Howard Carter: "Tutankhamen"

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-francis-
00domenica 19 novembre 2006 17:54
Il 26 novembre fu il giorno cruciale, il più bello della mia vita, tanto che non potrei sperare di viverne un altro simile. Per tutta la mattina continuammo i lavori di sgombero, procedendo con forzata lentezza a causa dei fragili oggetti mescolati al pietrame di riempimento. A metà pomeriggio, una decina di metri dopo la prima porta, ne venne alla luce una seconda, murata e sigillata, che era la replica pressoché esatta della prima. Le impronte dei sigilli qui erano meno nitide, ma il segno di Tutankhamen e quello della necropoli reale erano ancora distinguibili.
Pian piano, con lentezza che ci sembrò esasperante, tutti i detriti che ricoprivano la parte inferiore della porta furono sgomberati, e infine il muro di chiusura venne interamente alla luce. Era giunto il momento decisivo.
Con mani tremanti praticai un piccolo foro nell'angolo in alto a sinistra. L'oscurità e il vuoto incontrato da una sbarra di ferro spinta fin dove fu possibile ci rivelarono che, qualunque cosa si trovasse oltre quel muro, c'era uno spazio libero e non uno sbarramento di detriti come nel corridoio appena ripulito.
Facemmo alcune prove con la candela, per cautelarci contro eventuali fughe di gas, e infine, ampliando un po' il foro, vi inserii una candela e scrutai dentro.
Lord Carnarvon, lady Evelyn e Callender mi stavano alle spalle, in ansiosa attesa. Sulle prime non riuscii a distinguere nulla, perché dalla stanza veniva un soffio di aria calda che rendeva la fiamma tremolante; poi ma mano che i miei occhi si abituavano al buio, i particolari del locale emersero lentamente dall'oscurità: animali dall'aspetto strano, statue e oro, ovunque il luccichio dell'oro.
Per un attimo - che dovette essere sembrato un'eternità a quanti mi attorniavano - rimasi muto dallo stupore, e quando lord Carnarvon, incapace di attendere oltre, mi chiese ansiosamente: "Riuscite a vedere qualcosa?" fui solo capace di rispondere: "Sì, cose meravigliose".
Allora il foro fu ampliato ancora un poco, in modo che tutt'e due potessimo vedere, e illuminammo il vano con una torcia elettrica.

Credo che la maggior parte degli scavatori abbia provato un senso di timore - quasi d'imbarazzo - penetrando in una stanza chiusa e sigillata da pie mani tanti secoli prima. Per un attimo il tempo, fattore della vita umana, perde tutto il suo significato. Tremila o magari quattromila anni sono trascorsi da quando un piede umano ha calpestato per l'ultima volta il suolo su cui vi trovate: eppure, man mano che cogliete i segni di una vita recente tutt'intorno - il recipiente pieno a metà della malta servita per la porta, la lampada annerita, una ditata sulla superficie dipinta di fresco, la ghirlanda lasciata cadere sulla soglia in atto di commiato - si ha l'impressione che tutto sia accaduto non più tardi di ieri. La stessa aria che respirate, rimasta immutata nei secoli, è ancora quella che respirarono coloro che posero la mummia a giacere nel suo riposo. Il tempo si annulla in questi piccoli intimi dettagli, e voi vi sentite un intruso.


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