Alla formazione della TERRA, le rocce di feldspato-quarzo-mica, galleggiavano su un denso substrato basaltico in fusione, mantenuto presumibilmente in un apparente stato solido dalla formidabile pressione di 1-5 tonnellate per centimetro quadrato. Il raffreddamento della crosta, portò ad una contrazione di questa e quindi alla sua molteplice frattura. Con la formazione dei mari ed il successivo assestamento del globo, la crosta si sollevò in alcune zone e si abbassò in altre. Frantumato dapprima dall'azione erosiva dei venti e dell'acqua, poi immerso nel fondo dei mari e successivamente corroso dall'azione chimica dei diversi elementi, il feldspato si decompose, dando origine all'argilla. Ulteriori assestamenti fecero riemergere qua e là le rocce feldspatiche sommerse e di conseguenza i giacimenti di argille, costituiti pertanto da materiali di sedimento. Altri giacimenti, peraltro piuttosto rari, rimasero nel luogo stessi di formazione. Si tratta delle argille cosiddette residue, altrimenti chiamate caolini. Diverse teorie attribuiscono la formazione dei caolini alla fuoriuscita, attraverso fratture terrestri, di soluzioni liquide provenienti dall'interno del globo, successivamente solidificatesi. E qui mi fermo, in quanto il “cappello” era proprio necessario, anche se non sono un Geologo.
Una volta trovata l'argilla nel suolo, come mai l'uomo pensò di servirsene per fare anzitutto dei recipienti?. Egli già disponeva di materie assai più facili da lavorare: i vimini, le cortecce, il legno, il cuoio, la pietra, che non richiedevano certo l'uso di tecniche complicate come l'utilizzo del fuoco. Inoltre la Natura gli forniva recipienti già pronti, come conchiglie, gusci , pelli. Nomade come era, l'uomo primitivo non aveva particolari stimoli a fabbricarsi recipienti artificiali in creta, troppo fragili per resistere alle vicende di una vita errabonda. E' logico pertanto pensare che i primi manufatti in creta siano stati creati presso popolazioni stabili, sedentarie, dedite all'agricoltura. Quanto all'idea di servirsi della creta per foggiarne un recipiente, è difficile pensare che sia nata per caso, anche per la necessità di cuocere ad elevata temperatura il manufatto crudo. E' lecito invece ritenere che la creazione della ceramica sia stata frutto dell'evoluzione dell'intelligenza dell'Uomo, tenuto conto che l'arte ceramica è sorta presso popoli diversi, distanti tra loro e sicuramente sconosciuti uno all'altro (Cinesi, Incas, ecc.). Questo è un principio a cui credo; secondo me sussiste la possibilità che l'evoluzione del “processi cognitivi” sia un fenomeno verificatosi per tutto il Genere Umano, all'incirca nella stessa epoca.
Torniamo alla ceramica: con un po' di fantasia è facile immaginare l'uomo primitivo (dico sempre Uomo, ma è molto, molto più probabile che sia stata una Donna) nel momento in cui prova a modellare con la creta trovata vicino all'accampamento stagionale, una ciotola utilizzandola per bere dal fiume e poi lasciare il manufatto abbandonato ai raggi del sole. Dopo qualche giorno egli rimane stupito nel constatare che la rozza ciotola, plasmata, dopo molte giornate di sole, si è notevolmente indurita. E' così che egli scopre che, con la creta plastica, si possono ottenere rapidamente, con una minima fatica manuale, recipienti di qualsiasi grandezza e per qualsiasi esigenza, bastando – a renderli finiti – semplicemente l'azione del sole.
Tali recipienti non sopportavano a lungo l'uso a cui erano destinati, è così che egli pensò di utilizzare, in sostituzione dei raggi del sole, un calore assai più forte, come quello dato dal fuoco e che era in grado di far scaturire dalla selce e che gli ustionava la pelle molto più rapidamente di quanto non facesse il sole. La ciotola di creta, già disseccata, posta sulla fiamma, mutava lentamente di colore, passando dal primitivo grigio ad un bel bruno rossastro e, freddatasi, la poteva prendere tra le mani e poteva constatare che era diventata dura come la pietra.
La cottura degli oggetti era eseguita per singolo pezzo, all'aperto, o in buche nel terreno, sulle quali veniva acceso un fuoco, tenuto vivo per diverse ore, fino alla trasformazione della creta in terracotta, a temperature intorno ai 600 gradi centigradi. Al giorno d'oggi la cottura nei forni avviene oltre i 900 gradi centigradi, per otto/dieci ore e sicuramente i manufatti di quei tempi non raggiungevano il livello di consistenza e resistenza che si conseguono oggi. Gli oggetti prodotti venivano resi impermeabili in vari modi: con il latte, con il grasso animale ed erano successivamente interrati, oppure sottoposti a levigatura. Infatti molte ceramiche primitive venivano strofinate prima della cottura, con una pietra tenera e con un osso, o con un pezzo di legno lucido. La levigatura andava eseguita quando la creta aveva la consistenza del cuoio duro, quasi al termine dell'essiccazione.
Per molti secoli questa “invenzione” non fece grandi passi avanti. L'uomo si limitò a fabbricare oggetti in terracotta, che raggiunsero la perfezione artistica soltanto secoli dopo, mediante l'uso di pigmenti colorati ed altre tecniche sofisticate. La fase dell'invetriatura, il ricoprire cioè con una patina vetrificata la terracotta, così da renderla lucida ed impermeabile, fu, con molta probabilità successiva al momento nel quale l'uomo imparò a fondere i metalli. Infatti poiché per la fusione di essi gli artefici si avvalevano di crogioli in terracotta, con ogni probabilità, durante gli esperimenti, il contenitore assumeva la tipica colorazione del minerale utilizzato in quel momento. E' così che si sono ottenuti gli splendidi smalti che ritroviamo sui più antichi pezzi invetriati che si conoscano, eseguiti dagli Egizi, o dai Cinesi, oltre 5000 anni fa.