Alessandro e l'eredità Macedone

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-Kiya-
00domenica 11 marzo 2012 18:40
Rimase solo pochi anni in Egitto, tuttavia quella di Alessandro fu un'eredità duratura.

Recenti ricerche approfondiscono a riguardo per far luce sugli anni Egizi di Alessandro Magno e sull'epoca che ne seguì.
La conquista Macedone dell'Egitto, le sue conseguenze e il riflesso di questa nella letteratura e nell'arte sono stati il tema di uno studio internazionale presentato all'Università di Varsavia al termine del 2011. A monte di questo studio la volontà di indagare i mezzi con cui Alessandro e soprattutto i Tolomei, suoi successori che governarono con successo il Paese per circa tre secoli, elevarono e diffusero in modo sistematico la memoria del Magno, identificandola con quella dell'eroe defunto.
La colorità personalità di Alessandro è stata enfatizzata dalla fiction, da film e biografie. La sua morte e le molteplici sepolture attribuitegli hanno ulteriormente alimentato il mito e il fascino che avvolge la sua figura. Tant'è che tuttora egittologi, archeologici e anche studiosi indipendenti si affannano nella ricerca della tomba che ne ospita le spoglie. Attraverso flebili indizi materiali, tutti tentano di districare l'intricata matassa di misteri che circonda il breve soggiorno di Alessandro in Egitto.
Alessandro, figlio di Filippo II di Macedonia, si era già consacrato a capo di un mondo Greco disunito, quandò marciò in Egitto, dopo aver sconfitto i Persiani nel Levante. Il Paese era sotto dominio Persiano e la popolazione era in rivolta contro gli oppressori. Ragion per cui gli Egizi non tardarono ad unirsi con entusiasmo alla marcia di Alessandro verso la capitale Menfi, dove l'esercito Persiano fu scacciato.
La popolazione locale acclamò Alessandro con ogni benedizione, riconoscendolo come un liberatore. Un'accoglienza autentica, in nome della condivisione di un nemico comune, ma anche di una comune cultura, poichè a partire dal IV se. a.C. commercianti e marinai Greci avevano stabilito colonie in Egitto, nelle zone del Delta, nel Fayyoum, ma anche nel Medio e nell'Alto Egitto, integrandosi pienamente nella nuova realtà e stipulando matrimoni misti. Egizi nativi e Greci condividevano gli stessi culti, dopo aver dato vita a divinità sincretiche che assimilavano caratteristiche sia Egizie che Greche, onorando tutti il Sovrano d'Egitto, considerato un dio vivente.
Quello che forse gli Egizi mancarono di realizzare furono le reali motivazioni del Macedone, intenzionato ad accorpare l'Egitto al suo Impero, già ampiamente esteso, ignorando che il suo arrivo avrebbe decretato la fine di un'indipendenza vantata per millenni.

Di seguito un sunto dei principali interventi.

Francisco Bosch-Punche, in occasione dell'incontro di Varsavia, ha voluto indagare quella che appare come un'operazione accuratamente delineata in tre distinte fasi cronologiche. Dapprima l'arrivo di Alessandro in Egitto, che avvenne tra l'autunno e la primavera del 332/331 a.C., allor quando, viaggiando per tutto il Paese, stabilì i piani del suo governo. Il secondo passo fu quello di salire sul trono, posizione mantenuta fino al sopraggiungere della morte che lo colse a Babilonia, nel 323 a.C. La terza fase riguarda il post-mortem, "quando il suo corpo e la sua memoria furono strumentalizzate, al fine di legittimare il nuovo ordine stabilito". Bosch-Punche ha, poi, sottolineato che la documentazione Egizia ha rappresentato la principale fonte di informazione e che Alessandro è stato riconosciuto, senza alcuna riserva, quale legittimo Sovrano del Paese, rappresentando sé stesso come un leader tradizionale in vari modi. Essenzialmente, e in primis, attraverso l'adozione della Titolatura Reale completa, in cui ogni nome racchiudeva un significato simbolico preciso e, anche, le strategie che intendeva perseguire.

"Riciclando Alessandro" è invece stato il tema proposto da Heba Abdel Gawad, che ha inteso tracciare il programma specifico seguito dai Tolomei, rivelando come essi stessi si identificarono con il loro fondatore. Abdel Gawad ha suggerito l'esistenza di un piano preciso avente lo scopo di creare una continuità dinastica. I Tolomei perseguirono questo intento con svariati metodi, come quello, ad esempio, di farsi ritrarre sulle monete con in testa il copricapo fatto di pelle d'elefante e la criniera leonina.
Alessandro, dal canto suo, aveva già stabilito a priori i piani di base per la sua Città e il relativo porto (concepito e posizionato in modo tale da facilitare l'afflusso delle risorse eccedenti dell'Egitto verso l'Arcipelago e per intercettare tutto il commercio con l'Africa e l'Asia), ancor prima di partire per sconfiggere definitivamente l'Impero Persiano e prima di incontrare la morte, a causa di una febbre di origine sconosciuta, mentre si trovava a Babilonia. Da quel momento l'Egitto passò nelle mani del fidato Generale Tolomeo, che gradualmente ne prese la leadership, prima in qualità di Satrapo (Governatore provinciale), poi come Governatore e, infine, nel 305 a.C. in qualità di Sovrano con il nome di Tolomeo I.

