Spunti tratti da LA TESI DI SILVIA VINCI, sulla nascita dello Stato Egizio
Ho stralciato alcune pagine della Tesi di Silvia Vinci, evidenziando alcuni brani sulle organizzazioni sociali primitive, fino alla costituzione di uno Stato. Il “lavoro”' comincia con l'analisi della nascita di uno stato organizzato, avvalendosi di diverse teorie di studiosi, formulate a partire dagli anni '60 del secolo scorso. Alcuni commenti sono estranei alla TESI e sono mie considerazioni tese ad immaginare l'evolversi dei momenti che hanno favorito la nascita ed il rafforzamento, nei secoli, di uno stato, in quei tempi, così organizzato e moderno, come l'Egitto.
“La prima forma di organizzazione sociale fu rappresentata dalla “Banda”. I componenti cacciavano la selvaggina e raccoglievano i prodotti spontanei della terra. Si verificavano spesso conflitti con altri gruppi, per il predominio dei territori di caccia. Con ogni probabilità questi scontri portarono ad alleanze tra bande, favorendo la costituzione di gruppi più consistenti. Si formano così' le Tribù.”
Abbiamo avuto l'occasione di vedere al cinema ed in televisione, film sulla vita di gruppi primitivi e credo che le storie non siano poi molto lontane dalla realtà di allora. La vita umana, fuori della Tribù era sicuramente poca cosa (e probabilmente anche all'interno dello stesso gruppo).
Riguardo all'esame dello sviluppo di questi primi fenomeni di aggregazione e riguardo al loro sviluppo, la Vinci precisa che la scelta dei termini costituisce un aspetto di primaria importanza nel tentativo di comprendere le forme di organizzazione politica e sociale che potrebbero essersi verificate in Egitto. Organizzazioni socio-politiche, tipo quella per lignaggi, per clan, o per lignaggi di tipo segmentario, non possono essere prese seriamente in discussione, poiché sono tutt'ora un aspetto sconosciuto da scoprire. Senza dubbio, legami di questo genere dovevano essere molto rilevanti e forse anche dominanti (se pensiamo al valore dato alla famiglia e alla costruzione di cosmologie di parentela testimoniati nelle epoche successive), ma non siamo in grado di poterne accertare neanche il più piccolo segmento.
Nelle Tribù, si afferma, il Leader; egli copre un ruolo di tipo informale (ha autorevolezza, ma non autorità). La Tribù sfrutta l'agricoltura e si stabilisce in un territorio. Questa è la prima vera trasformazione in una società più evoluta. Con il tempo, la Tribù, al suo interno, si è stratificata, costituendosi, una Società di Rango, un gruppo di elite che possedeva prerogative particolari e godeva di privilegi. Prima dello STATO, l'organizzazione sociale si è evoluta in Chiefdom costituita in più comunità autonome locali, con una gestione formale da parte di un Leader vero e proprio, su una società “stratificata”. Ciò che distingue il chiefdom dallo stato è che «i capi mancano di una effettiva autorità centralizzata e si fondano sul potere dei capi locali, mentre negli Stati, il potere è organizzato e segmentato in modo da scalzare le autorità periferiche. Sarebbe la presenza di un apparato burocratico, sia pure embrionale, e di una rete di funzionari assai diversificata al suo interno (in cui le funzioni sono scisse dalle persone e in cui non vige come criterio fondamentale la parentela col capo) a costituire l’aspetto distintivo della forma statale».Per quanto riguarda invece il significato del termine ‘Stato’, resta celebre la definizione data da Max Weber: «Lo Stato è quella comunità umana, che nei limiti di un determinato territorio esige per sé (con successo) il monopolio della forza fisica legittima».
