La Nascita delle Civiltà

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emilioraffaele
00martedì 7 giugno 2011 19:10
La Mezzaluna fertile
 

Nascita delle Civiltà

 

C'è un argomento che, più degli altri, mi appassiona profondamente e riguarda la nascita della Civiltà Egizia nella Valle del Nilo. Ho sempre pensato che, in un globo terrestre per gran parte attanagliato dal gelo dell'ultima glaciazione, l'Egitto avrebbe potuto essere una delle Regioni favorite dalle condizioni climatiche adatte ad ospitare la rivoluzione neolitica. E probabilmente è stato così.

 

Il nostro desiderio di sapere e di conoscere, privo per molti di noi (diciamo quasi tutti) della possibilità di esperienze sul campo, viene alimentato e soddisfatto dagli studi svolti da altre persone: scienziati, antropologi, storici, che ricostruiscono, nell'insieme, la storia degli Uomini antichi. E bisogna ammettere che l'attendibilità delle informazioni acquisite, specie negli ultimi anni, è notevolmente aumentata, grazie anche ai nuovi strumenti scientifici a disposizione.

 

Ora vi prego di regalarmi qualche minuto della Vostra attenzione, perché ho un grande desiderio di condividere con voi la lettura di un articolo pubblicato su National Gegraphic di questo mese e che mi ha dato molto da pensare, ed ha fatto modificare la mia visione dell'evoluzione delle civiltà del Mediterraneo, mettendo un po' a nudo le mie carenze in materia di storia ed archeologia, di tutta l'area non solo del Mediterraneo.

 

Sto parlando delle scoperte effettuate presso il sito di Gobekli Tepe, nel sud della Turchia. Ho avuto l'occasione di fare un ampio giro in questa meravigliosa nazione e credo che le scoperte archeologiche siano solo all'inizio. Ora sono convinto che le scoperte effettuate, siano in connessione con la storia archeologica di tutti i paesi collocati nella cosiddetta Mezzaluna fertile, che si incuneava tra montagne e deserti, oltre gli attuali confini dell'odierna Turchia a occidente ed a nord (fino ai primi rilievi montagnosi), all'Iran ad oriente, estendendosi, fino alla Giordania, ma delimitato a sud dall'inclemente deserto siriano. In questo enorme territorio, favorito dalle condizioni metereologiche modificate, gli uomini del Neolitico selezionarono le loro sementi dalle erbe selvatiche ed impararono ad addomesticare gli animali, passando dall'attività di cacciatori-raccoglitori a contadini.

 

Personalmente, fino ad ora, pensando al periodo Neolitico egizio, ragionavo sulla base dei ritrovamenti delle tombe e dei reperti ceramici, datati a seconda degli stili di decorazione e delle tecniche di cottura e lavorazione. Ma è esistito un periodo pre – ceramica? Ebbene si, almeno a Gobekli Tepe e nonostante ciò, 11.600 anni fa, sette millenni prima della grande Piramide diGiza, sono vissuti uomini che sono stati in grado di edificare il più antico tempio sinora conosciuto.

 

Questo tempio ricorda vagamente Stonehenge, ma è edificato con pilastri di calcare finemente scolpiti a bassorilievo: una sfilata di gazzelle, serpenti, volpi, scorpioni, cinghiali selvaggi. All'epoca della costruzione, la grande maggioranza degli esseri umani viveva in piccoli gruppi nomadi che si sostentavano raccogliendo piante commestibili e cacciando animali selvatici. Per erigere il tempio, probabilmente fu necessaria la presenza nello stesso luogo, di più persone, di quante se ne fossero mai radunate insieme prima di allora. E la cosa straordinaria è che riuscirono a tagliare, scolpire e trasportare per centinaia di metri, pietre da 16 tonnellate, pur non avendo bestie da soma, né ruote. I pellegrini che arrivavano al santuario, vivevano in un mondo che non conosceva la scrittura, né i metalli, né il vasellame; a chi saliva dal tempio, quei pilastri incombenti dovevano apparire come giganti irrigiditi e gli animali scolpiti sulla pietra, tremolanti alla luce dei falò, come emissari di un mondo spirituale che forse la mente umana cominciava solo allora a concepire. Torniamo allo scavo di Gobekli Tepe. Il sito fu individuato a metà degli anni '90, grazie all'archeologo tedesco Klaus Schmidt, pochi centimetri sotto la superficie, lo studioso trovò una pietra scolpita in maniera elaborata e poi altre. Erano pilastri verticali disposti ad anello, col tempo furono messi in luce altri di questi anelli. Un rilievo geomagnetico effettuato nel 2003, ha svelato che nel sottosuolo restano almeno 20 anelli di pilastri ammucchiati alla rinfusa. I più imponenti misurano 5,4 metri e pesano 16 tonnellate. In un'altra zona della collina, è stata ritrovata la più cospicua raccolta di utensili di selce mai vista. I pilastri a T, secondo lo scopritore, sono esseri umani stilizzati: a confermarlo sarebbero le braccia scolpite che scendono ad ancolo dalle spalle di alcuni di essi, con le mani puntate al ventre, coperto da un perizoma. Le pietre guardano verso il centro dell'anello, come in un'assemblea o in una danza, forse è la rappresentazione di un rito religioso.

