L'Antologia Palatina riporta questo carme dedicato a Ipazia: "
« Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole,
vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto
Ipazia sacra, bellezza delle parole,
astro incontaminato della sapiente cultura. »
(Pallada, Antologia Palatina, IX, 400 )
Ipazia nacque ad Alessandria[4] nella seconda metà del IV secolo; Matematica, astronoma e filosofa. pazia «era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico»
quando Ipazia comincia a insegnare, nell'ultimo decennio del IV secolo, ad Alessandria sono stati appena demoliti i templi dell'antica religione per ordine del vescovo Teofilo, una demolizione che simboleggia la volontà di distruzione di una cultura alla quale anche Ipazia appartiene e che ella è intenzionata a difendere e a diffondere.
La distruzione dei templi di Alessandria e i successivi scontri tra pagani e cristiani prepararono il terreno all'omicidio di Ipazia.
Era il mese di marzo del 415, e correva la quaresima:[69] un gruppo di cristiani «dall'animo surriscaldato, guidati da un lettore di nome Pietro, si misero d'accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno a casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci.[70] Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brani del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli.
A partire dall' Illuminismo, Ipazia viene considerata una vittima del fanatismo religioso e una martire laica del pensiero scientifico. Nel Settecento lo storico britannico Edward Gibbon definì la sua morte una «macchia indelebile». Ipazia fu celebrata in romanzi, poesie, opere teatrali, quadri e, nel 2009, dal film Agora del regista spagnolo Alejandro Amenábar