Un gruppo di archeologi e ricercatori egiziani sostiene di aver trovato monete egizie risalenti all'epoca in cui il Giuseppe biblico visse in Egitto, ovvero risalenti alla III dinastia. Qualora la scoperta si rivelasse attendibile, bisognerebbe innanzitutto rivedere l'attuale convinzione che a quell'epoca e per molto tempo a seguire gli antichi Egizi utilizzassero il baratto per i loro commerci.
I reperti in questione si trovavano già al Museo Egizio del Cairo, ma erano classificati come amuleti e monili. Un esame più approfondito ha però rilevato che gli stessi riportano l'indicazione dell'anno in cui sarebbero stati "coniati" e quella del loro valore, insieme con rappresentazioni del sovrano in carica. Una di queste mostrerebbe il ritratto di Giuseppe e il suo nome, identificandolo come Ministro dl Tesoro alla corte del Re. Un'altra è adornata con i riferimenti del sogno profetico delle sette vacche grasse e sette vacche magre.
Un riscontro del fatto che a quel tempo fossero in uso monete lo si trova nel Corano.
Il team che ha reso pubblica la notizia, capeggiato dal dott. Sa'id Muhammad Thabet, è da alcuni anni impegnato nella ricerca di elementi relativi alla vita del Profeta Giuseppe. Per il team trovarsi al cospetto di oggetti di questo tipo non sarebbe la prima volta. Il dr. Thabet riferisce, infatti, che in molte altre circostanze sarebbero state rinvenute monete conservate nei sarcofagi riservati a Sovrani, dove le stesse avrebbero effettivamente assunto significato di amuleto o ornamento. Quanto finora è stato ritenuto avesse unico e mero valore simbolico, in realtà potrebbe celare un precedente utilizzo di diversa natura.
Il team, oltre a quanto già specificato, si basa per le sue affermazioni su documenti appartenenti alla III dinastia, documenti che riferiscono l'esistenza del
deben il cui peso, e quindi il rispettivo valore, oscillava tra uno e quattro grammi di oro. Riferimenti al
deben si riscontrano, ad esempio, in una lettera scritta da un uomo che si chiamava Thot-Nehet, un ispettore Reale. Nella stessa egli si rivolge a suo figlio, al quale riferisce dell'affitto di alcuni terreni corrisposto in monete-
deben e prodotti agricoli.
Altri documenti, risalenti alla III, VI e XII Dinastia riferiscono di una moneta chiamata
shati o
sat, di valore equivalente al
deben. E' nota anche una rappresentazione che mostra una vendita in un mercato Egizio. La trattativa è condotta tramite il baratto, ma è chiaramente visibile un venditore che tende la mano in attesa che il comparatore vi porga un
deben in cambio della sua merce.
Gli oggetti rinvenuti al Museo, e ritenuti monete, hanno forma rotonda o ovale, molti presenterebbero foggia di scarabeo, e hanno due facce: una con un'iscrizione e l'altra che reca un'immagine, esattamente come le monete utilizzate ai giorni nostri. Il lato che presenta l'iscrizione riporta il nome "Egitto", una data e il valore, quello relativo all'immagine riporta nome e volto di un sovrano o di una divinità, o un simbolo ad essi connesso. Le monete sono di diverse dimensioni e di diversi materiali, tra i quali avorio, pietre preziose, rame, argento, oro, etc.
Ne sono stati trovati, soltanto al Museo, circa 500 esemplari. Molti di questi recano un foro al centro, ragion per cui è stato facile ipotizzare che si trattasse di monili. Il dott. Thabet tuttavia afferma che potesse servire a portare le monete al collo o alla vita, per maggior sicurezza.
La notizia è stata pubblicata sul Al-Ahram weekly del 22/09/09.
[Modificato da -Kiya- 29/09/2009 18:00]