LA VALLE DEI RE
La Valle dei Re, chiamata dagli arabi Biban El Moluk, ovvero Le Porte dei Re, per i grandi ingressi alle tombe della XIX e XX dinastia (1295-1069 a.c.), è una profonda gola che si apre nella montagna e ha un orientamento Nord/Ovest ed era chiamata dagli antichi egizi Ta Sekhet Aat ovvero La grande Prateria.
Provenendo da Luxor, oggi si accede alla valle percorrendo una grande strada asfaltata che segue il tracciato dell’antico sentiero dell’era faraonica chiamato, allora, Il Cammino dove Ra Tramonta.
La valle è dominata dalla cima tebana chiamata El Qurn che anticamente era identificata con la dea Mertseger, Colei che ama il Silenzio.
Alcuni ritengono che la strana forma della cima tebana, che ricorda vagamente quella di una piramide, fu all’origine della scelta di questo posto da parte dei faraoni della XVIII dinastia (1552-1295 a.c.) per stabilirvi la loro dimora eterna.
Sicuramente a questo motivo di carattere religioso se né aggiungeva uno molto più pratico, ossia il fatto che questa valle era di difficile accesso e perciò i Megiau, uomini della guardia scelta del faraone e addetti anche alla sorveglianza delle necropoli reali, avrebbero facilmente potuto controllarne gli accessi e, eventualmente, fermare chi avesse voluto entrarvi senza permesso.
Si ritiene che il primo faraone a farsi inumare nella valle sia stato Thutmosis I (1506-1493 a.c.) ma la tomba di questo re conteneva, per la maggior parte, oggetti risalenti al regno di Thutmosis III (1478-1425 a.c.) del periodo successivo al regno di Hatshepsut (1478-1458 a.c.) e, pertanto, alcuni ritengono che proprio Thutmosis III abbia fatto realizzare questa tomba per trasferirvi il corpo di Thutmosis I che fino a quel momento si trovava nella tomba dell’usurpatrice Hatshepsut.
Qualora questa teoria fosse esatta si potrebbe supporre che ad inaugurare l’epoca delle inumazioni nella valle fu proprio Hatshepsut, la cui tomba (KV20) è senz’altro una delle più antiche.
La tomba di Hatshepsut è, inoltre, gigantesca, insolita, s’inoltra per oltre 200 metri nella montagna e termina in una camera funeraria di grandezza doppia rispetto la norma e nella quale trovarono posto due sarcofagi uno per Thutmosis I e l’altro per la stessa Hatshepsut sua figlia che avrebbe traslato la salma del padre dalla tomba originale.
Questo fatto ha indotto a teorizzare che la tomba in questione fosse, in origine, dello stesso Thutmosis I e che la figlia, che nutriva una vera e propria venerazione per il padre, se ne sia appropriata ingrandendo l’ipogeo originale al fine di trascorrere l’eternità con l’amato genitore.
Questa teoria però non tiene in considerazione il fatto che una volta sigillata la tomba, nessuno poteva disturbare il riposo del faraone; inoltre, dove avrebbero riposto la mummia e il corredo funebre di Thutmosis I per tutta la durata dei lavori?
Manca quindi all’appello la tomba originaria di Thutmosis I?
Il periodo d’inizio dello scavo degli ipogei nella valle è, in ogni caso, senz’altro quello del regno di Thutmosis I o di Hatshepsut e da allora, fino alla fine della XX dinastia (1069 a.c. circa), tutti i faraoni si fecero inumare nella valle e ai margini della montagna tebana eressero i loro templi memoriali.
Contrariamente a quanto si crede non tutte le tombe della Valle dei Re erano nascoste; solamente quelle della XVIII dinastia (1552-1295 a.c.) avevano l’ingresso celato, quelle della XIX e XX dinastia (1295-1069 a.c.) avevano un grande ingresso sontuosamente decorato che, come detto, diede origine all’attuale nome arabo della valle.
Al fine di prevenire eventuali atti predatori la guardia reale dei Megiau, oltre che sorvegliare la valle ed i suoi accessi, ispezionava periodicamente le tombe e verificava che i sigilli posti al momento della chiusura della tomba non fossero stati manomessi e informava eventualmente di ciò i sacerdoti preposti alle necropoli reali.
Purtroppo, tutte le precauzioni prese non sortirono gli effetti desiderati e, in un periodo difficile, insicuro e instabile come quello che ebbe inizio durante il regno di Ramses III (1186-1153 a.c.) e che proseguì fino alla fine della XX dinastia (1069 a.c.), le tombe dei grandi re e il loro contenuto furono prese di mira sempre più spesso da gente senza scrupoli che arrivò anche a mutilare le mummie stesse per impossessarsi dei tesori nascosti nelle loro bende.