 

Nell'8200 il sito era già stato abbandonato. Gli archeologi non hanno trovato traccia di abitazioni. Per scolpire ed erigere i pilastri, occorsero probabilmente centinaia di persone, eppure sul posto non c'era acqua, né sono state ritrovate tracce di attività agricola, di cucine comuni o di semplici fuochi da campo. Gobekli Tepe non era altro che un centro cerimoniale, i suoi abitanti, se mai ve ne furono, erano tutti addetti ai lavori. A giudicare dalle migliaia di ossa di gazzelle e uro, gli operai venivano sfamati con selvaggina cacciata altrove e poi portata fin lì. Insomma i costruttori del tempio erano cacciatori raccoglitori ed è stato come scoprire che qualcuno si era costruito un Boeing 747 in cantina, con un coltellino.. Il sito appare allo stesso tempo come il precursore di una civiltà nascente e l'ultimo grande simbolo di un passato nomade che stava per scomparire.

 

Ora parliamo un momento di Gordon Childe, australiano trapiantato in Gran Bretagna, estroverso e marxista appassionato. Fu lui, negli anni '20, ad inventare il concetto di rivoluzione neolitica.

 

La specie Homo Sapiens apparve circa 200 mila anni fa e per gran parte dei millenni successivi, subì piccoli mutamenti. Gli uomini vivevano in piccoli gruppi itineranti di cacciatori- raccoglitori. Poi avvenne il mutamento, la vera rivoluzione. Come folgorata da un'ispirazione improvvisa, una parte dell'umanità voltò le spalle alla vita di caccia e raccolta ed abbracciò l'agricoltura. Per coltivare i campi gli uomini dovettero smettere di girovagare e stabilirsi in villaggi permanenti, dove misero a punto nuovi utensili ed inventarono la ceramica. Per migliaia di anni gli uomini e le donne avevano vagobandato armati di rozzi strumenti di pietra, tagliando le spighe dei cereali e portandosele nel loro rifugio. Forse curavano e proteggevano piccoli campi, ma si trattava comunque di piante selvatiche. L'agricoltura nacque quando gli uomini cominciarono a coltivare , su terreni vasti e appositamente liberati dall'altra vegetazione, piante che, a causa di una mutazione, non si rompevano maturando. La popolazione crebbe vertiginosamente . In queste società era più facile scambiarsi le idee, così che anche il tasso di innovazione sociale e tecnologica, subirono una crescita repentina, facendo fiorire l'arte e la religione, segni distintivi della Civiltà.

 

Solo una ventina di anni fa, la maggior parte degli studiosi era convinta di conoscere l'epoca, il luogo e la sequenza temporale in cui, grosso modo, si sviluppò la rivoluzione neolitica, il passaggio cruciale che determinò la nascita dell'agricoltura e fece si che gli Homo Sapiens, prima sparsi in piccoli gruppi, si radunassero nei primi villaggi agricoli, per poi fondare società tecnicamente raffinate, con grandi templi, torri, re e sacerdoti, ma il quadro è stato recentemente ridisegnato. Si riteneva (come riteneva Childe) che la rivoluzione neolitica fosse un evento unico, un colpo di genio improvviso, che si era verificato in un unico luogo, la Mesopotamia, tra i fiumi Tigri ed Eufrate, per poi diffondersi in India, in Europa ed oltre. L'idea prevalente fra gli archeologi, era che l'improvviso sbocciare delle civiltà, fosse in gran parte dovuto a cambiamenti climatici: il graduale riscaldamento, alla fine dell'era glaciale, avrebbe permesso, ad alcuni popoli, di iniziare a coltivare piante ed allevare animali in abbondanza. Le nuove ricerche, invece, fanno ipotizzare che la rivoluzione sia avvenuta per opera di molte persone, su un'area molto vasta e nell'arco di migliaia di anni. Già negli anni '50, dall'altro capo della Mezzaluna, quello occidentale, arrivarono scoperte che modificavano il quadro. Nell'area che oggi comprende Israele, i territori Palestinesi, Libano, Giordania e Siria occidentale, alcuni archeologi portarono alla luce insediamenti che risalivano anche al 13.000 a.C.. Questi villaggi, detti Natufiani, sorsero verso la fine dell'ultima glaciazione, quando il clima della regione cominciò a farsi relativamente caldo e umido. La scoperta dei Natufiani fu la prima crepa nella teoria della rivoluzione neolitica di Childe. Secondo lo studioso, l'invenzione dell'agricoltura era stata la scintilla che, determinando la nascita dei villaggi, aveva acceso il fuoco della civiltà. Ma i Natufiani, pur vivendo in insediamenti fissi abitativi, anche da centinaia di persone, non erano agricoltori, ma cacciavano gazzelle e raccoglievano segale, orzo e frumenti selvatici. Intorno al 10800 a.C. le temperature della regione calarono di circa 7 gradi e per 1200 anni, rendendo più arida tutta la Mezzaluna fertile. Alcuni insediamenti tentarono di adattarsi alla maggiore arrdità. Apparentemente gli abitanti di Abu Hureyra, un villaggio nell'attuale Siria settentrionale, provarono a coltivare varietà locali di segale, forse riuscendo a selezionare chicchi più grandi, rafforzandone le qualità. Molti studiosi sono giunti alla convinzione che l'agricoltura avesse messo piede anche in altri siti vicini, come Mureybet e Tell Qaramel. In sostanza i siti natufiani scoperti nel Levante, facevano pensare che il primo passo fosse stato l'insediamento in villaggi e che l'agricoltura fosse nata più tardi, come una risposta alla crisi climatica. L'idea che la rivoluzione neolitica fosse stata innescata dai cambiamenti climatici, ha trovato grande eco negli anni '90, però diversi studiosi la trovano fondata su prove troppo deboli, anche perché i siti menzionati, prima di poter essere esaminati a fondo, sono stati sommersi a causa della costruzione di una serie di dighe.