Sono moltissime le definizioni che nei secoli sono state proposte per il termine ‘Stato’, qui ne vengono citate solo alcune piuttosto recenti che sono state significative per l’elaborazione di questo lavoro. Durante gli anni ’60, il dibattito antropologico che aveva visto contrapposto le tesi di Service e Fried, si amplia, con il contributo apportato dalla New Archaeology (o archeologia processuale). Lewis Binford, seguendo in parte le teorie dell’evoluzionismo sociale, ma adottando una chiave di interpretazione materialistica, considera le culture come sistemi di adattamento che si conformano in base alla reazione che tali sistemi hanno di fronte a mutamenti di tipo ecologico o culturale. Vengono individuati tre sottoinsiemi correlati: tecnologia; organizzazione sociale; ideologia. Il cardine di quest’ipotesi era il principio di adattamento e la sussistenza materiale ne costituiva l’esigenza principale. Queste ipotesi furono condivise, sostenute e supportate dagli studi di Kent Flannery che, influenzato dalle teorie dei sistemi, per primo elaborò, agli inizi degli anni ’70, una teoria dello stato definendolo come un sistema caratterizzato da una forte componente decisionale. Non stupisce che proprio in questo clima Karl Wittfogel sviluppò la sua teoria “agro-manageriale o dell’irrigazione”, secondo la quale è necessario presupporre un’autorità che coordini i lavori e che disponga di una burocrazia di tipo appunto agro-amministrativo per far fronte alle richieste della presunta ma crescente pressione demografica della popolazione. Le condizioni sine qua non furono rintracciate in “fattori esplicativi” come quello ecologico e geomorfologico; quello tecnologico (con la correlata produzione di surplus agricolo); quello demografico (la pressione demografica induce a rinnovare le tecnologiche a disposizione o spinge verso guerre di conquista); o ancora in fattori esterni (contatti con altre società sia in forma pacifica, tramite i commerci, sia in forma bellica, con la comparsa di capi-guerrieri).A questi fattori, a volte considerati unici e scatenanti, si aggiungono quelli estrapolati dalla teoria del consenso, derivati cioè dai benefici prodotti dall’élite: produzione e redistribuzione dei beni; opere idrauliche; scambi interni, a media e lunga distanza; difesa; ideologia (per l’accesso esclusivo al contatto con le divinità); risoluzione dei conflitti interni alla comunità. Non tutte le società che hanno la possibilità di produrre surplus lo fanno. Per l’Egitto si potrebbe pensare ad una spinta ecologica, dal momento che il Nilo assicurava un grande raccolto annuo che doveva garantire la sussistenza dell’intera popolazione nei periodi di secca del fiume o durante le annate sfavorevoli. Il carattere intensivo delle colture nilotiche probabilmente assecondò questo tipo di modalità produttiva e la tesaurizzazione delle derrate fu una fondamentale conseguenza di questa situazione. Come suggerisce Campagno, noi valutiamo la nostra società, quelle degli altri e quelle antiche soprattutto attraverso l’analisi del grado di sviluppo raggiunto da due elementi per noi fondamentali e sostanziali: tecnologia e amministrazione. Per fare solo un esempio: della società dell’antico Egitto quello che ha maggiormente colpito, e che continua a impressionarci, non è forse la capacità tecnologica adoperata nella costruzione delle piramidi insieme allo strabiliante e capillare apparato burocratico dell’amministrazione? Senza nulla togliere alla complessa macchina di uomini e mezzi che l’ingegno antico-egiziano ha messo così brillantemente in moto in questi due campi, ciò che in noi suscita meraviglia e ammirazione non è detto che coincida con ciò che gli antichi Egiziani reputavano più importante nella loro scala di valori, pur senz’altro consapevoli della loro eccellenza organizzativa. E non è un caso che proprio Imhotep, il geniale costruttore della piramide a gradoni di Djoser, ossia della più antica costruzione monumentale in pietra che l’antichità ci ha lasciato, non fosse ricordato e venerato dai suoi discendenti in qualità di sublime architetto, ma in quella di medico, fino ad essere assimilato al dio greco Esculapio. I criteri di valutazione possono quindi essere diversi e distinti a seconda delle società di riferimento, ma questo non significa d’altra parte volere istituire un principio relativistico per cui ogni società è diversa dalle altre e non può essere compresa soltanto che analizzandola al suo interno. Pertanto le cosiddette ‘cause’ che portano una società a dotarsi di un tipo specifico di organizzazione politica piuttosto che un altro, ma le scelte (ragionate o sommariamente vagliate) che vengono compiute a discapito di altre, che sono comunque e inevitabilmente presenti nella gamma di possibilità di cui ogni società, non isolata, dispone. Le differenze esistono e non rispecchiano stadi evolutivi differenti, ma assetti politici e culturali diversi e particolari. Se così non fosse ricadremmo nelle teorie ottocentesche che vedevano nelle società tribali contemporanee l’espressione di individui politicamente immaturi. La differenziazione parte dalla risposta che viene data, anche in circostanze simili. Per fare un esempio: