Le iscrizioni presentate da Crasto, che provengono dal tempio di Amon a Naga, in Sudan, sono in meroitico. Ricordo che la civiltà meroitica si sviluppò in Nubia dopo la fuga del faraone Tanutamon (Tantamani) davanti alle truppe Assire di Assurbanipal. Questa civiltà durò circa 1200 anni, dal 650 a.C. al 550 d.C.. Ora, il meroitico, che non è stato ancora decifrato, si avvale dei segni geroglifici egiziani, però rivisti e reinterpretati. Che vi sia stata una reinterpertazione lo dimostra la scena presentata da Crasto, dove a legare i simboli dell’Alto e Basso Egitto non sono Horus e Seth, come nell’Egitto classico, bensì Horus e Thot. E poi molti segni hanno una fonetica diversa da quella che conosciamo. Così ad esempio l’oca, il segno G39, si legge ‘k’ anziché ‘s3’, e il lago , segno N37, non è ‘S’, (‘sh’), ma ‘r’. Alla luce di quanto detto, si capisce bene che certe situazioni grafiche debbano essere interpretate. Veniamo quindi alle iscrizioni. L’iscrizione A dell’immagine, che si legge da destra verso sinistra, è, nella prima parte, abbastanza chiaro: si tratta del ben noto appellativo di Horus ‘Behedety’; dopo viene ‘neter’ seguito da un segno che interpreterei come un ‘aA’ (segno O29a), traducendo la lucuzione come ‘dio grande’, epiteto questo comune per Horus. Il segno successivo presenta problemi pressoché insormontabili. Potrebbe essere il segno H16a dell’elenco di Hannig, però non sono sicuro. Comunque, essendo una parte del viso di Horus, dovrebbe avere una qualche attinenza con questo dio, visto anche che l’iscrizione si riferisce a lui. Veniamo alla parte B dell’immagine. Il primo gruppo di segni, che si legge questa volta da sinistra verso destra, prsenta il ‘neb’ con sotto sei barrette. Qui bisogna interpretare. Io l’ho visto così: siccome Thot è il ‘Signore degli otto’, questo suo titolo in egiziano classico viene raffigurato col ‘neb’ con sotto otto barrette. Qui, le barrette, sempre alla luce della diversa interpretazione dei segni geroglifici nella lingua meroitica, sono solo sei. ma credo che il principio sia questo. Segue un ‘neb’ con sotto il segno ‘neter’ seguito da un segno misterioso, che non compare negli elenchi che noi conosciamo. Io penso che possa essere un ‘Medu’, cioè ‘parole’: infatti uno dei titoli di Thot è ‘Signore delle parole divine’, che si adatta benissimo a questa iscrizione. Seguono infine i segni M44 (‘spd’, ‘scaltro, abile’) e il ben noto S34, la ‘vita’. La traduzione della locuzione dovrebbe dunque essere: ‘abile nelle cose della vita’, che è un altro titolo di Thot. Parliamo ora dei cartigli. Il cartiglio C, che ho ripreso dalla pubblicazione di Gauthier, tenuto conto della diversa grafia del meroitico rispetto all’egiziano, si legge: ‘n t k m (i) n’, Natakamani, direi. Per il cartiglio D: ‘m (i) n te e r’. Amanitore, moglie del precedente.