Confessione negativa

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pizia.
00lunedì 7 luglio 2008 23:15
Leggendo il libro di Antonio Crasto, “Hassaleh – L’occhio di Horus”, ho trovato uno spunto per introdurre un discorso di storia della morale occidentale, o meglio, mediterranea, riconoscendo in questo termine un significato più vicino alla nostra attuale cultura, per certi aspetti ormai distante da quella occidentale per eccellenza, cioè nordamericana.

Nel Capitolo XX, Simbolismi della Grande Piramide, trovo questa interessante citazione di un testo rinvenuto nella tomba di Maiherperi, nella Valle dei Re, KV36, della quale si è già discusso qui sul forum.
Ecco le 42 dichiarazioni di innocenza che il defunto deve recitare, non senza una certa convinzione, al cospetto del tribunale di Osiride, dal quale verrà poi giudicato:

1. non ho commesso peccato
2. non ho commesso rapina con violenza
3. non ho rubato
4. non ho ammazzato uomini o donne
5. non ho rubato grano
6. non ho trafugato le offerte
7. non ho rubato nelle proprietà del Dio
8. non ho proferito bugie
9. non ho sottratto cibo
10. non ho proferito maledizioni
11. non ho commesso adulterio, né ho giaciuto con uomini
12. non ho fatto piangere alcuno
13. non ho mangiato il cuore
14. non ho aggredito alcun uomo
15. non sono stato un uomo falso
16. non ho alterato le misure dei campi da coltivare
17. non sono stato uno che origlia
18. non ho diffamato alcuno
19. non mi sono arrabbiato senza una giusta causa
20. non ho insidiato la moglie di alcun uomo
21. non mi sono masturbato
22. non ho terrorizzato alcuno
23. non ho trasgredito la legge
24. non mi sono infuriato
25. non ho chiuso le mie orecchie a parole di verità
26. non ho bestemmiato
27. non sono stato un uomo violento
28. non sono stato un accattabrighe
29. non ho agito con eccessiva fretta
30. non ho ficcato il naso in cose futili
31. non sono stato logorroico
32. non ho ingannato alcuno né ho fatto alcuna malvagità
33. non ho fatto magie contro il re
34. non ho mai bloccato l’acqua dei canali
35. non ho mai alzato la voce
36. non ho maledetto Dio
37. non ho agito con arroganza
38. non ho rubato il pane degli dei
39. non ho sottratto le focacce degli spiriti dei morti
40. non ho strappato dalla bocca il pane ai bambini
41. non ho trattato con disprezzo la divinità della mia città
42. non ho ammazzato il bestiame della divinità
pizia.
00lunedì 7 luglio 2008 23:16
Si tratta evidentemente di un testo del Nuovo Regno, ma già dalla prima sommaria lettura si può capire quale stratificazione e quale sincretismo esso nasconda.

Le ripetizioni di alcuni concetti, quelli che vengono più volte ribaditi (es. “3. non ho rubato”; “5. non ho rubato grano”) potrebbero essere dovuti all’accorpamento di formule precedentemente raccolte il diverse liturgie.

L’attenzione rivolta ai diversi aspetti della vita quotidiana, che certamente non hanno nulla a che vedere con le occupazioni del re, è interpretabile come retaggio di quella fase culturale, seguita alla crisi del “primo impero” (l’Antico Regno), spesso indicata come democratizzazione dell’aldilà.

Frasi come la “33. non ho fatto magie contro il re” o la “40. non ho strappato dalla bocca il pane ai bambini” sono state introdotte quando ogni defunto ebbe la speranza di diventare un Osiride, non prima, quando cioè solo il re poteva aspirare a tanto.

Ci sono poi dichiarazioni simboliche legate ai culti più antichi, ai tabù che l’egizio si portò dietro per tutta la storia a partire dal periodo predinastico, come la “13. non ho mangiato il cuore” e la “42. non ho ammazzato il bestiame della divinità”.

Molti divieti sono riconducibili all’ordinamento civile, potrebbero far parte di indicazioni sul diritto che, come sappiamo in Egitto non ebbe mai ufficialmente un codice scritto, così la “23. non ho trasgredito la legge”, oppure la “34. non ho mai bloccato l’acqua dei canali”.