la guerra è uno dei fattori maggiormente accreditati come condizione per la nascita dello stato. Ma consideriamo il caso di più comunità, vicine e magari organizzate in chiefdom, che si dovessero trovare in una situazione di imminente pericolo perché sotto l’attacco di una forza nemica. Possiamo ipotizzare che queste comunità stringano un’alleanza, che si decida di nominare un capo con pieni o parziali poteri militari e che questi sia affiancato da un consiglio di guerra composto da alcuni membri scelti delle élite di ogni chiefdom, la guerra si compie e il leader di quest’alleanza riporta la vittoria. Tre ipotesi si prospettano: 1) la posizione del leader vittorioso -e quindi anche della sua comunità di provenienza- si è talmente rafforzata e consolidata che il consiglio è troppo debole per fronteggiare la sua totale presa di potere; 2) il ruolo svolto dal leader in quest’occasione viene riconosciuto dai membri delle comunità alleate come utile, necessario ed efficace e si decide di renderlo permanente; 3) superato il pericolo viene ripristinata la situazione precedente all’attacco. A questo proposito, studiando la situazione dell’Egitto predinastico un aspetto piuttosto interessante, è quello costituito dai serekh, le “facciate di palazzo” in cui era inserito il nome del sovrano. La loro diffusione su tutto il territorio, aggiunta al dato che contemporaneamente più sovrani (o istituzioni) utilizzarono per esprimere la propria funzione lo stesso sistema semantico indicano un insieme sociale governato dagli stessi principi: un’unità culturale prima ancora che politica.
Ho necessariamente stringato il primo Capitolo della tesi e spero proprio di non aver creato confusioni. Ora ritorno indietro nel tempo ed immagino l'ambiente di allora, partendo dall'Epipaleolitico, aiutandomi, per questo solo aspetto, con gli scritti del Prof. Barca (Sovrani Predinastici Egizi). E' (ovviamente) complicata, ma interessante la metodologia adottata per distinguere i reperti litici, a seconda del progresso nelle tecniche di lavorazione e di utilizzo dei manufatti in selce o altro minerale (raschiatoi, punte di freccia, ami, ecc.), in relazione al trascorrere del tempo (Fakhuriano, Kubbaniano, Quadaniano, ecc.):
“Circa 19.000 anni fa, nel quadro di un'alterazione della circolazione atmosferica che interessava l'intero emisfero settentrionale, un'area di alta pressione, che respingeva i venti umidi provenienti dall'Oceano Atlantico, si stabilì sull'Africa settentrionale, segnando il passaggio al III Pluviale e III Interpluviale. In questo modo si manifestò, in Egitto, l'inizio della fase di esaurimento della Glaciazione di Wurm. Le piogge si fecero incostanti, in certi periodi cessavano del tutto. Il Deserto Occidentale divenne un ambiente troppo arido per consentire la vita umana e fu abbandonato. I suoi abitanti emigrarono verso il i bordi dell'altopiano in cerca di regioni più ospitali: i Tropici a sud, la costa mediterranea a nord, la Valle del Nilo a est. Non tutte però. Alcuni siti del Maghreb, come Taforalt, Tamar Hat, Hauna Ftehat, non mostrano interruzioni nelle stratigrafie. Il Nilo divenne più basso e lento.
Nella Tesi si parla così dei mutamenti climatici:
Secondo le indagini geomorfologiche e idrografiche condotte negli ultimi anni sul Delta e sulla Valle del Nilo, è possibile ricostruire la storia delle variazioni subite dal fiume che, fino al VII millennio a. C., modificarono notevolmente oltre alla capacità di portata anche il tracciato del percorso. Dopo questa data, una nuova ondata di siccità diede l’avvio al processo di desertificazione della vasta area del Sahara, fino ad allora caratterizzata da un ambiente tipico della savana, e spinse le popolazioni di nomadi e pastori che avevano abitato quei luoghi a concentrarsi lungo la valle e nelle aree di maggiore umidità. Da questo momento le testimonianze archeologiche si fanno relativamente più numerose e ci permettono di seguire in maniera meno discontinua l’avvicendamento dei siti neolitici nel sud e nel nord del paese, l’Alto e il Basso Egitto. Le tracce di un Neolitico perfettamente caratterizzato dalla produzione (in realtà minima) di ceramica, da una già raffinata industria litica e da più compositi sistemi di sussistenza sono rintracciabili negli insediamenti localizzati nel Fayyum, la pseudo-oasi circa 80 km a sud-ovest del Cairo. Ed è proprio da questa regione che provengono le prime importantissime testimonianze di produzione alimentare legata alla domesticazione e successiva coltivazione dei cereali (ca. 5200 a. C.). È stato più volte ipotizzato che l’introduzione dell’agricoltura in Egitto sia da collegarsi ai contatti che questi primi abitanti ebbero con le popolazioni della Palestina e del Vicino Oriente, luoghi in cui questa pratica doveva essere in uso già da tempo. Ma le ultime ricerche condotte da Barbara Barich per conto dell’Università “La Sapienza” di Roma nel Deserto Occidentale testimoniano una fase di raccolta intensiva e di sfruttamento di alcuni cereali selvatici(soprattutto miglio e sorgo) che inducono piuttosto a pensare a un processo locale di coltivazione delle piante e domesticazione degli animali, sin dal IX - VIII millennio a.C..