 

In conclusione, gli antropologi sostengono che, a creare la svolta, fu la religione organizzata, nata per allentare le tensioni che inevitabilmente sorsero quando i cacciatori-raccoglitori divennero agricoltori stanziali e crearono società di grandi dimensioni. In confronto ad un gruppo nomade, la società di un villaggio doveva porsi obiettivi di lungo periodo, più complessi, come la conservazione delle granaglie e la manutenzione delle abitazioni permanenti.. Per proseguire questi obiettivi, gli abitanti dei villaggi dovevano sentirsi impegnati in un'impresa collettiva. La religione servì forse a giustificare le gerarchie sociali che si creavano in una società più complessa: a chi saliva al potere, veniva attribuito un legame con gli dei.

 

L'interpretazione che Schmidt dà delle scoperte di Gobekli Tepe, capovolge questo scenario. La costruzione di un tempio imponente da parte di un gruppo di cacciatori – raccoglitori, indicherebbe che la religione organizzata sia nata prima dell'avvento dell'agricoltura e di altri aspetti caratteristici della civiltà. Ciò sarebbe avvenuto quando i cacciatori si insediarono nei primi villaggi, creando inevitabilmente un confine netto tra il mondo deegli uomini ed il pericoloso territorio, popolato di belve micidiali, che si estendeva là dove non arrivava la luce del falò.

 

Gli studiosi ritengono che, proprio nel periodo di massimo fulgore del tempio, sorse nella Turchia meridionale, un centro agricolo da cui il sito poteva essere raggiunto a piedi. Oggi i più prossimi antenati selvatici del moderno Farro, crescono sulle pendici del Karaca Da, un monte

a 96 km dal sito. In conclusione, il passaggio all'agricoltura celebrato da Childe, potrebbe essere stato determinato da un'esigenza radicata nel profondo della psiche umana...dalla sete che ancora oggi spinge tanti uomini e donne a viaggiare per il mondo.

 

Sito:

http://www.nationalgeographic.it/dal-giornale/2011/05/27/foto/national_geographic_giugno_2011-351266/2/

 

 

 

Hatshepsut76
00martedì 7 giugno 2011 19:53
Molto interessante, Dario, complimenti! Proprio stasera, sul treno di ritorno dal lavoro, ho iniziato a leggere il libro di Massimo Baistrocchi, Antiche civiltà del Sahara, e nell'introduzione cita soltanto il sito del Gobekli Tepe. Ciò non toglie, però, che nella trattazione effettiva ne parli diffusamente.
pizia.
00martedì 7 giugno 2011 23:07
Fantastico, me lo procurerò, Gobekli Tepe mi ha incuriosito subito, dal momento della scoperta.
Allora molti erano gli interrogativi e pochissime le risposte, sarà interessante leggere i risultati delle prime interpretazioni e la loro critica.
Intanto ecco qui la vecchia discussione sull'importante sito:

Turchia: Gobekli Tepe, ritrovato il tempio più antico
Hatshepsut76
00martedì 7 giugno 2011 23:29
Re:
pizia., 07/06/2011 23.07:

Fantastico, me lo procurerò



Ne vale la pena, credimi! Al di là del fatto che parli o meno del sito in questione, è una lettura interessante; te lo dimostra l'indice che ho inserito subito dopo la presentazione del libro. Ed anche le foto, tutte in b/n sono interessanti


emilioraffaele
00mercoledì 8 giugno 2011 08:39
Gli aspetti innovativi sono almeno tre e riguardano anche la Terra del Nilo:

1) sono esistite civiltà che hanno prosperato ancor prima dell'"invenzione" della Terracotta;

2) le religioni hanno sancito regole prestabilite all'interno delle comunità;

3) la fine del Neolitico non è stata propiziata da favorevoli cambiamenti climatici, ma è dipesa dall'evoluzione delle capacità cognitive dell'Uomo.
pizia.
00mercoledì 8 giugno 2011 13:14
La stanzialità perde la sua importanza fondamentale, così come l'introduzione dell'agricoltura, nel determinare il passaggio dal paleolitico al neolitico dunque [SM=x822713]
emilioraffaele
00giovedì 9 giugno 2011 16:02
 

Cara Pizia, la mia attenzione a notizie e ritrovamenti riguardanti il Neolitico” è molto grande, tanto che ne faccio un po' una ricerca esistenziale che non arriverà alla fine; pertanto, al di là delle conoscenze certe e delle scoperte degli scienziati, sono costretto a metterci, a volte, un po' del mio, rischiando la faccia. Però, rimanendo ai fatti certi, il passaggio tra le due epoche, non è stato un accendere la luce in un luogo buio, ma si è protratto per migliaia di anni, un progredire faticoso, suggerito dalla necessità di difendersi dalle avversità e di migliorare le possibilità di vita.

