Vi posto quanto trovato in prima battura sulla tomba di Maiherpri.
Alla fine di marzo del 1899, Victor Loret porta alla luce il primo ipogeo inviolato.
Non potremo mai rammaricarci abbastanza del fatto che questo straordinario successo non sia mai divenuto oggetto di alcuna pubblicazione.
E’ desolante constatare che non rimane nessuna pianta e nessuna fotografia e che i pochi appunti sono per sempre perduti mentre gli oggetti sono stati dispersi in diversi musei e talvolta risultano introvabili o venduti sul mercato delle antichità.
Nella camera funeraria di questa tomba, che sarà classificata con il n° 36, vi è un sarcofago nero, ornato di figure di divinità dorate, contenente due feretri mummiformi anch’essi dorati ma vuoti; lì accanto, un sarcofago in legno di cedro nero ospita la mummia di Maiherpri, il cui nome significa “IL LEONE SUL CAMPO DI BATTAGLIA”.
Certo il coperchio è stato spostato e qualche gioiello forse tolto, ma molti oggetti, nella minuscola stanza, sono ancora al loro posto.
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Secondo i suoi titoli, Maiherpri era “Figlio del KAP”, ossia di un’istituzione reale che si occupava dell’educazione dei principi e di alcuni figli di dignitari, e ricopriva la funzione di “Porta Ventaglio alla Destra del Re”.
Ma di quale re?
Non c’è nulla che lo indichi.
Lo stile della tomba evoca la XVIII dinastia, e data la vicinanza della tomba di Amenhotep II, si è formulata l’ipotesi, spesso trasformata in certezza, che Maiherpri fosse un fedele compagno d’armi di questo faraone, ma non c’è nessun indizio che permetta di affermarlo con sicurezza.
Secondo un’altra ipotesi, Maiherpri sarebbe stato amico d’infanzia di Thutmosi III.
Quando vengono tolte le bende, il 22 marzo 1901, appare una splendida mummia, che era stata protetta da tre bare in legno; capelli corti, crespi, la pelle nera indicano senza dubbio che era un nubiano, un uomo dal viso magnifico, che esprimeva una serena dignità.
I nibiani fornivano all’Egitto corpi scelti e soldati valorosi; il nome Maiherpri fa pensare a un guerriero capace di combattere come un leone, animale che simboleggia anche la vigilanza.
L’esame della mummia dimostra che il nubiano non era stato ucciso da una ferita.
Sotto l’ascella sinistra vi è orzo germogliato: il seme che marcisce in terra e riprende vita al momento della germinazione evoca la resurrezione di Osiride.
Resta da sapere perché Maiherpri si trovi nella Valle.
Il suo titolo di “Figlio del Kap” indica che suo padre o sua madre erano legati alla famiglia reale e che lui aveva beneficiato dell’educazione impartita a palazzo.
La mummia sembra appartenere a un uomo giovane, ma le opinioni degli specialisti sono varie.
In questa tomba intatta, che offre il quadro del materiale funerario destinato ad accompagnare il defunto nell’altro mondo, vengono rinvenuti vari oggetti: innanzitutto, come si è già detto, la reliquia osiriana che evoca il processo della resurrezione attraverso la germinazione dell’orzo, e che al contempo rappresenta uno degli alimenti base serviti durante l’eterno banchetto dell’aldilà; è il simbolo chiamato “l’Osiride Vegetante”.
Inoltre , vi è una ciotola blu ornata di pesci, gazzelle e fiori, che evocano la rinascita e insieme il dominio che il giusto esercita sul mondo animale e vegetale; un vaso di profumo ancora sigillato, è invece, il simbolo dell’essenza del divino che l’anima immortale respira; vi sono poi del vasellame contenente olii sacri, utilizzati al momento del rituale di rigenerazione, un gioco di Senet che offriva al viaggiatore dell’altro mondo la possibilità di disputare una partita con l’invisibile, dei braccialetti che servivano a proteggere i punti di energia distribuiti sul corpo e, infine delle frecce che facevano fuggire i nemici dell’aldilà.
Non bisogna dimenticare due collari da cani in cuoio, uno decorato con scene di caccia, l’altro con cavalli; i fedeli compagni di Maiherpri lo seguivano così nell’altro mondo, e come incarnazioni di Anubi erano anche incaricati di accoglierlo e di guidarlo lungo i luminosi sentieri dell’eternità.
Fonte: LA VALLE DEI RE – Storia e scoperta di una dimora eterna
Di Chistian Jacq
I edizione Oscar saggi marzo 1998.
Cercherò ulteriori notizie, per ora
Ciao, BATA