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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Frammento di lettura: "Gli occhi della luna" di Roberto Zacco

Ultimo Aggiornamento: 09/09/2011 10:56
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Sacerdotessa
di ATON
Thiatj

- ḥtm mr r ry.t '3.t
wts rn n ՚ḫ n itn,
S3t n m3't -
08/04/2006 15:30
 
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Le prime pagine. Chi parla è Akhenaton:

"Dove si annidano dunque le colpe di un uomo? Davvero dentro al suo cuore come un carico di zavorra nella stiva di una nave o nel ristretto spazio al di sotto del ponte di una barca?

Fino a che punto l'imbarcazione, qualunque essa sia, può reggerne il peso e continuare a galleggiare e soprattutto a navigare, fino a che punto le vele dell'ideale e i remi della volontà e il timone della saggezza possono averne ragione e guidarlo all'approdo oltre la vita dove ci incontreremo con Dio?

E cosa conteranno veramente per lui: le vele e i remi e il timone che l'uomo ha inventato e manovrato, la perizia e l'abnegazione nell'affrontare i pericoli o forse solo quel carico di colpe?

E perchè ha creato i venti e le correnti e le stelle quasi un invito ad affidarsi a loro ed alla tentazione del viaggio se a lui interessa solo il peso insopportabile che noi portiamo e solamente in base ad esso ci giudicherà?

E perchè ha reso gli uomini così diversi, alcuni simili a grandi navi, altri a semplici barche ed altri ancora a miserabili zattere?

E ancora che cosa sarà più determinante per la sorte del giudizio: il peso totale del carico o la sua quantità in rapporto alla capacità della stiva, le distanze raggiunte dall'uomo nel bene e nel male o il coraggio dimostrato, la fortuna o il valore?

Sì, la fortuna e il valore, ecco: non sono forse queste cose doni che in diversi momenti esprimono il di lui favore?

Mostrerà mai di considerare che più grande è la nave e tanto maggiore è la sua disposizione a caricarsi di colpe così come di opere buone?


Eppure da bambino mi venne insegnato che un giorno il mio cuore sarebbe stato posto sul piatto di una infallibile bilancia e che sull'altro piatto si sarebbe assisa la Dea Maat, contrappeso non più greve della piuma che reca sul capo e che sarebbe stata quella bilancia a decidere della mia vita eterna.

Sarebbe stata quell'oscillazione in presenza di Osiride, di Thot, di Anubi e di alre quarantadue divinità dell'Egitto: ognuna di queste ultime mi avrebbe chiesto se avevo commesso un peccato e ad ogni mia risposta la bilancia si sarebbe mossa.

Rimasi molto colpito da ciò che mi attendeva e sentii sorgere nella mia mente per la prima volta il fantasma della responsabilità: una specie di ossessione che per tutta la vita doveva al tempo stesso illuminare ma anche adombrare le mie azioni.

E poi un dubbio.

Sapevo già che sarei diventato Faraone, forse cominciarono a dirmelo quando ancora suggevo il latte di mia madre e con parole sempre più grandi non cessarono mai di ripetermelo per tutta l'infanzia.

Allora un giorno chiesi a mio padre se anche un Faraone alla sua morte sarebbe stato giudicato nello stesso modo. Lui rimase a lungo in silenzio mostrando quella che era per un bambino un'eccessiva incertezza ma poi, quasi volendo cancellarla, rispose con una sicurezza che mi parve altrettanto inquietante:
"Sì figlio mio. Senza dubbio. Specialmente il Faraone sarà giudicato secondo quanto è stabilito e per lui vi sarà il massimo rigore."

Ma appena mi fu possibile riproposi lo stesso quesito a mia madre. Lei mi guardò, sorrise dolcemente ed il suo sorriso si continuò in una lunga carezza sul mio capo, poi disse:
"Piccolo mio non gravare il tuo cuore con questi problemi. Quando la Dea Maat ti parlerà tu dovrai sempre ascoltarla e assecondarla. Se farai ciò sarai un uomo sereno e anche un Faraone giusto che nulla deve temere."

Allora, quando ne ebbi l'occasione, interrogai al proposito Ptahmose primo profeta di Amun, l'autorità religiosa più alta di Tebe.
Anche lui mi sorrise ma di un sorriso molto diverso da quello di mia madre, che mi diede un sottile senso di disagio, mi disse:
"Grande Principe, sii devoto al grande Dio Amun, onoralo, adoralo, sii generoso con lui e lui ti compenserà. In quel grande momento lui sarà presente e ti difenderà davanti a tutti gli Dèi dell'Egitto e renderà leggero il tuo cuore sulla bilancia!"

