Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Con Egittophilia alla scoperta delle tombe della valle dei re e non solo: KV. 62 - Tutankhamon

Ultimo Aggiornamento: 07/02/2014 11:01
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EgiTToPhiLo/a
Suddito
24/12/2013 14:54
 
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Leggendo vecchi resoconti risalenti al periodo in cui fu scoperta la tomba di Tutankhamon mi sono imbattuto nella cronaca di un avvenimento luttuoso che in seguito ebbi l'occasione di verficarne la veridicità. La fonte è autorevole perché si tratta di Charles Breasted, figlio di James Breasted, uno dei più importanti egittologi, filologi e orientalisti del Novecento. Per inciso James Breasted fondò l’Oriental Institute di Chicago e ancora oggi la sua estensione egiziana da tutti conosciuta come “Chicago House” di Luxor, rappresenta uno degli istituti fondamentali per la conservazione e lo studio della civiltà egiziana.
Il brano, è tratto dal volume “Pioneer to the Past” pubblicato nel 1943, si tratta del libro che Charles Breasted scrisse in onore di suo padre rievocandone la vita e l’opera. Nell’inverno del 1923/1924 Breasted padre e figlio erano a Luxor per seguire i lavori all’interno della tomba di Tutankhamon e per offrire a Carter un sostegno alle vicende ad essa collegate. Questa la traduzione:

".....La stanza mia e quella di mio padre, al pianterreno del Winter Palace Hotel divennero il centro di coordinamento, per molte delle complicazioni e difficoltà che iniziavano ad interessare Carter e la sua scoperta..
Luxor era anche piena dei corrispondenti dei maggiori quotidiani e agenzie di stampa di America ed Europa, e tutti cercavano di annullare il copyright mondiale del Times di Londra. Costoro si dividevano abitualmente fra la Valle e la terrazza del Winter Palace Hotel, sperando di carpire qualche nuova notizia che poteva sfuggire a qualche rapporto inviato per telegramma. Un certo numero di loro, incluso il corrispondente del London Times, ricevevano dai loro uffici in patria estratti di dispacci spediti da Luxor e firmati da George Waller Mecham, i quali incominciavano ad apparire nel Chicago Daily News ed in altri giornali americani....
Notte dopo notte, fra mezzanotte e le quattro del mattino, io scrivevo i dispacci di Mr Mecham, li portavo con un calesse fra le strade della dormiente Luxor fino al telegrafo governativo alla stazione della ferrovia.........
All’inizio di Febbraio giunse a Luxor, da una delle Università canadesi, un colto ed eloquente professore di letteratura inglese chiamato La Fleur. Si trattava di un uomo fragile, alto e magro, con una barba punteggiata marrone ed un vivo senso dell’humour. Per caso gli era stata assegnata una camera a fianco a quella di mio padre. Lo incontrammo e fummo molto attratti da lui. Egli aveva delle lettere per Howard Carter che io consegnai. Ma subito dopo il suo arrivo si era ammalato di influenza, i cui sintomi erano iniziati poco dopo aver avuto l’invito di Carter di andare a vedere la tomba. Era ancora a letto con la febbre, ma non volendo mancare ad una simile, rara opportunità, si alzò e andò a visitare la tomba.
Quella stessa notte fu colto da una fortissima polmonite. Il suono soffocato della sua tosse echeggiava lungo i bianchi e alti corridoi, ed era avvertibile dalla camera di mio padre. Il nostro dottore Inglese, che lo assisteva, ci disse che era un uomo molto ammalato.
All’incirca alle tre del secondo mattino mi trovavo seduto alla mia scrivania e stavo trascrivendo il mio telegramma giornaliero. La porta della mia camera era aperta. Improvvisamente realizzai che il tossire del malato era diventato molto debole e meno frequente. Mi avvicinai alla porta della camera di La Fleur e ascoltai. La tosse si era fermata e tutto era silenzio. Il dottore uscì chiudendo piano la porta dietro di lui, egli rispose alle mie domande con un lento annuire e stancamente si accinse alle pratiche.
Mentre ero in attesa nel silenzio, pensavo: c’è qualcosa di particolarmente triste nel morire da soli nella notte in un paese straniero, a fianco del grande fiume senza tempo, in un hotel affollato di esseri umani sconosciuti. Mi chiedevo se il silenzio finale di La Fleur aveva svegliato mio padre...
Il dottore tornò con due inservienti locali che portavano una lunga cesta di vimini nella quale lo deponemmo e lo portammo via. In seguito il dottore ed io imballammo le sue cose... Poi il dottore se ne andò per cercare di dormire un’ora, prima che il treno del mattino arrivasse con la sua consueta percentuale di turisti ammalati.
Finii il mio dispaccio e quando lo portai all’ufficio telegrafico, l’aria era fredda e le stelle stavano già scomparendo in un’altra alba del deserto; nelle città e nei villaggi, fra i campi e lungo il fiume, la vita stava per riprendere ancora una volta….”


