Dagli Hyksos alla XVIII Dinastia

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.Bata.
00giovedì 18 dicembre 2008 10:52
Ho notato che, seppur questa sezione sia dedicata alla storia della XVIII dinastia, in nessun post si parla della sua nascita, di come era Kemet prima, delle vicende che portarono alla riunificazione delle Due Terre e l'avvio del periodo aureo dell'Egitto dinastico.

Ho controllato anche in altre sezioni ma nulla ho trovato, quindi ho pensato di far cosa gradita pubblicando una mia ricerca fatta su testi di autori riconosciuti in campo egittologico (A.Gardiner, N. Grimal, F. Cimmino, ecc.) ma he non hanno mai trattato in modo specifico la cacciata degli Hyksos e la nascita della XVIII dinastia.

Ciao, BATA.

LA PRESA DEL POTERE E IL II PERIODO INTERMEDIO (Prima parte)

Mentre nella XII Dinastia si susseguivano i re e nella valle del Nilo ci si preoccupava di migliorare l’agricoltura, ingraziarsi gli dei innalzando templi e santuari, mentre la vita scorreva in una sorta di isola felice, nel vicino oriente si stavano creando le premesse per uno sconvolgimento dello stato di fatto che avrebbe interessato anche l’Egitto.
Siccità e carestie, dapprima di sopportabile entità ma progressivamente sempre più gravi, diedero inizio a spostamenti di popoli che si trasformarono in vere e proprie ondate migratorie.
Non era solamente lo sconfinamento di tribù beduine o bande di predoni che spinsero i sovrani d’Egitto a costruire o fortificare vere e proprie barriere difensive come il cosiddetto “Muro del Principe” nel Delta Orientale o la linea difensiva tra Semna e Buhen.
Queste infiltrazioni sul suolo di Kemet erano il segnale che la fama dell’Egitto era quella di una terra dove non si sarebbe sofferta la fame e la sete e ciò attraeva le più svariate tribù.
Le fortificazioni erette si rivelarono utili per regolare e limitare l’afflusso indiscriminato di genti ma i grandi lavori intrapresi dai sovrani della XII Dinastia si dimostrarono ben presto onerosi in relazione alla manodopera disponibile.
Era uso nel paese che ad affiancare gli operai specializzati nelle varie opere venissero impiegati i contadini e questo era possibile solamente nella stagione in cui i campi erano a riposo.
Ma queste opere, in particolare quelle relative alla bonifica del Fayum, non potevano attendere e non potevano seguire il ciclo della natura.
Per far fronte a questo problema vennero lasciati entrare dei piccoli gruppi indirizzandoli ove necessitava maggiormente ma essendo tutta la valle del Nilo un immenso cantiere la selezione si fece sempre più formale finchè si limitò al fatto di sapere chi fossero queste genti che chiedevano di entrare.
Queste popolazioni, per la maggior parte di origine semitica, occuparono i territori a loro disposizione soprattutto nel Delta spingendosi anche verso l’Alto Egitto,.
Formarono comunità chiuse che al loro interno riconoscevano un proprio capo anche se erano rispettose del re e dei suoi funzionari.
Si integrarono con il tessuto popolare egizio assorbendone l’elevata civiltà e cultura.
Così uniti richiesero sempre più alti riconoscimenti per il lavoro svolto che il potere centrale, ormai indebolito e sull’orlo dello spezzettamento, concesse.
Una tale presa di coscienza li portò ad arrogarsi diritti che non spettavano loro, cosa che comunque non fu confutata data la perdita di autorità effettiva che gli egizi subirono in casa loro.
Iniziò così il cosiddetto II Periodo Intermedio che a somiglianza del primo non è un vero e proprio periodo storico bensì, una delimitazione temporale che va dalla morte di Nefrusobek, nel 1875 a.C. circa, alla riunificazione del regno da parte di re Ahmose e alla fondazione della XVIII Dinastia, nell’anno 1560 a.C. circa.
La presa del potere da parte di queste popolazioni non fu brutale come ci viene tramandato da Manetone e dai suoi epigrafi tuttavia neppure fu indolore.
Se, in un primo momento, l’occupazione delle terre del Delta e del Medio Egitto avvenne in modo progressivo e incruento con il beneplacito della corona, sicuramente in una seconda fase, rendendosi conto di perdere il governo del territorio, gli egizi reagirono e incontrarono la risposta armata di genti infiltratesi per le vie aperte delle prime e armate di tutto punto, con mezzi bellici ben superiori a quelli che fino ad allora gli egizi avevano conosciuto.
Carri trainati da cavalli, animali conosciuti nel paese ma mai utilizzati a tal fine, dai quali i guerrieri mietevano gli avversari con archi compositi che davano una maggior gittata ai dardi scagliati ebbero facilmente il sopravvento su fanti appiedati e armati di archi semplici che neppure si avvicinavano all’obbiettivo.
Con l’aiuto di questa tecnica militare gli invasori scacciarono gli abitanti del paese di Kemet dalle terre fertili del Delta e in buona parte della valle del Nilo sostituendosi ad essi.
Nei circa due secoli che intercorrono tra la morte di Nefrusobek e la liberazione da parte di re Ahmose, ben cinque dinastie (XIII, XIV, XV, XVI e XVII) si spartirono il territorio che fino a quel momento era detto Regno delle Due Terre.
A queste occorre aggiungere il regno di Kush che, sfruttando l’occasione, si rese indipendente formulando anzi, idee di conquista sui territori dell’Alto Egitto non soggetti ai nuovi governanti.
Molti re delle dinastie del II Periodo Intermedio sono conosciuti solamente per essere elencati nelle liste dei re e solamente in rari casi gli stessi hanno riscontro in monumenti o iscrizioni.
In ogni caso rimane il mistero su come questi pseudo-regnanti possano essere stati inseriti in dette liste.
L’inizio della XIII Dinastia sembra essere il naturale proseguimento della precedente i suoi sovrani non riuscirono tuttavia a creare una linea di successione tale da garantire il trono di padre in figlio e le poche eccezioni furono di breve durata.
Uno degli aspetti più oscuri di questa dinastia è l’elevato numero di faraoni che si succedettero al trono nell’arco di un secolo e mezzo, secondo Manetone furono 60 o 61.
Regni alquanto brevi che segnalano la presenza di una situazione anomala le cui origini paiono inspiegabili.
