00 19/02/2009 10:22
Riporto dalla Stampa di oggi

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Il direttore del British Museum, Nial Mac Gregor, aveva annunciato la scorsa estate, durante un ricevimento all’Ambasciata italiana di Londra, di voler mettere a disposizione i suoi migliori esperti per il restauro del più importante documento conservato al Museo Egizio torinese.

Ma quando l’inviato del British Museum Richard Parkinson, accompagnato dalla collega Bridget Leach (una delle tre persone al mondo che sa restaurare un papiro) è arrivato lunedì scorso a Torino, ha posto la domanda che ha cambiato tutto: «Potete farmi vedere i frammenti mancanti?». Intorno al tavolo della sala riunioni del Museo Egizio molti non hanno nascosto il loro stupore: se era evidente a tutti che molti frammenti mancavano, nessuno pensava che fossero stati conservati e che fosse ancora possibile trovarli da qualche parte.

Dopo ore di discussioni è stata Elvira D’Amicone, egittologa del ministero, ad avere l’intuizione giusta: se il papiro era arrivato in frammenti al museo, le parti mancanti non dovevano essere troppo lontane. Forse bisognava cercarle nei sotterranei, in quel misterioso magazzino che custodisce abbastanza reperti da allestirci un altro museo, il giorno che ci saranno i soldi per occuparsene seriamente. E infatti erano lì, dimenticati da più di mezzo secolo in un armadio: una mano pietosa ne aveva persino inseriti alcuni tra due lastre di vetro, perché si conservassero senza danni.

«Grazie a questa scoperta - spiegava - possiamo dire che la ricostruzione fatta da Farina è sbagliata. I pezzi andranno ricollocati in un modo diverso, utilizzando anche le tecnologie delle quali disponiamo a Londra. Siamo in grado di fare un lavoro migliore di quello che era possibile più di 70 anni fa».

Eleni Vassilika, la direttrice del museo, è raggiante: «È una scoperta importantissima. È possibile che si debbano rivedere le date delle dinastie e aggiungere nomi di faraoni».