Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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La frazione mancante nell'occhio di Horus

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2008 15:11
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di ATON
Thiatj

- ḥtm mr r ry.t '3.t
wts rn n ՚ḫ n itn,
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07/12/2007 23:56
 
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Uno dei miti egizi che più amo narra che "Seth, il dio del male, aveva strappato a Horus l'occhio sinistro e glielo aveva ridotto in pezzi, ma Thot riuscì a ricomporlo".

L'occhio di Horus fu impiegato dagli Egizi per rappresentare le frazioni, come si evince dal disegno proposto.
La sommatoria delle parti fra loro offre come risultato altre frazioni, ad esempio 3/4 corrisponde alla parte dell'occhio che mostra metà più un quarto. Ma non è possibile ottenerle tutte (ad esempio non si può ottenere 1/3).
Per avere l'intero, ossia l'unità, secondo logica, bisogna considerare tutto l'occhio, eppure... se si procede alla somma di tutte le frazioni presenti, il risultato ottenuto non corrisponderà alle aspettative. Esso infatti è di 63/64.
La spiegazione che proviene da fonte originale recita che l'1/64 effettivamente mancante sarebbe comparso grazie a una magia di Thot, il quale lo avrebbe concesso a chi si sarebbe posto sotto la sua protezione.


Conoscendo la perfezione egizia tutto ciò appare anomalo, o forse no. In fondo non è certo questo l'unico mistero giunto fino a noi. Ma certo non è possibile giustificarlo con una blanda approssimazione o, addirittura, un errore di calcolo. Certamente quel 64° ha un suo preciso significato...

Inevitabile chiedersi allora cosa intendessero trasmettere gli Egizi attraverso le parole "...sarebbe comparso grazie a una magia di Thot, il quale lo avrebbe concesso a chi si sarebbe posto sotto la sua protezione." e di conseguenza la domanda è:


perchè il risultato delle frazioni non da l'intero e cosa rappresenta il 64° mancante?
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EgiTToPhiLo/a
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08/12/2007 09:35
 
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La serie 1/2, 1/4, 1/8 ........ tende a 1 solo all'infinito. L'occhio di Horus rappresenta solamente i primi sei termini della serie, per cui possiamo ritenere che quel 1/64 mancante possa essere vista nella magia di Thot. Esso rappresenterebbe dunque il collante necessario alla ricostruzione dell'occhio, la magia della rinascita della civiltà egizia.
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08/12/2007 13:02
 
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Sto cercando di individuare un possibile significato attribuito al numero 64.
Non posso escludere che ve ne sia uno... e credo sia legato ad Osiride, anche perchè mi par di aver letto da qualche parte che 64 fosse anche il numero dei sarcofagi riservati ad altrettanti Tori Api nel Serapeum. Qualcuno tra voi è in grado di confermarlo?
Inoltre la formula 64 del Libro per venire al giorno (Libro dei Morti) riguarda di nuovo Osiride, nello specifico la sua resurrezione, e recita "Io sono Ieri e conosco il Domani".

Il 64 è poi il quadrato di 8, ossia l'Ogdoade.... probabilmente sto facendo un gran minestrone, ma credo valga la pena di proseguire nelle ricerche.
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EgiTToPhiLo/a
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08/12/2007 17:24
 
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Quello che conosco riguardo al mito dell'occhio di Horus è che, lo stesso, cadendo sulla terra, si frantumò e insegnò agli uomini la matematica.

La somma delle varie parti non da, come risultato, uno in quanto l'intero è solamente il dio.

Ciao, BATA
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08/12/2007 17:28
 
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in sostanza potremmo quindi interpretare tutto ciò associando all'occhio di Horus la Conoscenza, ritenuta esclusivo appannaggio degli Dèi?
In questo ci vedo però più la concezione Greca che non quella Egizia... non credete?
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- ShemsetRa -
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08/12/2007 19:06
 
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E' vero! [SM=x822734]
Accidenti, i Greci hanno copiato anche questo facendolo poi passare per farina del loro sacco!
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- ḥtm mr r ry.t '3.t
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08/12/2007 19:34
 
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Ho idea che ci stiamo addentrando in un discorso assai complesso e vasto...

A mio parere il concetto di "Conoscenza" come mero appannaggio della sfera divina non è propriamente Egizio, mentre diventa Greco a tutti gli effetti.
A prova di ciò faccio naturalmente riferimento alla mitologia Egizia, nella quale, ad esempio, si legge che Osiride "insegnò l'agricoltura e l'allevamento al popolo Egizio". Anche nel mito a cui mi riferisco nel primo topic di questa discussione troviamo un riscontro. Quel famoso 64° mancante, infatti, non è ritenuto esclusiva degli Dèi, ma "raggiungibile" da colui che si pone sotto la protezione di Thot.