All'analisi di Abdel Gawad è seguita quella di Gunnar Dumke, il quale ha delineato le misure adottate nell'immediato per legittimare il dominio Greco agli occhi della popolazione indigena. Il cadavere di Alessandro, imbalsamato a Babilonia, in qualche modo passò nelle mani di Tolomeo, il quale provvide a seppellirlo a Menfi, Capitale dell'Egitto per oltre mille anni e importante centro religioso e commerciale del Paese, lungo tutta la storia Egizia. Soltanto successivamente Tolomeo avrebbe organizzato il trasferimento del corpo di Alessandro nella città che portava il suo nome, deponendolo in una tomba di nuova concezione, il Sema.
Incoronatosi Sovrano d'Egitto, Tolomeo assimilò sé stesso ad Alessandro, facendosi rappresentare in quanto tale su monete di nuovo conio. Ecco che la figura carismatica di Alessandro fu definitivamente incorporata nel culto dinastico Tolemaico. A partire da quel momento, ciascun Re Tolemaico venne incoronato secondo il tradizionale rito Egizio, proprio come aveva fatto il Macedone, e al momento della morte sarebbe stato sepolto nel Mausoleo che ospitava le spoglie dell'illustre antenato.

Ben presto per qualunque altra città risultò impossibile poter rivaleggiare con la nuova Capitale del Mediterraneo, specie dopo che Tolomeo II fondò due Istituzioni gemelle: il Museion e la Biblioteca, presso le quali i più grandi geografi, astronomi e scienziati dell'epoca svolsero attività di ricerca. Nel corso di breve tempo vi furono custoditi documenti di profondo valore culturale, al punto che la Biblioteca poté vantare la più grande Collezione di libri esistente nel mondo antico. Callimaco, brillante letterato che all'epoca rivestiva l'incarico di Capo bibliotecario, vi accumulò un'eredità senza precedenti, compresa la biblioteca di Aristotele, per un totale di 490.000 documenti originali, oltre alla raccolta custodita nel Serapeum. Purtroppo entrambe le Collezioni sono andate irrimediablmente perdute, la prima in un incendio che devastò parte della città, in occasione della visita di Cesare ad Alessandria (come riferito da Plutarco, seppur contraddetto da Strabone) e la seconda in occasione della guerra contro il Paganesimo condotta da Teodosio, verso la fine del IV secolo della nostra era.


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-Kiya-
00domenica 11 marzo 2012 19:15

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Lo scritto presentato da Dan-Tudor Ionescu è incentrato su un testo sviluppato tra il III secolo a.C e il II o III sec. d.C., giunto fino a noi per lo più contenuto in miniature di epoca Medievale e conosciuto come "Il Romanzo di Alessandro". Questa raccolta di avventure è un racconto affascinante, un insieme di elementi Ellenistici e nativi Egizi. Nei primi capitoli si narra che Re Nectanebo abbandonò l'Egitto poco prima dell'invasione Persiana e, travestitosi da sacerdote e astronomo, trovò rifugio alla Corte Macedone di Pella. Lì, sotto le sembianze del dio Amon, giace con la Regina Olimpia. Da questa unione nascerà Alessandro. Quando, divenuto ormai adulto, Alessandro giunge in Egitto vi scopre una statua di Nectanebo che reca inscritta una profezia, la quale annuncia che l'anziano Re sarebbe tornato in Egitto nelle vesti di un giovane Sovrano!
Nella sua forma originale, il Romanzo era chiaramente un espediente letterario utilizzato per diffondere e rafforzare la dominazione Greca sulla Valle del Nilo, in cui Alessandro è descritto come un mezzo-sangue Egizio. Lo scopo della presentazione di Ionescu era quello di valutare se il ruolo di Nectanebo, quale padre naturale di Alessandro il Grande nel Romanzo, riguardasse essenzialmente l'approvazione dei diritti della dinastia Macedone dei Tolomei al trono d'Egitto quali eredi sia di Alessandro che dei Faraoni Egizi stessi, o piuttosto una pretesa di legittimazione del nativo Egizio (nella figura del Sacerdote) alla condivisione del potere con i Re Ellenistici d'Egitto.