Le formule più recenti però, potrebbero essere quelle più astratte, tendenti alla generalizzazine, che, nella loro semplicità, sembrano contenere tutto: “1. non ho commesso peccato”, “8. non ho proferito bugie”; il pensiero teologico sembra già indirizzato ad isolare quei concetti destinati a convergere, depurati da ripetizioni sovabbondanti, nella morale mosaica.

A ben gurdare, proprio la n° 1. contiene già in sé tutto ciò che viene meglio spiegato nel seguito, per cui il raggiungimento del totale di 42 dichiarazioni, numero altamente simbolico perché corrispondente al numero dei nomi (nel Nuovo Regno, cioè all’epoca di Maihrperi), fu dettato forse dall’esigenza rituale di far recitare ogni frase in associazione ad una città.
-Kiya-
00martedì 8 luglio 2008 00:29
Re:
pizia., 07/07/2008 23.16:


Le formule più recenti però, potrebbero essere quelle più astratte, tendenti alla generalizzazine, che, nella loro semplicità, sembrano contenere tutto: “1. non ho commesso peccato”, “8. non ho proferito bugie”; il pensiero teologico sembra già indirizzato ad isolare quei concetti destinati a convergere, depurati da ripetizioni sovabbondanti, nella morale mosaica.



Innanzitutto ti rivolgo i complimenti per l'interessante argomento e la valida introduzione proposti, che da adito a numerosi spunti di discussione.
Tra questi: cosa ti porta a pensare che proprio le più generiche le formule più recenti, quando invece (a mio esclusivo parere personale) proprio la loro genericità potrebbe far pensare il contrario, ovvero che siano lo spunto da cui successivamente si è sviluppato l'intero corpus, più particolareggiato?




A ben gurdare, proprio la n° 1. contiene già in sé tutto ciò che viene meglio spiegato nel seguito, per cui il raggiungimento del totale di 42 dichiarazioni, numero altamente simbolico perché corrispondente al numero dei nomi (nel Nuovo Regno, cioè all’epoca di Maihrperi), fu dettato forse dall’esigenza rituale di far recitare ogni frase in associazione ad una città.



In tal senso vorrei specificare che le scuole di pensiero sono nettamente divise, tra coloro che ritengono vi sia un effettivo legame tra il numero di nomoi costituenti l'Alto e il Basso Egitto e il numero di giudici che presiedono al Tribunale Divino, e coloro che, invece, ritengono non vi sia alcun legame.
La teoria che prevale è la seconda, anche se, a mio avviso, una spiegazione precisa e effettivamente valida, in questa direzione, non è ancora stata fornita.
roberta.maat
00martedì 8 luglio 2008 12:41

In tal senso vorrei specificare che le scuole di pensiero sono nettamente divise, tra coloro che ritengono vi sia un effettivo legame tra il numero di nomoi costituenti l'Alto e il Basso Egitto e il numero di giudici che presiedono al Tribunale Divino, e coloro che, invece, ritengono non vi sia alcun legame.
La teoria che prevale è la seconda, anche se, a mio avviso, una spiegazione precisa e effettivamente valida, in questa direzione, non è ancora stata fornita.




Una domanda che vi dirà quanto sono poco erudita sui riti funerari strettamente attinenti all'aspetto spirituale della morte :
E' dunque certo che i giudici del Tribunale Divino sono in numero di 42 (nuovo regno) ? Al di là della corrispondenza col numero dei nomoi è forse perchè ognuno di loro ha titolo di giudicare una sola espressione di peccato,oppure è solo simbolico il riferimento a quel numero ? Se è così vorrei qualche notizia in più sulla sacralità del 42.....è forse perchè multiplo di 7 ?
Meka_Nike
00martedì 8 luglio 2008 13:30
Re:
pizia., 07/07/2008 23.16:


A ben gurdare, proprio la n° 1. contiene già in sé tutto ciò che viene meglio spiegato nel seguito, per cui il raggiungimento del totale di 42 dichiarazioni, numero altamente simbolico perché corrispondente al numero dei nomi (nel Nuovo Regno, cioè all’epoca di Maihrperi), fu dettato forse dall’esigenza rituale di far recitare ogni frase in associazione ad una città.



Le 42 dichiarazioni potrebbero riferirsi solamente ai giudici e non alle città..Forse il numero delle città è solo una coincidenza. Per quanto ne so l'anima del defunto deve essere sottoposta al giudizio dei 42 giudici in rappresentanza degli altrettanti peccati.

