Boris De Rachelwiltz:"Il libro dei morti degli antichi Egizi"

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-Kiya-
00giovedì 29 giugno 2006 01:42
“IL LIBRO DEI MORTI” – trad. e analisi di Boris De Rachelwiltz edito da Edizioni Mediterranee (€ 19.63)


INTRODUZIONE

Kitab el-Maytun, letteralmente Libro del Morto, fu la designazione araba impiegata dai violatori delle necropoli faraoniche per qualsiasi rotolo di papiro rinvenuto nelle tombe. Designazione evidentemente assai generica potendo i papiri trattare dei più svariati argomenti, dal formulario magico al contratto di cessione dei terreni, dal graffito architettonico allo studio matematico o medico. Tuttavia questo termine venne accolto nel secolo scorso dai pionieri delle ricerche egittologiche e tale convenzionalmente rimase (…).
Ma il termine e la divisione in capitoli può facilmente determinare un’impressione inesatta sulla reale natura di tale testo, suggerendo un’organicità concettuale, cronologica e stilistica che è invece del tutto assente. Trattasi infine di formule eterogenee e di disparata origine, indipendenti tra loro e senza alcun ordine di successione (…).
Il vero titolo della raccolta è LIBRO PER USCIRE AL GIORNO, riferendosi alla possibilità, da parte dello spirito del defunto, mediante il retto impiego di tali formule, di uscire durante il giorno dal sepolcro. Faville interpreta invece intendendo per giorno la vita dell’uomo e conseguentemente attribuendo al testo il valore di formulario per agevolare il passaggio dalla vita alla morte e l’insediamento dell’entità spirituale del defunto nel nuovo stato. Esotericamente , come evidenziato da Evola, significa penetrare nella luce immortale.
(…)
La sua genealogia è quantomai interessante e ci impone un sia pur sintetico excursus nel campo della tradizione scritta. E’ evidente che quella orale del periodo arcaico abbia lasciato qualche impronta nella prima raccolta dei testi sacri: I Testi delle Piramidi. Questi si trovano incisi, senza alcun accompagnamento di scene illustrative, sulle pareti delle camere sepolcrali di alcune Piramidi a Saqqara.
(…)
Questi testi vennero redatti nell’Antico Impero esclusivamente per il Faraone e per una ristretta cerchia di appartenenti alla casa reale, escludendo nettamente ed esplicitamente dai benefici del paradiso celeste l’uomo della strada.
La rivoluzione democratica operata alla fine della VI dinastia elevò il defunto comune alla condizione di essere identificato con Osiride e l’insieme delle nuove concezioni, arricchitosi di vari elementi propri ai Testi delle Piramidi originò, a partire dal e sviluppandosi nel Medio Impero, l’opera fondamentale: i Testi dei Sarcofagi con la particolare sezione che crea un’opera a sé, il Libro delle Due Vie.
Una evoluzione nella prassi magica è indicata dalla presenza, in queste opere, di scene illustrative totalmente assenti nei Testi delle Piramidi e che ora vengono invece riprodotte sui sarcofagi di persone appartenenti anche alla classe media, chiara testimonianza della democratizzazione del rituale funerario.
Lo sviluppo dei Testi dei Sarcofagi va dalla VI alla XII dinastia, mentre il Libro delle Due Vie risale all’XI dinastia e si trova riprodotto essenzialmente sui sarcofagi provenienti da El-Bersheh. E’ il primo Baedeker per il defunto, essendo costituito da una carta topografica degli Inferi con l’indicazione delle varie entità demoniache e con prescrizioni utili onde sventare i pericoli relativi. Esso costituisce la fase di transizione per il successivo testo sacro, il Libro dei Morti, che si sviluppa a partire dal nuovo impero. Ma va tenuto presente che questo periodo è proceduto da un hiatus determinato determinato dalla invasione degli Hiksos, i cosiddetti di stirpe semitica, provenienti dall’Asia (…). Gli invasori Asiatici costituirono inevitabilmente un facile ponte per il passaggio in Egitto di nuove correnti di idee che si sovrapposero e si amalgamarono a quelle preesistenti. Il Libro dei Morti risente di tale influenza, tanto che Sir Flinders Petrie propose addirittura di scinderne l’analisi nella sezione caucasica ed in quella nilotica (…).
