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Oracoli in Egitto

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    antonio crasto
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    00 21/12/2008 10:30
    Una pratica diffusa nella cultura egizia, almeno dal Nuovo Regno, era quella dell’oracolo.
    Si demandava cioè a una divinità il responso su una problematica civile o una decisione politica. L’esempio più conosciuto è sicuramente il riconoscimento, da parte del dio Amon dell’oasi di Siwa, dell’incoronazione di Alessandro Magno.
    Non ho trovato molto sia sui libri sia su internet, ma ritengo che i due aspetti vadano considerati in modo differente.
    Il popolo aveva sicuramente bisogno di responsi su cause civili ed è ipotizzabile che il visir, notoriamente incaricato di risolvere le cause di maggior importanza, abbia delegato la casta sacerdotale di risolvere le cause di minor peso nelle varie cittadine. Per dare maggior valenza ai responsi dei sacerdoti, si decise di demandare alla divinità del luogo la decisione definitiva. Fu pertanto deciso di far presentare le domande in doppia forma, positiva e negativa, così che la risposta si potesse esprimere con la scelta di una delle due risposte. Ovviamente i sacerdoti conoscevano le domande e potevano condizionare la scelta della divinità, ma la valenza religiosa portava a una maggiore autorità e liberava i sacerdoti dal risentimento di coloro che si rivolgevano all’oracolo.
    Il secondo aspetto è più interessante. Alcune scelte politiche, quale la scelta dell’erede al trono, avevano bisogno di una valenza divina.
    I primi esempi sembrano trovarsi con la XVIII dinastia. Thutmose I aveva bisogno di far accettare la nomina della figlia primogenita Hatshepsut quale erede al trono. Decise pertanto di ricorrere al giudizio del dio Amon, la cui statua diede un avallo divino alla scelta dell’erede donna. Per motivi che non conosciamo, al momento della successione Thutmose I decise però di nominare il figlio di una concubina, il fratellastro di Hatshepsut, Thutmose II.
    Non sappiamo se questa azione, contrastante l’oracolo di Amon, fu presa in accordo con i figli, ma certamente dovette creare un qualche attrito nella casa reale.
    Al momento della nuova successione, la scena si replicò. La statua di Amon, in processione nel tempio di Karnak, si rivolse al figlio del sovrano, riconoscendolo come futuro sovrano d’Egitto.
    Gli scritti parlano che il dio Amon cercò il bambino nel tempio, ma è probabile che lungo la via della processione si fosse disposta da un lato Hatshepsut con le sue figlie e dall’altro la seconda moglie Isis col piccolo Thutmose.
    In tal caso la decisione del dio in favore di Thutmose III si sarebbe espressa con la rotazione della statua verso un lato, o meglio con la rotazione della testa, così da guardare da una parte o dall’altra.
    Se non vogliamo credere a un movimento miracoloso della statua, dobbiamo ipotizzare che la decisione fu demandata al clero di Amon e che la rotazione della statua o della sua testa sia stata ottenuta con qualche accorgimento. Ovviamente tutti avrebbero creduto al miracolo e la decisione avrebbe assunto una valenza divina.
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    -francis-
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    00 21/12/2008 19:49
    Quando visitammo il tempio di Kom Ombo la guida ci fece vedere un passaggio segreto, sul pavimento di una stanza nei pressi del sancta sanctorumn che portava ad un piccolo nascondiglio nel quale si nascondevano i sacerdoti per dar voce al dio.
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    -Kiya-
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    00 21/12/2008 22:51
    In proposito, ricordo di aver letto su qualche testo enciclopedico (forse quello della dott.ssa Bresciani, ma non sono certa - potrebbe invece trattarsi del volume Tosi/Leospo, dedicato alla vita quotidiana), che effettivamente il momento migliore per formulare le richieste al Dio era proprio durante la traversata della via processionale.
    In tale circostanza, la statua del dio risultava posta in un tabernacolo, a sua volta caricato sulla barca sacra, che veniva portata a spalle dai sacerdoti.
    La valenza della risposta veniva attribuita al movimento del dio, ovvero se questi (quindi i sacerdoti) procedeva in avanti, la risposta era positiva; ma se il Dio retrocedeva allora si era in presenza di un esito negativo.
    Evidentemente il potere dei sacerdoti locali era tale da far ritenere al popolo che i loro movimenti fossero inequivocabilmente controllati dalla divinità medesima, la quale imponeva come agire.

