00 15/07/2020 23:07
Ciao a tutti! Negli ultimi mesi non ho scritto nulla, tra lo studio per la scuola, per i test, ecc... nel mentre, comunque, ho dato ogni tanto un'occhiata ai nuovi thread per non restare troppo "indietro". Ad ottobre inizierò l'università (Archeologia del Vicino Oriente antico, com'è ovvio: so bene della precarietà della carriera universitaria, ma mi sento pronto a correre il rischio) e spero quindi, da allora in poi, di riuscire a contribuire al forum perlomeno ai ritmi di un tempo. Chiudo questa breve premessa salutandovi tutti con il cuore e sperando che questi ultimi mesi siano trascorsi in maniera quantomeno tollerabile, per quanto fosse possibile. [SM=x822731]

Di Pietro Testa c'è un'altra monografia dal respiro più ampio, acquistabile anche nello store del ME di Torino:
P. Testa, La giustizia nell'Antico Egitto, ed. Saecula, ISBN 9788898291-57-1, pp. 359
La bibliografia conta 28 testi, includendo anche "Cospirazioni e furti nell'Egitto della XX dinastia", altri suoi due testi, quattro grammatiche tra cui quella dell'Allen e quella del Gardiner; comunque, tratta diversi temi e presenta soprattutto tante traduzioni di testi.
Per quel che riguarda le pene corporali, Testa fa riferimento alle pratiche di testimonianza: in caso di reati gravi, come il furto nelle tombe, i testimoni e gli imputati erano "esaminati con bastonatura" e altri mezzi convincenti (nei testi antologizzati spesso ricorre l'espressione 100 n zxt (si specifica dunque il numero delle bastonate). per l'adulterio si parla invece non solo di taglio del naso e delle orecchie, ma anche di deportazione a Kush (così è nel papiro DM27, della dinastia XIX, per cui Testa rimanda a Kitchen K.A., Ramesside Inscriptions Historical and Biographical, V, 578 segg.)

Nel capitolo sul furto ritorna la punizione delle 100 bastonate. Nell'Ostracon Nash II (Cerny J- Gardiner H.A., Hieratic ostraca, Oxford, 1957, tavv. III-IV), due personaggi chiamati in causa pronuncia una formula che mi sembra dal sapore consuetudinario: "Come è vero che dura Amon, come è vero che dura il Governatore - vita, forza, solidità! - colui la cui tremenda potenza arriva fino alla morte del Faraone - vita, forza, solidità! - ciò che diremo sarà il vero per il Faraone - vita, forza, solidità - ! Non diciamo il falso, ma se diremo il falso saremo battuti con 100 colpi di bastone (...)".
Nell'Ostracon Nash I (Cerny-Gardiner, tavv. I-II) si riporta una pena di morte inflitta a una donna accusata del furto di alcuni strumenti di Deir el-Medina; ma più interessante della pena di morte in sè, sarebbe bello approfondire il valore che nel villaggio si dava agli strumenti concessi "in comodato d'uso" dallo Stato. Sarà per il valore in sè dei materiali o piuttosto per una questione, se così si può dire, di rispetto nei confronti del potere? Spero mi possiate illuminare a riguardo, ma forse si tratta di un argomento da discutere in una nuova discussione...


Erano mesi (quasi un anno) che non lo scrivevo, per cui con molta gioia vi dico:
Ciao. [SM=x822709]