Queste ultime parole forse condizionarono la mia vita i miei ideali e le mie scelte. Avvertii in esse qualcosa di profondamente equivoco che, nei tempi successivi, quando ebbi nuovi contatti con Ptahmose, si confermò e si precisò. Quasi una proposta e un accordo segreti volti ad aggirare le leggi della Dea Maat per essere salvato nel momento supremo in cambio del mio futuro incondizionato favore al Clero di Amun ed ai suoi Templi, questo intendeva lui. Un accordo, insomma, tra persone furbe e opportuniste che sfidavano la giustizia con la corruzione aggirandola e vanificando ogni speranza nella sua ineluttabilità e nella sua forza.
(...)"
[Modificato da -Kiya- 08/09/2011 13:04]
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- Waenra,
MerytWaenRa, Semenet -
30/04/2006 19:14
 
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Difficile dare un giudizio univoco al romanzo di Zacco. Essendo lo stesso autore di "Le braccia del sole" (diario di Nefertiti) si ritrovano nel romanzo molte situazioni già lette sul precedente, ovviamente viste con l'occhio dell'attuale protagonista, cioè Akhenaten.
La prima parte del romanzo potrebbe essere attribuita ad un qualsiasi altro faraone, o antico egizio, essendo totalmente neutra, mentre nella seconda si entra nella personalità e nella mente di Akhenaten. Se devo fare un appunto è che il personaggio ragiona come un filosofo, o psicologo, del terzo millennio, e non come persona vissuta 3.500 anni or sono. Ma questo è un peccato veniale che si concede all'autore, e che rende Akhenaten un personaggio splendido.
Purtroppo il romanzo è punteggiato di fatti ed affermazioni veramente stucchevoli, oltre che di macroscopici errori storici. Non li elenco per rispetto a chi non ha ancora letto il libro.
A volte mi è sembrato di avere sbagliato libro e di aver preso in mano il Vangelo. Akhenaten, come Gesù, manda i suoi apostoli a predicare la pace nel mondo. Addirittura Nefertiti si mette a scrivere parabole!
Se il lettore cerca un romanzo fine a se stesso, non legato alla veridicità storica e comprovata da reperti, allora la lettura è piacevole ed interessante. Ma, essendo la trama incentrata su personaggi veramente vissuti, sarebbe stato opportuno dare meno spazio ai soliti luoghi comuni che si incentrano su questo Faraone, con particolare riferimento ad assurde situazioni che invadono la sfera sessuale.
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wts rn n ՚ḫ n itn,
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02/05/2006 22:25
 
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Ciò che sottolinei l'ho notato anch'io.
Ma, se vogliamo, con la tua critica metti in chiaro ciò che differenzia un saggio da un romanzo.

Un saggio è vincolato da studi, ricerche e documenti vari. Un romanzo è la massima esternazione della fantasia o del punto di vista dell'autore.

Non ho conoscenze mediche adeguade per affermarlo con certezza, ma credo che Zacco, attraverso quelle assurde situazioni abbia voluto incanalare la situazione in una direzione ben precisa. Ossia abbia fatto parlare la sua esperienza in semiotica.
Zacco è primario presso uno dei maggiori ospedali del circondario torinese e ciò mi fa dedurre che abbia una chiara posizione in merito a quello che accadde ad Akhenaton. Con ogni probabilità egli attribuisce la "metamorfosi" non a canoni artistici, bensì a una patologia.
E ne descrive le manifestazioni e le conseguenze in maniera non diretta.

Se così è, devo ammettere che è stato poco chiaro. Non dfa alcuna precisazione in merito, non offre alcun chiarimento. Ben inteso che non avrebbe potuto farlo nel contesto del romanzo, ma forse avrebbe dovuto inserire una nota dell'autore al termine, nel quale rendeva noto il suo punto di vista.

Non lo ha fatto. E forse non lo ha fatto volutamente, per lasciare al lettore la libertà di muoversi come meglio crede all'interno della sua ipotesi... o forse, tra qualche anno, scopriremo che si tratta di una trilogia, leggendo il sguito: il punto di vista di Ptahhotep... il medico di corte...

non ne resterei stupita...
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- Waenra,
MerytWaenRa, Semenet -
03/05/2006 12:31
 
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E' vero, è un romanzo. Però ho sempre sostenuto che quando i protagonisti dei romanzi sono personaggi realmente vissuti, a maggior ragione storici, la fantasia deve avere un limite.
Dire che Akhenaten stuprò la madre e da quel rapporto nacque Tutankhamen, andando oltre ogni limite storico e di decenza, mi sembra condannabile. Se così fosse quando Tut ascese al trono aveva ben più di 9 anni. Per non parlare della figura di Smenkhkare!
Comunque lo perdono perchè la figura di Akhen ne esce bene, in quanto l'autore colpevolizza la malattia e non l'uomo.
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EgiTToPhiLo/a
Suddito
08/09/2011 17:44
 
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Mi trovo molto d'accordo con il pensiero di Francis. Un romanzo, strutturato con personaggi veri, realmente esistiti, dovrebbe, in primis, tener conto che c'è comunque un limite. Io sto scrivendo un romanzo ambientato nell'antico Egitto, dal titolo "Alla ricerca di Amelthaton". Personaggio di pura invenzione, come tutto ciò di cui parlerò. Fatti mai esistiti, personaggi mai esistiti. Divinità che menzionerò, sono tutto frutto della mia immaginazione.

Zacco, grande autore, grande scrittore. Però, un limite doveva averlo.

Saluti
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09/09/2011 10:56
 
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Ho letto abbastanza volentieri "Le braccia del sole". [SM=x822715]
Sugli altri due non posso esprimere alcun giudizio, perchè non li ho neppure avuti tra le mani. [SM=x822751]

Zacco con la pagina scritta ci sapeva fare, ma per certi aspetti non riusciva a staccarsi dalla mentalità dell'uomo del XX secolo: non ho gradito la formula del "diario intimo" attribuito a Nefertiti (gli egizi non avevano il concetto di cronaca...figurarsi quello di "diario"!).
Bastava che facesse passare il tutto per un semplice racconto orale della protagonista, e sarebbe stato molto più accettabile. [SM=x822724]
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