    Altre volte, invece, si utilizzavano pezzi di papiro, oppure ostraka, e si procedeva con una vera e propria estrazione, eseguita da un sacerdote addetto.
    L'oracolo era anche legato ai sogni, in quanto si riteneva che la risposta potesse giungere attraverso questo mezzo.

    Mi pare che si posseggano anche riscontri sul fatto che il Primo Profeta del Tempio, ovvero la massima carica sacerdotale, fosse a carico di un responso oracolare, dietro al quale è pressocchè ovvio ritenere vi fosse il sovrano medesimo.

    L'oracolo veniva chiamato in causa anche in questioni giuridiche, per dare un responso definitivo in situazioni di furto, ad esempio, e la sua risposta era da ritenersi di assoluta valenza effettiva.
    [Modificato da -Kiya- 21/12/2008 22:53]
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    pizia.
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    - ShemsetRa -
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    00 22/12/2008 01:06
    Re:
    -Kiya-, 21/12/2008 22.51:


    Mi pare che si posseggano anche riscontri sul fatto che il Primo Profeta del Tempio, ovvero la massima carica sacerdotale, fosse a carico di un responso oracolare, dietro al quale è pressocchè ovvio ritenere vi fosse il sovrano medesimo.



    Questo è sempre vero nella teoria, però nella pratica può essere successo che il sovrano abbia subito una decisione presa dai sacerdoti.
    Il sovrano è l'unico vero intermediario fra il mondo reale e quello soprannaturale, ma la prassi di delegare la maggior parte delle sue competenze religiose ai sacerdoti finì per limitare di fatto il suo potere.
    I suoi compiti divennero talmente tanti da non essere più controllabili, quindi cominciarono a sfuggire al controllo.
    Ovviamente i sacerdoti ne approfittarono, impadronendosene.
    Immagino che in qualche occasione il re dovette subire le decisioni dei sacerdoti, manifestate anche attraverso gli oracoli.

    E quale occasione migliore delle processioni?
    In fondo erano le rare occasioni in cui il popolo poteva essere spettatore di un rito, altrimenti relegato fra le mura del tempio.
    Così il dramma si diffuse fra i civili.

    Faccio un esempio: i sacerdoti vogliono costruire un nuovo tempio, il re non vuole.
    La discussione può andare avanti in privato fra sacerdoti e re dentro a qualche sala ben lontana da occhi indiscreti, ma se durante una processione una statua del dio si ferma in un posto e non vuole proseguire, i sacerdoti possono cogliere l'occasione per dichiarare davanti al popolo che il dio vuole un nuovo tempio in quel punto.
    In seguito ad un atto pubblico del genere non sarà più possibile opporsi per nessun re, così avranno vinto i sacerdoti.


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    antonio crasto
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    00 22/12/2008 21:15
    A parte le questioni politiche, mi interessa capire come la statua del dio potesse dare il responso.
    Nel caso in cui fosse trasportata sulla barca sacra, come durante la processione fra Karnac e Luxor, i movimenti dei sacerdoti che portavano la barca potevano indicare il responso, ma cosa dire di una statua posizionata in una cappella o nel sancta sanctorum?
    Ritenete possibile che con qualche artificio i sacerdoti facessero parlare e muovere la statua?
    Io ritengo di si. Ritengo ancora che che in qualche modo i sacerdoti facessero arrivare alla bocca della statua la loro voce e che un qualche marchingegno facesse orientare la testa della statua verso colui che avrebbe avuto il responso positivo.
    Stiamo parlando ovviamente di risposte che potevano avere due possibilità, una di due persone o una risposta positiva o negativa.

