepsut sul trono, fino all’insediamento definitivo di Thutmosi III.

Il racconto è stato dato come cosa certa, mentre questo è uno degli argomenti che fa versare ancora fiumi d’inchiostro perché di certo c’è davvero poco, soprattutto il rapporto fra la regina e il suo figliastro.

Ecco come la gente si fa una cattiva immagine dell’Egitto antico e crede a leggende invece che alle cose serie; forse rischieremo di lasciare un po’ l’amaro in bocca al turista medio, ma credo vada spiegato bene il margine di incertezza dentro al quale lavora l’archeologo e lo storiografo di un periodo così lontano, i problemi relativi alle interpretazioni di certi segni; invece di perdere tempo nel pettegolezzo sarebbe meglio cercare di far capire l’uomo egizio, com’era, come pensava e come viveva.

Lascio perdere, non mi va di cominciare discussioni che potrebbero essere fraintese, in fondo penso, la storia d’Egitto interessa veramente poco ai miei compagni di viaggio, tanto poco che va bene così.

Qui il tempio è descritto molto meglio di quanto potrei fare io, nel secondo messaggio di Bata.

Tempio di Hatshepsut

Mi dedico alla visita libera dell’area del tempio, cercando di carpire più immagini possibile, ma ovviamente non riesco a vedere tutto e a trovare le cose che cerco; ormai è tutto pieno di turisti e folti gruppi si accalcano per tempi che mi sembrano interminabili davanti ai punti privilegiati che guarda caso sono anche quelli che vorrei fotografare io, ma non riesco ad andare più vicino, non riesco a fotografare, non posso farli spostare tutti a suon di “permesso!”, e anche se dico “pardon!” o “please!” capiscono tutti lo stesso che sono italiana e mi guardano male.

In effetti non è un comportamento molto educato infilarsi in mezzo ad un gruppo che ascolta con grande interesse la sua guida che spiega per filo e per segno tutte le scene che appaiono su una parete, ma molto in alto, così che tutti sono lì col naso in su e la bocca aperta e ogni volta distrarre qualcuno e farlo spostare, ma oltretutto è anche inutile se non si è abbastanza alti da poter fotografare sopra le teste degli altri, a me in particolare riesce solo se il gruppo è di giapponesi!

L’appuntamento è alle nove all’uscita, devo almeno fare un giro dappertutto, lancio un’occhiata al tempio vicino, quello di Mentuhotep e fra me dico: “…non scappare, tornerò!”.

Adesso ci dirigiamo verso la Valle delle Regine, nella quale visiteremo la tomba di Khaemwaset, figlio di Ramses III.
Si passa davanti all’edificio che sta vicino all’ingresso della tomba di Nefertari, chiusa.

Attendiamo un po’ di tempo per far uscire un gruppetto che è ancora dentro, anche se il sole è molto gradevole e per niente fastidioso in questa stagione, ci sediamo sotto a quella tettoia che è l’unico posto all’ombra nei dintorni, se escludiamo i buchi nel terreno.

E di buchi nel terreno c’è pieno vicino a questa tomba, in particolare, salendo, sul lato sinistro del sentiero: alcuni sono rifiniti anche con parti in muratura a secco, altri chiusi da un cancello fin dove si vede, e dietro il buio.

Qualcuno chiede alla guida cosa sono e viene spiegato che a causa della friabilità della roccia della Valle spesso si doveva abbandonare lo scavo di una tomba per crolli o per l’impossibilità di proseguire, così si smetteva di scavare da una parte e si cominciava da un’altra.

Viene il nostro turno per entrare e andiamo tutti; dentro a questa tomba, come in altre ma non in tutte, ci sono dei vetri che proteggono i muri dipinti; questa è una buona soluzione.

Anche se non servirà a nulla per preservare le pitture dall’umidità portata dalle persone per traspirazione, soprattutto in estate, almeno tengono la folla a distanza; infatti se questa è una bassa stagione e siamo già così tanti, non posso pensare che calca si può trovare qui in alta stagione e, si sa, nell’affollamento ci si spinge, con borse, zaini, bottigliette d’acqua e quant’altro, rischiando ogni momento di scontrare i muri.

E quando il turista medio vuole entrare, non bada tanto per il sottile, non si lascia intimidire dal contatto fisico, anzi, carica ancor di più per la paura che qualcuno gli passi avanti; inoltre egli vuole vedere il fondo e quindi mira dritto là, senza badare a tutto ciò che si trova sulla sua strada, lo scopo del gioco è arrivare in fondo, giro di boa, risalire in superficie, “Primo!”.

