Capita di sentire parlare di una presunta immobilità dell’arte egizia: molti studiosi ed appassionati infatti, sostengono che dalla prima dinastia all’ultima non si possano osservare apprezzabili cambiamenti né formali né sostanziali, come invece accade fra i manufatti provenienti da altre zone anticamente popolate.
Talvolta questa tesi viene sostenuta per avvallarne altre, miranti a dimostrare l’esistenza di punti di discontinuità culturale nel periodo predinastico o protodinastico, in seguito ai quali improvvisamente, sembrerebbero apparire, presso questo popolo “primitivo”, tutte le caratteristiche della futura civiltà egizia , giustificabili solo con un apporto esterno di contenuti, costituti già di per sé in un corpus compiuto, non passibili di un futuro divenire.
E tutto ciò per andare a parare in possibili contatti, se non diretta discendenza, fra originari abitatori dell’Egitto e alieni oppure abitatori di Atlantide.
Penso che questo sia un logo comune da sfatare (non le ipotesi sugli ascendenti degli egizi!), ma naturalmente è un parere personale.
Ho letto vari autori che tanta immobilità forse non la vedono, ma favorevoli all’individuazione di linee evolutive sufficientemente continue, a volte più o meno accelerate, (Aldred) o cambiamenti tali da mettere comunque in evidenza differenze stilistiche, tra opere databili a regni fra loro contigui (Tiradritti).
Forse bisogna provare a vedere il problema da un’altra prospettiva: ci sono egittologi che guardando un manufatto riescono a stabilire a quale periodo appartiene, con alta probabilità di esattezza. Quindi le differenze ci sono.
“Si tratta di particolari molto piccoli” si può obiettare. Effettivamente ce ne sono di piccoli ma anche di grossi.
Ma cosa potrebbe pensare una persona totalmente estranea alla nostra cultura occidentale (ad esempio un contadino cinese dell’ottocento) dopo aver visto delle statue greche, romane, di Michelangelo, Donatello, Giambologna, Canova….? Forse che abbiamo poca fantasia e che non curiamo molto l’abbigliamento!!!
E lo stesso, come potrebbe riconoscere un quadro espressionista da uno fauves, una natura morta del manierismo da un iperrealista della fine XX secolo? Mah! A volte è così difficile distinguere una testa di Modiglioni da un falso.
Dunque, vista da fuor,i anche la nostra arte potrebbe sembrare immobile, ma l’immobilismo è il difetto che la tradizione lascia sulla cultura, d’altra parte non c’è cultura senza tradizione.
Be’, insomma tutti rischiamo di accusare gli altri per i nostri stessi difetti, così sono due millenni e più che si continua a macinare il repertorio classico, così come gli egizi, inoltre, in quanto iniziatori sono stati un po’ più lenti a metabolizzare e produrre i cambiamenti.
Ma non finisce qui…
pizia