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    -Kiya-
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    00 22/12/2008 21:20
    Personalmente concordo con l'ipotesi che un sacerdote potesse dar voce alla statua del dio. Non mi pronuncio in merito all'esistenza di marchingegni studiati per applicare il movimento, poichè, allo stato attuale, non ve n'è traccia. Non credi, Antonio, che qualcosa del genere sarebbe pur dovuto scampare alla furia del tempo?
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    antonio crasto
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    00 22/12/2008 22:21
    Ho aperto questa discussione per arrivare a condividere con voi l’idea che è stata prospettata da un utente di un altro forum.
    Ricordate la discussione:

    freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7972857&p=1

    in essa si parlava di una strana appendice che partiva dalla nuca di alcune divinità: Amon, Ptah e Min.
    Ebbene è stato proposto che il supporto fosse in realtà un tubo e che in esso potessero scorrere dei fili per far muovere la testa del dio.
    Alla luce di questa ipotesi ho ritenuto di poter ipotizzare che:

    - la testa della statua potesse ruotare intorno a un perno sistemato nel collo della statua;
    - il movimento rotatorio, a destra o a sinistra, potesse realizzarsi muovendo il tubo come un timone di barca;
    - il movimento fosse realizzato da un sacerdote, nascosto nel sedile su cui era sistemata la divinità;
    - il tubo consentisse ancora di portare la voce del sacerdote fino alla bocca della divinità.

    La statua che effettuava gli oracoli sarebbe diventata il prototipo del dio, per cui nelle rappresentazioni Amon viene sempre disegnato col tubo che gli parte dalla nuca e va a finire nel trono.

    In considerazione che gli oracoli più importanti si svolsero a Karnac e riguardarono in qualche modo la regina Hatshepsut, riporto l’immagine di Amon tratta dal suo obelisco giacente a terra a Karnac in prossimità del lago sacro.
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    pizia.
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    - ShemsetRa -
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    00 22/12/2008 23:27
    Dal punto di vista semantico noi siamo abituati a segni convenzionali non verbali per dire alcune cose:

    sì (affermazione) = oscillazione del capo in su e in giù, il cranio fa perno sull'epistrofeo (seconda vertebra cervicale)
    no (negazione) = rotazione del capo da destra a sinistra e viceversa, il cranio fa perno sull'atlante, (prima vertebra cervicale)

    Questi sono veri e propri segni sostitutivi della parola che indica lo stesso concetto, appartengono al linguaggio, non sono paragonabili alle espressioni del volto descrittive delle emozioni.
    Sono di uso talmente comune e di significato così istintivo, che non mi sono mai chiesta da quanto tempo l'uomo li usa e se gli egizi li conoscessero.
    Vi sembra possibile che li usassero già?
    Potrei chiederlo ad un vero esperto, Umberto Eco, chissà se mi risponde...

    Un'altra cosa.
    Ricordo di aver visto da qualche parte una maschera in terracotta di Anubi, era una sorta di elmo con la testa di sciacallo, con i buchi per gli occhi e una fessura per la bocca, per poter respirare e parlare, veniva indossata dai sacerdoti che impersonavano gli dei in alcuni riti.
    Vista la forma e il peso difficilmente fu impiegata durante i riti di mummificazione da chi eseguiva i lavori, al massimo poteva essere indossata da un oratore per cantare formule magiche imparate a memoria: i buchi sono appena sufficienti per vedere la direzione, ma inadatti per camminare, il peso doveva essere eccessivo per poter sbilanciare troppo il capo, chinarsi o fare qualche lavoro con le mani e le feritoie piccole per garantire una comoda respirazione a lungo.
    Secondo me è possibile che i prelati, da figuranti siano diventati veri e propri interpreti della volontà del dio, usando questa possibilità per dettare le proprie volontà facendole passare per quelle divine.
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    .Bata.
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    per onestà
    00 23/12/2008 08:48
    Come ricorda Pizia ai templi potevano accedere solo gli iniziati e non il popolo.

