Khufu rakhaef menkaura, per quel che mi riguarda... Djehutymes pure.. Il punto è più che altro un problema di pubblico.. Se parlo con compagni di corso non ho alcun problema a saltare fuori con uno djehutymes, senza il problema di venire capito o meno.. Il fatto è che se parli al "pubblico", non solo quello profano, ma anche quello più interessato, per quanto non specializzato, per farti capire devi usare il linguaggio più comune possibile.. Da cui va da sé che Thutmosi è certamente più noto di djehutymes, appunto... Così come un Cheope lo è più di un khufu e, per andare ancora più in la, uno zoser lo è più di uno djoser.. È una qustione di pubblico e come si sa, non sto certo scoprendo l'acqua calda, l'egittologia vive molto di "pubblico" .. Propinare in un articolo su una rivista nomi egizi in toto, renderebbe difficile la "lettura" la comprensione e la memorizzazione, abbassando notevolmente l'interesse.. E soprattutto leggere il nome "grecizzato" permette al lettore medio, psicologicamente, di sentirsi più vicino a una cultura, che, altrimenti, con i suoi nomi incomprensibili di difficile lettura e memorizzazione, apparirebbe fin troppo lontana e ostica..
Secondo me, per uno studioso, è bene conoscere e utilizzare entrambe le letture, non solo quindi per amor di tradizione come ho detto più sopra, ma anche per capacita comunicativa: se dovessi in futuro scrivere un articolo in un journal specializzato per un pubblico di colleghi egittologi non mi sognerei mai di scrivere thutmosi, quando dovrò scrivere su una rivista come archeo o storica o via dicendo scriverò il nome egizio fra parentesi affiancato a quello grecizzato (o viceversa) se scriverò su focus o sul corriere della sera mi dimenticherò del nome egizio e mi avvarrò solo del nome grecizzato..
Sperando che un giorno dovrò davvero scrivere articolo da egittologo :)