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Sembra che gli Egiziani non esitassero a trattare la sessualità con Humour: per esempio, chiamavano i testicoli “i due che stanno in basso”. L’atto sessuale era collegato alla rigenerazione vitale e quindi non poteva contenere nulla di negativo.
La masturbazione, in accordo con il gesto del dio Atum, nella cosmologia eliopolitana, non era classificata come gesto vergognoso.
L’equiparazione nei diritti fra maschi e femmine riguardava anche il desiderio sessuale, raccontato, per esempio, nel racconto “Verità e Menzogna”, in cui una donna attira a sé un giovane, Verità, solamente perché lei lo desidera.
Nei Templi erano formalmente proibite le relazioni sessuali.
Nel “Libro dell’uscita alla vita” (Libro dei Morti) figurano liste di atti proibiti, sotto forma di confessioni negative; una di queste recitava: “non ho commesso adulterio nei luoghi sacri della città del mio dio”.
L’astinenza era richiesta in certi periodi, in relazione al calendario religioso: l’astinenza era imposta alle “piangitrici che ricoprivano il ruolo di Iside e Nephty durante le esequie.
Alla morte del Faraone, andava rispettata un’astinenza di 72 giorni, cioè fino a sepoltura avvenuta.
Era proibito l’abuso nei riguardi dei più deboli, vecchie e vedove.
Grande rispetto vi era per il partner: nel libro delle massime di Ptahotep, redatte durante l’antico Regno, erano elencate una serie di norme da rispettare, fra cui il rispetto per un’eventuale indisponibilità del partner.
Lo strupro veniva punito dai giudici, come pure la pedofilia.
Nel villaggio degli operai a Deir-el-Medineh, musicisti itineranti e sicuramente prostitute soggiornavano; esse erano riconoscibili per il tatuaggio sulla coscia raffigurante il dio Bes. Durante il Nuovo Regno, vi erano anche case chiuse, chiamate “case della birra”, peraltro mal tollerate dalla popolazione.
L’endogamia presente nelle famiglie reali ha fatto pensare ad una tolleranza verso la pratica dell’incesto, ma nulla permette di affermarlo. La casa regnante poteva praticare l’incesto per motivi di legittimazione o per conservare la purezza del sangue. Questo ricalcava il comportamento degli dei: le coppie Shu-Tefnut, Geb-Nut, Seth-Nephtys e Iside-Osiride. Si deve, tuttavia, tener conto del significato di queste parole, che potevano, allo stesso tempo, indicare gli amanti, i bambini nati dagli stessi genitori. In certi contratti nuziali, le parole “fratello” e “sorella” potevano significare che i due congiunti avevano uguali diritti.
Zoofilia: Erodoto era rimasto scioccato nel vedere un relazione, di tipo rituale, fra una donna e un caprone nella zona di Mendes, dove l’animale era sacro. Si tratta, in ogni caso, di segni portatori di presagi e messaggi divini. In uno dei “Libri dei sogni”, redatto sotto Ramses II, uomini si accoppiano con vari animali: tale segno indicava una felicità familiare, in quanto la vacca è la rappresentazione della dea Hathor.
Poligamia: in genere la norma era la monogamia, pur avendo, alcuni uomini, delle concubine. La poligamia era piuttosto costosa, soprattutto in caso di divorzio, data la parità di diritti fra uomo e donna.
Solamente i faraoni la praticavano, per motivi diplomatici e politici, che imponevano matrimoni con principesse di altri regni.
Adulterio: è condannato in linea generale, in quanto mette in pericolo la leggitimità dei figli. I codici di comportamento morale erano più severi per le femmine che per gli uomini e l’adulterio da parte della donna veniva giudicato dal tribunale. Nel racconto “Cheope e le streghe”, tratto dal papiro Westcar, la punizione per l’adultera era la morte, la cremazione e la dispersione delle ceneri, mentre l’uomo veniva gettato ai coccodrilli. La regola generale, tuttavia, era più tollerante anche per la donna e tutto finiva in un divorzio,
Nelle “massime di Ankhshesong, si trova scritto: “se trovi la tua sposa con l’amante, prendi una donna che più ti convenga”.