Non posso nemmeno sorvolare sul fatto che la conoscenza Egizia era prettamente una conoscenza di tipo pratico, dettata da necessità presentate dalla vita quotidiana. I Greci, successivamente, si distinsero molto più per filosofia (questo per rispondere a Pizia).
Inoltre la sfera delle divinità egizie è da ritenersi assai più... "umana" rispetto a quella Greca. Gli dèi Egizi sono infatti caratterizzati da una diretta sofferenza molto più umana, che divina. Lo prova Osiride, con l'esperienza della morte, sebbene fu seguita da resurrezione.
Gli dèi Egizi insomma ebbero, per così dire, un'esperienza umana, attraverso sentimenti e patimenti, e forse per questo ritenuti più vicini al loro popolo, più partecipi delle loro vite che non quelli Greci, immortali e quasi al di sopra delle umane debolezze (il "quasi" è d'obbligo, naturalmente...).

Per questa ragione e considerando che un Faraone era considerato alla stregua di un Dio, non posso concordare con la teoria che la Conoscenza "assoluta" fosse esclusiva della sfera celeste. Forse riservata a schiere specifiche tra cui annovero scribi e sacerdoti, questo è già più probabile. Motivo per cui ritengo che in quel 64° mancante ci sia di più...
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- ShemsetRa -
Architetto Reale

10/12/2007 01:33
 
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Anche se prima scherzavo, lo penso veramente.
Hanno copiato tutto, anche questo.
Anche la filosofia non mi sembra affatto estranea al pensiero egizio, dirò di più, la filosofia greca come siamo abituati ad intenderla nel mondo occidentale deriva pari pari dalla speculazione teologica egizia.

Ma faccio un passo indietro.
La conoscenza è dominio degli dei presso i greci, i romani , gli egizi, come anche presso l'uomo primitivo.
E questo risulta abbastanza ovvio, perché dal momento in cui nasce nell'uomo l'idea di Dio ha qualcosa a che fare con il padre, o meglio, diciamo con gli antenati.
E da chi se non dagli antenati si imparano le cose?
Presso i popoli che hanno solo cultura orale, ma anche presso quelli che cominciano a scrivere il loro patrimonio di conoscenze, tutti sanno che le informazioni arrivano dagli antenati.

La differenza fra fra greci ed egizi in tale frangente mi sembra ben poco sensibile, in entrambi i mondi ad esempio esistono tante figure intermedie fra divino e umano che fanno anche da tramite nella trasmissione del sapere.

Trovo un grosso salto di qualità con l'ebraismo e il cristianesimo; allora sì l'uomo diventa senza speranza.
Durante la vita potrà sì e no imparare il mone di un po' di cose, ma solo quando abbandonerà il suo essere fisico avrà la speranza di accedere a quella sapienza che è solo del divino.

L'aspetto umano, fin troppo umano degli dei esiste sia nel pensiero egizio che in quello greco: Osiride partecipa al sadico giochino di Seth e così comincia tutta quella storia complicatache coinvolge anche Horus, Iside e l'Enneade, con sofferenze umane, ma non solo, anche gioie, amori, feste.
Così la mitologia greca è popolata da dei che mangiano bevono, banchettano allegramente, sono coniugati, ma si tradiscono, hanno figli in modi molto vari, soffrono, puniscono, combattono fra loro e vengono evirati dai propri famigliari...

Più vado avanti e più vedo convergenza [SM=x822718]
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10/12/2007 02:51
 
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Re:
pizia., 10/12/2007 1.33:

La conoscenza è dominio degli dei presso i greci, i romani , gli egizi, come anche presso l'uomo primitivo.
E questo risulta abbastanza ovvio, perché dal momento in cui nasce nell'uomo l'idea di Dio ha qualcosa a che fare con il padre, o meglio, diciamo con gli antenati.
E da chi se non dagli antenati si imparano le cose?
Presso i popoli che hanno solo cultura orale, ma anche presso quelli che cominciano a scrivere il loro patrimonio di conoscenze, tutti sanno che le informazioni arrivano dagli antenati.

La differenza fra fra greci ed egizi in tale frangente mi sembra ben poco sensibile, in entrambi i mondi ad esempio esistono tante figure intermedie fra divino e umano che fanno anche da tramite nella trasmissione del sapere.

...

L'aspetto umano, fin troppo umano degli dei esiste sia nel pensiero egizio che in quello greco: Osiride partecipa al sadico giochino di Seth e così comincia tutta quella storia complicatache coinvolge anche Horus, Iside e l'Enneade, con sofferenze umane, ma non solo, anche gioie, amori, feste.
Così la mitologia greca è popolata da dei che mangiano bevono, banchettano allegramente, sono coniugati, ma si tradiscono, hanno figli in modi molto vari, soffrono, puniscono, combattono fra loro e vengono evirati dai propri famigliari...