Tutti i sovrani esaltano la loro origine tebana ma mantengono la capitale del regno a Lisht, il sistema monarchico appare intatto, i faraoni continuano a proclamare la loro discendenza divina e il dogma della sacralità regale risulta inalterato nelle sue componenti essenziali.
Solo in un secondo tempo la capitale ritorna a Waset, l’attuale Luxor.
L’analisi sistematica del periodo è ostacolata dal gran numero di sovrani e dalla mancanza di un’indicazione precisa sulla durata dei rispettivi regni che a volte risultano essere contemporanei sullo stesso territorio o su territori diversi e, nel secondo caso, manca l’indicazione della reale estensione geografica degli stessi.
Le ipotesi su questa anomalia della storia egizia sono numerosissime e salvo scoprire nuove fonti d’informazione destinate a rimanere tali.
Esse spaziano da un cambiamento delle regole di successione all’elezione a termine del faraone, dal potere concentrato nelle mani di generali che avrebbero incoronato il sovrano, a una serie di calamità naturali.
L’unica ipotesi di una certa logicità potrebbe essere quella di un ritorno sulla ribalta politica dei nomarchi.
Una variante a questa ipotesi sarebbe l’assunzione da parte del vizir della titolatura e dei poteri regali esercitati sul territorio del “Uarret”.
Si giustificherebbe in questo modo l’arretramento del potere centrale a sud e la nascita di una dinastia coeva (la XIV) al nord.
Va ribadito che queste sono solamente ipotesi e che nulla prova la loro validità, attendibilità o, il contrario.
Appare peraltro strano che uno stato altamente burocratizzato come quello del Medio Regno e della successiva XIII Dinastia non abbia prodotto documenti di valenza storica.
Malgrado tutto continuava a esistere una certa stabilità amministrativa che consentì ai sovrani di questo periodo di apporre i propri nomi su monumenti nuovi o da loro restaurati.
Il torpore politico è altresì inspiegabile e contraddittorio se paragonato al fervore estrattivo documentato nelle cave dell’Uadi Hammamat, nell’Uadi El Hudi e nel Gebel Zeit.
Sembrano interrotti i rapporti con i principati Siro-Palestinesi e tranne Biblo con tutti i paesi confinanti.
Non si conoscono motivi validi per cui alcuni faraoni della XIII Dinastia siano stati ritenuti degni di essere ricordati nella Sala degli Antenati a Karnak.
Non conosciamo neppure quali motivi abbiano portato alla fine della dinastia.
In un certo momento della storia del periodo si nota un progressivo calo d’influenza su alcune province del Basso Egitto, la nascita di una dinastia parallela a Xois e l’apparizione di una ulteriore linea dinastica nel Delta Orientale poi inglobata nella XIV Dinastia.
Nel Delta continuava l’afflusso di popolazioni semitiche che prenderanno il potere e costituiranno la XV Dinastia.
Gli ultimi faraoni della XIII Dinastia vedranno limitato il loro potere ai territori compresi tra Assiut e Assuan e perderanno il contatto con la tradizione religiosa e artistica di Menfi che però venne mantenuta viva.
A causa della precarietà delle fonti e forti incertezze sulle successioni è impossibile anche solamente tentare di dare una datazione ai singoli regni.
Per la XIII Dinastia sarebbe assurdo indicare una datazione distinta e coerente è comunque probabile una sua collocazione tra il 1790 e il 1630 a.C. circa.
Si ritiene che la XIV Dinastia di Xois abbia regnato nella regione nord-orientale del Delta contestualmente, almeno per un certo periodo, con la XIII Dinastia con capitale a Lisht, non necessariamente contrapponendosi a questa.
Sembra, infatti, che i principi di Xois avessero dichiarato la propria indipendenza già durante il regno di Khaneferra Sebekhotep (23° faraone della XIII Dinastia).
La XIV Dinastia, secondo Manetone, avrebbe regnato per circa 184 anni alternando sul trono bel 76 sovrani appartenenti a una o più famiglie della nobiltà della regione.
Nella XIV Dinastia come già accennato sarebbero stati inclusi anche gli ultimi re di una ulteriore dinastia parallela fondata da Nehesi (5° faraone della XIV Dinastia) che aveva la sua capitale ad Avaris nel Delta Orientale in una zona favorevole ai commerci con l’Asia Anteriore caratterizzata da un’alta concentrazione di genti semitiche a seguito di un’incontrollata migrazione di popolazioni cananee.
In considerazione di ciò si potrebbe proporre che la scelta di Avaris quale capitale hyksos nella XV Dinastia potrebbe essere stata indotta dal fatto che la città era già capitale di un potentato egizio che, possiamo ritenere, sia stato uno di quelli poi sottomessi con la forza.
Non si conosce molto dei sovrani di questa dinastia ad eccezione di Nehesi che conosciamo come devoto al dio Seth e di Merdjefara che troviamo raffigurato in una stele in atto di culto dinnanzi al dio-coccodrillo Sobek.
Questi due tipi di culto possono essere interpretati come una commistione culturale già in atto tra gli egizi del Delta Orientale e gli immigrati semiti da tempo stanziati nel territorio.
La presenza di queste popolazioni cananee non deve essere fraintesa, la presa del potere da parte dei “Re Pastori” o meglio “Capi di Terre Straniere” comunemente indicati come hyksos sembra sia avvenuta più tardi anche se non sappiamo quando e approfittando della debolezza ormai cronica del potere centrale.
Così come per la XIII anche per la XIV Dinastia non siamo in grado di fissare un periodo di regno coerente ed è da ritenersi corretta una sua collocazione tra il 1790 e il 1630 a.C. circa considerando che i 184 anni di regno indicati da Manetone dovrebbero contenere anche periodi di sovrapposizione di regno di più sovrani.
La situazione di forte crisi del potere centrale esaltò le prerogative che erano state concesse ai capi delle popolazioni stanziatesi sul suolo egizio, oltre naturalmente, ai diritti che si erano arrogate.
Lo spostamento della capitale della XIII Dinastia a Waset e la discontinuità nella gestione del potere dei re di Xois crearono un vuoto governativo e amministrativo che portarono queste comunità di estrazione semitica a unirsi ulteriormente fino a dar vita a un regno proprio nel nord dell’Egitto che Manetone indicò come XV Dinastia.
.Bata.
00giovedì 18 dicembre 2008 10:55
LA PRESA DEL POTERE E IL II PERIODO INTERMEDIO (Seconda parte)

