00 08/06/2021 12:14
Re: Re:
Alessandro (2oOD210522), 29/05/2021 16:53:


Non sono molto d'accordo. Una cosa è ricevere un oggetto da una persona, un'altra è impossesarsene senza chiedere il permesso. Il secondo caso io lo chiamo furto. Siamo sicuri che i faraoni precedenti (morti da un pezzo) fossero d'accordo che il loro nome sui monumenti venisse cambiato? Se io cambiassi il nome del colosseo, da anfiteatro flavio ad anfiteatro di alessandro, siamo sicuri che Vespasiano e Tito apprezzerebbero (se fossero vivi)? Posso capire cambiare il nome su un monumento di un faraone di cui sei parente (fratello, padre, nonno ...), ma faraoni di altre dinastie con cui non hai nessun legame?



Ben felice che tu stia partecipando così attivamente al nostro forum, ed è chiaro che sui convincimenti personali c'è poco da insistere, ognuno ha i suoi.
Faccio tuttavia notare che il tuo ragionamento sulla presunta, fraudolenta, "sottrazione" di beni di un altro individuo si basa su concezioni non solo più "moderne", ma anche più "terrene" e non tiene conto di quel che erano i re/faraoni e di come la loro figura istituzionale fosse quella di garanti e protettori del bene più prezioso per l'intero Paese: la Maat, l'equilibrio che, sola, poteva garantire la sopravvivenza del popolo talché il re era "il servo dei suoi servi".
In questo quadro di continuità, e di "modernità", dobbiamo perciò escludere il concetto di Dinastie manetoniane: il re era il successore solo fisico del re precedente asceso alle stelle imperiture, ma garantiva la continuità. Paradossalmente, potremmo dire "il re è morto, viva il re", a indicare che non esisteva soluzione di continuità nel mantenimento della Maat.
e, a ben guardare, neppure i re Hyksos ebbero il coraggio di prescindere da questa continuità tanto che mantennero, ad esempio, la titolatura completa dei cinque nomi e, in campo religioso, non apportarono poi grandi mutazioni limitandosi a sostituire Horus con Seth.
In tal senso (salvo i casi di damnatio), "usurpare" i monumenti di un altro sovrano (non necessariamente il predecessore diretto) era anche un segno di adesione a quella che era stata la sua politica e, lo ripeto, di continuità con la sua opera.
E' in questa continuità, in questo lento scorrere della vita dell'Antico Egitto, quasi sempre uguale a se stessa, che irrompe lo stravolgimento di Akhenaton: l'eresia amarniana è il momento culminante di una politica di allontanamento dal clero di Amon iniziata sotto Amenhotep III con quello che, solo apparentemente, può sembrare il "semplice" spostamento del complesso reale da Niwt a Malqata.
Con l'abolizione dell'antica religione e l'instaurazione della enoteistica religione atoniana, Akhenaton stravolge il concetto stesso di Maat facendo venire meno proprio la sicurezza di sopravvivenza del Paese.
L'accentramento del potere, specialmente economico, nel Palazzo, fece inoltre venir meno l'anello redistributivo costituito proprio dai templi e dal clero. Ovvio perciò che, sotto il profilo più materiale, l'eresia fece crollare il potere, anche economico, del clero amoniano che ne divenne il più temibile nemico.