    Ritengo, quindi, che l'oracolo non si esprimesse con segni o suoni di varia e dubbia interpretazione, visti o uditi direttamente, ma che alla domanda formulata al sacerdote questi, previa opportuna scenografia rituale (ad esempio entrando e uscendo da una cappella), desse una risposta il più attinente possibile alle attese del postulante ma allo stesso tempo attento che in essa potesse celarsi una doppia interpretazione.

    Quello che succede ancora oggigiorno con i vari maghi televisivi.

    Diversa si configurava, invece, una domanda posta dal sovrano che era direttamente in contatto con il dio e al quale nessun tempio era precluso.

    In questo caso entrava in gioco l'abilità "politica" del Gran Sacerdote che, in questo modo, influenzava le scelte del re e a lui si sostituiva.

    Ciao, BATA.
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    -Kiya-
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    Sacerdotessa
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    00 23/12/2008 14:02
    Re:
    antonio crasto, 21/12/2008 10.30:

    Una pratica diffusa nella cultura egizia, almeno dal Nuovo Regno, era quella dell’oracolo.




    Credo che l'epoca di riferimento possa ritenersi sintomatica e il fatto citato possa essere evocato a conferma di un momento di cambiamenti, soprattutto a favore della casta sacerdotale.
    E' noto infatti che il clero acquisì un certo potere proprio durante la XVIII dinastia, potere che gli permise di arrogarsi certi diritti. Penso quindi si possa affermare che le pratiche oracolari ebbero un maggior sviluppo a quell'epoca proprio perchè fino ad allora i sacerdoti avevano avuto una sfera d'azione più ristretta.

    Un altro fatto che, probabilmente, portò all'episodio della riforma Amarniana. Non è, del resto, difficile intuire quale potere decisionale raggiunsero i sacerdoti all'interno del Regno potendo addirittura avvalersi del giudizio del dio. Giudizio certamente manipolato a loro favore.
    Un'autorità che inevitabilmente dovette entrare in conflitto con quella del Re.


    .Bata., 23/12/2008 8.48:

    Come ricorda Pizia ai templi potevano accedere solo gli iniziati e non il popolo.




    Questo è vero, ma solo in parte.
    Ci sono riscontri che riguardano la XVIII e la XIX dinastia, a proposito dell'esistenza di aree templari in cui l'accesso era ammesso anche al popolo, proprio per poter ricorrere all'interrogazione dell'oracolo.
    In questa fase, furono istituiti addirittura degli "intermediari" oracolari, ovvero delle statue riproducenti defunti divinizzati che fungevano da tramite tra il popolo e il dio, quando quest'ultimo non era accessibile direttamente. Esse venivano precisamente collocate nei recinti del Tempio, affinchè chi ne avesse necessità potesse accedervi e formulare direttamente le proprie richieste (riscontri effettivi si hanno nel tempio di Karnak; si tratta di rilievi risalenti all'epoca di Ramessse II che mostrano chiaramente che il popolo, o una piccola rappresentanza di esso, avesse accesso a quell'area templare).
    Uno di questi "intermediari" fu anche Amenhotep, figlio di Hapu.
    Non solo defunti divinizzati, ma alcuni sovrani, divenuti assai popolari per gesta specifiche, furono elevati alla posizione di "intermediari" oracolari, affinchè potessero, con la loro benevolenza, mediare tra il popolo e il dio supremo. Un esempio riguarda Amenhotep I e gli abitanti del villaggio di Deir el Medina.


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