I sovrani della XV Dinastia sono comunemente conosciuti con il termine “Hyksos” che deriva dall’antico egizio “Heka Kaswt” ossia “Capi di un Paese Straniero”.
Il termine era utilizzato fin dalla XII Dinastia per indicare tutte quelle popolazioni non egizie nomadi o seminomadi che vivevano nel territorio tra il Sinai, la Palestina e la Siria.
Queste popolazioni si erano infiltrate pacificamente fin dall’epoca della XII Dinastia attratte dall’opportunità di lavoro e dalla possibilità di stanziarsi in zone molto fertili del Delta orientale.
Quelli che anche noi chiameremo per comodità hyksos non sono identificabili in un unico popolo ma un insieme di genti di origine cananea e semitica per lo più nomadi.
Secondo quanto riferito dallo storico Giuseppe Flavio che a sua volta si rifà a quanto scritto da Manetone, la presa di potere degli hyksos fu brutale e con la forza essi misero a ferro e fuoco tutto l’Egitto uccidendo alcuni e rendendo schiavi gli altri.
Non sempre fu così.
Gli hyksos assorbirono la civiltà egizia e si adattarono a essa ma i loro tentativi di ottenere il consenso della popolazione alla loro sovranità non sortirono effetto alcuno; per quanto egittizzati erano stranieri e occupanti.
Inoltre la politica dei principi di Waset della XVII Dinastia, che nel caso si dimostrarono scaltri e spregiudicati, fu quella di fomentare episodi d’intolleranza nei confronti dei governanti.
Dal canto loro gli hyksos imposero alle popolazioni sottomesse alcune usanze cananee che apparvero subito impopolari quali i sacrifici di asini e il culto di Sutekh, una forma del dio Seth con intrusioni semitiche.
A questo si aggiunse il comportamento arrogante delle autorità intermedie che permisero il saccheggio delle necropoli, la demolizione di santuari e altre nefandezze che non furono mai perdonate.
Nonostante il desiderio sincero dei re hyksos di farsi accettare dalla popolazione egizia come sovrani legittimi del paese, come dimostrato dalla continuità del cerimoniale di corte, l’uso del protocollo regale e la benevola attenzione verso la cultura e l’arte, essi furono odiati o al più sopportati, non vennero mai accettati anche se le dinastie coeve e i regni confinanti sembra versassero tributi.
Gli egizi non vollero mai ricordare il periodo di regno di questi sovrani stranieri e dopo la loro cacciata da parte dei principi di Waset di questi re semiti si cancellò il ricordo.
Si può affermare che l’unica loro eredità fu l’introduzione in Egitto dell’uso del cavallo e del carro da guerra che diverrà uno strumento essenziale delle conquiste dei sovrani della XVIII Dinastia.
La dinastia hyksos dovrebbe aver regnato sul Delta e parte dell’Alto Egitto tra il 1630 e il 1530 a.C. circa con una sorta di alleanza con il regno di Kush che si rese indipendente dall’Egitto della XIII Dinastia allo stesso modo in cui la XV Dinastia prese il potere
Gli autori antichi quali Giuseppe Flavio, Giulio Sesto Africano ed Eusebio, facendo quasi sempre riferimento a Manetone attribuiscono a questa dinastia sei re assegnando, però, periodi di regno e successioni diverse se non arbitrarie.
Oggi se ne conoscerebbero almeno sette e, dal Papiro Regio di Torino, peraltro alquanto danneggiato e riportante solamente l’ultimo nome del sovrano hyksos che chiuse la dinastia, sappiamo che la durata complessiva e più attendibile della XV Dinastia risulta essere di 108 anni; è altresì da notare che solamente quattro re risultano documentati su monumenti.
La XVI Dinastia coeva della XV alla quale vengono generalmente assegnati i nomi di principi semiti insofferenti all’autorità della dinastia di Avaris e governatori locali sia semiti che egizi del Delta, è generalmente ritenuta una dinastia fittizia.
Questi nobili parecchi dei quali si attribuirono autonomamente titoli del protocollo reale esercitarono il loro potere su poche province del Delta Orientale e su territori al confine tra il regno hyksos e il regno di Waset della XVII Dinastia in maniera limitata essendo comunque vassalli dei re della XV Dinastia.
Per convenzione i sovrani della XV Dinastia sono indicati anche come “Grandi Hyksos” mentre questi nobili spesso rissosi e irrispettosi dei costumi e delle tradizioni d’Egitto vengono indicati come “Piccoli Hyksos” o “Governatori Hyksos”.
Certamente alcuni degli scontri della guerra di liberazione condotta dai principi di Waset sono in realtà scontri con i “regnanti” di questa dinastia i cui territori si trovavano in una posizione, per così dire, di cuscinetto tra il regno hyksos vero e proprio e questo principato che stava rialzando la testa e in cui si specchiava tutto l’Egitto anelante la libertà.
La durata del regno dei “Piccoli Hyksos” così come i nomi dei re sconosciuti alle liste reali e a noi giunti su pochi oggetti e racchiusi in cartigli è del tutto sconosciuta ma è abbastanza probabile che sia compresa tra il 1630 e il 1530 a.C. circa, come per la XV Dinastia ma che ebbe fine prima della cacciata di questi dall’Egitto.
Contrariamente a quanto si potrebbe credere la XVII Dinastia è assai poco documentata a eccezione degli ultimi due sovrani che sono i veri artefici della liberazione dell’Egitto dagli occupanti hyksos.
E’ altresì contraddittorio il numero dei re di questa dinastia in quanto il Papiro Regio di Torino ne elenca 15, nella Sala degli Antenati del tempio di Karnak ne sono ricordati 9, mentre la documentazione ricavata dai monumenti arriva a 10.
Questo fatto ne conferma la discendenza dalla XIII Dinastia in particolare se consideriamo che i primi 5 o 6 re potrebbero aver regnato allo stesso modo dei re della dinastia originaria.
Nessun documento li elenca in ordine di successione neppure in modo parziale inoltre non si conosce la durata precisa del governo di ogni sovrano.
Uno studio sul Papiro Regio di Torino, nonostante lo stato estremamente lacunoso dello stesso, per quello che riguarda questo periodo ha tentato una collocazione in successione dei sovrani integrando i dati del Papiro Regio con le rare altre fonti ma l’unico dato sufficientemente certo è la durata della dinastia pari a circa 70 anni.
L’estensione del territorio su cui era esercitato il potere di questa dinastia è ristretto agli otto distretti meridionali dell’Alto Egitto da Elefantina ad Abido, spingendosi a nord fino a Kussai all’inizio della guerra per la liberazione del paese.
All’epoca il resto dell’Egitto era governato dalla XV Dinastia, nella zona del Delta e, nel Basso Egitto, e dai loro vassalli hyksos o Governatori egizi fedeli alla corte di Avaris.
Con la presa del potere i “Re Hyksos” avevano ritenuto politicamente favorevole concedere una certa autonomia ad alcuni principati dell’Alto Egitto tra cui Waset imponendo, però, tributi gravosi, escludendoli dallo sfruttamento di cave e miniere, probabile motivo della poca documentazione monumentale, e imponendo la presenza di guarnigioni nelle località strategiche dei principati stessi.
Nel contempo non potendo controllare il territorio nubiano furono abbandonate le fortezze a sud di Elefantina e quelle a cavallo della seconda cataratta.
Con il venir meno della presenza del governo centrale nella Bassa Nubia si formò un regno indigeno che era, almeno formalmente, alleato o vassallo dei re hyksos della XV Dinastia.
La XVII Dinastia deriva da un ramo della XIII Dinastia, con la quale regnò contemporaneamente e per qualche anno in un periodo assolutamente imprecisabile, governò su province prive di risorse minerarie e con pochi terreni coltivabili.
Questa carenza di mezzi si riscontra nella necropoli reale di Dra Aabul Naga formata da tombe assai modeste.
I sovrani hyksos possedevano una schiacciante superiorità militare sia sugli alleati che sui popoli confinanti e i principi di Waset dell’inizio della dinastia furono costretti a una politica in equilibrio tra la pacifica convivenza e ostilità più o meno larvate.
Essi assunsero solo in un secondo momento dignità regale e iniziarono una guerra dapprima sotterranea, fatta di istigazioni, quindi aperta e violentissima al fine di scacciare gli stranieri dal trono d’Egitto.
Probabilmente gli scontri iniziarono sotto il regno di Seqenenra Tao II detto il Valoroso, che aveva assunto il potere regio nella regione di Waset mentre ad Avaris regnava Apophis.
La mummia di Seqenenra Tao II fu trovata tra quelle che i sacerdoti della XXI Dinastia nascosero nella tomba della regina Inhapy, conosciuta come la Cachette di Deir El Bahari, per sottrarla ai predatori dell’epoca.
La mummia del giovane sovrano - quando morì doveva avere una trentina d’anni - mostra segni inequivocabili di ferite alla testa e al collo, quindi, con ogni probabilità il re fu ucciso nel corso dei primi scontri della guerra di liberazione.
La guerra fu ripresa dal suo successore Uadjkheperra Kamose che risulta attestato del protocollo regale completo.
Il conflitto aperto iniziò quando l’esercito della XVII Dinastia fu in grado di affrontare ad armi pari l’esercito hyksos, grazie all’evoluzione apportata ai carri da guerra, resi più leggeri e maneggevoli di quelli introdotti dagli occupanti, all’adozione dell’arco composito in sostituzione dell’arco semplice, fino ad allora in dotazione all’esercito egizio (anche questo introdotto dagli hyksos ma migliorato dagli egizi).
Soprattutto, il massiccio afflusso di ausiliari Mejaui reclutati in Bassa Nubia che diventeranno la spina dorsale dell’esercito egizio e poi la guardia personale dei faraoni del Nuovo Regno riequilibrò le forze dei due eserciti.
Dopo una prima serie di scontri di confine l’attacco decisivo violento e determinato fu portato da Kamose nei confronti del re hyksos Apophis travolgendo gli eserciti dei vassalli hyksos e velocemente rivolgendo le proprie forze contro il re nubiano alleato di Avaris.
Nel suo terzo anno di regno Kamose affrontò una nuova campagna contro l’invasore occupò dei territori del Delta e mise l’assedio alla capitale Avaris dopo aver distrutto la flotta fluviale hyksos.
L’assedio sembra non sia stato portato a termine e Kamose rientrò in Waset ove fu portato in trionfo.
Durante la preparazione di una nuova campagna di guerra il faraone Kamose morì per cause imprecisate che lascerebbero spazio alle più disparate congetture e sul trono salì il giovanissimo re Ahmose.
Non si conoscono i motivi per cui gli hyksos non approfittarono del fatto che il successore di Kamose fosse un bambino, salì al trono ad un’età di circa cinque anni, per riprendersi i territori occupati e annientare il regno di Waset.
Va però evidenziato che la situazione politica nel Vicino Oriente si stava modificando radicalmente, gli Ittiti insidiavano il regno di Mitanni e premevano alle frontiere orientali dell’Egitto.
Gli hyksos si trovarono impegnati su due direttrici e furono obbligati a sottrarre al fronte sud degli armati per inviarli a rinforzo della frontiera Nord Orientale.
Di questa situazione approfittarono le reggenti al trono di Waset la regina Tetisheri, nonna del nuovo faraone, che si occupò di politica estera, e la madre dello stesso la regina Ahhotep II che approfittò dell’occasione per riorganizzare l’esercito.
Queste donne possono essere considerate a buon diritto le madri della futura XVIII Dinastia.
.Bata.
00giovedì 18 dicembre 2008 10:56
LE TRE REGINE