 

Le occasioni determinanti si verificarono sicuramente grazie ad individui favoriti intellettualmente dall'evoluzione umana, i quali, attraverso la sperimentazione e la creatività, misero in condizione i loro gruppi familiari di usufruire del risultato delle proprie “invenzioni”. Il Paleolitico termina nel momento in cui l'Uomo inventa l'immaginazione ed , attraverso essa, esprime concetti astratti, ma per me, il Neolitico finisce quando l'Uomo inventa la propria Macchina del Tempo e cioè, la Scrittura.

miriam maltese
00giovedì 9 giugno 2011 21:01
E' interessante vedere come l'uomo abbia cambiato il suo stato nel corso del tempo, e come si sposta indietro nel tempo il momento in cui si è "evoluto".
Qui trovi anche le foto del sito di Gobekli Tepe.

ngm.nationalgeographic.com/2011/06/gobekli-tepe/musi-pho...
Diego Baratono
00venerdì 10 giugno 2011 08:32
Esistono tracce certe e conosciute di civiltà ben più antiche di quelle sviluppatesi nel Medio Oriente, anche se queste ultime sono molto importanti e forse direttamente coinvolte nell'evoluzione culturale del nostro mondo. Certo è che il problema della retrodatazione dell'intero quadro fin qui conosciuto della Storia tracciata dall'Uomo implica profonde revisioni al modo di vedere e di pensare il nostro passato. E' sufficiente parlare di Oetzi, ad esempio, per avere l'incertezza sulla datazione dell'Età dell'eneolitico in Europa: anche qui, a quanto sembrerebbe, il calcolitico si deve retrodatare di "qualche" annetto.
emilioraffaele
00sabato 11 giugno 2011 14:44
Studi precisi, hanno assodato che l'evoluzione umana ha proceduto a balzi nei millenni, a volte tornando anche indietro, magari per colpa di sconvolgimenti naturali, ma non soltanto. L'aspetto importante della scoperta del Sito di Gobekli Tepe è che esso si trovava in una posizione centrale nel mondo di allora e e nel cuore della Mezzaluna Fertile, i cui prodotti del suolo, selezionati di generazione in generazione, hanno favorito, attraverso migrazioni periodiche, lo sviluppo delle capacità cognitive umane di altri popoli confinanti.....voglio pensare fino alla valle del Nilo.
pizia.
00lunedì 4 luglio 2011 23:08
Fantastico, ho letto l'articolo e mi è piaciuto molto.
Non riesco a vedere niente di sensazionale nel capovolgimento della sequenza

Paleolitico -> agricoltura -> religione -> Neolitico

Paleolitico -> religione -> agricoltura -> Neolitico

forse perché non essendo molto addentro all'ambiente e non avendo una formazione scolastica di tipo sociologico-antropologico tradizionale (ho fatto il liceo artistico [SM=x822710] ) ho sempre considerato la possibilità alternativa e non sono mai stata legata agli insegnamenti dei "padri fondatori" delle discipline, fra cui Childe, come a dei dogmi.
O forse proprio avvicinandomi a tali discipline in tempi recenti, non ho assimilato le definizioni dogmatiche perché ho assistito semmai alla loro distruzione progressiva, al momento della revisione critica, alla ridiscussione del problema.

In particolare, se non sbaglio, il Neolitico per definizione, dovrebbe essere il momento in cui gli uomini iniziano a produrre il cibo, mentre nel Paleolitico lo avrebbero solo raccolto e usato.
Ma già dal momento della formulazione questa definizione era poco soddisfacente e creava ambiguità e inesattezze.
Prima di tutto perché il passaggio dall'una all'altra era non avvenne contemporaneamente in tutto il globo, poi perché in alcuni luoghi si iniziò e poi si smise di produrre, infine perché non tutti gli individui e i gruppi diventarono produttori, ma molti di essi continuarono a vivere sfruttando le risorse e convivendo, pacificamente o no, con chi invece aveva cambiato sistema.

A complicare il tutto si aggiunsero delle equivalenze arbitrarie, non verificate e presto confutate:
produzione del cibo = vita sedentaria
produzione del cibo = costruzione di città
produzione del cibo = agricoltura

I termini cronologici situati attorno al decimo millennio a.C., mi sembrano del tutto ragionevoli e abbastanza in linea con quanto rinvenuto fino ad ora, solo un lieve bruciore per noi che volevamo fosse Nabta Playa a detenere quel primato [SM=x822706] , peccato, Gobekli Tepe ci ha battuto [SM=x822710] .... per ora
emilioraffaele
00martedì 5 luglio 2011 14:03

Hehe, ti aspettavo...