Sul perchè del 42 invece non saprei dire..E' la mia taglia! [SM=g999108] (Scusate!)
antonio crasto
00martedì 8 luglio 2008 16:13
Innanzitutto un grazie di cuore a pizia per essere arrivata quasi alla fine del saggio.
In merito alle dichiarazioni che il ba del defunto doveva pronunciare per poter aspirare alla sua giustificazione, bisogna ricordare che si tratta di 42 “dichiarazioni d’innocenza”, con le quali si dichiarava di non aver commesso alcuna sorta di peccato, e 42 “dichiarazioni negative”, rivolte questa volta ai 42 giudice celesti.
Il fatto che le province egizie fossero 42, fa ipotizzare che esista una stretta connessione fra nomoi e giudici.
Non è dato sapere però chi sia nato prima, se cioè il numero dei giudici abbia un simbolismo antico e il numero dei nomoi abbia ricalcato questo numero o se invece si può ipotizzare il contrario, forse per considerare i giudici celesti come rappresentanti dei singoli nomoi.

Le considerazioni di pizia sono decisamente interessanti. Sarebbe necessaria una ricerca delle varie dichiarazioni negative disponibili, per verificare una qualche evoluzione nel numero e nei contenuti.
Io ho supposto che il numero non sia cambiato dall’Antico Regno e che il senso delle dichiarazioni sia rimasto inalterato, ma ovviamente sono pronto a rivedere la mia posizione in caso di conferme archeologiche in contrasto con le mie supposizioni.
Max Paul
00martedì 8 luglio 2008 17:01
ipotesi numeri:


7x3x2


trovate qualche correlazione?

sul 7 direi che roberta e maria sono ferrate...

il 3 credo rientri fortemente...

e il 2 non può essere interpretato come "2" mondi, "2" realtà, "2" vite?
-Kiya-
00martedì 8 luglio 2008 17:24
il 7: numero magico per eccellenza, come riporto da un mio precedente post


sette (che è anche in assoluto il mio numero, nel bene e nel male!) che era indicato come il numero magico per eccellenza, simbolo di perfezione secondo la dottrina di Eliopoli; viene indicato come numero sacro, insieme al 14 nei "Testi delle Piramidi" (e viene citato più volte come nei 7 abomini che non si devono commettere, i 7 urei e le 7 vertebre cervicali, 7 gatte, 7 frecce di Sekhmet, etc.); si riscontrano i 7 ba e i 14 ka del dio Ra nella letteratura religiosa; nel "Libro dei morti" i guardiani delle porte sono 7 o 21 (comunque un multiplo). Nel rituale dell'apertura della bocca si utilizzano 7 strumenti rituali per altrettante operazioni.
Si può quindi affermare che il 7 rappresenta la vita, la facoltà di riceverla, di possederla e di donarla. Ed inoltre essendo composto dalla somma di 3 (il Creatore) e di 4 (il Tempio e Geb, la Terra) esprime un concetto di universalità cosmica che associa Ra alla terra.
I multipli e i composti di 7 sono fortemente presenti nel formulario magico egizio (leggiamo sul Papiro Harris infatti che Ra possedeva 77 occhi e 77 orecchie - che sta ad indicare che le sue capacità di percezione erano immensamente sviluppate). Esso è indicativo anche nel senso di equilibrio universale; secondo alcune teorie infatti nell'unierso erano presenti 77 forze positive del dio originale, atte a formare la sostanza della prima creazione. Ma in base alla regola del dualismo, vi erano anche 77 forze negative a controbilanciare per mantenere l'equilibrio cosmico.



il 3: chiaramente la triade divina/il Creatore, come detto sopra

il 2: il dualismo fondamentalmente onnipresente per garantire la Maat


Ricordo che i 42 giudici, ai quali vanno rivolti i Precetti, si trovano nella "Sala delle 2 Maat", così è definito infatti il Tribunale di Osiride. Particolare al quale non ho ancora saputo fornire una spiegazione attendibile...
pizia.
00martedì 8 luglio 2008 23:26
Rispondo a tutti
Kiya: credo che il pensiero generico, cioé generalizzato derivi da una forma di sintesi che si acquista solo col tempo, mentre all'inizio, quando si può ancora parlare di primitivismo, sia più semplice ragionare per singole azioni concrete.
Ma è un'idea mia, discutibile all'infinito.
Per il 42 ho solo osservato che le formule erano così tante, e quando si incontra questo numero è quasi ovvio pensare che sia stato scelto perché rappresentativo dei nomoi, ma effettivamente non è detto che sia così; inoltre avevo pensato ad una recitazione di formule davanti ai rappresentanti dei nomoi, o con l'ausilio di essi, al numero dei giudici proprio non avevo pensato.

