Champollion: intramontabile fascino dell'Egitto al San Giorgio
La Spezia, 10 novembre 2010 - La storia di una delle scoperte più importanti della cultura universale, la decifrazione dei geroglifici, dovuta all’intuizione di Jean-François Champollion raccontata attraverso un affascinante viaggio attraverso l’Italia e l’Egitto. Si intitola 'Sulle tracce di Champollion: archeologia, sguardi ed esperienze nella Valle del Nilo' la mostra iniziata al castello San Giorgio di La Spezia il suo cammino che la porterà anche a Firenze e infine, dopo aver toccato altre città italiane, a Il Cairo.
Curata dal Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta «J.F. Champollion» e dall’Academia Aegiptica sarà visitabile al La Spezia fino al 6 febbraio, e dal primo aprile al 29 maggio a Firenze nella sede Egizia del Museo Archeologico, Palazzo della Crocetta, diretto da Maria Cristina Guidotti. Grazie alle lettere che i due fratelli Champollion, Jean Jaques e il più famoso Jean-François, decifratore dei geroglifici, si sono scambiati tra il 1827 e il 1829, negli anni del viaggio intrapreso da Champollion in Egitto per conto della missione archeologica franco-toscana finanziata per 18 mesi dal Granduca di Toscana Leopoldo II e dal re di Francia Carlo X con 50.000 franchi, molto sappiamo delle fatiche, delle privazioni ma anche dell’emozione che i partecipanti a questa missione, in primis Champollion e i toscani Rosellini e Ricci provarono nel visitare i siti archeologici di Luxor, Karnak, Abu Simbel, quasi completamente ricoperti di sabbia e pericolosi da raggiungere. Questi viaggi, che li misero di fronte a pericoli di ogni genere e ad enormi privazioni, e che li portarono a trovare rifugio nelle tombe della Valle dei Re a Tebe, furono fondamentali non solo per perfezionare la decifrazione dei geroglifici da parte di Champollion ma anche per cominciare a far luce sulla storia dell’antico Egitto.
La mostra si snoda attraverso interessanti pannelli esplicativi quasi sempre corredati dalle belle immagini del pittore David Roberts e del disegnatore francese Linant de Bellefonds che raffigurarono l’Egitto così come si mostrava ai primi viaggiatori e archeologi nell’Ottocento. Le prossime tappe italiane, specialmente Firenze, Torino sono significative perché si legano a città simbolo dell’impegno di Champollion e ricordano i suoi viaggi a Firenze, nel 1825, per studiare la collezione egizia del Granduca Leopoldo II e a Torino per acquistare reperti egiziani per l’allestimento del Museo del Louvre e vedere la collezione del console Bernardino Drovetti.
Fu proprio grazie all’amore per l’Egitto del Granduca di Toscana che Champollion, insieme al pisano Ippolito Rosellini, professore di lingue orientali dell’Università di Pisa e al senese Alessandro Ricci medico, disegnatore ed esploratore (fecero parte della spedizione anche Giuseppe Angelelli, Nestor L’Hote, Salvatore Cherubini, Alexandre Duchesne, Albert Bertin, Pierre Lehoux, Charles Lenormant, Antoine Bibent,Giuseppe Raddi, Gaetano Galastri e Gaetano Rosellini poterono realizzare quella spedizione che aprì la strada ai primi seri studi di egittologia.
A Champollion e ai due toscani Ricci e Rosellini si deve dunque in gran parte l’inizio dello studio dell’egittologia. Ma non è da dimenticare anche lo zio di Ippolito Rosellini, Gaetano, che, fortemente interessato ai problemi umanitari condusse con sé a Firenze una ragazzina nubiana, acquistata presso un mercato di schiavi al fine di liberarla. La ragazza, ribattezzata dal medesimo Nadezhda, ovvero Speranza, ed attualmente sepolta nel cimitero degli Inglesi di Firenze.
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