Lungo la strada in discesa però ci sono degli ostacoli, cioè persone come la sottoscritta in ginocchio, immobili che osservano chissà cosa lungo questo corridoio, che guarda caso generalmente è dipinto e iscritto, povera me, quanti calci ho preso!

All’ingresso, dove mi strappano un pezzo di biglietto in segno di “visita effettuata”, c’è anche un egiziano che porge a ciascuno un pezzo di cartone, istintivamente lo prendo, ma poi lo guardo e non capisco: è proprio un pezzo di cartone, più o meno rettangolare, strappato a mano, senza alcuna scritta, né altro… non capisco, ma poi vedo qualcuno che lo usa per farsi aria mentre si addentra nelle camere della tomba.

A me non serve, non patisco, per ora, anzi, me ne dimentico proprio mentre guardo le pitture dai colori vivissimi che decorano le pareti, ma al momento di uscire, siccome lo tenevo in mano incurante l’egiziano sull’ingresso mi dice qualcosa e me lo strappa di mano, imprecando ancora al mio indirizzo perché non gli do una mancia.

Che ci posso fare se fin troppo prodiga ho già distribuito tutta la moneta di taglio adatto?

Ora siete avvisati, se non volete procurarvi maledizioni o un ulteriore esborso, tenete le mani ben ferme davanti agli ingressi affollati, perché questo è il modo in cui qualcuno si procura un piccolo extra a vostre spese. A meno che non abbiate bisogno del servizio, allora approfittate!

Tornando indietro manifesto alla guida Yasser il mio disappunto per la sua spiegazione al tempio di Hatshepsut, ma lui mi dice che le versioni della storia sono tante, lui ha studiato su un libro, io ho studiato su un altro, lui ritiene più giusto il suo, io ritengo più giusto il mio e tanto basta; però aggiungo che forse sarebbe stato meglio mettere tutti al corrente anche di questa cosa, cioè dell’esistenza di più libri, ma il discorso sembra ormai aver preso una piega quasi religiosa e allora lascio perdere.

[Modificato da pizia. 12/01/2007 21.24]

pizia.
00venerdì 12 gennaio 2007 22:57
continua
Dobbiamo andare a vedere i Colossi di Memnone, velocemente, perché alle 11.00 c’è la partenza della carovana per Esna e non possiamo perderla, altrimenti restiamo senza pranzo, così facciamo una breve tappa, riesco a vedere i resti del tempio di Amenhotep III dall’alto, attraverso il finestrino del pullman, ma è questione di un attimo, eccoci sbarcati davanti alle enormi statue del re.

Quando penso ai Colossi mi viene sempre in mente una considerazione di Ciryl Aldred, che mi colpì molto a suo tempo e me lo rese simpatico.
Mentre raccontava come durante il regno di questo re la statuaria prese una tendenza al monumentale senza precedenti nella storia egizia, sviluppata poi durante il regno del suo successore Akhenaton, senza provare a darne una spiegazione, aprì il campo all’interdisciplinarità, affermando che stabilire se questa ricerca delle massime dimensioni fosse un prodotto della mente del re o dei suoi artisti dovesse essere materia d’indagine degli psicoanalisti.

Chissà quante cose si potrebbero scoprire se ci fosse collaborazione fra studiosi di archeologia e di altre scienze!

Ecco, alle 11.00 siamo puntuali per la partenza della carovana.
Questa è una difficoltà notevole, di cui nessuno parla, o lo fa in modo vago, invece secondo me è una cosa importantissima, soprattutto per chi è abituato al “fai da te” e mal si adegua ai viaggi organizzati da altri.

In Egitto i turisti non possono andare in giro da soli per le strade, tranne alcuni ambiti piuttosto ristretti, cioè le aree archeologiche attorno alle principali città (Il Cairo, Luxor, Alessandria, Assuan) e i vari siti archeologici aperti al pubblico.

Ciò vuol dire che chi oltrepassa i posti di blocco situati agli estremi delle città, lo fa a suo rischio e pericolo, sempre che glielo lascino fare.