Esso non costituisce, come generalmente si crede, il testo degli antichi Egiziani, paragonabile ai Veda, alla Bibbia o al Corano. L’unico punto di contatto con tali testi è dato dalla comune affermazione della ispirazione divina. Non è neanche un rituale funerario, come definito da alcuni studiosi dello scorso secolo (…).
Le singole sezioni di cui si compone il testo vennero chiamate <Capitoli> dai primi traduttori, mentre lo specifico termine originale è <formula>, rappresentato in geroglifico dalla bocca umana. Ciò volle indicare che le formule in questione non erano semplici divisioni del testo, ma che dovevano essere effettivamente pronunciate. Ed è in genere il Kheri-heb, il sacerdote lettore che, con la e impersonando il defunto, le vien recitando il giorno del funerale, accompagnando la processione funebre sino alla tomba ove il testo sacro sarà poi deposto, prima che il pesante lastrone di pietra sia fatto discendere nel corridoio sotterraneo per bloccare l’accesso al sepolcro.
(…)
Qui il centro del discorso è dato dall’Ego individuale. Un Ego, si badi bene,cristallizzato, un Ego mummificato, sottratto alla legge del divenire, a dispetto delle stesse leggi di Natura.
(…)
Il giusto impiego delle Formule (e <giusto> in egizio non ha nulla a che fare con , riferendosi al corretto impiego tecnico), sottrae l’individuo al karma, al redde rationem. Si tratta di alterare il “DNA spirituale”, di modificare il codice genetico animico, memoria delle colpe e delle trasgressioni.
La formula diretta al cuore nella cerimonia della psicostasia impedisce alle proprie colpe di essere considerate come tali. La , l’identificazione, cioè, attiva della realtà essenziale e la sua scissione dalla nonrealtà, opera ciò che la stessa morale da sola non sarebbe stata capace di ottenere: l’immortalità nel senso individuale-autocosciente (…).
Lo schema di ogni capitolo può essere così rappresentato:
1) TITOLO, in cui è espresso ciò che può essere ottenuto pronunciando la formula in oggetto.
2) TESTO, che sovente non ha alcun rapporto col titolo stesso, ma la cui lettura costituisce la vibrazione magica per ottenere quanto specificato dal testo.
3) Eventualmente una RUBRICA, che segue il testo con indicazioni tecniche sull’impiego della formula (trascritta in rosso, almeno parzialmente, donde il nome di ).
(…)
Nonostante la tradizione leghi l’origine del Libro dei Morti al dio Thot, esso non è opera di un solo compilatore, né frutto di una determinata epoca. Prima di arrivare alla sua definitiva versione, o Recensione, quella Saitica, esso ha attraversato le principali fasi della storia d’Egitto. L’antico Impero con le sue dottrine stellari e solari, riunite nei Testi delle Piramidi, il medio Impero con i testi dei Sarcofaghi, dei quali sussistono ancora formule del periodo precedente arricchite di nuove, frutto dello sconvolgimento sociale e religioso, verificatosi alla fine della VI dinastia. E il Nuovo Impero, che vede la prima recensione del Libro dei Morti, quella Tebana, trascritta sui papiri.
(…)
Il Libro dei Morti fu anche considerato utile testo per i vivi. Questo particolare aspetto è stato in genere trascurato, mentre ha grande importanza per un giudizio in profondità sulla reale essenza del testo in oggetto.
(…)
Ogni formula ha il suo proprio archetipo che potrà essere più o meno antico e le cui filiazioni subiscono talvolta alterazioni e modifiche assai profonde. Ciò è dovuto soprattutto all’incuria degli scribi copisti. Essi trascrivevano infatti su papiri le varie formule, copiandole da esemplari dipinti sulle pareti della stanza, oppure da rotoli, sempre pendenti alle pareti. Bastava iniziare da un punto anziché da un altro per cambiare tutta la disposizione; la distrazione faceva talvolta ricopiare la stessa formula più volte e l’ignoranza aggiungeva errori grammaticali o inserimenti di glosse che sovente rendono del tutto incomprensibili intere frasi (*)(…)La recensione Tebana è una tappa nella storia del Libro dei Morti, ma non il traguardo. Pur non potendo essere assolutamente ignorata, costituendo alcune formule che non trovano riscontro nella Recensione Saitica, si è preferita quest’ultima, che manifesta la fase terminale nella vita del testo e che manifesta anche, in alcune formule addizionali, una interessante influenza africana da cui è invece esente la Recensione Tebana (…)”.


