00 13/03/2010 00:30
Mi permetto di intervenire con un parere da lettrice, "arricchito" (se posso dirlo) da quello ex-professionale di libraia.
Ogni cammino di lettura comprende inevitabilmente anche l'mbito romanzato. Lo vedo sia come un punto di partenza, sia come stacco, necessario, quando si avverte l'esigenza di allontanarsi da letture impegnative.

Nel primo caso, che definire la prima fase (quella di approccio) il romanzo funge da sprone. Alimentando la curiosità su un determinato argomento (un periodo storico o un personaggio preciso, come in questo contesto), accende la volontà di approfondire, invogliando poi a proseguire con la lettura di saggi che ci permettono di comprendere quanto del contenuto romanzato possa essere ritenuto attendibile e quanto, invece, è frutto della fantasia o dell'elaborazione personale dell'autore. Per me è stato così.
La seconda fase, invece, ovvero quando ormai si possiede una preparazione di base o superiore, quando si cercano letture d'evasione, prevede che si tenda a restare vincolati agli argomenti di proprio interesse. Ecco perchè, nel nostro caso, è naturale affrontare la lettura di romanzi ambientati nell'antico Egitto. Lo constatiamo continuamente e credo valga per ognuno di noi. In questo caso, affrontare la lettura di un romanzo storico ha il pregio di affinare il senso critico. E' inevitabile raffrontare quanto riporta il romanzo con quanto effettivamente documentato e quindi confermarlo oppure confutarlo.

I romanzi sono da ritenersi, quindi, di complemento in qualsiasi percorso di lettura, indipendentemente dal tema trattato. E in tal senso, a mio avviso e in base alle mie personali esperienze di lettrice, possono ritenersi altrettanto indispensabili dei saggi.

Se però non è questo il tipo di approccio, se si tende a prender per assodato tutto quanto nel romanzo riportato, senza darsi la pena di verificare... beh... non c'è nulla di più deleterio...