La Vinci afferma:
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, quindi, il contributo delle culture vicino-orientali sembra doversi “limitare” all’introduzione di animali domestici come pecore e capre e a quella di cereali più produttivi come orzo e frumento, già coltivati in quelle zone. È necessario porre l’accento sull’origine propriamente africana della civiltà egiziana e sottolineare la sua “africanità” anche nel percorso formativo della sua identità culturale. Questo sembrerebbe ovvio dato che l’Egitto si trova in Africa, ma c’è stato un tempo in cui per spiegare la comparsa (ritenuta improvvisa) della civiltà egiziana s’ipotizzò l’arrivo di una popolazione conquistatrice e tecnologicamente più avanzata che da est invase e dominò la Valle del Nilo. I dati archeologici documentano, invece, per il periodo tra il V e il IV millennio a.C., la presenza sul territorio egiziano di piccole comunità caratterizzate ognuna da una propria cultura specifica ma collegata alla tradizione paleolitica precedente e, per quel che riguarda il nord, affine ad alcuni degli aspetti più peculiari della cultura del Fayyum.
Mi debbo necessariamente fermare nella sintesi della TESI, specie per motivi di lunghezza del testo. Per concludere Riporto l'introduzione al “2” capitolo del Prof. Barca riguardante esclusivamente l'aspetto "clima" e la nascita “dell'arte rupestre del Sahara verde” :
Circa 10.000 anni fa, a causa della nuova alterazione della circolazione atmosferica in tutto l'emisfero settentrionale, che segnava il definitivo esaurimento della Glaciazione di Wurm, il clima freddo, arido e ventoso che si era stabilito in Europa e in Nord America, oltre sessantamila anni prima e che aveva determinato l'enorme espansione dell'inlandsis, fu sostituito da un clima temperato caldo. Contemporaneamente , più a sud, a causa della stabilizzazione dell'area monsonica su una dimensione di poco superiore all'odierna, si affermava un clima umido, con piogge frequenti e regolarmente distribuite. Intorno al solstizio d'estate, il monsone equatoriale si espandeva verso nord e portava le piogge; seguiva una stagione in cui pioveva ancora, ma con minore intensità e frequenza. Una delle conseguenze del cambiamento climatico fu il mutamento dei paesaggi vegetali. Nel Sahara la savana subentrò alla steppa arida. Il Sahara del primo Olocene, in pianura, dove il suolo non era ricoperto da foreste, era un'immensa distesa di erbe ondeggianti, con molti corsi e specchi d'acqua perenni e schiere innumerevoli di antilopi, bufali, elefanti, giraffe, ippopotami, leoni, leopardi, rinoceronti. Questi paesaggi si estendevano dalla costa mediterranea al limite settentrionale del Sahel nel Sahara Occidentale e a 250 Km a Sud di Sehima in Sudan, nel Sahara Orientale. Vi erano certamente dei laghi permanenti vicino a Merga nel Sudan Settentrionale, circa 500 Km a Sud dell'odierno confine Egiziano. La loro grande abbondanza di risorse attirava un numero crescente di cacciatori – raccoglitori. Circa 9000 anni fa il clima cambiò ancora. Lo stabilimento di un'area di alta pressione respinse i venti umidi provenienti dall'Oceano e attivò un'alternanza di fasi aride e iper-aride. Il meccanismo del pendolo climatico mantenne un regime di acque alte fin verso i 6000 anno fa. Infine il deserto guadagnò posizioni.