Roberta: come ho detto nella risposta per Kiya, non stavo pensando ai giudici; fra l'altro i nomoi nell'Antico Regno erano meno.

Meka Nike: non saprei, la mia era solo un'idea di lancio.
Il fatto che fossero 42 avrà pure una valenza simbolica, mi sembra strano sia un numero tirato a caso, e su ciò pare siamo d'accordo tutti. I giudici del tribunale di Osiride invece mi sembra fossero 70 o 77, ma forse ricordo male, certo Antonio è molto più documentato di me.

Antonio: Ma prego!
Comunque sappi che non solo l'ho finito, ma ben due volte. Posso citarlo quà e là come fonte? mi impegno a non rivelare troppo [SM=x822712] avrei altre cose da chiederti, ma sarà meglio di là [SM=x822706]

Max: in tal caso sarebbe doppio dualismo, (7x3x2)x2, perché come già ha anticipato Antonio, oltre alle 42 confessioni negative ci sono altre 42 dichiarazioni, quelle che si trovano nell'ultimo allegato del libro di Antonio, ci sarei arrivata fra un po', per ora volevo andare avanti con il commento fililogico e avere i vostri pareri.
roberta.maat
00mercoledì 9 luglio 2008 01:42

Pizia:
....credo che il pensiero generico, cioé generalizzato derivi da una forma di sintesi che si acquista solo col tempo, mentre all'inizio, quando si può ancora parlare di primitivismo, sia più semplice ragionare per singole azioni concrete..



L'osservazione è giusta però io penso che la formula è cosi articolata perchè il numero dei giudici è 42,quidi le azioni concrete da sottoporre a giudizio devono necessariamente essere pari ai membri del tribunale che è presieduto da Osiride al quale va rivolta la prima confessione generica,la più importante.
Se i giudici non sono 42 perchè elencare tante azioni che ricordano lo stesso peccato? Sarebbero ripetizioni del tutto inutili.
antonio crasto
00mercoledì 9 luglio 2008 10:27
Re:
pizia., 08/07/2008 23.26:


...
Antonio: Ma prego!
Comunque sappi che non solo l'ho finito, ma ben due volte. Posso citarlo quà e là come fonte? mi impegno a non rivelare troppo [SM=x822712] avrei altre cose da chiederti, ma sarà meglio di là [SM=x822706]
...



Cara Ivana,
il saggio è pubblicato e puoi quindi citare a tuo piacimento. Non è un libro giallo, per cui puoi rivelare anche il nome dell’”assassino”.
Stai dedicando al mio libro molto del tuo prezioso tempo e quasi quasi mi fai venire dei rimorsi.

In merito al numero dei giudici celesti essi sono rappresentati nei vari papiri della pesatura dell’anima in numero di 42. Non ho idea se il loro numero sia stato alterato nel corso della civiltà egizia.
Al riguardo vorrei chiedervi informazioni sul numero dei buchi trovati nei due marciapiedi della Grande Galleria.
Io sono fermo al fatto che esistano 21 buchi per ogni marciapiede e ho pertanto ipotizzato che i buchi servissero a reggere dei sedili per i rappresentanti dei 42 nomi in veste di giudici celesti.
Nel libro di Pochan si legge però che per ogni lato della Grande Galleria esistevano 28 buchi, destinati a tener ferme le statue dei sovrani predecessori (Khufu sarebbe il 28° sovrano).
Mi chiedo e vi chiedo se i sette buchi potevano essere quelli realizzati al di fuori dei due marciapiedi, nel pianerottolo inferiore e in quello superiore?



pizia.
00domenica 13 luglio 2008 22:35
A testimonianza dell’origine rurale della morale egizia, ci sono un gruppo di formule che riguardano le attività agricole:

· 5. non ho rubato grano
· 9. non ho sottratto cibo
· 16. non ho alterato le misure dei campi da coltivare
· 34. non ho mai bloccato l’acqua dei canali
· 38. non ho rubato il pane degli dei
· 39. non ho sottratto le focacce degli spiriti dei morti
· 40. non ho strappato dalla bocca il pane ai bambini
· 42. non ho ammazzato il bestiame della divinità