Si, sono d’accordo, anch’io non son molto convinto della direzione sequenziale tra ere storiche e religione. Oltretutto non ne riscontro la necessità. Penso che, per noi “moderni” sia facile cadere nell’errore di valutare e definire il processo dell’evoluzione umana, durata migliaia di anni, sulla base di ipotesi direzionali, condensandole poi in poche pagine di carta, piene di teorie. Chissà quante storie potrebbero essere raccontate ed ognuna diversa dall’altra. Forse sbaglio in modo grossolano nel mio modo di vedere le cose, ma preferisco godermi la libertà della mia ignoranza, piuttosto che dovermi attenere a definizioni dogmatiche che domani potrebbero essere ampiamente superate.

 

Ecco perché vedo la nascita dell’agricoltura stanziale e dell’allevamento, come una necessità per poter difendere il nucleo familiare dalle insidie della natura incontrate nei continui spostamenti effettuati per reperire le risorse alimentari. Purtroppo non ricordo dove ho letto, che l’essere umano primitivo era, come dire, un animale molto “invasivo”, cioè il gruppo, raggiunta una zona da sfruttare, in breve tempo la svuotava di ogni risorsa alimentare, altro che istinto di migrazione!. Da qui la necessità di spostarsi continuamente. Ma spostarsi era comunque un pericolo. Immaginiamo il mondo di allora: leoni, orsi, serpenti e tante altre insidie naturali. La vita durava poco e stare insieme in un luogo, poteva essere la soluzione, specie se il luogo prescelto poteva essere reso difendibile.

 

Nel corso del mio viaggio in Turchia, ebbi l’occasione di visitare una città sotterranea, quella di Derinkuyu, se non sbaglio. Queste città erano scavate nel tufo, fino a 30 metri sotto la superficie. La vita di queste persone si svolgeva, di norma, all’aperto, con la pratica della pastorizia e dell’agricoltura, ovviamente. In caso di attacco di altri gruppi rivali (chiamiamole tribù), il nucleo si rifugiava velocemente nel sottosuolo; l’entrata era protetta da una ruota in pietra, che scivolava in un anfratto costruito ad arte ed era inamovibile. Dentro non mancavano le necessarie comodità per sopravvivere, acqua, cibo e aria condizionata. Certo era vita dura per i claustrofobi!. Le guerre (chiamiamole rivalità) tra gruppi e il costituirsi di diverse alleanze, favorivano la nascita di nuclei sempre più estesi, fino alla costituzione di una nazione/stato, governata da regole etiche dettate da pratiche religiose. Per me la religione, in senso lato, è sempre esistita con l’uomo, dall’essere più primitivo, fino ad oggi; essa costituiva la formula necessaria per spiegare e giustificare ogni fenomeno allora incomprensibile.

 

Non sarei tanto sicuro riguardo alla possibilità che la stabilità dell’Uomo, in un luogo, possa aver trovato origine esclusivamente nella regione della Mezzaluna fertile, altrimenti, in ogni area dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, il cereale primitivo ritrovato in Turchia, possiederebbe le stesse caratteristiche genetiche.

 

Insomma non perdiamo le speranze per Nabta Playa, in Egitto basta scavare avendo la coscienza di sapere che cosa si sta cercando, ma ogni volta escono fuori templi, tombe, sfingi, piramidi…..e gli studiosi si distraggono!

 

Perdonami il lavoro di fantasia, ma certe volte, ci può aiutare a capire, di certo non a dimostrare.

pizia.
00giovedì 7 luglio 2011 11:09
Re:
emilioraffaele, 05/07/2011 14.03:

Oltretutto non ne riscontro la necessità


esattamente! [SM=x822713]


Penso che, per noi “moderni” sia facile cadere nell’errore di valutare e definire il processo dell’evoluzione umana, durata migliaia di anni, sulla base di ipotesi direzionali



Hai centrato il problema, è proprio una deformazione dell'uomo moderno (sì sì, moderno è la parola giusta [SM=g999097] ) quello di dare una direzionalità alle ipotesi, una consequenzialità quasi matematica alla logica successione delle fasi.
Forse può andare bene per dare una visione di insieme, o come primo approccio, ma in seguito, quando le conoscenze si approfondiscono si scopre che l'evoluzione si è mossa tutt'altro che in linea retta e su una superficie piana.
Purtroppo questa deformazione mentale porta anche altre conseguenze, ad esempio nel giudizio: siccome l'uomo moderno è stanziale, oppure monoteista, pensa che la stanzialità o il monoteismo appartengano a forme più evolute di pensiero e di conseguenza a società più elevate, mentre questo non è sempre vero.

Che la religione non fosse nata nelle società agricole e nemmeno da esse, per me era già quasi scontato ben prima di conoscere Gobekli Tepe.
Proprio qui nel forum, avevamo discusso anni fa la scoperta di elementi a sostegno dell'esistenza di probabili "totem" vecchi di 70 mila anni (se ritrovo la discussione metto un link), epoca in cui la scoperta dell'agricoltura era molto lontana, ma anche l'affermazione definitiva dell'homo sapiens sapiens, la Mezzaluna Fertile e persino la trasformazione del cibo.

