00 26/09/2006 23:23
Re: Re:

Scritto da: Teie 25/09/2006 18.54

Sono molto d'accordo con quanto dici Etnahotep. E sono d'accordo che non ha mai avuto nessuna pretesa a far passare per storico quanto ha scritto. Un romanzo è un romanzo.
E secondo me è anche ora di finirla con tutto questo antijacquismo dilagante, a qualcuno da solo fastidio che abbia molto successo e il coro segue la musica. Scusate ma è così.

Teie



il vero pregio di Jacq, a mio avviso è uno e uno soltanto: l'aver avvicinato milioni di persone alla storia dell'antico Egitto, appassionandoli col suo "Ramses". Questo è il potere dei romanzi, ma non deve restare fine a sè stesso per essere anche un "valido" movente.
Ciò che intendo dire è che se chi a suo tempo lesse il romanzo suddetto si è poi preso la briga di andare oltre, di approfondire e di farsi una cultura reale su ciò che è stato questo antico popolo, allora benvenga. Ma, laddove ci si limita a leggere un romanzo storico (detto tale, perchè tratta di argomenti del passato realmente accaduti, ma elaborati dalla fantasia dell'autore) e poi si avanza la pretesa di conoscere la realtà, allora decade anche il lato positivo di un'opera di tal genere.

In base a ciò, da lettrice e da libraia, concordo nel dire che un romanzo è un romanzo. Ma va preso per ciò che è: un prodotto di fantasia, il più delle volte. E per farlo bisogna maturare conoscenza dell'argomento. Diversamente non si raggiungerà mai la capacità critica per dividere ciò che è reale da ciò che è frutto della fantasia dell'autore che ha voluto metterci del suo o semplicemente "colorire" la trama. Ragion per cui, sovente, mi ritrovo a rileggere le stesse opere a distanza di anni. Maturando esperienza e incrementando le mie conoscenze in termini storici ogni volta che riprendo in mano un romanzo già letto è quasi come leggerne uno nuovo. Colgo aspetti, sfumature, avvenimenti che in prima battuta, per mie mancanze, mi erano sfuggiti e sono in grado di stabilire se ciò che leggo è realmente accaduto oppure è meramente inventato.

Non si tratta di "antijacquismo dilagante", come lo definisci tu.
Se proprio dovessi invidiare il successo di un autore, invidierei quello di Smith, i cui romanzi storici dedicati all'Egitto sono qualitativamente decisamente superiori in termini di contenuti rispetto a quelli di Jacq.... sebbene siano romanzi in buona parte nati dalla fantasia dell'autore.

E' solo questione di gusti di lettura: c'è chi apprezza Jacq (ed io rispetto il suo favore) e chi invece da un "sedicente" egittologo si attende qualcosa in più....