Quasi fin dall'inizio del loro dominio la conquista Macedone ebbe un impatto sull'arte Egizia, in particolare in riferimento alle rappresentazioni Reali. Elizabeth Brophy ha identificato siti e discusso contesti dai cui provengono molteplici forme di statuaria, con l'obiettivo di migliorare la nostra comprensione sia delle tradizioni Faraoniche che di quelle Greche e, ben più importante, dimostrando la comprensione della loro funzione e l'impatto che ebbero sulla popolazione. Gli eredi di Alessandro, i Re Tolemaici, svilupparono la cosiddetta statuaria Egizia con elementi Greci, una nuova forma d'arte in grado di rappresentare un Sovrano Ellenico ideale.

Agnieszka Fulinsha ha fatto, invece, riferimento alle corna di ariete, alle piume e ghirlande di edera presenti nell'iconografia Ellenistica di Alessandro, e ha concluso che, nonostante l'importanza della conquista dell'Egitto e della fondazione di Alessandria, gli elementi strettamente egizi furono a malapena presenti nell'iconografia di Alessandro per tutta l'età Ellenistica. La Fulinsha ha analizzato gli elementi che potrebbero essere interpretati come "egizi" contenuti nella ritrattistica stilisticamente greca, riferendo come questa complessa iconografia formava un messaggio coerente utile agli obiettivi dei Tolomei - dai quali Alessandro è stato considerato come il fondatore divino e patrono della loro dinastia. Le associazioni Dionisiache possono originarsi dalla tradizione Macedone Orfica, e alla medesima riferirsi, ma, come la studiosa ha puntualizzato, esse si incastravano perfettamente con uno dei principali miti Reali dell'Antico Egitto, quello di Osiride, la cui manifestazione vivente era il Farone.

I Re Tolemaici ebbero un ruolo sottile e duplice in Egitto, finalizzato ad avviare il loro dominio dinastico. Tutto fu perseguito con intuito e strategia. Si comportarono sia come Greci, che come Faraoni. Come Greci essi risiedettero ad Alessandria, prevalentemente una Capitale Greca, dove risiedeva un Senato Greco, un gymnasium, un anfiteatro, la Grande Biblioteca e la tomba di Alessandro. E quali "eredi" dei Faraoni elargirono ricchezze ai sacerdoti per la manutenzione dei templi, o concessero loro l'esenzione dalle tasse. Non v'è dubbio che alcuni dei templi più belli della Valle del Nilo siano da datare al Periodo Tolemaico. Ma anche se le rappresentazioni che decorano le mura mostrano i Tolomei in tenuta Faraonica, non significa necessariamente che quelle cerimonie ebbero luogo. Quello che rivelano, invece, con chiarezza è il compimento di una tradizione Faraonica antica: i Sovrani Tolemaici ristabilirono l'ordine, scacciando il caos precedente alla loro venuta.

Una Borsa di Studio Internazionale e interdisciplinare sta oggi, quindi, gettando nuova luce sull'era post-Alessandro. La repeutazione di un Egitto quale Paese delle meraviglie era naturalmente diffusa sul continente Greco, già molto tempo prima dell'occupazione e i Greci mostravano riverenza nei riguardi della cultura Egizia. I commercianti che interagivano con la Valle del Nilo, Fenici e Asiatici, narravano da tempo di divinità straniere e di templi meravigliosi. E quando Erodoto si recò nella Valle, durante la prima occupazione Persiana, intorno al 445 a.C., portò con sé, al suo ritorno in Grecia, storie che crearono un'impressione durevole sulla gente. I suoi racconti incentrati sulla volontà degli dèi, come profetizzato negli oracoli e nei misteri sacri (che erano di fatto drammi tradizionali), ebbero maggiore presa sulle masse.

In conclusione, Phillipe Matthey ha introdotto il tema del famoso Sarcofago di Nectanebo II, scoperto all'interno di una moschea ad Alessandria durante la Spedizione Egiziana di Napoleone e immediatamente identificato dagli Archeologi Inglesi come il Sarcofago di Alessandro. In seguito, dopo la decifrazione dei Geroglifici, si scoprì che il Sarcofago apparteneva ad un sovrano di nome Nectanebo.
Matthey ha voluto riassumere e chiarire i punti essenziali relativi a questo importante reperto, dapprima esaminando i riscontri contenuti nella letteratura Greca e Romana in relazione alla tomba di Alessandro, e quindi verificando i resoconti dei moderni viaggiatori nella musulmana Alessandria, che riferivano di un sacro sarcofago segretamente custodito in una moschea. Lo studioso ha, infine, concluso che le circostanze porterebbero a considerare l'ipotesi che detto sarcofago possa essere stato effettivamente riutilizzato in un secondo tempo per custodire le spoglie di Alessandro il Grande.


[fonte: weekly.ahram.org.eg ]
Gianni.Perotti
00martedì 13 marzo 2012 18:49
....molto interessante.
Ho trovato sul libro di V. Manfredi una vera ricerca della tomba di Alessandro.
Ottima lettura.
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