Alla morte improvvisa di re Kamose salì al trono di Waset suo fratello Ahmose che in quel momento aveva circa cinque anni.
Il regno fu retto dalla nonna Tetisheri che si fece carico della delicatissima attività di politica estera.
Sul trono di Avari sedeva re Apophis che approfittò della situazione rioccupando alcune città perdute nella campagna militare condotta dal re defunto.
Nel vicino Oriente i re Ittiti avevano consolidato il loro potere e iniziavano a estendere i loro territori dirigendo i loro attacchi nell’area della Siria, zona controllata da vassalli hyksos, arrivando anche a conquistare Aleppo importante città di transito e crocevia di piste carovaniere.
Questa situazione, certamente più pericolosa per il regno hyksos che non la sopravvivenza di un regno governato da un fanciullo, portò a una grossa vittoria politica della reggente Tetisheri che, quasi certamente, raggiunse un accordo di non belligeranza, quantomeno di fatto, anche se la cosa costò molto in termini di tributi e proibizioni al regno di Waset.
Oltre alla proibizione già in vigore di accedere a qualsivoglia genere di cave o miniere verosimilmente fu vietato l’acquisto di legname necessario alla costruzione di navi e importato dal Libano, in quanto proprio la flotta fluviale di Kamose distrusse quella hyksos ed era in quel momento l’arma in cui gli egizi eccellevano nei confronti di chiunque.
Vennero aumentate anche le visite ispettive, peraltro già in funzione da prima dell’inizio delle ostilità, per verificare l’applicazione degli accordi e un aumento dei tributi in tutta l’area di Waset e delle città alleate che furono messe in ginocchio ma mantennero la loro indipendenza.
La politica estera di Tetisheri si rivolse a queste città oppresse come anche a tutte le altre lungo il corso del fiume istigandole alla ribellione e a unirsi contro l’oppressore.
Questa politica diede i suoi frutti con l’allacciamento di alleanze fra tutte le città dell’Alto Egitto che già in precedenza si erano coalizzate in occasione del primo scontro durante il quale perse la vita Seqenenra Tao II e nelle altre città lungo il corso del Nilo crebbe il malcontento nei confronti degli occupanti asiatici.
L’attività politica di Tetisheri si spinse fino in Bassa Nubia dove il governo del nuovo regno di Kush era alleato degli hyksos ma al suo interno aveva oppositori, i Mejaui, che accettarono di combattere a fianco degli egizi.
Essi divennero i primi mercenari della storia e il corpo scelto della guardia personale del faraone.
L’esercito era stato disperso dopo la morte di re Kamose e questi mercenari andarono a costituirne il nuovo nucleo intorno al quale la madre del nuovo re, Ahhotep, radunò i fuggiaschi ricostruendo le forze armate del regno.
Probabilmente molte navi dovettero essere consegnate in cambio dell’accordo di non aggressione.
Per la ricostruzione della forza navale si dovette far ricorso al legname disponibile sul posto, ossia quello di acacia, molto meno pregiato del legno del Libano.
In questo periodo prese forma anche l’arma che con la marina fluviale doveva essere determinante per la vittoria nella guerra di liberazione e per la costituzione di quello che impropriamente viene definito “Impero Egizio”, il carro da guerra.
Sebbene di ispirazione hyksos il carro egizio era però sostanzialmente differente.
Sul carro degli invasori, pesante, forse a quattro ruote e difficile da manovrare, prendevano posto tre o quattro guerrieri oltre all’auriga e da qui scagliavano le frecce con i micidiali archi compositi.
Il carro egizio fu costruito con i materiali disponibili, ossia legno di acacia per il cassone e il palo cui aggiogare i cavalli, cuoio per i finimenti e la pedana dove prendevano posto due guerrieri, un auriga e un arciere, le ruote erano due con sei oppure otto raggi, sottili, atte a non sprofondare nella sabbia.
Nel suo insieme risultò essere leggero, veloce e maneggevole.
L’arciere era armato di un arco composito simile a quello hyksos e anche migliorato nella gittata di frecce con le classiche punte di selce o osso.
Anche le armi individuali in dotazione sia ai carristi che ai fanti vennero modificate e migliorate e i guerrieri furono equipaggiati con nuovi tipi di asce, mazze e spade.
Tutto questo dovette essere posto in opera segretamente e si protrasse fino al dodicesimo anno di regno di re Ahmose.
E’ facile supporre che molto spesso gli ispettori del regno di Avari fossero stati corrotti o raggirati durante le loro visite.
Per le opere che compì Ahhotep, re Ahmose, fece erigere in sua memoria una stele all’interno del tempio di Karnak nel cui testo viene esaltata la figura della regina e il difficile compito di cui si fece carico.
Le difficoltà nella ricostruzione dell’esercito, si rileva dal testo, vennero poste proprio dai cortigiani, coloro che avevano perso meno di altri e rischiato ancor meno.
Nel combattere la sua guerra contro gli invasori la regina si comportò da vero sovrano prendendo da sola le decisioni in merito anche contro il parere di funzionari e notabili.
Sembra che abbia dovuto far fronte a una rivolta nel sud del regno di Waset, forse a un vero e proprio colpo di stato, ma si comportò come un capo militare sottomettendo i ribelli.
Nel 1859 a opera di Auguste Mariette, la tomba della regina fu riscoperta.
In essa erano ancora custoditi gioielli di pregevole fattura tra i quali spiccavano bracciali in pietre dure e oro e un diadema raffigurante l’avvoltoio Nekhbet.
Nell’iconografia egizia, esso raffigurava sia la funzione materna che la dea protettrice dell’Alto Egitto ovvero colei che conferisce i titoli alla persona del faraone.
Nell’occasione vennero rinvenuti anche tre oggetti che rappresentano benissimo l’azione guerriera della regina Ahhotep se non addirittura il fatto che ricoprisse il ruolo di generale nell’esercito di Kemet.
Un pugnale dalla lama d’oro, un’ascia rituale con il manico in cedro rivestito di lamina d’oro, così come d’oro era la lama e, cosa unica per una regina, a fianco del pugnale e dell’ascia venne ritrovata anche l’onorificenza detta “Oro del Valore”, costituita da tre mosche d’oro con la quale era uso ricompensare i generali.
Questi oggetti sono conservati presso il museo di Luxor nella sala che ospita la mummia di re Ahmose.
Durante tutta la guerra a trepidare per re Ahmose con sua madre Ahhotep c’era quella che fu la terza grande donna e regina accanto a questo faraone la Grande Sposa Reale Ahmose-Nefertari.
All’epoca essa ricopriva la carica di “Secondo Profeta di Amon” la seconda carica per importanza nel clero di Waset dopo il re.
La sposa del liberatore dell’Egitto era stata scelta, ufficialmente accettata, dalla vecchia regina Ahhotep che voleva a fianco del figlio una donna dalla personalità eccezionale ben conoscendo i funzionari di palazzo e, cosa al momento importantissima, nativa della zona di Waset.
Devota al dio Amon, Ahmose Nefertari si prodigò affinché il suo culto si espandesse per tutto il regno.
A lui vennero attribuite le vittorie sugli asiatici e quelle delle altre battaglie combattute sia dal marito che dal figlio Amenhotep.
Cappelle e templi vennero eretti in suo onore su tutto il suolo d’Egitto, in particolare nell’Alto Egitto.
Essa rinunciò al titolo di “Secondo Profeta di Amon” in cambio, come ci informa una stele rinvenuta tra il materiale di riempimento del terzo pilone del tempio di Karnak, dei mezzi necessari per creare una nuova istituzione religiosa al servizio del dio.
Questa istituzione le sopravvisse per lungo tempo, era quella delle “Divine Adoratrici di Amon”.
Fu ispiratrice presso il re suo marito di importanti innovazioni e restaurazioni amministrative.
Presso il re suo figlio suggerì la fondazione del villaggio operaio di “Ta Seet Maat”, “La Sede della Verità”, quello che oggi è conosciuto come il villaggio di Deir el Medina.
Era questo il villaggio degli artigiani e degli artisti addetti alla necropoli reale della Valle dei Re e quì, dopo la sua morte, la Regina fu oggetto di un vero e proprio culto come già il figlio Amenhotep.
Queste tre grandi donne e regine crebbero e seguirono il giovane re preparandogli la via e accompagnandolo lungo il suo cammino.
.Bata.
00giovedì 18 dicembre 2008 10:58
LA GUERRA DI LIBERAZIONE