Vice-versa, ancora adesso assistiamo spesso alla nascita di nuovi sentimenti religiosi, travestiti dapprima da superstizioni e poi da rituali scaramantici: chi non ha mai caricato un oggetto della responsabilità di aver fatto andare male o bene qualcosa, portandolo oppure evitandolo prima di eventi importanti?
Immancabile fluttuazione delle cose... [SM=x822706]
emilioraffaele
00sabato 9 luglio 2011 16:32
Il desiderio di razionalità che porta alla disperazione l'Homo Sapiens Sapiens. Come altre volte scopro che Egittophilia è un grande contenitore di "storia" . Riesci a ricordare la discussione precedente di cui fai cenno? Sarebbe molto interessante leggerla.
-Kiya-
00sabato 9 luglio 2011 21:17
Dario, credo che la nostra pizia si riferisse a questa discussione:

Sacrificio

Vi prego, procedete. Vi sto leggendo con grande interesse [SM=x822713]
pizia.
00sabato 9 luglio 2011 23:13
Avrei giurato ci fosse un'altra discussione dedicata proprio a quel ritrovamento vecchio di 70 mila anni, eppure non riesco a trovarla, forse mi sbaglio.
Vorrà dire che cercherò di trovare l'articolo uscito su Pharaon e/o su Newton di allora e lo passerò nello scanner, così potremo condividerlo.
emilioraffaele
00lunedì 11 luglio 2011 15:49

In attesa delle ricerche di Pizia, vorrei aggiungere qualche altra considerazione. Intanto la discussione ritrovata da Kiya è molto pertinente con l’argomento Nabta Playa, perché immagino che in questo sito archeologico si consumassero riti religiosi ed anche sacrifici, in onore di qualche dio di quei popoli antichi, magari pratiche di contenuto “animistico” legate a principi vitali individuati in fenomeni naturali, esseri viventi e oggetti inanimati.

 

Credo che questo sia un principio comune ad ogni civiltà arcaica, a prescindere dal luogo in cui ha trovato origine, forse nella Valle del Nilo, o nella Mezzaluna asiatica, tra gli anfratti di grotte vicine alle coste della Francia odierna, l’Uomo ha da sempre percepito la necessità di una guida superiore, di una protezione da parte di un padre attento nel proteggerlo dalle insidie della natura.

 

Tornate indietro con la fantasia ed immaginate questi gruppi primitivi, mentre assistono ad una eclissi di luna, un fenomeno sconosciuto ai molti del gruppo ed inquietante, contrario alle regole molto semplici, che governavano i comportamenti razionali di quegli esseri. Io li vedo gridare e dimenarsi dalla paura, in cerca di un rifugio sicuro.

 

Con il tempo e lo sviluppo delle capacità cognitive, nasce la figura dello Sciamano, che sa interpretare ogni fenomeno ed è in grado di fare da tramite con gli spiriti del cielo e della terra. Si stabiliscono i luoghi e le procedure delle cerimonie, durante le quali gli eletti possono parlare con gli dei e si compiono sacrifici, anche umani. Perché stupirsi del fatto che i partecipanti ai riti, potessero mangiare parti del corpo dei sacrificati, o dei loro stessi defunti? Fino a non molto tempo fa questa pratica era ancora in uso presso diverse popolazioni del globo. E in Egitto?. Natale Barca ne parla  nel suo libro sul Predinastico, accennando a numerosi ritrovamenti di ossa umane e non, sottoposte a scarificazione della carne (atto rituale?). Poi, se parliamo di sacrifici umani, ricordiamo che questi sono stati praticati almeno fino alla Prima Dinastia.

 

Insomma la religione è sempre esistita, all’inizio in modo non razionale, poi sempre più strutturata in riti e procedure necessari a stabilire un “ordine superiore” del mondo circostante, ma anche per stabilire regole condivise nei comportamenti umani. Il Faraone era il rappresentante di Ra sulla terra e costituiva la personificazione di tutti i faraoni succedutisi nei secoli prima di lui, fino ad arrivare a ritroso, ai seguaci di Horo, le anime di Pe e di Nekhen. Un legame antico, per una continuità immutabile nel tempo, simbolo di stabilità e di ordine, che è poi il segreto della longevità della civiltà egizia, certamente senza paragoni nella storia dell’uomo.

emilioraffaele
00mercoledì 13 luglio 2011 16:05

Perdonatemi, ma torno un’altra volta sull’argomento “nascita delle civiltà”, in quanto ritengo importante evidenziare un nesso storico di notevole importanza sull’evoluzione dell’Uomo moderno e sulla fine del Paleolitico. Insomma azzardo una ipotesi. Però, prima dobbiamo tornare su un argomento, di cui parlammo qualche tempo fa e che riguarda i “supervulcani” (fonte l’Enciclopedia virtuale di Internet, veramente utile).