Fu perciò deciso di non utilizzare più la valle come necropoli reale e, al fine di salvare dalla profanazione le mummie dei re, i sacerdoti le spostarono in luoghi più sicuri, come la cachette di Deir el Bahari; in questo nascondiglio furono rinvenute molte mummie, per la maggior parte di faraoni, tra cui quella di Ramses II.
Da questo momento la valle, non più sorvegliata dai Megiau, fu in balia dei saccheggiatori che poterono entrare ed uscire a loro piacimento dalle tombe spogliandole di tutto quanto interessasse loro; finché anch’essi non ebbero più alcun motivo di visitarle e tutta la valle fu dimenticata per alcuni secoli.
Durante l’epoca tolemaica la valle fu riscoperta e, per la prima volta, divenne meta “turistica”.
Sulle pareti di alcune tombe, ad esempio quella di Ramses IV, numerosi graffiti di epoca greca e romana si aggiunsero alle decorazioni fatte eseguire dai faraoni.
Anche i primi resoconti di viaggio risalgono a questa epoca;, Diodoro Siculo, ammirando le tombe dei re, affermò che il loro splendore lasciava poca possibilità di riprodurre qualcosa di altrettanto bello.
Trascorso questo breve periodo la valle ridivenne il regno del silenzio e fu di nuovo avvolta dall’oblio.
Il gesuita Claude Sicard, che soggiornò in Egitto dal 1708 al 1712, fu il primo a ritornare nella Valle dei Re e a riscoprirne le tombe.
In seguito il religioso Richard Pococke visitò la valle nel 1734 e ne disegnò la prima planimetria nella quale figuravano 18 tombe ma, già all’epoca, solamente la metà era accessibile.
Bisogna attendere il 1798 perché gli studiosi, al seguito della campagna napoleonica d’Egitto, traccino il primo rilievo scientifico dell’area della necropoli reale tebana e contestualmente scoprano la tomba di Amenhotep III nella Valle delle Scimmie o Valle dell’Ovest.
Nel 1817 il padovano Giovanni Battista Belzoni, cacciatore di antichità e tutt’altro che archeologo, scoprì le tombe di Ramses I, Sethi I e Ay, quest’ultima nella Valle delle Scimmie.
Tre anni più tardi, il primo dei grandi archeologi, l’inglese James Burton, scoprì la tomba del principe Meryatum, tornata alla ribalta in questi ultimi tempi come la tomba dei figli di Ramses II e divenuta famosa con la sigla che la contraddistingue KV5 (King Valley 5).
Questa numerazione fu introdotta da John Gardner Wilkinson che, tra il 1824 ed il 1830, dopo la decifrazione della scrittura geroglifica, lavorò nella valle ed attribuì alle varie tombe una numerazione, ancora oggi utilizzata, in ordine progressivo di scoperta e associò le varie tombe ai relativi proprietari decifrandone i nomi.
Negli anni successivi la valle fu visitata da numerosi studiosi, tra cui lo stesso Jean Fraçois Champollion decifratore della scrittura geroglifica, artisti e viaggiatori; la fama della valle nacque in quegli anni anche se non avvennero nuove scoperte fino al 1898 quando furono rintracciate le tombe di Thutmosis III e di Amenhotep II a opera di Victor Loret.
Da questo momento la fama della Valle dei Re quale deposito di ricchezze fu consacrata e numerose spedizioni pseudoscentifiche furono intraprese negli anni a venire, portando alla luce diverse tombe che, tranne la tomba di Yuya e Tuya (KV46), erano già state saccheggiate e depredate.
Nel 1922 Howard Carter fece la scoperta più famosa della Valle dei Re, ossia la tomba del faraone fanciullo Tutankhamon (KV62), ritrovamento che fece esplodere nel mondo intero l’egittomania.
Questo fu l’ultimo grande ritrovamento e solo pochissimi faraoni mancano all’appello se si confrontano le liste reali conosciute con le tombe della valle.
L’ultima scoperta, infatti, è in realtà una “riscoperta” e riguarda la già citata tomba KV5 che ha portato al ritrovamento, nello stesso ipogeo, di un centinaio di camere sepolcrali destinate, sembra, ai figli di Ramses II.
Si presume, di conseguenza, che i futuri sviluppi della ricerca nella Valle dei Re riguarderanno situazioni analoghe che, però, potrebbero realizzarsi solamente con finanziamenti adeguati e indirizzati al restauro e al successivo recupero delle tombe che ora, in gran parte e giustamente, sono chiuse al pubblico sia per motivi conservativi sia per motivi di sicurezza dei turisti stessi.
(continua)