Occorre sottolineare che il percorso che seguì re Ahmose nella sua guerra di liberazione non è riscontrabile in nessun documento ufficiale e che quanto proposto in merito è solamente un’ipotesi seppur ponderata.
Al seguito del re imbarcato su una delle navi c’era un giovane guerriero di qualche anno più anziano e omonimo del sovrano, Ahmose figlio di Ibana, che eternò sulle pareti della sua tomba nei pressi della sua città natale Nekheb, oggi El-Kab, il sunto delle campagne militari a cui partecipò e che iniziarono con le battaglie che portarono alla cacciata degli hyksos.
Questo resoconto che si può ascrivere tra la documentazione di privati e quindi non ufficiale non ci fornisce grosse indicazioni sull’anno in cui iniziarono le operazioni belliche né sul tragitto delle truppe di cui Ahmose faceva parte.
Nel momento in cui re Ahmose mosse guerra agli occupanti asiatici sembra che la XVI Dinastia sopravvivesse ancora e governava, su quel territorio fatto di piccoli feudi in parte gestiti da asiatici e in parte da egizi asserviti, re Apophi III, così si faceva pomposamente chiamare.
Non conosciamo dove potesse aver posto la sua capitale ma le maggiori città dell’epoca sotto il controllo della XVI Dinastia che avrebbero potuto ospitare il governo erano Khmun, oggi El Ashmunein, ed Henen-Nesut, l’odierna Ihnasia el Medina, già capitale durante la IX Dinastia.
Presumibilmente radunatesi al confine del regno di Waset, le navi dovevano trovarsi nella zona di Sauti, oggi Asyut, verosimilmente sparpagliate e nascoste nei porti fluviali delle cittadine vicine in attesa che a loro si unissero gli altri componenti della forza offensiva, la fanteria e i carri, che dovendo viaggiare via terra e anche loro di nascosto, arrivarono in un secondo tempo.
La politica della regina Tetisheri aveva scaldato gli animi degli egizi ancora sottomessi al potere degli occupanti e questi, magistralmente orchestrati, diedero inizio a una sorta di guerra partigiana che indebolì le già precarie difese di questo regolo hyksos.
Era circa il dodicesimo anno del regno di Ahmose quando le forze ricostituite dell’esercito egizio mossero all’assalto.
Khmun ed Henen-Nesut caddero praticamente subito, di re Apophi III si perdono le tracce, l’esercito egizio saccheggia le due città e le cittadine che incontra sulla sua avanzata.
Eliminato ogni ostacolo procedettero verso It-Taui (El-Lisht) e Mennefer (Menfi).
Oltre all’iscrizione autobiografica nella tomba di Ahmose figlio di Ibana, il papiro matematico Rhind riporta sul suo retro delle date e delle località inerenti la guerra di liberazione.
L’indicazione temporale qui riportata è da ritenersi errata almeno per quanto riguarda gli anni in cui si svolsero gli eventi mentre potrebbero essere valide le indicazioni circa le stagioni e i mesi.
Sono sicuramente esatte le località che caddero in mano a re Ahmose in quanto, come riferisce F. Cimmino ne “Il Dizionario delle Dinastie Faraoniche”, un’analisi svolta sulle iscrizioni biografiche della tomba di Ahmose figlio di Ibana sebbene non abbia portato a grandi risultati cronologici sembra confermare la sequenza di conquista delle città occupate dagli asiatici.
Successivamente a Mennefer (Menfi) l’esercito egizio avrebbe preso, quasi senza colpo ferire anche la città di Iunu (Eliopoli) rivolgendo poi la sua attenzione sulla città di Taru che venne conquistata e saccheggiata circa tre mesi dopo la caduta di Iunu.
La città di Taru non è ancora stata identificata con precisione, ma non dovrebbe essere errato situarla nella zona tra l’attuale Tell Abu Sefa e Qantara nella penisola del Sinai.
Qualora Taru fosse localizzabile in quella zona sarebbe possibile ipotizzare che l’attacco alla capitale Avaris avvenne con una manovra a tenaglia che spinse parte dell’armata di re Ahmose ad aggirarla passando da sud lungo la cosiddetta via di Horus e parte della stessa che da Iunu (Eliopoli) si spinse verso est per raggiungere la capitale hyksos.
Questa manovra, unita all’insurrezione della popolazione egizia, spinse gli hyksos verso la loro capitale Avaris liberando il territorio e costringendo gli occupanti in una città assediata.
In questa occasione Ahmose figlio di Ibana si distinse nelle battaglie come ben testimoniano tre onorificenze simboleggiate dall’oro al valore e partecipò al saccheggio della città.
Il fatto è riportato nella sua autobiografia e ha indotto per molto tempo a supporre che l’assedio si sia concluso con la conquista della città ma sembra oramai accertato che all’assedio non seguì la presa di Avari lasciata invece dagli hyksos senza combattere in seguito a un accordo tra le parti e poi saccheggiata dagli egizi.
E’ probabile che il re hyksos non si trovasse nella capitale nel momento in cui Ahmose e il suo esercito la cinsero d’assedio.
In caso contrario non si spiegherebbe perché a guerra vinta l’armata egizia si spinse fino a Sharuhen, oggi Qantir, per passarvi tre anni a isolarla dal resto del mondo.
Le notizie in merito all’assedio di questa piazzaforte degli asiatici sono, come quasi tutte quelle in nostro possesso, ricavate dell’autobiografia di Ahmose figlio di Ibana che in merito riporta: “….Poi si mise l’assedio davanti a Sharuhen per tre anni. Sua Maestà la saccheggiò e io riportai bottino: due donne e una mano. Ricevetti l’oro del valore e i miei prigionieri mi furono dati come schiavi.”
Il re hyksos che in questa occasione si contrappose ad Ahmose fu Khamudy l’ultimo re della XV Dinastia.
Probabilmente era asserragliato all’interno di Sharuhen e non costituiva un pericolo per il giovane sovrano che, mentre parte delle sue truppe assediava la città, con il resto delle sue forze intraprese una campagna militare al fine di sbarazzarsi definitivamente di quelli che erano stati gli oppressori e rendere salda la frontiera del Delta Orientale.
Sembra che questa campagna abbia condotto il re fino al fiume Eufrate.
Se così fosse sarebbe stato il primo re d’Egitto a giungervi.
E’ certo che raggiunse il paese di Giahy, in Siria-Palestina.
Re Ahmose dopo tre anni di assedio prese e saccheggiò Sharuhen ma è da notare quanto sia strano il comportamento propagandistico di questo sovrano.
Nonostante abbia riportato vittorie rilevanti, vinto battaglie essenziali, scacciato gli occupanti hyksos e riunificato il regno, non esistono documenti ufficiali che ne esaltino le imprese secondo lo stile e la consuetudine egizia, sfruttata dai suoi successori per molto meno e che trasformarono persino delle quasi sconfitte in vittorie eclatanti.
Se non fosse per l’autobiografia di Ahmose figlio di Ibana, alla quale va aggiunta quella di un altro ufficiale di Nekheb (El-Kab) Ahmose Pen Nekhebet, non avremmo alcun riscontro ma solamente degli sporadici accenni dei fatti come quelli riportati sulla “Stele della Tempesta” e gli appunti sul retro del già citato papiro matematico Rhind.
.Bata.
00giovedì 18 dicembre 2008 10:59
LA NUBIA E GLI ULTIMI RIBELLI

