"La cultura medica nell'antico Egitto" di Roberto Zacco

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-Kiya-
00sabato 12 settembre 2009 15:02



Titolo: "La cultura medica nell'antico Egitto"
Autore: Roberto Zacco
Dettagli: pag, 184 - 38 illustrazioni a colori
Edizione: Martina
Anno di pubblicazione: 2002
Prezzo: € 25,00



Dalla Prefazione, scritta dal Prof. Maurizio Harari - Titolare Cattedra di Archeologia dell'Università di Pavia:


Presentiamo ben volentieri a un pubblico di lettori curiosi e culturalmente motivati (non necessariamente specialisti) questo saggio sulla medicina dell'antico Egitto, che si deve alla scrittura elegante di un addetto ai lavori, docente di semeiotica medica e cultore appassionato di egittologia, non che capace di dar prova, in più occasioni di un assai notevole qualità di narratore: Roberto Zacco è autore, fra l'altro, di un eccellente romanzo storico, intitolato Le braccia del sole, che propone, con piena aderenza antiquaria, profondità d'introspezione psicologica e sobrietà di stile, un autobiografia emozionante di Nefertiti, la sposa mitanna di Akhenaton, il faraone dell'eresia monoteistica. Lo scrupolo documentario del narratore, esposto alle insidie d'un genere (tanto spesso maltrattato!) come quello del romanzo storico, trova conferma a posteriori proprio in questa bella prova saggistica, che ne rileva tutta la coerenza intellettuale: dove l'essere medico storico e un uomo del presente messa a confronto (non rassicurante, non consolatorio) con un passato veramente "altro", tutto risponde a un esigenza sofferta di partecipazione umana. Homo sun: umani nil a me alienum puto.
La trattazione si sviluppa con disegno ordinato e comprensibile anche per i non esperti: una breve, lucida sintesi della storia d'Egitto, dalle origini dell'impero faraonico allo splendido tramonto di età ellenistica; i concetti basilari della problematica antropologico-culturale; la documentazione disponibile vale a dire: manoscritti di argomento medico su papiri; dati desunti dall'autopsia di mummie; immagini nell'arte egiziana di malati, di malformati, di azioni curative e chirurgiche: ed è qui che risalta al meglio l'expertise dell'Autore; poi la figura e il ruolo sociale del medico; infine, i contenuti dell'antica medicina, e cioè le sue effettive conoscenze.
Ne scaturisce una rappresentazione della medicina egizia intelligentemente sfumata, in chiaroscuro, dove si riconoscono, allo stesso tempo, un elevato grado di consapevolezza metodologica e molte buone intuizioni nell'ambito della patologia (inclusi alcuni suoi aspetti di carattere quasi microbiologico) e della pratica terapeutica, ma anche una sostanziale ignoranza anatomica dovuta al tabù religioso che vietava la dissezione dei cadaveri e impediva qualunque contatto fra medici e imbalsamatori e una sorta di autolimitazione "filosofica", tale da impedire un reale e costante progresso conoscitivo. Giustamente Zacco ammonisce quasi subito il lettore a "dimenticare ogni visione moderna della medicina e del concetto di vita - morte sul quale essa è impostata" e, nel finale del libro, osserva non senza ironia che le nostre menti alimentate da duemila anni di cattolicesimo, da trecento di empirismo, da duecento di capitalismo e da cento di marxismo ( ... ) sono certo le meno adatte ad accogliere la filosofia, mai scritta dell'antico Egitto. Non si tratta semplicemente di ovvia cautela antropologica: è chiaro che gli antichi (e non solo gli egiziani) avevano idee diverse dalle nostre sulle corporeità, sulle ragioni di dell'esser vivi, sullo star bene, sulla malattia; ma la riflessione di Zacco conduce ben oltre, fino a connotare questa distanza (di tempo e di concetto) d'una specie di nostalgia: quella scienza lontana, così limitata rispetto alla nostra e tanto più spesso impotente di fronte alla malattia, era tuttavia più 'saggia', perché organica a una percezione totale del mondo e del destino dell'uomo, che sapeva comporre morte e vita estinguendone il conflitto.
Diversità (e fascino) della medicina egizia sono dunque nella sua adesione senza pentimento al limite "fino a dove arrivava il suo sguardo, per riprendere la citazione di Burckhardt che Zacco ha cara. Talune malattie si possono guarire, altre si combattono, altre è vano combatterle: e alla morte bisogna pure addestrarsi, fino a "sentirla" con l'emozione serena di chi ascolti "certe pagine di Beethoven o di Wagner" è l'annotazione del medico di oggi, insofferente (si direbbe) di certi accanimenti terapeutici; la morte va guardata con l'"affettuosa dimestichezza" degli antichi e ci vengono in mente gli "occhi aperti" di Marguerite Yourcenar. Oltre l'affanno degli uomini, oltre la medicina e gli altri nobili esercizi dell'intelletto, regna infatti Ma'at, l'ordine immutabile della natura e la sua giustizia intrinseca, che l'immaginario egizio personificava in una dea "esile, graziosa, gentile e leggera" e indicava con l'attributo (a una prima impressione, sconcertante ... ) della piuma: si pensi, l'ordine dell'universo tutto intero rappresentato da una piuma, volatile e quasi inconsistente! Ma quella piuma era il contrappeso della psicostasia osirica: il parametro delicatissimo della colpa, la minuscola chiave d'accesso, apparentemente inafferrabile, al mondo dei risorti.

Le pagine che concludono il saggio di Zacco mettono allo scoperto le domande senza risposta e l'inquietudine dell'uomo di medicina moderno, che scopre infine la saggezza ancor più della conoscenza, altrettanto l'ombra della luce: perché l'ombra, appunto, l'ombra "nel disegno della vita dà ad essa risalto e profondità".

Singolare percorso, questo che avvicina vertiginosamente chi scrive, chi legge, a Cicerone a Montaigne, all'anonimo scriba del secondo millennio: 'La morte è davanti a me oggi ( ... ) come lo star seduti sotto la vela in una giornata di vento ( ... ) come quando un uomo desidera vedere la sua casa dopo che molti anni passati ha in prigionia".





-francis-
00sabato 12 settembre 2009 15:39
Roberto Zacco è autore, fra l'altro, di un eccellente romanzo storico, intitolato Le braccia del sole, che propone, con piena aderenza antiquaria, profondità d'introspezione psicologica e sobrietà di stile, un autobiografia emozionante di Nefertiti, la sposa mitanna di Akhenaton, il faraone dell'eresia monoteistica.

Pur riconoscendo la lirica, la sensibilità e i dolci dialoghi di questo romanzo, dissento assolutamente dal commento di cui sopra.
Definire il romanzo aderente alla storia è falso. Non so cosa si intenda per "aderenza antiquaria"...
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