Il testo sopra riportato è la semplice cronaca di un avvenimento particolare, ma questo si va ad inserire fra le innumerevoli leggende sorte attorno alla famosa “Maledizione del Faraone”, che aveva causato una quantità di morti “misteriose” fra coloro che avevano avuto l’ardire di andare a “profanare” la tomba di Tutankhamon. Naturalmente non esiste alcuna maledizione e la serie di decessi che si verificarono a quel tempo era dovuta al caso o alle precarie condizioni igieniche dell’Egitto oltre al fatto che la penicillina non era ancora stata scoperta e perciò malattie come polmoniti o influenza non potevano essere efficacemente combattute con antibiotici o simili. Il professor La Fleur morì dunque al Winter Palace Hotel in quella fredda notte di febbraio.
Mi ero spesso chiesto che fine facevano gli stranieri che morivano improvvisamente in Egitto ma a queste domande era difficile dare una risposta, per cui la mia curiosità rimase per molto tempo insoddisfatta.
Attorno al 2000, per tutta una serie di circostanze favorevoli e grazie soprattutto al mio amico Francis Amin Mohareb di Luxor assieme al quale avevo iniziato una ricerca, avemmo la possibilità di portare a termine un progetto riguardante i primi fotografi che operarono in Egitto. In quel frangente appresi che a Luxor esisteva ancora un cimitero cristiano per occidentali e che era curato dai Frati Francescani.
Con la speranza di trovare le tombe di due fotografi italiani, il celebre Antonio Beato e il bolzanino Heinrich Leichter, vissuti e morti entrambi a Luxor, il primo fra il 1860 e il 1905 e il secondo fra il 1895 e il 1940, riuscimmo non senza qualche difficoltà ad effettuare alcuni sopralluoghi al cimitero stesso. La situazione di conservazione del camposanto apparve subito assai degradata. Molte tombe erano state completamente abbandonate a se stesse, lasciate all’incuria del tempo, ai vandalismi e mancavano di qualsiasi indicazione a chi fossero appartenute. C’erano parecchie croci divelte e lapidi in frantumi gettate in un angolo del cimitero, per cui fu presto chiaro che la nostra ricerca non sarebbe stata coronata da successo. Un giorno, tuttavia, vagando fra le tombe ancora in buono stato, ebbi la sorpresa di scoprirne una che portava la dicitura:

“In Loving Memory of
Paul Theodore La Fleur M.A.,
Born at Lausanne 25 June 1860,
Died at Luxor 9 Feb. 1924”

Così, dopotutto, un risultato positivo lo avevo ottenuto: davanti ai miei occhi c‘era la tomba di quel La Fleur la cui morte era stata descritta nel libro di Charles Breasted. Il racconto era così confermato e, se vogliamo, anche la leggenda della “maledizione” aveva una sua piccola “prova”.
Concludo con una notizia piuttosto triste: il vecchio cimitero cristiano per gli occidentali di Luxor non esiste più. Nell’estate del 2009 nel corso delle operazioni di rinnovamento ed espansione urbanistica, (in alcuni casi veramente assurde e prive di qualsiasi logica conservativa), programmate dal governatorato di Luxor, il piccolo e suggestivo cimitero è caduto sotto i colpi del piccone della “civiltà” e tutte le tombe e le lapidi superstiti sono andate completamente distrutte. Che io sappia rimangono solo le mie fotografie e il filmato che feci in occasione dell’ultima visita che effettuai il 9 gennaio 2009.


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