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Il tempio di Hathor che sorge isolato al margine del deserto occidentale, è il motivo per cui Dendera è di gran lunga la località più visitata di tutta la valle tra Menfi e Tebe. Anche se dalle iscrizioni si apprende che un tempio esisteva al tempo di Cheope, l'attuale interessantissima costruzione è tarda: la grande ipostila fu decorata al tempo di Augusto e di Nerone e il retrostante complesso risale al II secolo d.C..






La porta della cinta che racchiudeva gli edifici sacri porta i cartigli degli imperatori Domiziano e Traiano. Poichè il luogo si trova nell'ansa del Nilo a valle di Tebe, il fiume scorre qui da oriente a occidente e la facciata del tempio rivolta al Nilo guarda a Nord invece che a levante. Sei colonne, riunite da muri fino a mezza altezza, formano la facciata, dietro la quale vi è la sala ipostila con altre diciotto maestose colonne; i capitelli a testa di Hathor hanno la forma di sistro, strumento dedicato alla dea che in forma di vacca appare tre le piante nelle paludi della creazione.

Nel naos retrostante vi è una seconda minore ipostila, o sala delle offerte, con cappelle ai lati. Una di queste ha le pareti ricoperte di ricette per la preparazione dei balsami e degli olii con cui si ungeva la statua della dea. Un vestibolo immette nel santuario che conteneva il naos o custodia della statua della dea e delle barche sacre. I rilievi della decorazione illustrano le fasi del rito. Attorno al santuario un corridoio dà accesso a undici cappelle. Particolarità sono le cripte decorate ricavate su tre piani nello spessore della muratura esterna, nascondigli degli emblemi e degli strumenti del culto nonchè delle ricchezze in metalli e pietre preziose. Accanto al tempio di Hathor vi sono altri edifici o ruderi di grande interesse. Dietro vi sono le rovine del tempio della nascita di Iside; nell'angolo sud-occidentale, il lago sacro dove venivano celebrati i misteri del culto di Osiride, ossia la passione, la morte e la resurrezione del dio in un'azione scenica e liturgica; a destra della facciata, i resti in mattoni del "sanatorium" in cui i malati cercavano guarigione bagnandosi nelle acque sacre o dormendovi nell'attesa di un divino sogno risanatore. Più notevoli sono tuttavia ad ovest, tra la porta di Domiziano e Traiano e la facciata del tempio di Hathor, due "case della nascita" o mammisi - secondo la denominazione in copto data da Champollion - una di Nekhtnebef (Nectanebo I) e l'altra di epoca romana. Il significato di questi edifici è chiarito dai rilievi che li decorano: nozze sacre e nascita del figlio divino, ovvero allusione alla fase giovanile degli dei creatori.



Panoramica del complesso templare (Ricostruzione)




Tratto da "Guida alla civiltà dell'Egitto Antico" di Francesco L. Nera, ed. Mondadori
[Modificato da -Kiya- 29/08/2013 05:45]