Dalle iscrizioni dalla tomba del figlio di Ibana sembra che subito dopo la cattura e il saccheggio di Sharuhen re Ahmose si sia diretto verso il sud del paese al fine di liberare quelle terre che il regno di Kush aveva annesso.
Dobbiamo però ritenere che non vi puntò direttamente e così velocemente come ci viene indicato dal biografo in quanto l’espansione verso nord del regno nubiano dovrebbe essere iniziata durante l’assedio di Sharuhen e, quindi, senza molta determinazione da parte dei kushiti.
La loro avanzata potrebbe aver subito un arresto a causa di un’armata proveniente da Waset e che potrebbe essere stata mandata a contrastarli dalla regina Ahmose Nefertari se non addirittura da lei comandata.
Potrebbe anche esserci stata la regina Ahhotep al comando di questi armati e ciò spiegherebbe in che modo ella abbia conquistato l’onorificenza de “L’oro al valore”.
In queste circostanze potrebbe rivelarsi corretta la presunzione che il re si sia fermato nella sua capitale sia per dar luogo ai festeggiamenti per la liberazione che per riorganizzare il proprio esercito.
Sicuramente tutto si svolse molto in fretta e il sovrano riprese il suo viaggio verso il confine meridionale.
Ahmose figlio di Ibana ci racconta di una vera e propria carneficina che il re fece delle genti nubiane.
Il sovrano si spinse fino all’isola di Sai a nord della terza cataratta, qui eresse un tempio in onore di Amon e trasformò l’isola in un avamposto militare e centro di commercio.
Rientrato a Waset il re pensava di aver risolto il problema e anche il figlio di Ibana ci dice:”….. Egli ha preso possesso delle genti del nord e del sud….”, ma non fu così.
Un ribelle, Aata, come comunemente viene identificato perché così lo definisce il comandante Ahmose, costrinse il sovrano di Kemet a tornare nuovamente al confine nubiano.
A Tentaamu, una località non ancora identificata, si svolse una battaglia fluviale in cui gli egizi ebbero definitivamente ragione degli avversari.
Ritornato nuovamente a Waset re Ahmose cominciò a occuparsi della riorganizzazione amministrativa del regno ma un nuovo avversario si profilò all’orizzonte: “Allora venne questo vile nemico che si chiamava Tety An. Egli aveva radunato attorno a se tutti gli scontenti. Sua Maestà lo uccise e la sua banda venne annientata.”
Così Ahmose figlio di Ibana descrive questo nemico che possiamo ragionevolmente ritenere sia stato un discendente di un ramo dinastico collaterale che aveva sfruttato il momento in cui non era ancora stato possibile riorganizzare lo stato per fomentare una rivolta.
Questo, dopo la cacciata degli asiatici, fu forse il più grave pericolo che re Ahmose dovette affrontare e superatolo poté dedicarsi alla riorganizzazione della struttura governativa.
Provvide a ripristinare i tre ministeri (Uaret) istituiti a suo tempo da Sesostri III che erano stati accantonati durante il periodo dell’occupazione hyksos e sostituiti da una figura simile a quella del nomarca.
Queste figure gestirono sufficientemente bene il campo amministrativo tanto che l’intervento di re Ahmose si limitò a ripristinare quanto già stabilito durante il Medio Regno.
Non può essere escluso che alcuni degli “scontenti” citati dal figlio di Ibana e che affiancarono Tety An possano essere stati dei nomarchi messi nuovamente in disparte.
Ripristinata l’amministrazione statale il diffondersi della normalità della pace incentivò il campo economico e artistico.
Dal Vicino Oriente cominciarono ad affluire quelle merci che la guerra aveva tenuto lontano, materie prime necessarie in campo artistico e commerciale
Comparvero nuovamente sul mercato egizio oro, argento, legnami pregiati, incenso e altre resine odorose.
I gioielli rinvenuti nella sepoltura della regina Ahhotep, di pregevole fattura, sembrano essere di origine minoica.
Vennero riaperte le cave di pietra e le miniere di pietre preziose, le costruzioni religiose ebbero un grande impulso e l’arte ritornò a essere commissionata per opere funerarie, come le suppellettili che accompagnavano i defunti nell’oltre tomba o stele commemorative che riportavano le gesta del defunto.
In merito alle opere di carattere religioso commissionate da re Ahmose è da notare la frenesia costruttiva che caratterizzò questo periodo.
Egli desiderava, o doveva, segnalare a tutto il paese riunificato che era l’unico re e solo lui poteva ordinare la costruzione di templi e altri edifici religiosi.
Per nostra sfortuna questa irruenza e precipitazione mal consigliò nella scelta del materiale di costruzione così anziché la pietra, che però occorreva estrarre dalle cave e trasportare in loco con conseguente allungamento dei tempi di esecuzione, furono utilizzati mattoni crudi che, fabbricati sul posto, offrivano un risparmio sui tempi ma erano preda degli agenti atmosferici rendendo scarse le opere giunte fino a noi.
Quanto pervenuto è però sufficiente per stabilire che sotto il profilo tecnico e artistico le costruzioni dell’epoca nulla avevano da invidiare alle opere eseguite nel Medio Regno.
Re Ahmose costruì a Karnak, Buhen, Ermant, Abido e restaurò gran parte dei templi dell’Alto Egitto che durante il periodo hyksos furono lasciati andare in rovina anche per l’impossibilità del reperimento delle materie prime, in particolare si dedicò alle opere religiose legate al clero di Amon.
Non prestò però, la medesima attenzione alle opere e ai templi del Medio e Basso Egitto.
Dopo circa venticinque anni di regno a un'età tre i trenta e i trentacinque anni re Ahmose morì lasciando il trono al figlio Amenhotep.
La sua tomba non è ancora stata identificata con certezza ma la sua mummia rinvenuta nel nascondiglio di Deir el Bahari è oggi esposta nel museo di Luxor nella sala detta “La Grande Tebe”, naturale prosecuzione moderna del culto a lui dedicato ad Abido e nell’area di Waset.
.Bata.
00giovedì 18 dicembre 2008 11:11
I SUCCESSORI DI RE AHMOSE