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ok, per il dominio della conoscenza, ma, a mio parere gli Egizi non la consideravano esclusiva degli dèi, diversamente non saprei spiegarmi perchè è Thot ad insegnare la scrittura agli uomini e perchè, come ho già scritto sopra, Osiride lascia l'Egitto con la "missione" di trasmettere l'insegnamento dell'agricoltura e dell'allevamento. Quindi la vedo grosso modo come un "dono" che ha origine tra gli dèi, i quali, per amore verso l'uomo, decidono di renderlo partecipe. Ed ecco che quindi acquista un senso che si affermi che Thot conceda l'ultima frazione necessaria all'intero a chi si pone sotto la sua protezione (che si riferisca agli scribi?)

In Grecia non ravviso la stessa cosa. Lì sì che la conoscenza è bene esclusivamente divino e ce lo ricorda anche Plutarco, con una frase bellissima nel suo "De Iside et Osiride", quando afferma:

"... non per argento e oro la divinità è beata, e non per tuoni e fulmini e potente, ma per sapienza e ragione. [...] la supremazia di Zeus è più santa proprio in quanto è più antica per conoscenza e sapienza. Così, secondo me, ancora nel fatto che la conoscenza divina possiede per sempre la realtà degli avvenimenti, consiste l'eccellenza di quella vita eterna che al dio appartiene: se la conoscenza e il pensiero della realtà venissero meno, l'immortalità non sarebbe più vita, ma tempo."

L'immortalità... altro ambito in cui è possibile operare una distinzione: per i Greci, seppur esisteva una vita dopo la morte, era pur sempre riferita a un'esistenza "umana", che fosse Eliso o Tartaro, Paradiso o Inferno (per dirla a modo nostro). Per gli Egizi, il defunto diventava simile alla divinità. Dapprima vi fu la Duat, dove l'oltrepassato diveniva un astro del firmamento (esattamente come Osiride o altri dèi, rappresentati con le stelle), quindi comparvero i Campi Iaru, ma nessun "inferno", semmai l'oblio. E il Faraone, dopo morto, fu sempre ritenuto un dio.

Non sei d'accordo, Pizia?

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- ShemsetRa -
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13/12/2007 23:29
 
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Sugli egizi, sempre d’accordo!
Non vorrei andare troppo OT e nemmeno vorrei scrivere messaggi troppo lunghi, visto l’argomento…

Non sono sicura che per i greci la conoscenza fosse un’esclusiva divina; come spiega Platone ciò che possiamo vedere sono ombre distorte sulla pareti, tremolanti alla luce dei fuochi, ma è già qualcosa per avere un’idea di cosa succede dove non possiamo guardare.

Se l’uomo fosse stato considerato del tutto incapace o escluso dalla sapienza non sarebbero stati essi stessi grandi pensatori.
Non è la stessa cosa, certo, però l’idea che la sapienza si trovi presso gli dei e gli uomini possano attingerne esiste sia presso gli uni che presso gli altri.

Thot è una divinità buona, che dona agli umani parte delle sue conoscenze,mentre gli dei greci sono un po’ più cattivi, mettono gli uomini alla prova e attraverso una specie di percorso iniziatico danno loro la possibilità di avvicinarsi.

Adesso faccio un compendio: l’Occhio di Horus con le sue frazioni rappresenta un tutto in cui la somma delle parti non da l’intero, le frazioni sono solo 6 ma è ovvio che, per quante frazioni si possono aggiungere, mancherà sempre qualcosa per completare il tutto.
Lo stesso vale per l’uomo, egli può diventare scriba e sapiente, sacerdote al massimo grado gerarchico, ma sarà sempre carente per qualcosa.

E’ come se Thot potesse dare sempre qualche nozione in più, ma ogni volta darebbe la metà della frazione mancante alla ricostituzione del tutto.

Il Faraone è dio anche in vita Nefer Netjer, l’uomo normale solo con la morte può assurgere a divinità e chiamarsi Osiride (questo vale dopo la democratizzazione dell’aldilà, per il periodo precedente si potrebbero fare altre considerazioni).
Thot è anche lo psicopompo, colui che conduce il defunto al di là.
Dover attendere la morte per aspirare ad uno stato superiore è simile a quanto detto del cristiano.

Smetto di fare confronti perché vedo sempre troppe relazioni.
Sembra che ad un certo punto della storia, la filosofia, la scienza, la teologia egizie abbiano iniziato a circolare per il Mediterraneo, sovrapponendosi alle varie culture locali ancora caratterizzate da un’organizzazione primitiva, per “nomi”, fornendo una spinta verso lo sviluppo delle varie discipline, così come l’abbiamo appreso noi.

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