Durante la giornata, ad orari prestabiliti, parte una carovana, cioè una serie di convogli scortati dalla polizia turistica; l’accesso è gratuito, tutti possono aggiungersi, basta trovarsi, un po’ prima dell’orario stabilito, in una via designata a questo scopo, per mettersi in fila, tutti girati nello stesso verso e dare i dati richiesti alla polizia.

Ad esempio alle 8.00 e alle 11.00 parte da Luxor il convoglio per Assuan, che noi utilizziamo per andare solo fino a Esna.

Il viaggio dura circa un’ora, la nostra nave ci attende ormeggiata alla banchina già oltre la chiusa di Esna, peccato, così non potremo assistere alla risalita! Per tutta quest’ora il nostro accompagnatore Paolino ci parla del paese, delle usanze, di quelle cose che dobbiamo sapere per stare al meglio durante la nostra vacanza, un po’ di programma per i giorni seguenti, ecc.

Ma non è finita così, siccome arriviamo a mezzogiorno e il pranzo è previsto per l’una, andiamo ancora a vedere il tempio di Esna.
pizia.
00venerdì 12 gennaio 2007 22:59
continua
Dal lungofiume, proprio davanti al “parcheggio” dove si trova la nave, entriamo in una strada, naturalmente attrezzata di negozi da un lato e dall’altro e visto che ce l’abbiamo scritto in faccia: “turisti”, i venditori si danno da fare per cercare di attirare la nostra attenzione e cercare di far comprare qualcosa a qualcuno.

Ma hanno poco successo, vista l’ora di pranzo e la stanchezza che ci affligge tutti.

Camminiamo circa 200 m. e arriviamo in uno slargo, il tempio emerge per pochi metri col soffitto perché con i secoli il terreno attorno si è alzato, come in molte altre località: un po’ a causa del deserto che avanza, un po’ per il crollo e successiva riedificazione di costruzioni in mattoni crudi di fango senza ripulire le aree urbane dalle macerie, gli spazi urbani spesso risultano più alti rispetto ai terreni circostanti, assumendo vero e proprio aspetto di colline, dette “tell”.

Il tempio costruito molto vicino alla riva del Nilo, ha subito nei secoli l’assalto della città cresciuta sempre più vicino, e in tempi recenti anche sopra, in questo caso è stato svuotato per renderlo accessibile, e attorno è stata creata una cinta muraria di sostegno, così per visitarlo bisogna scendere in una specie di vasca, tramite una scala lunga e stretta, addossata alla parete, dall’aspetto poco rassicurante; sarà una mia mania, ma scendo molto lentamente in modo che la zona davanti a me non sia piena di persone, ma tenda a svuotarsi, per diminuire la densità di peso su essa.

Purtroppo rimane poco dell’edificio, solo la sala ipostila, la maggior parte è tutt’ora sepolta sotto la città, sempre se esiste ancora…

Per forza di cose la visita dura poco, un’ora in tutto, andata e ritorno a piedi comprese.

Ci imbarchiamo che è già ora di pranzo, ci accolgono con un bicchiere di limonata e una salvietta umida di acqua profumata, usanza molto piacevole che ricorre un po’ dappertutto; credo che serva per levarsi un po’ di polvere e di sudore dalla faccia, anche se in questa stagione fortunatamente non siamo afflitti né dall’una né dall’altra.

Consideriamo anche che non ci possiamo fermare molto tempo in cabina, pena arrivare ultimi al buffet e non si sa come va a finire.

Programma per il pomeriggio: partenza alle 14.00 in navigazione, per Edfu, arrivo previsto alle ore 19.00, durante il viaggio, alle ore 16.30 sarà servito il thè sul ponte sole, il più alto, sotto la tettoia dotata di bar.

Peccato non poterne approfittare, data la levataccia del mattino, appena finito di pranzare me ne vado in cabina a dormire, so che è un delitto non potersi godere la navigazione, è un vero spettacolo… il pensiero non mi lascia dormire…
resisto fino alle 16.30, rigirandomi un po’ nel sonno agitato, poi vado sul ponte a prendere il thè e a vedere quanto sole è rimasto.

Il Cinghiale rimane ad oltranza sprofondato sotto il piumone, pover’uomo, quante ne deve passare per andare dietro a questa donna cervellotica dalle manie strane!

Siamo al tramonto ormai, alle ore 16.57 il sole è scomparso sotto l’orizzonte lievemente mosso delle colline desertiche, lontane, molto lontane dalla riva.