Alla morte del liberatore suo erede naturale era l’unico figlio maschio vivente infatti il primogenito Ahmose Sapair morì in giovane età.
E’ cronologicamente incerto il collocamento degli anni in cui regnò Ahmose e conseguentemente anche l’anno d’incoronazione di Amenhotep sebbene sul retro del ”Papiro Ebers” sia riportata un’annotazione sufficientemente chiarificatrice: “Nono anno del re dell’Alto e Basso Egitto Geserkara – possa egli vivere in eterno.
Festa dell’anno nuovo, terzo mese dell’estate, nono giorno – levata di Sopdu”.
Sopdu è il nome egizio della stella Sirio e la sua levata eliaca è ciclica e il calcolo astronomico datebbe il sorgere di Sirio nell’anno 1537 a.C. e l’inizio del regno di Amenhotep sarebbe da collocarsi nel 1546 a.C.
Questo qualora il fenomeno fosse stato osservato da Menfi, città sede delle migliori scuole astronomiche dell’epoca nonché antica capitale e sede del culto del sole.
Occorre tuttavia considerare che in quel momento la capitale del regno era Waset (Luxor) e questo comporterebbe se l’evento fosse stato osservato in questa città una sottrazione di venti anni fissando la data d’incoronazione nell’anno 1526 a.C..
Re Ahmose lasciò in eredità al figlio una situazione politica interna ed estera tranquilla e stabile.
Questo favorì sicuramente l’opera della reggente regina Ahmose Nefertari moglie di Ahmose e madre del nuovo sovrano che dovette guidare e formare il giovanissimo re – il quale aveva circa dieci anni quando cinse la corona - nei suoi primi anni di regno.
La reggente proseguì anche le opere intraprese dal marito in tutto il territorio d’Egitto e questo fu fatto anche in prima persona da Amenhotep.
Nel complesso abbiamo però poche tracce di quanto egli fece in campo edilizio in quanto le opere da lui eseguite subirono rimaneggiamenti postumi o furono demolite.
Come accadde per il tempio in mattoni crudi dedicato alla dea Hator a Deir el Bahari raso al suolo per far posto al maestoso tempio memoriale della regina faraone Hatshepsut o come altri monumenti utilizzati come materiale di riempimento del terzo pilone di Karnak dagli architetti di Amenhotep III.
I ventun anni di governo di Amenhotep furono pacifici.
Il comandante Ahmose figlio di Ibana nella sua biografia ricorda una campagna contro gli Iuntyu e un più giovane commilitone del comandante della flotta, Ahmose Pen Nekhbet, concittadino del primo, riporta anch’egli in un’autobiografia nella propria tomba una campagna contro il regno di Kush.
E’ opinione diffusa che le due battaglie siano la medesima campagna militare.
La tranquillità e la sicurezza della vita in questo periodo incentivarono anche le opere d’intelletto e le opere letterarie sia di carattere religioso che di altro genere.
Il già citato “Papiro Ebers” ci tramanda un particolareggiato trattato sulle principali fonti della medicina del tempo e venne stabilita definitivamente la versione canonica del “Libro dell’Amduat”, il principale testo funebre.
L’influenza della regina Ahmose Nefertari sulla formazione del giovane re fu, senza dubbio, importante e altrettanto lo fu il fatto che ella era stata “Secondo Profeta di Amon”.
Aveva rinunciato a questa carica clericale solo per andare a costituire un ordine, quello delle “Divine Adoratrici di Amon”, che rafforzò il culto di questo dio rendendolo sempre più potente e il suo clero sempre più ricco.
Questa influenza la portò a indirizzare il figlio verso la costituzione di una comunità che doveva vivere isolata e occuparsi dello scavo e della costruzione delle tombe nella necropoli reale, oggi conosciuta come Valle dei Re, ma che crearono anche splendide tombe rupestri di privati nelle necropoli che circondano la valle in quell’area oggi comunemente nota come Valle dei Nobili.
Era la comunità degli operai e degli artigiani di “Ta Seet Maat” ovvero “La Sede della Verità” il villaggio operaio oggi conosciuto come Deir el Medina.
Presso gli abitanti del villaggio Amenhotep venne fatto oggetto di culto postumo al quale in seguito venne associata anche sua madre che gli sopravvisse di qualche anno essendo ancora citata in documenti ufficiali nel primo anno di regno di Thutmose.
Oltre alla costituzione di questa comunità il re fu l’iniziatore di una radicale modifica nella struttura delle sepolture separando per primo la tomba dal tempio del culto memoriale o “Tempio di Milioni di Anni”.
Questa innovazione verrà mantenuta e sviluppata dai suoi successori per tutto il Nuovo Regno e anche oltre.
La perizia nell’arte di queste costruzioni tombali raggiunse la massima espressione nella tomba di Sethi I ospitata nella Valle dei Re e in quella di Nefertari sposa di Ramses II situata nella Valle delle Regine oltre a opere rupestri incredibili quali la tomba KV5 meglio nota come la “Tomba dei Figli di Ramses” che sembra conti più di cento camere sepolcrali.
Per ironia della sorte sembra che la tomba di Amenhotep si trovi in un’altra necropoli, quella di Dra Abu’l Naga ma, sebbene sia la prima menzionata sul rapporto dei sacerdoti stilato a seguito dell’ispezione voluta da Ramses IX (Papiro Abbot), il punto di riferimento dato per individuarla non è sufficientemente chiaro per raggiungerla.
La sua mummia fu ritrovata nel nascondiglio di Deir el Bahari in condizioni ottime completamente riavvolta in bende apposte dai sacerdoti che radunarono in questo posto gran parte delle mummie regali il suo volto era ricoperto di una splendida maschera funebre.
Amenhotep non lasciò eredi maschi e al trono delle Due Terre salì un suo generale peraltro della stessa età se non addirittura di qualche anno più vecchio del defunto re.
Non è chiaro a quale titolo cinse la corona di Kemet in quanto sembra non sia neppure di discendenza nobiliare o imparentato con qualche ramo collaterale di cui è impossibile risalire all’origine.
In definitiva di questo nuovo sovrano si conosce solamente il nome Thutmose, e quello di sua madre Seniseneb, che solamente in seguito assunse il titolo di “Madre del Re”.
Non siamo neppure certi del grado di parentela con il sovrano precedente della regina di Thutmose, Ahmose, che portava il titolo di “Moglie del Re” e di “Sorella del Re”.
Questi titoli la possono identificare, il primo, come moglie del sovrano attuale, il secondo, come sorella di Amenhotep, quindi figlia di Ahmose il liberatore, o vedova del predecessore in quanto il temine “Sorella” indicava in ambito regale sia la moglie che la sorella carnale o ambedue le cose.
In ogni caso fu proprio il matrimonio con Ahmose che legittimò Thutmose al trono e fu sicuramente spalleggiato dal clero di Amon che era ormai divenuto il più potente di tutto l’Egitto.
La scelta di questo uomo per la guida del regno venne, probabilmente dettata anche da una serie di rivolte scoppiate nei territori nubiani e i suoi nomi d’incoronazione, nome Horo: “Toro Vittorioso prediletto da Maat”, e nome Nebty: “Colui che appare con la dea serpente, grande nella forza”, ne indicano il programma guerriero.
Lo spirito combattivo del militare di carriera, come viene ricordato nell’autobiografia del figlio di Ibana, lo spinse a intraprendere campagne militari vittoriose sedando le ribellioni in Nubia dove si spinse fino alla terza cataratta e di cui resta un’iscrizione su una stele presso l’isola di Tombos.
Dall’iscrizione di questa stele possiamo dedurre che non si trattò di una grande ribellione organizzata ma piuttosto dell’insurrezione di semplici tribù locali elencate come “Popoli” vinti: “Quelli con le trecce”, “Quelli con le guance scarificate”, “I Nehesyu dal viso bruciato”, “Quelli che vestono di pelli”, “Quelli con i capelli crespi”.
Al termine della campagna Thutmose suddivise i territori pacificati e quelli sottomessi con l’estensione del confine a circa duecento chilometri più a sud in cinque distretti affidati ad altrettanti capi locali fedeli all’Egitto che dipendevano dal viceré di Nubia carica che fu affidata a Tury già nominato da Amenhotep “Sovrintendente alle Terre del Sud”.
Ahmose figlio di Ibana ci parla anche di combattimenti tesi al consolidamento dei confini del regno e di una campagna che portò le truppe di Thutmose nel territorio di Mitanni che si stavano espandendo e avevano rivolto le loro mire verso i confini di Kemet.
Durante questa campagna militare il re giunse fino al fiume Eufrate l’impresa fu commemorata con una stele presso la città di Nahrin, “Il paese del fiume”, nessun sovrano egizio si spinse fin qui dopo di lui, solo il nipote del sovrano Thutmose III, vi giunse e rintracciò la stele del nonno.
Re Thutmose non dovette intervenire sulla struttura amministrativa del regno in quanto Amenhotep e prima di lui Ahmose avevano ristrutturato a pieno questa funzione.
Governò con polso come un militare di carriera era abituato a fare, fu affiancato dalla sua Sposa Reale Ahmose per molti anni e che gli generò due figlie Hatshepsut e Neferubity.
Thutmose ebbe anche, almeno, una sposa secondaria Mutnofret, dalla quale ebbe tre figli maschi Wadjmose, Amenmose e Thutmose.
I primi due morirono prematuramente mentre al terzo fu data in sposa Hatshepsut.
Le opere di questo sovrano sono essenzialmente di carattere militare. In particolare è da ricordare il ripristino durante la campagna di Nubia del canale navigabile che permetteva il superamento delle rapide della prima cataratta.
Sembra sia da ricondurre a Thutmose la costituzione di un vero e proprio corpo di truppe scelte su carri da guerra, forza che fino a quel momento era di supporto alla fanteria.
Sono molte le opere di carattere religioso riconducibili a questo re, il potere e il prestigio della casta sacerdotale di Amon che ne aveva favorito l’ascesa al trono ne influenzava le scelte in questo campo.
Il re incaricò dei lavori che volle portare a termine l’architetto Ineni.
Nelle sue realizzazioni spicca l’ampliamento del complesso templare di Karnak con la costruzione di un nuovo vestibolo e due nuovi piloni, il quarto e il quinto, oltre l’innalzamento di due obelischi dinnanzi a questi che pare siano i primi a essere stati eretti dinnanzi al pilone di un tempio.
L’architetto fu anche incaricato della costruzione della tomba reale e del tempio di “Milioni di Anni” che il re fece scavare nella Valle dei Re la prima, e ai margini delle terre coltivate con il deserto il secondo.
Per far questo Thutmose proseguì l’opera iniziata dal suo predecessore circa il completamento del villaggio operaio di “Ta Seet Maat” (Deir el Medina).
La sua tomba è oggetto di disputa in quanto sia nella KV38 quella a lui ufficialmente attribuita, che nella KV20 quella del faraone donna Hatshepsut sua figlia, fu rinvenuto un sarcofago in quarzite gialla recante il suo nome.
Si ritiene che la tomba regale più vecchia della Valle sia quella di sua figlia Hatshepsut che avrebbe ampliato quella del padre per poter essere sepolta con lui e, in effetti, la camera mortuaria della KV20 è di grandezza doppia e conteneva due sarcofagi.
La KV38 è ritenuta una tomba che il nipote Thutmose III fece scavare per traslare la salma del nonno dalla camera mortuaria della tomba della matrigna.
In questa sepoltura furono rinvenuti degli arredi successivi al regno di Thutmose e anche le decorazioni parietali sono da farsi risalire al periodo di regno del nipote e successivo a quello della coreggenza con la matrigna.
Benché l’ultima data certa documentata sia riferita al quarto anno di regno è certo che Thutmose abbia regnato almeno dieci se non dodici anni.
La sua mummia non fu rinvenuta in nessuno dei due sarcofagi con il suo nome, si ritiene sia una delle mummie non identificate con certezza e rinvenute nel nascondiglio di Deir el Bahari.
Se così fosse e quella a lui attribuita provvisoriamente, sia veramente quella di questo re, potremmo datare la sua morte a un’età di circa cinquanta anni.



BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Alan GARDINER
La Civiltà Egizia
Ed. Einaudi Tascabili – 1971

Nicolas GRIMAL
Storia dell’Antico Egitto
Ed. Laterza – 1990

Franco CIMMINO
Dizionario delle Dinastie Faraoniche
Tascabili Bompiani – 2003

John BAINES – Jaromir MALEK
Atlante dell’Antico Egitto
Istituto Geografico De Agostini – 1992

Guy RACHET
Dizionario della Civiltà Egizia
Gremes Editore – 2002

Manfred CLAUSS
L’Antico Egitto
Newton & Compton Editori 2002

Cristiane DEROCHES NOBLECOURT
La Regina Misteriosa
Sperling & Kupfer Editori 2003

Christian JACQ
Le Donne dei Faraoni
Arnoldo Mondadori – 1997

Edda BRESCIANI
Grande Enciclopedia Illustrata dell’Antico Egitto
Istituto Geografico DE Agostani – 2005


Sophie DESPLANCQUES
L’Antico Egitto
Newton & Compton Editori 2006

Christian JACQ
L’Egitto dei Grandi Faraoni
Arnoldo Mondadori – 1998

Joyce TYLDESLEY
L’età d’Oro dell’Antico Egitto
Newton & Compton Editori 2003

John Antony WEST
Guida Insolita ai Misteri, alle Leggende e ai Luoghi Sacri dell’Antico Egitto
Newton & Compton Editori 2003

Giorgio P. PANINI
Il Grande Libro dell’Egitto
Arnoldo Mondadori – 2001


Spero che questo lavoro sia utile almeno per quanto riguarda questa sezione, scusate l'eventuale esposizione non propriamente scorrevole.

Di nuovo Ciao, BATA
roberta.maat
00giovedì 18 dicembre 2008 12:27
Ciao Bata, lavoro utilissimo il tuo, ti ringrazio e mi appresto a leggere tutto con calma,
-francis-
00giovedì 18 dicembre 2008 13:29
Anch'io me lo stampo per leggerlo con molta attenzione...
Hatshepsut76
00giovedì 18 dicembre 2008 13:59
Lo stesso dicasi per me! Grazie Bata! Molto buona anche l'idea della bibliografia: alcuni testi li possiedo già, e non mancherò di acquistare gli altri... [SM=g999103]
Hotepibre
00giovedì 18 dicembre 2008 15:48
...bel lavoro, salvo e leggo comodamente... grazie per averlo diviso con noi!
antonio crasto
00giovedì 18 dicembre 2008 16:55
Grazie Bata!
I commenti dopo le feste.
Antonio
pizia.
00venerdì 19 dicembre 2008 00:55
Accidenti, che lavorone!
Ci hai sempre nascosto la tua vena saggistica [SM=g999103]
EGIZIA72
00sabato 20 dicembre 2008 20:43
[SM=x822754] Bata!!!che lavoro interminabile,lo leggerò accuratamente,ciao
antonio crasto
00sabato 10 gennaio 2009 18:08
Caro BATA,
complimenti per l’opera da te svolta.

Desidero segnalarti alcuni commenti:

- forse la lettura sarebbe più completa se riportassi nei vari punti i singoli riferimenti bibliografici;
- per quanto riguarda la XIII dinastia Africano ed Eusebio riportano 453 anni e 60 sovrani;

In merito alla segnalazione sul retro del Papiro Ebers si può dire che:

essa porta a definire come data della segnalazione eliaca di Sirio il 1547 ± 2 a.C. e l’incoronazione di Amenhotep I nel 1556 ± 2 a.C.

Questo calcolo è stato però rivisto sulla base della discutibile ipotesi che la levata eliaca di Sirio si riferisse a Tebe o Dendera e non a Heliopolis, per cui è stato proposto che alla data trovata vadano aggiunti venti anni, a causa della differente latitudine.
Si può pertanto ipotizzare che l’evento si sia verificato nel 1527 ± 2 a.C. e l’incoronazione nel 1536 ± 2 a.C.

Gli Egittologi presentano piccole variazioni, fra cui:

Gardiner: evento 1536 e incoronazione 1545;
Grimal 1: evento 1537 e incoronazione 1546;
Grimal 2: evento 1517 e incoronazione 1526;
Brescianio: evento 1508 e incoronazione 1517;
Cimmino: evento 1508 e incoronazione 1517;
Crasto: evento 1527 e incoronazione 1536.

Le date presentate dai vari Egittologi lasciano intravedere:

- una confusione fra data dell’evento e data dell’incoronazione (Gardiner e Grimal 1);
- una confusione fra data dell’evento e data dell’incoronazione e una seconda aggiunta di 20 anni (Grimal 2);
- una seconda aggiunta di 20 anni (Bresciani e Cimmino).

Ciao Antonio
.Bata.
00sabato 10 gennaio 2009 22:47
Ti ringrazio, Antonio, della tua attenzione a questo piccolo lavoro di ricerca.

Voglio precisare alcune cose sugli appunti, per altro benevoli, che mi rivolgi.

1 - L'inserimento dei riferimenti bibliografici in ogni punto di quello che voleva essere un racconto di come si sono svolti i fatti avrebbe comportato una lettura spezzettata che ho tentato di evitare.

2 - La XIII dinastia è, come fai giustamente presente, molto controversa, alcuni fanno riferimento a Manetone, altri a Eusebio, altri ancora aggiungono o tolgono a loro piacimeto.
Ho preferito rifarmi a quanto riferisce Manetone (anche se a sua volta riportato) essendo egli la "fonte".

3 - Per quanto riguarda il Papiro Ebers mi rifaccio a quello che tu indichi come Grimal 1 sottolineando quanto anche tu hai fatto notare circa le varie ipotesi sul luogo in cui è stata registrata.

Ciao, BATA.

P.S.: Grazie di nuovo, sinceramente.
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