I Siciliani eredi dei Fenici

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-Kiya-
00sabato 15 novembre 2008 20:54


GERUSALEMME – Se siete in Sicilia ed entrate in un posto affollato, guardatevi intorno: un antico fenicio, almeno uno, è vicino a voi. Perché un siciliano su diciassette, ancora oggi, nel suo patrimonio genetico porta un cromosoma Y che deriva direttamente dai maschi d’una delle più antiche e misteriose civiltà mediterranee. La rivelazione è contenuta in uno studio che un gruppo di ricercatori, finanziato da Ibm e National Geographic, ha pubblicato sull’American Journal of Human Genetics: ci sono alcuni popoli del Mare Nostrum, e fra questi Cipro, la Tunisia e appunto la Sicilia, in cui la mappa genetica ha conservato le caratteristiche di quei navigatori che ci lasciarono in eredità l’alfabeto, la porpora, l’arte di decorare.

L'INDAGINE - Un po' lo immaginavamo: i resti della civiltà fenicia sopravvivono dal Libano alla Spagna e, anche in Sicilia, ci vollero i Romani e le Guerre puniche a chiudere la lunga dominazione di Cartagine sull’isola. Ora, lo certifica un'indagine condotta per tre anni sul Dna di circa 100mila persone: «In ogni classe scolastica – dice Daniel Platt, uno dei ricercatori - c’è almeno un bambino che possiamo definire discendente diretto dei Fenici. Lo possiamo dire con certezza solo dei maschi, perché il cromosoma che abbiamo studiato si tramanda quasi intatto di padre in figlio. È con lo stesso procedimento che, qualche anno fa, abbiamo ricostruito in Asia gli spostamenti delle armate di Gengis Khan».

«ABILI MERCANTI» - Come poi fossero questi avi semiti, duemila anni avanti Cristo, non lo sappiamo bene. La koiné, la comunanza fenicia oggi riguarda tre continenti, quindici Paesi, settanta città. Segni del loro passaggio sono stati trovati perfino in Irlanda e nella Guinea Equatoriale. Però le loro tracce su papiro sono naufragate, assieme alla loro civiltà. E soltanto i contemporanei e i posteri, gli assiri e i persiani e gli egizi, ce li descrivono in varie testimonianze: abili mercanti, pratici, furbi, con una certa fama di veloce disonestà nelle trattative. Ma anche raffinati, amanti del bello: furono loro a insegnare l’arte del commercio ai greci, o la decorazione delle placche d’avorio (oggi sostituita dall’argento e dal rame) con incisioni, smalti, oro e pietre colorate, un sistema di lavorazione ancora diffuso fra gli arabi.

NECROPOLI - La curiosità su questa civiltà riemersa è molta. Proprio in questi giorni a Tiro, in Libano, sta venendo alla luce una gigantesca necropoli che un gruppo d’archeologi dell’Università di Barcellona definisce «la più importante fonte d’informazioni su questo popolo». Il cimitero si trova all’ingresso orientale della città: fu localizzato nel 1997, gli scavi erano cominciati nel 2004, ma due anni fa la guerra fra Hezbollah e Israele aveva bloccato tutto. Adesso, spuntano meraviglie: un centinaio d’urne funerarie, molte ancora sigillate, i segni della cremazione dei corpi. Con Biblos, Sidone e Beirut, Tiro fu una dei grandi centri fenici: «Avere trovato la necropoli qui – spiegano gli archeologi – ci aiuterà a sapere che cosa mangiavano, come vivevano, quanto ricchi fossero, che funerali celebrassero». E magari capire che cos’è rimasto di loro, nei siciliani d’oggi.




[fonte: www.corriere.it]
Hatshepsut76
00domenica 16 novembre 2008 02:32
non me lo sarei mai aspettato...
Teie
00domenica 16 novembre 2008 09:11
Essendo mezza sicula, lo sapevo, avevo già letto un altro studio, più o meno simile. Questo popolo era eccezionale.

Teie
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