L’esplosione della Caldera di Toba

Comunemente con il termine supervulcano (termine che non ha validità scientifica), ci si riferisce a 10-12 grandi caldere che arrivano ad avere un diametro di varie decine di km. Tali strutture sono individuate a livello del suolo e non sono associabili al collasso di precedenti edifici vulcanici come le normali caldere. Le gradi caldere si suppone che vengano generate da un Hot-Spot (Punto caldo) che è situato in profondità sotto di esse. Tali strutture non sono considerate dei veri e propri vulcani proprio perché si caratterizzano per non avere un edificio vulcanico visibile, quanto semmai una depressione di origine vulcanica. All'interno delle grandi caldere oggi è possibile notare lo sviluppo di vari crateri più o meno formati e la presenza di un vulcanismo di tipo secondario (geyser, fumarole, sorgenti termali...). Non è mai stata osservata un'eruzione di questo tipo di caldere (che hanno periodi di quiescenza di centinaia di migliaia di anni tra un'eruzione e l'altra), anche se nelle aree circostanti si trovano chiare tracce geologiche di imponenti eruzioni passate. Gli esempi più noti di questo tipo di apparati sono il parco delle Yellowstone (USA), I campi Flegrei (Italia), il lago Toba (Indonesia).


Il termine "supervulcano" fu coniato dai produttori di un programma divulgativo scientifico, Horizon, mandato in onda dalla
BBC, nel 2000 per riferirsi al risveglio di tali grandi caldere che produce gigantesche eruzioni vulcaniche, tali da modificare radicalmente il paesaggio locale e condizionare pesantemente il clima a livello mondiale per diversi anni, con effetti cataclismatici sulla vita stessa del pianeta. Pertanto "Supervulcano" non è un termine scientifico utilizzato in vulcanologia.


Tuttavia non sono ancora state coniate buone definizioni per specificare le dimensioni minime di un supervulcano, anche se vi sono almeno due tipi di eruzione vulcanica che possono essere identificabili in questo modo. La visibilità di una tematica di questo genere ha comunque favorito lo studio sui possibili effetti di una eruzione di questo tipo.

Il lago Toba è un lago vulcanico di 100 km di lunghezza e 30 km di larghezza situato nella parte settentrionale dell'isola di Sumatra, in Indonesia


Nel
1949 il geologo olandese Rein van Bemmelen dimostrò che il lago Toba è il risultato di una caldera vulcanica, completamente ricoperta di ignimbrite. Ulteriori ricerche dimostrano che le ceneri di riolite che l'eruzione emise, si trovano sparse in un raggio di 3000 km. Esse interessano oltre all'isola di Sumatra anche la Malesia e l'India inoltre se ne trovano anche sul fondo dell'oceano Indiano e nel Golfo del Bengala.

L'eruzione del supervulcano viene fatta risalire a 70-78.000 anni fa. Essa è ritenuta una delle più catastrofiche degli ultimi 500.000 anni. Nella scala Volcanic Explosivity Index viene classificata con una magnitudo di 8. Secondo i ricercatori Bill Rose e Craig Chesner del Michigan Technological University, il volume del materiale eruttato era all'incirca di 2.800km³ di cui circa 2.000 km³ di ignimbrite e 800 km³ di ceneri che seppellirono l'intera regione sotto numerosi metri di depositi. Si calcola che nella regione attorno al vulcano esse raggiunsero un'altezza superiore ai 400 metri e sedimenti di oltre 4 m sono presenti in molte regioni indiane.


L'eruzione ebbe luogo su più settimane e alla fine l'intera regione collassò lasciando un grande cratere che si riempì d'acqua e al centro una nuova montagna che oggi raggiunge 1.600 metri di altitudine e che forma l'isola di Samosir.


Gli effetti che si hanno dopo un'eruzione di un supervulcano sono devastanti per il
clima e per la vita presente sulla terra. Una delle più gravi conseguenze sono i tufi di Bishop, ossia uno strato vulcanico spesso anche qualche centinaio di metri. Le ceneri immesse nell'atmosfera però possono avere conseguenze ancora più drastiche. Dei vari gas che costituiscono le eruzioni vulcaniche, il biossido di zolfo è quello che causa l'effetto più intenso sull'ambiente: reagisce infatti con l'ossigeno e acqua per produrre minuscole goccioline di acido solforico

Sicuramente un simile evento lasciò delle ferite tremende in tutto l'ecosistema mondiale del tempo. Molti organismi vennero spinti sull'orlo dell'estinzione e da studi sul mitocondrio umano alcune ricerche suggeriscono che circa 75.000 anni or sono, la specie umana fu ridotta a poche migliaia di individui. Questo collo di bottiglia nel numero della popolazione umana, spiega in parte la scarsa variabilità genetica nella nostra specie. Alcuni ricercatori fanno risalire all'eruzione del Toba, la causa scatenate di quella drastica riduzione. Questa teoria per ora non appare in contraddizione con le datazioni matrilineari dell'età Mitocondriale e patrilineari dell'Adamo Y-cromosomale (Y-mrca).


