In attesa di un approfondimento più dettagliato, ecco cosa pubblica in merito il quotidiano "Il resto del Carlino":
Si tratta di una mummia maschile con le bende quasi completamente nascoste da uno scuro strato di resina, finita da subito all’attenzione dei maggiori studiosi del tempo, tra i quali Johann Joachim Winckelmann (Storia dell’Arte dell’Antichità, Lib. II, Cap. I.5), che ne attribuisce il dono al cardinale Alessandro Albani, e Ennio Quirino Visconti (Il Museo Pio Clementino, Tom. IV, p. 18). Di dimensioni imponenti, in stato conservativo piuttosto buono, questa mummia è considerata allora un esempio ideale della ‘fisionomia’ degli antichi Egizi, ma soprattutto una testimonianza importante e rara della tecnica di mummificazione descritta da Erodoto (Historiae, Lib. II, Cap. LXXXVI) e da Diodoro Siculo (Bibliotheca Historica, Lib. I, Cap. XCI). Sono molte le domande senza risposta riguardanti questo genere di ‘antichità inclassificabili’, considerate talvolta opera dell’uomo, talvolta elemento di natura, e l’esemplare bolognese rappresenta il punto di partenza per molte riflessioni erudite al riguardo. Sopravvissuta alla fine dell’Istituto delle Scienze, che diventa Regio Museo dell’Università nel 1810, e alle indagini conoscitive in bilico tra il reale interesse scientifico e la curiosità morbosa che durante l’Ottocento causano danni irreparabili ad almeno una delle mummie donate da papa Lambertini, nel 1881 la ‘Mummia nera’ è trasferita a Palazzo Galvani nella sezione egiziana del Museo Civico di Bologna. Qui continua a catalizzare l’attenzione di chiunque la osservi per oltre un secolo, sino al 1994, anno in cui viene spostata nei magazzini perché considerata di impatto emotivo troppo forte per il numeroso pubblico scolare che visita la rinnovata sezione egiziana del Museo.