La velocità non è il nostro punto forte, forse riusciamo a toccare i 40 km/h, ma ne dubito molto, altrimenti il vento non sarebbe così piacevole e fresco, come in questa serata di autunno inoltrato viaggiando verso il Tropico del Cancro.

Lungo il fiume incontriamo decine di navi come la nostra, alcune vanno nella nostra stessa direzione, le sorpassiamo, siamo leggermente più veloci, forse perché il nostro mezzo è nuovo varato da pochi mesi (Aprile 2006).

Altre stanno scendendo aiutate dalla corrente e si avviano verso la chiusa di Esna, per passare entro notte.

Le motonavi non possono viaggiare di notte, ma non so perché, forse per non disturbare la vita dei locali pescatori che potrebbero correre seri rischi col buio; forse anche le motonavi navigano a vista e con le carte, ma non si appoggiano a strutture portuali, che secondo me non esistono, non so nemmeno quali strumenti abbiano a bordo, perciò dalle 19 circa fino alle 4.30 non è possibile muoversi.

Se non mi venissero a prendere starei lì tutta la notte, ma fra un po’ si cena quindi è meglio scendere, inoltre mi prendo una bella lavata di capo da parte del Cinghiale che viene a cercarmi e mi trova seduta al buio su una sdraio, vestita come nel pomeriggio, camicetta a maniche corte, gonna leggera, ciabatte da spiaggia, senza calze, senza giacca o maglione… ma non potevo perdere tempo a scendere in cabina per cambiarmi mentre il paesaggio fuori sfilava via.
[SM=x822719]
Non voglio perdere nemmeno uno di questi tramonti sul Nilo.
pizia.
00mercoledì 22 agosto 2007 13:27

Tutto come previsto, verso le 19 arriviamo a Edfu, in tempo per la cena.
L’animazione di bordo prevede anche serate di intrattenimento in discoteca, durante le quali si parla un po’ del programma per l’indomani, gli accompagnatori rispondono alle domande degli ospiti, poi musica, balli o brevi spettacoli.

Certo non volontariamente ci comportiamo un po’ da associali e come ieri sera anche oggi non partecipiamo alla riunione proposta dallo staff, ma stavolta col nostro gruppetto decidiamo di andare a fare una passeggiata per Edfu.

Paolino decide di accompagnarci (forse perché teme guai per noi?), così usciamo.
Edfu è una città abbastanza grande, cresciuta attorno a questo traffico di turisti fra il Nilo e il tempio, ha una sua Corniche sulla quale passeggiare ovviamente costeggiata di negozi e locali, tutti aperti anche di sera, come si direbbe da noi, orario continuato.

Non so dire come si regolano le crociere delle altre compagnie, ma credo ci sia una certa alternanza dovuta al fatto che l’affaccio è piuttosto breve, non certo paragonabile a quello di Luxor, quindi le navi attraccabili sono molte meno che lì; in ogni caso questa è una tappa sicura di ogni viaggiatore, lo si capisce da come la popolazione attende i turisti.

Camminiamo fino al posto di blocco che delimita a sud la zona frequentabile liberamente dai turisti, poi ci fermiamo; da lì in poi è tutto diverso, non ci sono più botteghe, non si vedono altri turisti e c’è anche poca gente locale, la luce cala, il marciapiede, il muretto, il parapetto e tutti gli altri elementi architettonici cambiano aspetto, diventano meno addomesticati.

Si capisce che dì là è off-limits, forse nessuno ci direbbe niente anche se proseguissimo oltre, o forse sì, però si capisce che sarebbe a nostro rischio e pericolo, così torniamo indietro, alcuni rientrano alla nave, altri vanno in un caffè di fronte all’attracco a bere qualcosa di produzione locale.

Noi siamo tra quelli che se ne vanno in cabina, non per mancanza di spirito di gruppo, ma un po’ per stanchezza, (la giornata è iniziata presto stamattina!), un po’ per trovare qualche momento da dedicare alle mie memorie, altrimenti potrebbero andare perdute.

Ho bisogno di questo spazio da dedicare allo studio del programma dell’indomani, onde arrivare dotata almeno di qualche nozione sui monumenti da vedere; per questo scopo va benissimo il manuale sull’Egitto che Turisanda ci ha fornito prima della partenza, mi sembra ben fatto ed esauriente.

Ma ho anche bisogno di scrivere qualcosa o dettare al registratore per portare a casa quante più impressioni possibile da condividere con voi.

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