La fine del Paleolitico

Il Paleolitico finale inizia nel Vicino Oriente abbastanza presto, verso 16000 anni dal presente, in corrispondenza del cambiamento climatico caratterizzato da un graduale e continuo miglioramento delle condizioni di temperatura e di umidità. Si espande così l'habitat umano, marcato in questa fase dalla densità e dalla estensione dei siti (se paragonati a quelli del Paleolitici Superiore propriamente detto). Tra le attività economiche la caccia si specializza ed acquista importanza via, via maggiore la raccolta di semi di erbacee.


Il Paleolitico finale si distingue in due fasi: il Kebariano e il Natufiano. Nella fase antica del Paleolitico finale l'economia era orientata prevalentemente alla caccia, soprattutto alla gazzella e al cervo. La raccolta di erbe è scarsa, le strutture conosciute sono rare e i siti si trovano soprattutto all'interno di grotte. Nel secondo periodo compaiono numerosi strumenti d'osso (arpioni ad un ordine di denti, punte a losanga, manici di falcetti, perforatori, spatole e ami) e l'arte si sviluppa: le migliori rappresentazioni sono figure di cervidi mentre le raffigurazioni antropomorfe sono meno realistiche e più rare.


Nell'Africa Nord Orientale il limite tra Paleolitico Superiore e Paleolitico finale non è così ben marcato come nel Vicino Oriente, dove è sottolineato da una brusca introduzione di numerose armature microlitiche a dorso. In Africa questo processo fu più lento e graduale, probabilmente in corrispondenza di un’evoluzione più lenta e meno accentuata delle condizioni climatiche.
Malgrado ciò vari Autori accettano anche per l'Africa Settentrionale l'età di 16.000-15.000 anni dal presente, come limite inferiore del Paleolitico finale e l'altro limite è dato dalla Neolitizzazione.

 

Mi sembra che il pensiero comune negli ambienti scientifici sia rappresentato dalla convinzione che il passaggio al periodo Neolitico sia stato favorito dalle mutate condizioni climatiche, cioè a seguito della fine di un periodo di glaciazione. A mio modesto parere, appare evidente la connessione tra sviluppo evolutivo umano e peggiorate condizioni climatiche a seguito dell'esplosione della caldera.

 Cioè l’esplosione della caldera del Toba ed il conseguente inquinamento dell’atmosfera di tutto il globo terrestre, hanno spinto i pochi superstiti a mettere in atto nuove strategie per la loro sopravvivenza. Insomma uno stimolo a reagire ad un evento negativo. L’atmosfera terrestre, inquinata dai gas venefici del supervulcano, avvelenò quasi tutti gli esseri viventi del globo, portando sull’orlo dell’estinzione il genere umano. Quei pochi che si salvarono, seppero organizzarsi, ma forse è meglio dire  - furono obbligati ad organizzarsi – per continuare a vivere. 

Per me la legge base a cui si attiene il mondo vivente è la seguente: “ad ogni azione esterna, le singole unità cellulari rispondono con una reazione”. Qesta regola si riscontra in tutte le entità vitali.

 
Riccardo Banchi
00mercoledì 8 febbraio 2012 18:12
Per il mio recentissimo compleanno ho ricevuto "Costruirono i primi templi - 7000 anni prima delle piramidi". Gobekli Tepe è la mia lettura di questi giorni!

L'archeologia riserba sempre sorpese stupende...

Ric [SM=x822723]
-Kiya-
00mercoledì 8 febbraio 2012 23:22
Ric, a lettura ultimata, ti andrebbe di esporre il tuo punto di vista e un commento in coda alla scheda del libro?

La trovi qui:

"Costruirono i primi Templi" di Klaus Schmidt

Grazie [SM=g999103]
Riccardo Banchi
00mercoledì 6 febbraio 2013 10:32
Ho esposto a suo tempo, come suggeritomi da Kiya, le mie impressioni relative al libro di Schmidt nel relativo topic (ora sto leggendo "Anatolia - le origini" di De Pascale): giudizio logicamente positivo. L'agricoltura non era ancora praticata e forse proprio la costruzione di monumenti come quelli di Gobekli Tepe ha costretto le comunità umane a diventare sedentarie... Se questo può essere vero, non è detto che questa sequenza logica sia valida per altri contesti geografici.
Ho riletto gli apprezzabili interventi di emiliorafafele, pizia. & C., peraltro condivisibili. Ricordiamo anche di altri focolai di produzione incipente come quelli nella regione dell'Indo, Sud-est Asiatico e Cina, alcuni sicuramente indipendenti da quelli delle regioni mediorentali. Non parlaimo poi dei siti sommersi (quelli a largo della costa indiana sono un esempio eclatante).
Il discorso è complesso e sempre più affascinate. Non mi sento di aggiungere altro a quanto scritto da voi altri. Ribadisco solo che le mutazioni climatiche sono state il motore agli stimoli indotti nelle società o le cause che hanno provocato collassi parziali o quasi totali (consiglio il saggio "La lunga estate" di Brian Fagan). Tentativi di domesticazione delle piante avvenute in Egitto circa 15.000 anni fa non hanno avuto modo di svilupparsi e questo è probabilmente accaduto anche altrove. Poi, definitivamente, il seme ha dato finalmente i suoi frutti definitivi.

Ric [SM=x822709]
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