00 01/06/2008 09:51
Per proseguire sul problema filologico sollevato da questo racconto, sopravvissuto grazie alla testimonianza di Erodoto, bisogna fare alcune considerazioni sulla struttura della narrazione.

Volendo riassumere con poche parole la trama ci si rende subito conto della costruzione complessa che sottende: una serie di scene si susseguono, anche con ampio spazio di tempo fra l’una e l’altra, e una ricchezza di particolari rende il tutto collegato da una rete di fili invisibili, quando una scena volge al termine e pare sia giunta la fine della storia, ecco intervenire un altro espediente che rimanda all’episodio successivo.

Questo è il risultato evidente di aggiunte posteriori ad una storia di base, che viene arricchita di volta in volta, stratificando gli interventi successivi uno sull’altro, oppure dell’unione fra varie storie preesistenti in una unica, alla quale viene dato, in fase di accorpamento, un assetto continuativo, più o meno coerente.

Tali operazioni non sono del tutto spontanee, talvolta sono proprio volontarie!

Per analogia, utilizzo per la divisione i termini della composizione teatrale, quindi uso “atto” anziché “scena”, perché “scena” sarà un’ulteriore sottoinsieme.

Atto I- L’architetto costruisce il palazzo del re e lascia un segreto in eredità ai figli.
Atto II- I figli-ladri sfruttano il segreto e rubano finché uno rimane in trappola.
Atto III- Il ladro superstite recupera il cadavere del fratello.
Atto IV- Il re recluta la figlia per la cattura del ladro.


Questi quattro atti costituiscono da soli singole favole perfettamente compiute, di ognuna si possono ipotizzare anche differenti conclusioni, infatti, per essere ricollegate fra loro sono state probabilmente manipolate un po’ agli estremi.

Altra considerazione importante da fare sulla favola antica riguarda la difficile individuazione del mittente e del destinatario.

Chi era colui che narrava e a chi era destinata la narrazione? Certamente non si tratta di genitori che raccontano storie ai figli per farli addormentare o star bravi e le complicazioni non sono state inventate perché questi ultimi soffrivano d’insonnia!

Ma sullo scopo della favola antica mi dilungherò in seguito.

Salta subito all’occhio che la prima ha qualcosa di familiare, di diverso dalle altre.
Il protagonista non è un ladro, anzi, dapprima non si parla proprio di ladri, la storia sembra attinente a tutt’altro argomento, cioè i segreti delle costruzioni, il mestiere dell’architetto (che è in una parola anche ingegnere, scriba, filosofo, teologo ecc.) come appoggio fondamentale della maestà divina del re.

Insomma, ha tanto il sentore di Antico Regno.

Quando infatti nascono le storie sulle costruzioni, sui segreti, che altro non sono che quanto attualmente viene indicato con “tecnologia”?
E’ dell’Antico Regno la storia, quasi rasente al mito, in cui si parla delle famigerate stanze di Thot, ed è logico attribuire a questo periodo un ampio proliferare di aneddoti su questo nuovo personaggio salito alla ribalta, l’architetto.

Il re, divino egli stesso, agli dei equiparato, comincia a demandare ad alcuni sudditi di fiducia alcuni suoi compiti e la diversità fra questo ed altri già trasferiti colpisce il sensibile animo dell’uomo egizio; una certa differenziazione di compiti e specializzazione nei lavori è innegabile esistesse già nel predinastico, ma le figure amministrative e religiose, che affiancano il re, traggono direttamente dai suoi insegnamenti le competenze per eseguire il loro lavoro. Naturalmente non si tratta di lavori di manovalanza, gestiti dalla popolazione ordinaria, ma delle funzioni militari, amministrative e religiose.

Immagino che il problema fosse già evidente ai tempi di Djoser e Imhotep, forse l’architetto sapeva qualcosa che il re non sapeva, aveva compiuto studi e scoperte sue, aggiungendo conoscenze al “corpus” ricevuto e per questo in seguito fu divinizzato anch’egli.

Dunque assegnerei il nucleo iniziale della storia all’Antico Regno, IV dinastia, perché generalmente i figli raccontano già le storie dei padri come miti, quindi non è necessario aspettare molto tempo dopo la realizzazione delle piramidi più grandi, però le idee sul potere segreto delle conoscenze degli architetti già circolavano durante la terza.