Rubare grano e prodotti lavorati era considerato un fatto grave, contro la morale che allora si stava formando; ma anche alterare le misure dei campi, si scoprì ben presto come equivalesse in un certo senso al “rubare”, in maniera diretta in quanto si rubava così terreno al vicino, e quindi prodotto, ma ancor di più in quanto si truffavano le autorità preposte alla misura dei campi, attraverso le quali lo stato, nella persona del re, otteneva la percentuale dovuta come dazio.
E sappiamo ora che proprio quel surplus di produzione agricola fu il motore per la realizzazione di tantissime opere e per il mantenimento di un settore di lavoratori che potremmo definire “terziario”, non impiegati cioè né nella produzione né nella trasformazione dei prodotti utili e necessari.

Da alcune formule legate all’ambito agricolo, otteniamo indicazioni sul rapporto con gli dei.

A loro si devono offerte in prodotti lavorati e bestiame che non possono essere usati dalle persone, ma facilmente saranno impiegati nel sostentamento della classe sacerdotale; l’esplicita menzione di pane e di focacce, da utilizzare come offerte per dei e morti, è forse indizio dell’esclusione del grano e delle materie prime (poco utilizzabili senza lavorazione) perché a questi illustri destinatari si doveva dare qualcosa di pronto, onde non costringerli a lavorare?

All’inizio certo si offrì tutto ciò che si aveva, per quanto semplice fosse, poi il prodotto finito divenne privilegiato, ma non mancò mai la mteria prima, perché sotto forma di servi veri o di ushabti qualcuno avrebbe comunque eseguito le lavorazioni.

A loro volta, i sacerdoti, nei periodi di maggiore affluenza di offerte nei loro depositi, poterono disporre di un potere del tutto simile a quello del faraone, commissionando lavori e assoldando servitori e ausiliari laici.

Gli spiriti dei morti vengono menzionati a parte perché evidentemente non assimilabili agli dei; il cittadino corretto non ruberà le focacce agli spiriti dei morti dunque.

Sono i ka, quelle parti incorporee degli individui che proseguono la loro esistenza anche dopo la morte corporale e hanno bisogno di nutrimenti terrestri veri e propri, offerti dai parenti e dai discendenti, oppure da sacerdoti incaricati di ciò per sempre grazie a vitalizi e rendite a loro assegnati.

Se ciò che dice Freud è vero, alla base di ogni divieto morale c’è sempre una forte tentazione, dunque se esiste un dettame riguardante un’azione, si può esser sicuri che questa veniva commessa, tendenzialmente molto spesso, tanto da imporre la formulazione di una legge morale generale contro di essa.

E si può giurare che qualcuno continuasse a farla, non ostante ciò.
Certamente gli spiriti dei morti non avranno potuto agire direttamente sul trasgressore e ciò lo avrà indotto a sfidare ancor di più le leggi morali, forte della sua esperienza di impunità.

In seguito, per arginare il problema si studiarono due rimedi: uno immediato, cioè la punizione comminata dal re o dal suo rappresentate, uno postumo, cioè la convocazione davanti un tribunale divino, quindi tutta l’elaborazione mitologica che riguarda il viaggio del morto nell’aldilà.

La frase 40 è tipica della protezione della società verso i bambini, che rappresentano il futuro, dunque mai levare di bocca l’alimentazione ai bambini, è l’adulto che si deve sacrificare. Ancora ai nostri tempi si dice in caso di disastro “prima le donne e i bambini”, ricordate il caso del Titanic?

L’ultima confessione si presta ad una doppia interpretazione, innanzi tutto vale quanto detto a proposito del furto ai danni di dei e spiriti dei morti, ma in più si può intravvedere un mantenimento del tabù dell’animale totem, per cui, presso alcuni templi esistevano aree protette, veri allevamenti oppure riserve, in cui gli animali sacri del dio venivano allevati o semplicemente tutelati.

E’ importante notare come tale tabù abbia cavalcato i secoli, arrivando all’epoca di Mahirperi, in pieno Nuvo Regno.

Se non risulta tanto appetitoso andare a caccia nella riserva di Sobekh, di Tauseret o di Selkhit, potrebbe certamente esserlo appropriarsi di qualche esemplare di Hator, di Thot o di Amon.