(*)Ndr: Stando a quanto evidenziato nel testo di De Rachelwiltz, non è possibile definire quale sia l’inizio o la fine del Libro dei Morti; inserirò però qui di seguito quello che compare come inizio e come fine nel testo da lui redatto.


TRADUZIONE DEL LIBRO DEI MORTI


(TITOLO)

Inizio delle formule per uscire al giorno, delle parole che conducono alla resurrezione nella Necropoli, pronunciate il giorno dei funerali, arrivando e prima di andar via, dall’Osiride ‘Iw.f-Ankh giustificato, figlio di Ta-sherit-Min (T3-srit-Mnw) giustificata.

CAPITOLO 1
O Osiride, toro dell’Amenti! (Dice) Thot, re dell’eternità. Io sono il dio grande nella Barca divina che ha combattuto per te. Io sono uno di quegli Dei, i Giudici che operano la giustificazione di Osiride contro i suoi avversari nel giorno in cui vengono pesate le Parole. Io sono un tuo consanguineo, Osiride. Io sono uno di quegli dèi nati da Nut che massacrano gli avversari dell’”Essere dal cuore immobile”, che imprigionano per lui i Sebau. Io sono un tuo consanguineo, Horo! Io ho combattuto per te e ho vinto in nome tuo. Io sono Thot che opera la giustificazione di Horo contro i suoi avversari in quel giorno del “Pesare le Parole”, nella dimora del Capo che è in 0n (Heliopolis). Io sono Djed figlio di Djed concepito e nato in Djedu. Io mi trovo con le due Lamentatici di Osiride che gemono su Osiride nel Rechit e che operano la giustificaione di Osiride contro i suoi nemici. E’ Ra che ha ordinato a Thot di operare la giustificazione di Osiride contro i suoi nemici e (questo) ordine è stato eseguito da Thot. Io sono con Horo nel giorno in cui si avviluppa di bende Teshtesh e in cui si schiudono le fonti per rinfrescare il cuore dell’”Essere dal Cuore immobile” e si occultano i misteri nel Ro-stau.
(…)
Eccomi di fronte a te,, o Signore degli Dei! Possa io pervenire al nomo della Verità e Giustizia. Possa sorgere come un Dio vivente e splendere nella Compagnia degli Dei che sono nel cielo. Possa io divenire come uno tra Voi (…). Possa io odorare il dolce profumo del cibo della Compagnia degli Dei e possa sedermi con loro. Che il Sacerdote-lettore reciti le invocazioni al mio sarcofago e possa io udire le preghiere propiziatorie (…). Che io possa seguire Horo nel Ro-stau e Osiride in Djedu. Possa io compiere tutte le trasformazioni desiderate nel mio cuore in ogni luogo amato dal mio Ka.


RUBRICA

Se questo testo è conosciuto sulla terra (o) la farà inscrivere sul suo sarcofago, egli potrà uscire ogni giorno che vuole e rientrare nella sua dimora senza impedimenti. Gli saranno dati pane e birra e quantità di carne sull’altare di Ra. Sarà alloggiato nei Campi Iaru ove gli sarà dato grano e orzo: egli sarà fiorente come lo fu sulla terra.


(…)


CAPITOLO CLXV

(Titolo) Formula per approdare, per non essere oscurato e per far prosperare il corpo nel bere l’acqua.


A dirsi: O Bekhennu! 8bis) o Capo! (bis) O Ammon! (bis) O Leone Jukasa! O divino primogenito degli Dei orientali del Cielo! O Ammon dei Takruthi! O Ammon! O tu dalle pelli nascoste, misterioso di forme, Signore delle due corna *** di Nut, è il tuo nome, è il tuo nome (…) . O Ammon! Io ti imploro. Poiché io conosco il tuo nome e le tue forme sono nella mia bocca, la tua pelle è sotto i miei occhi. Vieni verso il tuo erede, la tua forma, l’Osiride N ecc. Che egli possa entrare nella Duat per l’eternità. Che le sue membra possano essere integre nella Necropoli! (variante) nell’Akeret. Che il suo corpo possa essere divinamente giovane. Che egli possa sfuggire dal luogo funesto senza esserne imprigionato. Io invoco il tuo nome: tu hai fatto per me una pelle (uno scudo) poiché tu credi che io ti conosca. O Grande! (bis) O Nascosto! è il tuo nome, ! Tu hai fatto per me pelle! (…). Io ti invoco nel tuo nome. Ti ho dato da comprendere (che ti conosco), concedimi di riposare in pace nella Duat e che le mie membra siano riunite. Dice l’anima che è in Nut: Io sto facendo la protezione, io sto facendo tutto ciò che hai detto.

RUBRICA

A dir sopra la figura con le braccia alzate, munita della Duplice Piuma sulla testa, con le gambe aperte e torso di scarabeo. Deve essere dipinto in azzurro con gomma stemperata. E ancora (deve essere fatta) una figura con testa umana, con braccia abbassate e con una testa di ariete sulla spalla destra ed un’altra sulla spalla sinistra. Tu devi dipingere sopra una benda la figura del Dio che alza le braccia, da mettersi sul cuore, così che le due figure siano sul petto (del defunto). Non farlo conoscere (variante) al Dio Sugudi che è nella Duat. (…) Egli berrà l’acqua corrente del fiume e splenderà come un astro nel Cielo.
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