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La mummia di gatto conservata nel museo di Parma era stata acquistata da un antiquario nel XIX secolo insieme alla maggior parte degli altri manufatti della collezione egizia del museo. Protettore della casa, amatissimo dagli Egizi per la sua abilita' di cacciatore di topi, a partire dalla XXII Dinastia (945-715 a.C.) il gatto inizia ad essere considerato incarnazione degli dei e l'esemplare femmina, in particolare, il rappresentante in terra della dea Bastet. Templi a lei dedicati cominciano a sorgere in tutto l'Egitto, primo fra tutti quello costruito nella citta' di Bubastis, lungo il Nilo, nel Basso Egitto. Nei primi tempi, al momento della morte, il gatto veniva mummificato e sepolto all'interno del tempio in fosse comuni ma a partire dal III sec. a.C. si comincia ad allevare appositamente gli animali vicino ai templi per farne mummie che i devoti acquistavano per lasciarle nei templi come offerte. Gli scavi archeologici hanno recuperato migliaia di mummie di gatti morti prematuramente o in maniera innaturale, soprattutto micetti tra i due e i quattro mesi di eta', sacrificati in gran numero perche' piu' adatti alla mummificazione. Secondo l'archeologa della Soprintendenza Roberta Conversi questo e' certamente il caso della mummia-gatto del Museo di Parma. Il reperto e' di accurata realizzazione ed elevata qualita'; all'interno del bendaggio c'e' l'intero corpo del gatto mentre non e' infrequente trovare solo una parte dell'animale, se non pezzi di un altro o addirittura il semplice fantoccio, senza nulla dentro. Le bende sono disposte in modo da formare motivi geometrici mentre gli occhi sono dipinti con inchiostro nero, su piccoli pezzi tondi di benda di lino. I mercati egizi offrivano vari modelli di mummie-gatto realizzati per soddisfare le richieste dei clienti devoti, dalle versioni "economiche", che potevano contenere solo una parte dell'animale o addirittura essere involucri vuoti, a mummie di alta qualita', molto curate, con animali interi e bendaggio dipinto. Il reperto del museo di Parma fa certo parte dei "modelli" piu' preziosi, acquistato da un egiziano devoto a Bastet che, recandosi al tempio, ha scelto una mummia di gatto di prima qualita', e quindi anche di un certo costo, per offrirla alla Dea. Le radiografie eseguite da Giacomo Gnudi, veterinario radiologo dell'Universita' di Parma, mostrano che il gatto e' stato fasciato in modo da occupare il minor spazio possibile, con le costole compresse e gli arti anteriori posti molto vicino al torace; una frattura/foro nel cranio sembra inoltre confermare l'ipotesi di una morte innaturale. Tutti i dati, archeologici e radiologici, concorrono a rendere la mummia di gatto del Museo Archeologico Nazionale di Parma un reperto di grande importanza e interesse scientifico.
L'auspicio della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna e' che qualcuno si faccia avanti per supportare il delicato intervento restauro indispensabile alla sua futura esposizione.


[fonte: www.agi.it ]