| | | OFFLINE | | Post: 41.058 Post: 22.720 | Registrato il: 24/08/2005 | Sacerdotessa di ATON | Thiatj | - ḥtm mr r ry.t '3.t wts rn n ՚ḫ n itn, S3t n m3't - | |
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27/11/2007 19:01 | |
Le prime armi batteriologiche della storia sono state le pecore.
Gli Hittiti, popolo che 3000 anni fa abitava l'attuale Turchia, usarono gli ovini infettati da un batterio della tularemia per provocare epidemie e sterminare popoli nemici.
Il microbiologo italo/canadese Siro Trevisanato è giunto alla scoperta che il batterio scelto come arma di distruzione di massa è stato il Francisella Tularensis, responsabile della cosiddetta "febbre dei conigli", che ancora oggi, se non curata, porta alla morte nel 15% dei casi.
Intorno alla città di Arzawa nell'Anatolia occidentale, gli Hittiti liberarono dei montoni che gli abitanti catturarono e mangiarono.
Da lì l'epidemia fece numerose vittime.
La strategia fu vincente per altre mille conquiste. Era il XIV secolo avanti Cristo.
Studiando documenti antichi, lo scienziato ha verificato che la prima comparsa della Tularemia in Medio Oriente risale al quattordicesimo secolo avanti Cristo nella città fenicia di Symra, ai confini fra Libano e Siria. Gli Ittiti saccheggiarono questa città nel 1325 a.C., portando con sè anche animali infetti, che potrebbero aver trasmesso la malattia in tutto il loro territorio. Proprio nel momento di massima virulenza della Tularemia, secondo Trevisanato, gli Ittiti sono divenuti oggetto delle attenzioni di una popolazione confinante, che abitava la città di Arzawa nell'Anatolia occidentale, decisa ad approfittare della debolezza degli Ittiti per invadere il loro territorio.
«È proprio in questo periodo, però, fra il 1320 e il 1318 a.C., che per le strade intorno ad Arzawa incominciarono ad apparire misteriosamente dei montoni - spiega l'esperto - gli abitanti della città li catturarono e li mangiarono. Proprio in quegli anni la Tularemia ha iniziato a fare vittime nella città, tanto che alla fine la popolazione era così debole che la conquista degli Ittiti è fallita». La teoria del microbiologo è confermata, oltre che dai documenti, dal modo in cui l'infezione si propaga: l'infezione spontanea del batterio si manifesta in 150 mammiferi diversi, dai topi ai conigli alle pecore, e l'agente patogeno può essere trasmesso all'uomo facilmente dagli insetti come le zecche e le zanzare. «Ci sono documenti in cui gli abitanti di Arzawa iniziano a chiedersi se c'è un collegamento fra i montoni e l'epidemia - conferma Trevisanato - secondo me c'è, e a qualcuno degli Ittiti deve essere venuta l'idea di utilizzare gli animali».
I sintomi più comuni della tularemia sono febbre, brividi, mal di testa, dolori muscolari, dolori al petto e tosse.
Se la malattia è stata causata dalla puntura di un insetto o dal batterio che penetra nella cute attraverso tagli o abrasioni, i
sintomi possono essere ulcere della pelle e rigonfiamento delle ghiandole linfatiche (vedi immagine a fianco). L’ingestione del
batterio tramite cibo o acqua contaminata può causare infezioni alla gola, dolori di stomaco, diarrea e vomito. La respirazione
di polveri infette può causare infezioni alle vie respiratorie.
A mio parere, potrebbe essere interessante focalizzare l'attenzione su questa nuova scoperta, nel tentativo di approfondirne a riguardo. Del resto, il periodo indicato è proprio quello di Suppiluliumas e quindi coincidente con l'epoca Amarniana.
Chissà che la "peste", tante volte oggetto di discussione con riferimento a quell'epoca non possa aver trovato riscontro storico... |