Se non ci sono riserve di bestiame sacro a Sekhmet e in nessun tempio scorazzano i leoni liberi, potrebbe essere stato giustificato l’allevamento di bestiame da sacrificare alla dea, da offrire quando essa si manifesta, mostrandosi agli uomini presso loro villaggi in compagnia del figlio, Miho (avete visto il film “Spiriti nelle tenebre”?).

Insomma, comunque sia il bestiame dedicato agli dei non si tocca.
Ditemi cosa ne pensate e se vi piacciono questi argomenti, ditemi dove sbaglio che ne parliamo ancora.

roberta.maat
00lunedì 14 luglio 2008 14:37

Antonio Crasto.......
Io sono fermo al fatto che esistano 21 buchi per ogni marciapiede e ho pertanto ipotizzato che i buchi servissero a reggere dei sedili per i rappresentanti dei 42 nomi in veste di giudici celesti.



Qualora all'epoca di Khwfw i Nomoi fossero effettivamente in numero di 42, i buchi lungo i marciapiedi potrebbero essere le sedi di statue o stendardi rappresentanti i sovrani dei Nomoi che rendono omaggio al re defunto. Si potrebbe non fare riferimento ai giudici la collocazione delle cui immagini dovrebbe trovarsi in luogo più riservato,più interno cioè nella zona più sacra quella riservata esclusivamente ai sacerdoti.
roberta.maat
00lunedì 14 luglio 2008 15:22

Pizia.......
L’ultima confessione si presta ad una doppia interpretazione, innanzi tutto vale quanto detto a proposito del furto ai danni di dei e spiriti dei morti, ma in più si può intravvedere un mantenimento del tabù dell’animale totem, per cui, presso alcuni templi esistevano aree protette, veri allevamenti oppure riserve, in cui gli animali sacri del dio venivano allevati o semplicemente tutelati.

E’ importante notare come tale tabù abbia cavalcato i secoli, arrivando all’epoca di Mahirperi, in pieno Nuvo Regno.

Se non risulta tanto appetitoso andare a caccia nella riserva di Sobekh, di Tauseret o di Selkhit, potrebbe certamente esserlo appropriarsi di qualche esemplare di Hator, di Thot o di Amon.

Se non ci sono riserve di bestiame sacro a Sekhmet e in nessun tempio scorazzano i leoni liberi, potrebbe essere stato giustificato l’allevamento di bestiame da sacrificare alla dea, da offrire quando essa si manifesta, mostrandosi agli uomini presso loro villaggi in compagnia del figlio, Miho (avete visto il film “Spiriti nelle tenebre”?).

Insomma, comunque sia il bestiame dedicato agli dei non si tocca.
Ditemi cosa ne pensate e se vi piacciono questi argomenti, ditemi dove sbaglio che ne parliamo ancora.



l'ultima confessione si riferisce,credo,proprio al bestiame degli Dei, che venisse o meno sacrificato per ingraziarseli,quindi quello che veniva allevato nei templi. Altra cosa forse sono gli animali che rappresentano essi stessi degli Dei e che vengono adorati nel tempio.
Strano però che esista un tempio sacro a Sobeck con coccodrilli mummificati e non ne esista uno sacro a Sekhmet con leoni mummificati....o non ho visto io mummie di leoni ?
Credi si potesse uccidere un leone o un coccodrillo senza incorrere in una punizione divina......potresti spiegarmi questo rapporto Divinità-pericolo-caccia ?
pizia.
00lunedì 14 luglio 2008 23:19
Non credo che nell'Antico Regno nomoi fossero già 42...
carlo1983
00giovedì 24 dicembre 2009 16:49
scusate ma qusto dov'è?
j nḥb-k3w pr(j) m tpḥt.f n wr(r) hrt.j njs ḥr ḫt

salute a Nehebkau che viene dalla sua caverna; non ho ingrossato la ricchezza (che soltanto) tenendo conto sui beni calcolati di mia spettanza;


questo lo devo scrivere nella mia tesi citando la fonte (papiro di ani)!
io l'ho trovato qui e pizia non lo cita
II Confessione negativa

Dal Papiro di Nu
British Museum, rep. n. 10.477, sudario n. 23
-Kiya-
00giovedì 24 dicembre 2009 20:16
Carlo, segui questo link:

freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=5474245

e leggi la 40^ Confessione.
Quelle qui elencate da pizia sono le stesse, ma riportate in forma generica, senza il riferimento del nome dei relativi Giudici

;)
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